NOEMI D’ARGENTO, GLI UNDER NEI DIECI: ROSEO FUTURO PER IL CRONOMETRO AZZURRO?

settembre 23, 2009
Categoria: News

Potrebbe essere la giornata della grande delusione, per il quinto e sesto posto del favorito e di un uomo da podio negli under 23, invece Noemi Cantele indovina la cronometro della vita e conquista il miglior risultato di sempre per una ciclista italiana nella specialità. L’ottimismo che irradia dal trionfo inatteso spinge a considerare i risultati di Malori (5°) e Balloni (6°) più in termini di conferma, solidità e speranza che in chiave di sogni infranti.

Una “crono di testa”, questa in sintesi la definizione che meglio si attaglia al percorso mendrisiotto dopo quanto visto nelle prove odierne: al mattino nella gara per gli Under 23 e al pomeriggio – su un tracciato leggermente accorciato ma con le medesime difficoltà altimetriche (quindi proporzionalmente più selettivo) – per le donne Elite.
Una “crono di testa” perché in entrambi i casi l’atleta singolo più in forma ha avuto modo di sbaragliare letteralmente la concorrenza, lasciando ben distaccata una nutrita schiera di avversari, peraltro di altissimo livello in entrambi i casi, a spartirsi il podio o addirittura la top-ten sul filo dei secondi. Per i ragazzi l’uomo di testa è stato Jack Bobridge, australiano – guarda un po’! – pistard d’ascendenza, allenatosi sul percorso per mesi grazie alla vicinanza della filiale dove svernano (da marzo a settembre…) come uccelli migratori i pedalatori degli antipodi. Il ventenne ha spopolato quest’anno nel nuovissimo continente, dal Down Under dove raccolse gli elogi di Armstrong, ai titoli in linea e a crono di categoria; poi, a quanto pare, si è concentrato su questo appuntamento, dove ha dominato dal primo intertempo in poi, senza veder mai messa neppure lontanamente in discussione la propria supremazia, nemmeno in occasione di una leggera flessione nel finale. A una ventina di secondi il secondo, ovvero il ventenne Oliveira – portoghese sorprendente fin qui emerso poco, forse per la giovane età –, tutti gli altri dal mezzo minuto in su (altro podio per lo specialista teutonico Gretsch, già sconfitto da Malori).
Ancora più netta la vittoria di Kristin Armstrong tra le donne: la trentaseienne pare invecchiare bene come i vini migliori, e in una giornata grigia della Neben ha salvato l’onore a stelle e strisce tenendosi a un minuto scarso le colleghe da podio, ovvero Cantele e Villumsen, ma dai novanta secondi in su tutte le altre.
Una “crono di testa” anche perché la testa è stato il fattore determinante tra comparti di eccellenza in cui – primi esclusi – si è assistito a un brutale compattamento verso l’alto (dal secondo al decimo in meno di un minuto per ambedue le categorie: con oltre tutto una lotta serrata tra quarta e nona racchiuse in meno di quindici secondi per le donne, e diremo poi del podio; parimenti tra gli Under 23 ci sono soli 20” tra l’argento e il sesto posto di Balloni). E allora ecco spiegarsi in primo luogo l’emergere di veri e propri outsider, la nostra Noemi – ma anche la Villumsen – oppure il portoghese; in secondo luogo le difficoltà accusate da alcuni tra i favoritissimi, non solo Malori ma anche la Soeder (infine quinta): accomunati da aver corso una gara contratta, eccessivamente prudente e come trattenuta dapprima, poi rigida e bloccata, incapace di sprigionare il proprio potenziale.
Emblematica in questo senso è la scelta di Noemi Cantele di correre senza auricolare, e addirittura senza quel cardiofrequenzimetro che per molti ciclisti odierni sembra aver rimpiazzato la capacità di ascoltare il proprio fisico per spingerlo eventualmente oltre i limiti che le tabelle detterebbero. Noemi è così riuscita a reggere alla grande un duello serrato ed appassionante con la giovane danese Villumsen, in una sfida che le ha viste divise da un solo secondo per tre quarti di gara, e da 3” e 24 decimi sulla riga del traguardo.
