GEORGES RUGGISCE AL BIG BEAR LAKE, A GESINK IL TAPPONE

maggio 20, 2012
Categoria: News

Nella due-giorni di alta montagna, i big lasciano spazio alla fuga di Sylvain Georges nella frazione di Big Bear Lake, prima di darsi battaglia nel tappone del Mount Baldy. Dopo essersi facilmente difeso sulle prime vere salite, David Zabriskie è costretto a cedere la testa della classifica a Robert Gesink, che sulle rampe più dure del Giro di California si prende tappa e maglia gialla. Sul podio sale anche Tom Danielson.

Foto copertina: Robert Gesink alza le braccia all’arrivo del Mt. Baldy (foto Jonathan Devich/epicimages.us)

Sono bastate una salita e un’azione di poco più di 5 km a Robert Gesink per prendersi di forza la vetta della classifica del Giro di California, che ben difficilmente cederà oggi nella giornata conclusiva. L’olandese, al ritorno al top dopo la frattura del femore dello scorso ottobre, ha rotto gli indugi a metà dell’ascesa del Mount Baldy, quando il gruppo della maglia gialla aveva ormai quasi neutralizzato il coraggioso tentativo di Chris Horner, evaso in compagnia di tre compagni di squadra sulla prima delle quattro scalate in programma (tre GPM) per rimediare ai 2’50’’ lasciati per strada nella cronometro di Bakersfield. Il capoclassifica Zabriskie non ha nemmeno provato ad opporsi alla progressione dell’ex delfino di Menchov, che ha trovato una resistenza degna di nota soltanto da parte di Tom Danielson, arresosi dopo circa un chilometro. Subito fuori gioco gli altri top 10, tra cui un Van Garderen che ha inizialmente provato a tener duro, salvo poi saltare per aria e lasciare 1’22’’.
Nell’ultima parte di scalata, dopo l’impressionante progressione con cui aveva sparpagliato gli avversari, Gesink ha perso fluidità e brillantezza, rifilando agli avversari distacchi più contenuti di quanto non si potesse immaginare a 3 km dal traguardo. Poco male, giacché il calo nel finale non ha impedito al lungagnone di Varsseveld di acciuffare all’ultimo chilometro Darwin Atapuma, il colombiano che poche settimane fa si era segnalato imponendosi sotto la neve del Pordoi al Giro del Trentino, che ha accompagnato per un centinaio di chilometri l’attacco della disperazione di Horner, distanziando il campione uscente sull’ascesa conclusiva. Per nulla impietosito dalla lunga fuga del sudamericano (che, ad onor del vero, all’azione aveva contribuito meno del giusto), Gesink si è anche andato a prendere il successo parziale, con uno sprint dominato che ha rischiato di cestinare disegnando all’ultima curva una traiettoria improbabile, che ha ricordato quella di Pantani sull’Alpe d’Huez diciassette anni fa.
Fabio Duarte, rimasto nelle retrovie al momento della sgasata di Gesink, è risalito fino a cogliere il terzo posto di giornata, a 14’’ dalla coppia di testa. Il giovanissimo Joseph Dombrowski, classe 1992, ha chiuso 4’’ più tardi in quarta piazza, mentre Danielson, giungendo a 26’’ dal vincitore, si è garantito un posto sul podio in classifica generale, a 54’’ da Gesink e ad appena 8’’ da Zabriskie, difesosi tutto sommato dignitosamente, dopo essere parso ad un certo punto prossimo al tracollo.
Il grande spettacolo offerto dalla tappa regina ha ripagato gli appassionati della non esaltante frazione precedente, da Palmdale a Big Bear Lake. Le ascese in programma venerdì non erano certo proibitive, ma in pochi si attendevano di trovare 40 corridori compatti all’arrivo, per di più regolati da Peter Sagan. Lo slovacco ha così sfiorato, su un tracciato sulla carta tutt’altro che adatto alle sue caratteristiche, il quinto successo in questo Giro di California, vedendoselo negato solamente da Sylvain Georges, francese di Beaumont in fuga dal mattino, capace di conservare 28’’ sul rientrante gruppo dei migliori. Gesink, dimostratosi senza dubbio l’uomo più forte in montagna, aveva evidentemente ritenuto di essere sufficientemente superiore alla concorrenza da poter attendere il Mount Baldy per recuperare i 39’’ che lo separavano dalla testa dopo la strepitosa difesa della cronometro. Stando a quanto abbiamo visto stanotte, è difficile dargli torto.

Matteo Novarini

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