L’ACUTO CHE NON TI ASPETTI: HESJEDAL TORNA IN ROSA
La 14a tappa va ad Andrey Amador, primo vincitore costaricense nella storia del Giro, capace di regolare in uno sprint a tre il ceco Barta e il friulano De Marchi. I favoriti giocano ancora una volta d’attesa, dando luogo solo a qualche scaramuccia nei chilometri finali. L’allungo buono lo piazza Ryder Hesjedal, che riconquista a sorpresa la maglia rosa. Domani ancora Alpi verso Pian dei Resinelli.
Foto copertina: Ryder Hesjedal sfoggia la maglia rosa appena riconquistata (foto Roberto Bettini)
Purtroppo, dicevano tutti la verità. Dopo aver passato la vigilia ad assicurare che erano altri a dover fare la prima mossa, in un Giro che per le prime settimane è rimasto quanto mai bloccato, i grandi della classifica hanno sfortunatamente tenuto fede alle promesse, adeguandosi per quasi tutta la 14a tappa – la prima di alta montagna – al mai forsennato ritmo degli uomini Liquigas, per nulla intenzionati a far scoppiare la corsa. Neppure l’attacco sferrato da José Rujano nel finale del Col de Joux, con annesso inseguimento di Damiano Cunego, è servito a scuotere la corsa, complice il fatto che il venezuelano ha vanificato la sparata approcciando la discesa con una prudenza più da camminata su cornicione che da picchiata in bicicletta. Il veronese della Lampre è rimasto così solo, con un minuto circa di margine sul plotone, agevolmente rientrato sull’ascesa finale, senza neppure che i bianco-verdi di Ivan Basso dovessero giocarsi le carte migliori.
Solo quando Sylwester Szmyd ha esaurito il suo compito, nell’ultimo tratto impegnativo dell’ascesa conclusiva, è iniziata una girandola di scatti comunque poco convinti, con il solo Nieve capace di distanziare di qualche metro il gruppo dei big. Come un attacco ugualmente velleitario è stato probabilmente etichettato anche l’allungo prodotto da Ryder Hesjedal, lanciatosi all’inseguimento di Nieve quando mancavano 3 km e mezzo alla conclusione. Il nordamericano ha però palesato subito un colpo di pedale diverso, sfilando di slancio un atleta sulla carta più scalatore di lui come l’eroe del Gardeccia dello scorso anno.
Joaquim Rodriguez si è reso conto tardivamente della pericolosità del tentativo del canadese, distante appena 17’’ in classifica generale, e la bella sgasata con cui Purito si è sbarazzato per un istante degli altri favoriti non ha avuto un seguito all’altezza. L’atteso Pozzovivo, in realtà non particolarmente a suo agio sulle pendenze non proibitive della scalata verso Cervinia, non si è spinto oltre una timida accelerazione, mentre Ivan Basso e Michele Scarponi, che ancora occupano le prime due piazze della griglia dei pretendenti alla rosa finale, hanno convinto fino ad un certo punto, pur non perdendo terreno.
Ingranando il rapportone e divorando gli ultimi 2 km in falsopiano, Hesjedal è riuscito a far lievitare il margine sull’ormai ex capoclassifica fino a 26’’, ritornando in rosa contro qualsiasi pronostico, specie dopo la poco convincente prova di Lago Laceno (e chissà che qualcuno non debba pentirsi di averlo graziato in quella circostanza). In compagnia di Purito hanno tagliato il traguardo Schleck, Uran, Gadret, De Gendt, i già menzionati Pozzovivo, Basso e Scarponi, e Paolo Tiralongo, che ha addirittura regolato il drappello, alimentando, anche alla luce dei 6’’ di distacco accusati da Kreuziger (ridottisi nella spianata finale), i dubbi circa i rapporti di forza in casa Astana. Poco distanti Henao (+29’’ da Hesjedal), Intxausti, il Kreuziger di cui sopra, Moreno, Pardilla (+32’’) e Nieve (+35’’). Hanno invece ceduto alcuni secondi di troppo Rujano, andato in affanno dopo un secondo allungo a 7 km circa dal termine, e Cunego, che ha probabilmente pagato i chilometri in solitaria, ma che già sul Col de Joux non aveva saputo reggere il passo del leader Androni.
Hesjedal di nuovo in rosa, si è detto, con 9’’ su Rodriguez, 41’’ su Tiralongo e 1’05’’ su Casar, unico dei fuggitivi di Sestri Levante a rimanere in alta classifica, che conserva 1’’ su Basso. Maglia per il canadese, dunque, ma non tappa: relegata in secondo piano dall’attesa per la battaglia tra i big, rivelatasi a conti fatti dello stesso genere di quella che Samuel Beckett raccontava un sessantennio fa, si disputava la gara per il successo parziale. Una corsa cui si sono iscritti Olivier Kaisen, Nelson Oliveira, Nikolas Maes, Pierpaolo De Negri, Matteo Montaguti, Andrey Amador, Jan Barta e Alessandro De Marchi, con gli ultimi tre capaci, a dispetto di una condotta di gara a tratti quasi sconsiderata (vedesi la scalata in solitaria del Col de Joux da parte di Barta, sempre con poche decine di secondi di vantaggio sui diretti inseguitori), di conservare 20’’ sul rientrante Hesjedal, giocandosi il traguardo in una volata ristretta. De Marchi era parso il più pimpante nella seconda parte della salita, ma è stato sorprendentemente proprio lui il primo ad arrendersi allo sprint, dando via libera al duo ceco-costaricense. Nel Giro della prima maglia rosa canadese, è stata alla fine la volta di un’altra prima assoluta, con Amador capace di introdurre il paese centramericano nell’albo del Giro d’Italia, coronando quindici giorni di gara spesi in larga parte all’attacco.
Vista l’indole del ragazzo, non ci stupiremmo di ritrovarlo nuovamente in avanscoperta nei prossimi giorni, anche se difficilmente già domani, quando Andrey dovrà fare i conti con lo sforzo odierno sulle ascese di Valcava, Berbenno, Forcella di Bura, Culmine San Pietro e Pian dei Resinelli. Un problema che non dovrebbe affliggere invece gli uomini di alta classifica: caso mai qualcuno si svegliasse armato di insospettato coraggio, il terreno sarebbe dalla sua.
Matteo Novarini