LO SCONTATO EPILOGO DI UN GIRO DI TRANSIZIONE
maggio 29, 2012
Categoria: Approfondimenti
La 95ª edizione della corsa rosa ha visto trionfare, contro ogni possibile previsione della vigilia, il nordamericano Ryder Hesjedal, primo canadese a conquistare la gara in oltre cento anni di storia. Deludono le aspettative Basso e Scarponi, non riuscendo nemmeno a salire sul podio, mentre tanti giovani, da Rabottini a Felline, da Guardini a Caruso, ci fanno ben sperare per il futuro.
Foto copertina: il podio del Giro 2012 (foto Bettini)
I PROMOSSI
Ryder Hesjedal: classe 1980, si regala a quasi 32 anni il successo in una delle corse più prestigiose al mondo. Quasi sconosciuto alla partenza dalla Danimarca (una vittoria di tappa al Giro di Spagna e un sesto posto in classifica generale al Tour de France i risultati più prestigiosi ottenuti in tutta la sua carriera), strada facendo si è accorto di non fare troppa fatica a seguire i grandi favoriti della vigilia in salita e che, addirittura, era capace di levarseli di ruota nelle frazioni più impegnative. Ricorda molto il Rijs del 1996, quello del famoso Tour. Entrambi dotati di un’altezza superiore alla media e accomunati da una magrezza esasperata, scheletrica, sia il canadese che il danese sono stati capaci di stupire il mondo intero con le loro mirabolanti prestazioni ben oltre i trent’anni di età. Tutti e due hanno segnato la fine di un’epoca, quella di Indurain nel caso di Rijs e quella dei Basso e Scarponi nel caso di Hesjedal. Entrambi hanno saputo sfruttare il periodo di transizione che inevitabilmente si ha nel passaggio da una generazione di atleti ad un’altra. Voto: 10
Joaquim Rodriguez: non è stato in grado di sfruttare al massimo la miglior condizione di forma della carriera. Con ogni probabilità, se solo avesse rotto prima gli indugi sullo Stelvio, avrebbe guadagnato quei pochi secondi in più che gli sarebbero valsi il suo primo Grande Giro. Ma così non è stato, e lo spagnolo si deve accontentare di due vittorie di tappa e della classifica a punti. Vale il discorso espresso sopra: in un Giro con poche luci e con tante ombre anche una lucciola può brillare come una stella. Purito è stato considerato un “big” semplicemente perché quelli attesi hanno offerto prestazioni mediocri, cioè sono diventati un po’ più “small”. In ogni caso, al termine di questa corsa, non lo si potrà più considerare meramente un ciclista “da muri” ma lo si dovrà vedere inserito in questa nuova prospettiva di corridore completo in grado di resistere, se non proprio di primeggiare, anche su salite lunghe come quelle alpine. Voto: 9
Thomas De Gendt: se già aveva dimostrato al Giro di Svizzera e alla Parigi – Nizza di possedere indubbie doti da fondista, la conquista del gradino più basso del podio al Giro d’Italia rappresenta l’ennesima grande sorpresa che ci ha riservato questa edizione della corsa rosa. Fortissimo a cronometro, ci siamo accorti della sua presenza solo nella penultima tappa in cui ha letteralmente dominato sullo Stelvio, anche grazie al supporto di Matteo Carrara (voto: 8). Data la giovane età, classe 1986, potrà sicuramente far suo un Grande Giro. In particolare, considerata la sua attitudine per le prove contro il tempo, sembra più adatto per trionfare al Tour. Voto: 8
Matteo Rabottini: questo giovane ragazzo abruzzese ci regala l’impresa più entusiasmante del Giro, grazie ad una fuga “alla Chiappucci” di oltre 180 km che gli è valsa la conquista della classifica di miglior scalatore e la vittoria di tappa. Ha dimostrato fondo, recupero, intelligenza tattica e capacità nel sapersi gestire, anche grazie alla guida del saggio Scinto (voto: 10). In futuro potrà ambire alla vittoria in una grande gara a tappe. Voto: 10
Damiano Cunego: dei favoriti della vigilia è stato l’unico che ha provato a movimentare un po’ le acque del Giro, svolgendo al meglio il ruolo di battitore libero in appoggio al compagno Scarponi. Il risultato finale non premia certo il suo coraggio e la sua tenacia ma, a differenza di altri, può concludere la corsa con la consapevolezza di averci almeno provato. Voto: 7
Michele Scarponi: solare e allegro come pochi, dispiace dirlo e ribadirlo per l’ennesima volta, ma questo ciclista non è, non è mai stato e, data la carta di identità, mai sarà, un atleta da gare a tappe. Ha sempre concluso i Grandi Giri cui ha partecipato in calando di condizione, in montagna non è mai stato in grado di fare la differenza e a cronometro si è sempre dovuto difendere. Ovviamente questa edizione della corsa rosa non ha fatto eccezione e, purtroppo, il marchigiano non è riuscito a difendere nemmeno il terzo gradino del podio nella cronometro finale. Fossi in lui, per l’anno a venire, mi concentrerei sulla conquista di qualche prestigiosa vittoria parziale e su qualche classica impegnativa come la Liegi, lasciando perdere la classifica generale. Voto: 6
