CANCELLARA, JACKPOT MONEGASCO
Lo svizzero, favorito numero uno della vigilia, stravince la 1a tappa del Tour de France, 15,5 km a cronometro con partenza e arrivo nel Principato di Monaco, precedendo di 18’’ un eccellente Alberto Contador. Tra i big, bene anche Kloden, Evans, Leipheimer e Kreuziger. Buona prova di Armstrong, così così Sastre e Schleck. Crolla Menchov, che paga 1’38’’ al vincitore.
Lo ammettiamo: quando, all’intermedio della Cote de Beausoleil, a metà percorso, Fabian Cancellara è transitato con 1’’ di ritardo da Tony Martin e lo stesso tempo di Bradley Wiggins, e soprattutto quando Alberto Contador, subito dopo, ha fatto registrare un tempo di 6’’ inferiore a quello dello svizzero, l’idea che il fresco vincitore del Tour de Suisse potesse non essere il primo capoclassifica del Tour de France 2009 ci ha sfiorato. Dopo tutto, solamente gli ultimi 2 km del tracciato erano completamente pianeggianti, ragion per cui, dopo la salita, lo spazio per sprigionare i cavalli di cui Cancellara dispone non era poi molto. Tanto più che Kloden, leader fino a quel momento, il suo primato lo aveva costruito proprio nella seconda metà del tracciato, probabilmente sottovalutata da molti, visti i distacchi di alcune decine di secondi che diversi atleti hanno patito nel tratto conclusivo.
Quando abbiamo però visto Cancellara riprendere e superare con facilità irrisoria un pur clamorosamente deludente Menchov, e dover frenare in curve che tutti gli altri avevano affrontato in posizione aerodinamica, ci siamo resi conto di quanto fosse ridicolo quel pensiero che ci aveva sfiorato appena otto minuti prima. Perché la realtà, oggi, è che un Cancellara in forma, a cronometro, non può essere battuto. Nemmeno da un Alberto Contador che ha onorato la maglia di campione nazionale della specialità che ha sulle spalle, capace di far registrare il miglior tempo sulla salita e di guadagnare su tutti i big della generale, né da un Bradley Wiggins che non pare aver perso lo smalto mostrato nella crono di Roma dell’ultimo Giro d’Italia, quando solo la pioggia gli ha negato un successo altrimenti certo, né da un Kloden che si improvvisa discesista, né da quel Cadel Evans che aveva dominato una prova non molto diversa al recente Giro del Delfinato.
La prova odierna ha lasciato già un segno importante sulla classifica generale, e ha fornito forse già escluso dalla lista dei favoriti, con enorme sorpresa di tutti, Denis Menchov, che alla vigilia era parso piuttosto fiducioso, e aveva dichiarato che in una crono del genere sarebbe stato grave perdere più di 40’’. Alla luce del minuto e 38’’ che ha pagato, lo stesso russo si renderà dunque conto che le sue possibilità di completare la doppietta Giro – Tour, undici anni dopo Marco Pantani, sono già oggi ridotte al lumicino. A questo punto, il Tour di Menchov, perlomeno in ottica maglia gialla, potrebbe finire già alla 4a tappa, la cronosquadre di Montpellier, dove Astana e Saxo Bank minacciano di prendere un vantaggio molto consistente sulla Rabobank della maglia rosa di Roma. Se la sono invece cavata molto meglio i quattro capitani della Astana: 18’’ di ritardo per Contador, 22’’ per Kloden (che ha mostrato quanto fosse assurdo non considerarlo neppure come outsider in ottica classifica generale), 30’’ per Leipheimer, 40’’ per Armstrong. Tra gli altri grandi della classifica, bene il duo Liquigas Kreuziger – Nibali (32 e 37 secondi di ritardo rispettivamente) e Evans (+23’’), non entusiasmanti le prove di Sastre (+1’06’’, indossando una inedita maglia bianca, preferita a quella nera per non amplificare gli effetti del caldo) e Andy Schleck (6’’ meglio dello spagnolo).