Il tracciato era d’altronde un vero rompicapo psicologico, con un avvio da lunghi rapporti, che sollecitava le gambe alla spinta in virtù di filanti falsipiani in discesa: poi la brusca rottura dell’impervio strappo “della Rossa” di Rancate, sì brevissimo (meno di 700m) ma con pendenze spesso e volentieri in doppia cifra. Un muro dove finanche i migliori sono parsi andare incontro a sbandamenti fisici e psicologici, con la fluidità di pedalata improvvisamente spezzata, la necessità di alzarsi sui pedali, l’apnea ansiogena degli ultimi metri prima dell’apparente scollinamento. Il peggio, tuttavia, era di là da venire: come anche Malori aveva ben capito prima della gara (ma tra il capire e il pedalare…) il tratto più letale si rivelava sempre il pianoro di 5km circa, a tratti ascendente, che si imponeva dopo lo strappo vero e proprio: tanto che di vero e proprio scollinamento non si può parlare, data l’assenza di una vera discesa in cui rifiatare. Molto spesso in questo settore si è assistito alla scena altamente significativa di un corridore ripreso (quindi che avesse patito ormai un paio di minuti da chi lo raggiungesse) in grado però di mantenere le distanze costanti nel falsopiano verso la linea di arrivo/partenza, esattamente grazie alla cruciale valenza psicologica e strategica del punto di riferimento. La scenetta si è verificata tra gli australi Henderson – australiano, ripreso – e Gough – neozelandese, inseguitore – o rispettivamente tra il corridore di casa Schnyder e il britannico Dowsett (uomo da top ten).
L’elemento “testa” ha forse giocato perciò un brutto scherzo a Malori, partito per ultimo e dunque “vittima” delle informazioni cronometriche sugli avversari, mentre viceversa è parsa positiva l’azione di un Balloni, capace di staccare il tempo migliore all’arrivo, benché destinato ad essere sopravanzato dagli uomini del quarto blocco, i più accreditati alla vigilia.
Allargando la prospettiva ad una lettura più globale di questi primi appuntamenti del Mondiale a cronometro, l’Italia ha di che rallegrarsi, nonostante le preventivabilissime medaglie di Malori e Balloni si siano tramutate in cartone. Già la scelta dei CT femminili era andata nella direzione di valorizzare l’appuntamento contro il tempo, proponendolo ad atlete di punta e non a segmenti iperspecializzati del movimento: la scelta ha premiato. Proprio qui si intravede la buona notizia anche per il movimento maschile: Balloni e Malori, dopo tutto, si confermano ad altissimo livello, la loro fin qui non è stata un’avventura bensì ha sempre più la conformazione di un percorso costruito e articolato, il quale – come è sacrosanto – prevede anche le sconfitte. E se Bobridge sembra più orientato a ibridarsi col mondo della pista e quindi semmai della velocità (anche se gli anglosassoni da un paio di anni in qua sembrano in grado di trarre ogni razza di coniglio dal cilindro…), mentre il massiccio tedesco Kittel – dominatore delle prime fasi di gara e quarto finale – appare più nettamente uno specialista delle lancette, al contrario un corridore come Malori ha le carte in regola per diventare un giorno quel corridore “cronoman da Tour” o da classiche “pesanti”, del pavé, che da qualche anno in qua non riusciamo a maturare. O quantomeno un cronoman completo, a tutto tondo, naturalmente se il percorso di cui sopra verrà condotto con attenzione e appropriatezza tecnica. In fondo è proprio l’Italia, dopo la Germania, la nazione che in quanto tale può dirsi preminente in questi campionati U23: e se non è una bella notizia questa!
Concludiamo tornando doverosamente al settore femminile, ancora una volta protagonista di una stupenda intuizione in termini di programmazione e impatto sul movimento, speriamo d’esempio anche per gli Elite uomini. E se la gara della Guderzo (18.esima) è stata encomiabile, al netto di una costituzione fisica che la vede sempre più affine alle altimetrie impervie che ai biliardi da alte potenze, la prestazione della Cantele è stata semplicemente superba. A parte l’extraterrestre Armstrong (apre la top-ten una “vecchietta”, ma la chiude un’ancor più stratosferica Jeannie Longo che a 51 anni subisce meno di 2’ di distacco…) va ricordata la prova della Arndt, in difficoltà fisicamente per i problemi che la assillano quest’anno, ma capace di chiudere con la gestione migliore, sorpassando il resto del lotto per la medaglia di legno; subito fuori dalle dieci due non-specialiste come Worrack e Pooley minacciano di essere gregarie di eccellenza per le capitane Arndt e Wood nella gara in linea di sabato. E chissà che se dovesse venir fuori una gara “mostruosa” come quella di Varese anche Cantele e Guderzo non vogliano entrare di forza nel novero delle grandi.

Gabriele Bugada

Noemi Cantele in azione nella crono iridata (foto Scanferla)

Noemi Cantele in azione nella crono iridata (foto Scanferla)

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