Mark Cavendish: scorbutico e antipatico come pochi, si conferma il più vincente tra i velocisti partecipanti alla gara. Il più vincente, sì, forse non il più forte, almeno a giudicare dall’ultimo sprint in cui è stato impietosamente sverniciato dal ciclista cui è dedicato il prossimo giudizio che leggerete. Più che i tre successi di tappa ottenuti, va reso onore al merito del ciclista britannico di aver voluto a tutti i costi concludere la gara, giungendo a Milano e lottando fino all’ultimo per la conquista della classifica a punti, sfuggitagli di un solo punto per opera di Rodriguez. Voto: 9
Andrea Guardini: non ha battuto Cavendish, come accennavo sopra, perché è stato abile ad anticiparlo, come qualche commentatore ha scritto, ma piuttosto perché è dotato della potenza fisica che manca al campione del mondo in carica. Il suo idolo è Cipollini, ma per caratteristiche somiglia a McEwen. Il fatto poi che la tappa vinta sia stata la numero 18 testimonia le indubbie doti di recupero del ciclista, caratteristica che non deve mai mancare ad un buon velocista se vuole trionfare in più frazioni nel corso di una gara tappe. Voto: 8
Domenico Pozzovivo: tante speranze italiane di vedere sovvertita la classifica generale del Giro nel corso delle lunghe tappe di montagna sono state affidate a questo esile scalatore che, però, non è riuscito ad esprimersi ad alto livello proprio nelle frazioni conclusive quelle a lui, sulla carta, più congeniali. La condizione in calando può essere spiegata come conseguenza di un troppo anticipato picco di forma (vedi la vittoria al Giro del Trentino), o come derivante da una scarsa tenuta alla distanza, ipotesi questa ultima da verificare nella prossima stagione in quanto quella appena conclusa è di fatto la prima edizione della corsa ad essere stata completata dal ciclista nella sua carriera. Voto: 7,5
Rigoberto Uran: ottenere un posto tra i primi dieci della classifica alla seconda partecipazione al Giro è senz’altro un risultato lusinghiero. Sempre coi più forti nelle frazioni impegnative, poteva gestire meglio l’ottima posizione in classifica del giovane compagno di squadra Henao (voto: 7), magari inserendolo nel tentativo che ha visto protagonisti Cunego e De Gendt prima della scalata allo Stelvio. Voto: 7
I BOCCIATI
Ivan Basso: dopo il periodo di squalifica non è più stato lo stesso. Oltre ad aver perso le sue qualità di cronoman, anche le famose progressioni in salita che lo hanno reso vincente sembrano non avere più né l’intensità e neppure la continuità di un tempo. Solo sul Passo Giau si è intravisto il Basso che noi tutti conoscevamo e attendevamo con fiducia per le dure tappe finali. Coadiuvato da una squadra formidabile che ha saputo rispondere a tutte le richieste del suo capitano (Agnoli sugli scudi!) , non ha avuto le energie per concretizzare quanto di buono svolto dai compagni. D’altronde, se avesse vinto il Giro, sarebbe stato il più vecchio vincitore della Corsa Rosa, e questo dato statistico non è da sottovalutare. Voto: 4,5
Roman Kreuziger: capitano in pectore dell’Astana, anche quest’anno è incappato nella sua “giornata no” che lo ha messo fuori classifica. Si è riscattato parzialmente con la vittoria sull’Alpe di Pampeago, ottenuta con caparbietà sotto lo sguardo severo di Vinokourov, ma questo successo non può di certo riscattare del tutto le aspettative del corridore alla vigilia della gara, dato che aveva dichiarato esplicitamente di puntare al podio. Voto: 5,5
John Gadret: solo timidi allunghi in salita, niente di più da segnalare per lo scalatore francese che corre nel ricordo di Pantani. Voto: 4
Josè Rujano: pensavamo che sotto la guida esperta di Gianni Savio potesse ottenere quei grandi risultati che sono alla sua portata. Evidentemente vive ancora della rendita della passata stagione. Voto: 2
Frank Schleck: convocato di malavoglia per il Giro, non sappiamo se si sia ritirato per un effettivo malanno fisico o come forma di rivalsa nei confronti del suo direttore sportivo. Di sicuro, stante le caratteristiche del tracciato e l’interpretazione che ne è stata data dai corridori, il lussemburghese avrebbe potuto dire la sua senza troppi patemi: l’ennesima, e forse l’ultima, occasione sprecata da parte del ciclista per nobilitare un palmares che attualmente lo ha visto primeggiare solo come corridore per gare in linea di particolari caratteristiche. Voto: 2
Francesco Gandolfi