KREUZIGER RISORGE, MA A TRIONFARE E’ HESJEDAL
Contro qualsiasi pronostico, Ryder Hesjedal stacca tutti gli uomini di classifica sulle rampe dell’Alpe di Pampeago, inchinandosi solo ad un risorto Roman Kreuziger, uscito dal gruppo sul Passo Lavazè. Il canadese guadagna un pugno di secondi su Rodriguez, Scarponi, Pozzovivo e Basso, favorito di giornata che ha però ceduto sulle rampe conclusive. Purito conserva la maglia rosa, ma può ora gestire solo 17’’ su Hesjedal.
Foto copertina: Roman Kreuziger taglia in solitaria il traguardo dell’Alpe di Pampeago (foto Bettini)
Doveva essere la giornata degli attacchi, del faccia a faccia tra i grandi e dei tatticismi messi da parte. A regnare, per almeno 194 dei 198 chilometri previsti, è stata invece ancora una volta la paura di restare a secco di forze oltre che degli avversari, filo conduttore di un Giro che volge ormai al termine e che potrebbe oggi aver trovato il più inaspettato dei padroni.
Il primo atto della due-giorni alpina destinata a risolvere con ogni probabilità la corsa si è sviluppata secondo il canovaccio che aveva contraddistinto le frazioni di montagna già alle spalle, malgrado la numerosissima fuga del mattino, composta da Sella, Guardini, Garate, Flecha, Hansen, Santaromita, Pauwels, Malori, Pirazzi, Ventoso, Zeits, Benedetti, Cazaux, Ignatiev, Casar, Haedo e Rohregger avesse lasciato immaginare qualcosa di diverso. Il passo del plotone è stato incredibilmente blando sull’ancora una volta bistrattato Passo Manghen, mentre gli uomini Liquigas, al lavoro dai -75 all’arrivo, hanno imposto un ritmo più sostenuto nella prima ascesa a Pampeago e sul Passo Lavazè. Andatura comunque mai proibitiva, e meno incisiva di quella che il treno verde aveva saputo produrre su Duran e Staulanza mercoledì scorso.
A riprova di ciò, Dario Cataldo e il redivivo Roman Kreuziger, radicalmente trasformato rispetto alla crisi nera di Cortina, sono riusciti ad evadere in tempi diversi dal gruppo sulla penultima erta di giornata, e a costruire in pochi chilometri, una volta ricompattatisi, un margine di 1’ nei confronti dei migliori. Il divario fra i due – che hanno beneficiato nel tratto di fondovalle del lavoro di Pauwels, scudiero dell’abruzzese – e il plotone è raddoppiato tra la discesa del Lavazè e l’imbocco dell’ascesa conclusiva, consentendo così al ceco di resistere nel finale al ritorno dei big, e di salvare così almeno parzialmente il bilancio di un Giro d’Italia intrapreso con propositi di maglia rosa.
Pur non potendo non applaudire la resurrezione di un corridore che solo quarantotto ore fa conosceva il dramma del tracollo, era però su ciò che avveniva alle sue spalle che si focalizzava l’attenzione generale. Appena superato il bivio che segna l’inizio della sezione più terribile dell’Alpe di Pampeago, Ivan Basso ha infatti finalmente portato il tanto agognato primo attacco, riducendo a nove unità il plotoncino della maglia rosa (Basso, Scarponi, Hesjedal, Rodriguez, Pozzovivo, Uran, Henao, Nieve, De Gendt). Tre affondi ravvicinati di Scarponi hanno quindi ridotto il gruppetto ai primi cinque della generale più Pozzovivo, ma è stato sorprendentemente Ryder Hesjedal, colui che tutti aspettavano al varco sin dal suo primo stint in rosa nella prima settimana, a piazzare l’allungo che ha spaccato la corsa. Solamente il campione uscente è riuscito a chiudere sul canadese, mentre Basso, oltre a perdere la ruota dei due, mancava anche il traino di Pozzovivo e Rodriguez.
Quando già i più strabuzzavano gli occhi nel vedere il lungagnone nordamericano passare all’attacco dove avrebbe sulla carta dovuto pensare a salvarsi, Hesjedal si è spinto ancora oltre, producendo una seconda sgasata che ha messo in croce anche le gambe di Scarponi, a poco più di un chilometro dal traguardo. Le parole con cui il canadese dichiarava la sua preferenza per salite lunghe e ripide e per tappe selettive, parse inizialmente uno slancio di spavalderia, trovavano così inattesa conferma: giungendo ad appena 19’’ dal vincitore, l’uomo Garmin guadagnava 13’’ su un Rodriguez capace comunque di chiudere in crescendo, 16’’ su Scarponi, 24’’ su Pozzovivo e 36’’ su Basso, sconfitto numero uno di giornata, proprio nella giornata che il varesino aspettava da inizio Giro.
La nuova generale continua a vedere Purito al comando, con appena 17’’ però su un Hesjedal che ha oggi impressionato ben al di là del mero riscontro cronometrico. Crescono invece i distacchi di tutti gli altri, con Scarponi che si issa in terza piazza a 1’39’’, davanti ad un Basso che scivola a 1’45’’. Uran e Pozzovivo duellano per il quinto posto (3’21’’ e 3’30’’ i rispettivi ritardi), mentre Gadret, De Gendt, Henao, Cunego, Tschopp, Cataldo, Nieve e Moreno, raccolti in 1’, si giocano le piazze dalla settima alla quattordicesima.
Con una classifica che resta spaventosamente corta per una 19a tappa, infiniti scenari restano comunque plausibili, alla vigilia della frazione più affascinante e sfinente del Giro. Mortirolo e Stelvio offriranno infatti domani terreno fertile per tentativi di ribaltone, magari lavorando un po’ di squadra, di fantasia e soprattutto di coraggio – quel coraggio di cui ancora non si vede traccia – per arginare lo scoglio dei 20 km di fondovalle che separano i due totem. Viceversa, anche se i quasi 6000 metri di dislivello non permettono di escludere tracolli improvvisi, magari anche in netta controtendenza con i verdetti di oggi, se tutti dovessero attendere la Cima Coppi per compiere la prima mossa, la possibilità di un primo successo canadese nella Corsa Rosa diventerebbe quanto mai concreta.
Matteo Novarini