MON…COUCOU, IL FRANCESINO NON C’E’ PIU’!
Nella 13a tappa, 172,4 km da Berja a Sierra Nevada, Basso prova ad attaccare Valverde sin dall’Alto de Monachil, ma il capoclassifica resiste fino alla fine, giungendo con il varesino e Gesink. La tappa va a Moncoutié, grazie ad una lunga fuga. Mosquera guadagna 24’’ sui favoriti, Sanchez ne perde 21, Evans paga oltre 1’ a causa di un problema meccanico. Crollano Danielson e Cunego. Valverde ha ora 27’’ su Gesink e 1’02’’ su Basso.
A dispetto di una classifica ancora molto corta, la Vuelta 2009 sembra aver trovato il suo padrone. Un padrone che non ha mai veramente entusiasmato, che si è difeso a cronometro, come da pronostico, e che in salita, dove avrebbe dovuto attaccare, si è invece limitato a fare altrettanto, rastrellando abbuoni qua e là. Un padrone che però è stato finora il più regolare e convincente tra i tanti pretendenti al successo finale in questo ultimo Grande Giro della stagione, aspiranti che la tappa odierna ha però ferocemente selezionato. Alejandro Valverde, aiutato dalle carenze di alcuni avversari, dalle ingenuità da dilettanti delle squadre di altri, ma anche e soprattutto da un motore che finalmente sembra poter resistere tre settimane senza passaggi a vuoto, ha messo oggi una mano sulla prima Vuelta della carriera, lui che nelle ultime cinque partecipazioni ha assaggiato tutte le posizioni della top 5, meno la più prestigiosa.
Andando con ordine, la tappa è stata caratterizzata sin dai primi chilometri dalla fuga di un drappello di una trentina di corridori, fra i quali Navarro e Rodriguez, rispettivamente 9° e 10° in generale stamane, da cui sono a loro volta usciti Taaramae, Moncoutié e Morenhout sul Puerto de la Ragua, salita di 1a categoria posta dopo 44 km. Il gruppo, che ha dimostrato come sbagliando non necessariamente si impari, ha di nuovo lasciato 1-2 minuti di troppo ai battistrada, che si sono presentati ai piedi dell’Alto de Monachil, a meno di 26 km dal traguardo, con un margine superiore ai 10’.
Moncoutié ha abbandonato immediatamente i due compagni di viaggio, mentre dietro il tratto pianeggiante precedente le prime rampe del Monachil aveva già lasciato intravedere quanto sarebbe accaduto sulla salita. La schiera di maglie verdi della Liquigas schierata in testa al gruppo ha infatti prodotto un forcing spietato nella parte iniziale dell’ascesa che due anni fa vide Vinokourov involarsi verso la maglia oro madrilena (a scapito proprio di Valverde), riducendo all’osso il plotoncino dei migliori. Danielson, 4° in generale stamane, a 51’’ da Valverde, ha mollato subito, e altrettanto ha fatto Damiano Cunego, 7°, che a questo punto potrebbe ritirarsi e pensare al Mondiale, oppure tentare di cogliere un altro successo parziale con una fuga da lontano. Per loro, il ritardo è stato alla fine, rispettivamente, di 6’59’’ e 28’14’’. La selezione si è fatta ancor più feroce quando Roman Kreuziger, raggiunto lungo il Monachil, ha imposto un ritmo forsennato per 2 km circa, cui solo Basso, Valverde, Evans, Gesink, Mosquera e Cobo sono riusciti a resistere.
Basso, che pareva decisissimo ad andare senza mezzi termini in caccia del primato, ha tentato per due volte un’azione in prima persona nell’ultimo tratto del Monachil, costringendo però il solo Juanjo Cobo ad alzare bandiera bianca. Ci hanno però pensato la sorte e l’ingenuità – inconcepibile a questo livello – dell’ammiraglia della Silence – Lotto a mietere un’altra vittima illustre: Cadel Evans. L’australiano è infatti incappato in una foratura proprio in vista del GPM, e ha dovuto attendere un minuto buono prima che l’auto della formazione belga si manifestasse e gli cambiasse la bici. Un minuto che, forse, rappresenta la pietra tombale sulle speranze di Cadel di aggiudicarsi finalmente un Grande Giro.