A margine, riteniamo di dover sottolineare la validità tecnica della prova odierna: un tratto di salita vera ma pedalabile, molto adatta ad una cronometro, uno di discesa, in alcuni tratti non semplice, e uno di pianura nel finale, che ha esaltato chi aveva conservato qualche energia, e penalizzare i parecchi che hanno invece ritenuto che il tempo si facesse solamente nel tratto in salita. È dunque valsa la pena, per il Tour, di tornare a Monaco dopo 45 anni dall’ultimo traguardo nel Principato. Allora la frazione prese il via da Briançon, e scalò nelle prime battute il Vars e la Bonette, prima di una seconda parte di gara agevole. All’epoca la tappa fece selezione, e solamente una ventina di corridori arrivarono a giocarsi il successo di tappa, che andò a Jacques Anquetil. Forse, sarebbe il caso di spiegare a chi disegna la Grande Boucle che il ciclismo non è quello del 1964, e che certi percorsi non possono più vedere attacchi e grande selezione. Pare scontato, ma guardando i profili delle tappe di Saint-Girons e Tarbes sembra che il messaggio non sia ancora chiaro a tutti.
Se per il Tour è valsa la pena di tornare a Monaco dopo quasi mezzo secolo, riteniamo invece che non valga la pena per la TV francese di continuare a stipendiare il regista di questo Tour de France. Non sappiamo se sia lo stesso del quale abbiamo parlato durante il Giro del Delfinato, quello, per intenderci, che non ha fornito un distacco in una settimana di gara e che preferito inquadrare i rimasugli della fuga del mattino disputarsi l’8° posto anziché mostrare gli scatti di Contador verso la città alta di Briançon. Tuttavia, alcuni indizi, quali la stessa assenza di cronometri in sovrimpressione prima del rettilineo d’arrivo o la scelta di non riprendere Nibali fino all’ultimo chilometro, anche dopo che il siciliano aveva fatto registrare un eccellente intermedio, lasciano spazio a due sole ipotesi: o il regista è lo stesso, o un virus non identificato sta aggredendo tutti i Nazareno Balani di Francia, inducendoli a pensare che siano più interessanti le prove di Moreau, Lemoine, Le Lay, Voeckler e Bonnet (scusate se ci siamo dimenticati qualcuno) rispetto a quella di Vincenzo Nibali.
La cosa è stata tanto evidente e inspiegabile da mandare in bestia anche Auro Bulbarelli, che, dopo le tre settimane di Giro, in cui ogni anno è obbligato a sperticarsi in elogi ingiustificati, riversa tutta la sua vis polemica sul Tour. Ormai dobbiamo pensare che in Auro, normalmente così pacato e dai ritmi meno serrati di una puntata della “Signora in Giallo”, ci sia un fratellino polemico e senza peli sulla lingua, che al Giro viene represso dall’obbligo di non attaccare la corsa di casa (ma che a volte riemerge improvvisamente, come nella tappa di Anagni dell’ultima Corsa Rosa, quando il Nostro attaccò, peraltro giustamente, Fabio Bordonali, che si era lamentato del traguardo volante in salita), e che in Francia può invece esprimersi in tutta la sua ferocia.
Da domani, si entrerà nella vera e propria prima settimana di Tour, che sta al ciclismo un po’ come il GP di Monaco, visto che si è in tema, sta alla Formula 1: grande atmosfera, grande importanza, spettacolo generalmente modesto. Tanto più che quest’anno sarà difficile anche vedere cambi di maglia, per via della scelta di eliminare gli abbuoni per incentivare gli attacchi, peraltro già adottata lo scorso anno. Scelta che peraltro condividiamo in pieno, specie alle luce di quanto visto all’ultimo Giro d’Italia, quando Di Luca ha tenuto aperta la corsa fino all’ultimo giorno grazie al minuto e oltre di abbuoni raggranellati nelle tre settimane, ma che forse andrebbe compensata con qualche tappa nervosa in più nelle prime battute del Tour, onde evitare di levare alla corsa un notevole motivo di interesse.
A questo punto, in teoria, Cancellara potrebbe mantenere la maglia gialla come minimo fino ad Andorra, e, dovesse resistere in occasione del primo arrivo in salita, cosa non impensabile, considerati il recente Tour de Suisse e l’ascesa di Arcalis, anche fino a Verbier. Di questo, però, ci sarà tempo di parlare più avanti. Oggi, è giusto rendere onore, una volta di più, al più grande cronoman in attività, meritatamente detentore, da poche ore, della prima maglia gialla del Tour 2009.
Matteo Novarini