IL RUGGITO DI LEON, IL PASCOLO DEL GRUPPO
Lo spagnolo della Rabobank stacca nel finale i dieci compagni di fuga, cogliendo il quarto successo di tappa in carriera al Tour de France, mentre il gruppo affronta a passo cicloturistico le prime ascese pirenaiche. Unico colpo di scena una foratura di Cadel Evans, atteso però dagli avversari. Domani traguardo per velocisti a Pau.
Foto copertina: Luis Leon Sanchez trionfa in solitaria a Foix (foto AFP)
Puntuale come ogni anno, con la sola eccezione del 2010, Luis Leon Sanchez ha timbrato la tradizionale vittoria di tappa anche al Tour de France 2012, ancora una volta grazie ad una fuga della prima ora. L’identikit delle frazioni preda dello spagnolo è pressappoco sempre lo stesso: abbastanza dura da tagliar fuori i velocisti ma non così impegnativa da finire nelle mire degli scalatori puri, e possibilmente con un po’ di chilometri per mischiare le carte dopo l’ultima grande ascesa. Dopo Aurillac nel 2008, Saint-Girons nel 2009 e Saint-Flour nel 2011, tocca stavolta a Foix applaudire il ragazzo di Mula, il cui Tour era iniziato con un capitombolo in quel di Liegi.
Lo scatto che ha deciso la quattordicesima tappa, come sovente avviene su tracciati di questo genere, non è arrivato nel punto da circoletto rosso, per dirla alla Rino Tommasi, bensì a difficoltà concluse, allorché un quintetto composto da Sagan, Gilbert, Casar, Izagirre e dallo stesso Luis si era avvantaggiato rispetto a Paulinho, Kruijswijk, Gautier, Minard, Vorganov e M. Velits, lasciati indietro sul temutissimo Mur de Péguère. Con la sagacia tattica sulla quale ha costruito i precedenti trionfi in terra francese, Sanchez ha saputo sfruttare a proprio vantaggio la presenza in testa della maglia verde, andandosene in fondo all’ultima discesa, proprio mentre il favorito si stava alimentando. I tre venutisi a trovare in compagnia di Sagan si sono infatti risparmiati fin troppo nell’inseguimento, temendo di portare in carrozza lo slovacco verso il quarto successo successo, consentendo al battistrada di costruire un margine che è rapidamente parso decisivo.
Il baby-fenomeno Liquigas si è dovuto accontentare della seconda piazza d’onore consecutiva, buona comunque per far lievitare quasi in tripla cifra il margine nella classifica a punti rispetto a Greipel; come dire che, per vestirsi di verde anche sui Campi Elisi, basterà tenersi alla larga dai guai.
Sin qui una corsa, quella per il successo parziale, filata via tutto sommato secondo le previsioni della vigilia, al di là della composizione del drappello di testa e dell’esito della lotta. Dietro (molto indietro) se ne correva invece una che ha pesantemente deluso le attese, alla luce dei fatti eccessive. Dopo lo spettacolo di ieri, con l’attacco della BMC e l’allungo di Cadel Evans su uno strappetto come il Mont Saint-Clair, era però difficile non sperare che qualcosa potesse muoversi anche sulle rampe estreme del Mur de Péguère, pur in presenza di un’autorevole candidata al titolo di tappa peggio disegnata dell’anno.
Dopo aver sperperato energie in un attacco morto prima ancora di nascere ieri, Evans non si è invece spinto oltre una timidissima accelerazione all’imbocco del tratto più selettivo della scalata, utile al massimo a mettere in difficoltà uomini al di fuori della top 10. Nessuno se l’è a quel punto sentita di sostituirsi all’australiano, adeguandosi passivamente al ritmo di un Team Sky che già dalle prime pendenze di giornata aveva palesato la volontà di addormentare il più possibile la gara.
Perché la corsa avesse un sussulto, è stata allora necessaria la prima di una serie infinita di forature – dovuta forse allo spargimento di puntine da disegno da parte di qualche sabotatore – che hanno colpito corridori e moto, occorsa proprio al campione uscente. L’organizzazione del Tour aveva sfortunatamente ritenuto superfluo preparare una moto per il cambio ruote su una delle strade più strette e ripide sul menù della Grande Boucle, costringendo così Cadel ad uno stop forzato costatogli quasi due minuti.
Una disdetta, senza dubbio, ma non più di mille altri incidenti, cadute e forature in cui mezzo gruppo è incappato in queste due settimane di gara. Gli uomini del Team Sky, come sempre presenti in massa davanti, hanno però ritenuto che lo status del leader BMC dovesse valergli un trattamento di favore, invitando con parole buone e meno buone tutti gli altri ad attenderne il rientro.
Soltanto Pierre Rolland ha osato deviare dal diktat dei neo-padroni del Tour, che dopo essersi alienati le simpatie di Luis Leon Sanchez ieri, con la trenata di Wiggins per Boasson Hagen, non hanno forse ritenuto opportuno irritare anche l’armata rossonera (per la verità ora come ora assai dimessa). Contro l’affronto del dissidente francese si sono allora prontamente schierate in testa Liquigas, che mai aveva trovato le forze per fare altrettanto per Nibali, e – curiosamente – la Lotto Belisol di Jurgen Van den Broeck, che solo otto giorni fa vedeva probabilmente sfumare il podio a causa di un inconveniente che non aveva mosso ad altrettanta pietà gli scudieri di Wiggo. Una volta neutralizzato l’oltraggioso affondo dell’eroe di La Toussuire, il gruppo è ritornato al passo cicloturistico al quale ha percorso la quasi totalità del tracciato, fino al tanto sospirato rientro di Evans.
Lasciata inevitabilmente immutata dall’immobilismo generale, la classifica continua allora a vedere il duo Sky in vetta, con Nibali a completare il podio virtuale ed Evans sano e salvo in quarta piazza. Van den Broeck, riuscito nell’intento di non superare l’australiano, resta quinto, e continua ad apparire il principale candidato a provarci prima o poi da lontano, verosimilmente nella tappa di mercoledì.
Pressoché impossibile, invece, che qualcosa si muova domani, allorché la Grande Boucle – in uno slancio di rottura con la tradizione – farà tappa a Pau. Quest’anno, se non altro, la cittadina che da decenni infesta gli incubi degli appassionati, costretti ad assistere a processioni su colli leggendari collocati a distanze siderali dal traguardo, ospiterà l’arrivo di una frazione riservata sulla carta ai velocisti, malgrado qualche saliscendi nella fase centrale. Cavendish, che oggi ha scandito il ritmo del gruppo nei primi chilometri dell’ultima salita, tornerà a vestire i panni dell’uomo da battere, con Greipel a tentare di tenere aperta la lotta per la maglia verde. Per lo scopo dovrà però fare i conti con un Peter Sagan che, oltre a portare a novantasette lunghezze il proprio vantaggio, ha poco fa potuto aggiungere anche la voce “tappe pirenaiche” alla lista delle corse alla sua portata.
Matteo Novarini