Il drappello della maglia oro, intanto, si presentava ai piedi dell’ascesa conclusiva verso Sierra Nevada con 6’ circa da recuperare a Moncoutié. Un divario ampio, ma che con una bella azione sarebbe stato possibile recuperare. Man mano che passano i giorni, però, sta diventando sempre più evidente che per vedere un “numero”, in montagna, è condizione non sufficiente ma necessaria che Alberto Contador sia al via. In assenza del madrileno, ci si deve accontentare di scattini e mezzi cambi di ritmo poco convinti; vale a dire, esattamente ciò cui abbiamo assistito lungo gli ultimi 16 km e spiccioli di salita. Mosquera è stato infatti il primo a provarci, quando mancavano 8 km, rinunciando dopo 100 metri; poco dopo è stata la volta di una serie di cambi di ritmo di Basso, che ha però passato più tempo a voltarsi che a tentare di staccare gli avversari (eppure, l’esperienza dovrebbe aver fatto capire a Ivan che, senza uno scatto secco, è difficile prendere 50 metri in un amen; non avendolo, dovrebbe provare ad insistere per più di cinque secondi).
Contemporaneamente alla (apparente) bagarre che aveva luogo davanti, mentre Moncoutié manteneva sempre un margine di sicurezza, Samuel Sanchez andava a raccogliere per strada i cadaveri di chi aveva tenuto con troppa baldanza il ritmo dei Liquigas sul Monachil (Cobo su tutti), e così facendo offriva anche un bel salvagente a Evans. L’australiano, spossato sia mentalmente sia fisicamente, dopo aver tenuto i migliori sulla salita precedente, e dopo lo sforzo profuso per rientrare sul drappello del campione olimpico nella prima parte dell’ultima, ha però ceduto a 6 km dal traguardo, dicendo forse definitivamente addio ai suoi sogni di (maglia) oro.
Dopo qualche altra effimera schermaglia, è stato finalmente Ezequiel Mosquera, di gran lunga l’uomo di classifica più combattivo di questa Vuelta, ad azzeccare lo scatto buono, a meno di 2 km dal traguardo, quando però Moncoutié già assaporava il dolcissimo sapore della seconda vittoria in carriera alla Vuelta. Il francese è così andato a cogliere il meritatissimo successo, precedendo il leader della Xacobeo Galicia di 52’’, e il trio Gesink – Basso – Valverde, regolato proprio dal murciano a 1’16’’. La bella rimonta di Sanchez ha consentito all’asturiano di tagliare appena 21’’ dopo la maglia oro, anche se i 40’’ e rotti recuperati in perfetta solitudine negli ultimi 6 km rendono ragionevole il dubbio che l’olimpionico sia stato fin troppo prudente. Evans, che probabilmente non avrebbe faticato ad arrivare con Gesink, Basso e Valverde, ha chiuso a 2’24’’ dal vincitore, 7’’ davanti ad un bravissimo Paolo Tiralongo.
La tappa odierna, alla fine risultata piacevole, ma che, viste le premesse createsi sul Monachil, lasciava presagire uno spettacolo anche maggiore, ha comunque riscritto la classifica generale, dandole un aspetto che potrebbe assomigliare molto a quello definitivo. Con ancora un arrivo in salita e una cronometro davanti, Valverde comanda ora con 27’’ su Gesink, ormai vicinissimo al primo podio in un GT in carriera, e 1′02’’ su Ivan Basso, che a questo punto pare dover più che altro pensare a difendere il podio. Per riuscirci, dovrà probabilmente rifilare qualche altro secondo a Evans, ora 4° a 1’23’’, e a Samuel Sanchez, 5° a 1’32’’, mentre Mosquera, 6° a 1’46’’, dovrebbe inventarsi un numero d’alta scuola domani per pensare di entrare nei primi tre.
Gettando un’occhiata al profilo della frazione di domani, l’impressione è che la tappa, 157 km da Granada a Sierra de la Pandera, sia favorevole a Valverde più che ai suoi avversari, malgrado su questa salita, tre anni fa, il murciano abbia visto Vinokourov chiudere i conti per il discorso successo finale. È probabile che, se qualcuno vorrà provare a ribaltare la Vuelta, le possibilità di successo siano maggiori in una delle tante tappe intermedie (Cordoba, Avila e soprattutto La Granja, praticamente una frazione di montagna) in programma nell’ultima settimana, piuttosto che in occasione dell’ultimo arrivo in quota. Comunque sia, tra Valverde e la prima Vuelta in carriera, l’ostacolo maggiore sembrano essere i precedenti: finora, lo spagnolo, in tutti i GT cui ha preso parte, è sempre incappato in una giornata no. Ad oggi, però, segnali in questo senso non se ne vedono.
Matteo Novarini