CUNE-GO! E BALLERINI RINGRAZIA
Il veronese vince per distacco l’8a tappa della Vuelta, da Alzira all’Alto de Aitana, grazie ad una splendida azione negli ultimi 2 km, in cui raggiunge e stacca Moncoutié, in fuga dal mattino. Il francese salva il 2° posto a 33’’, precedendo di 3’’ Gesink, avvantaggiatosi all’ultimo chilometro. 44’’ di distacco per Evans, Valverde e Sanchez, 49’’ per Basso, primo dei grandi ad attaccare. Evans conquista la maglia oro, con 2’’ su Valverde e 8’’ su Sanchez.
Dopo cinque anni, finalmente, il Damiano Cunego che aspettavamo. Cinque anni in cui il veronese ha costantemente deluso nei Grandi Giri in cui era protagonista atteso, con un paio di piazzamenti al Giro d’Italia e un bel Tour nel 2006, ma sempre lontano anni luce dal folletto ammirato sulle strade rosa nel 2004. Non basta naturalmente una vittoria, per di più ottenuta meritatamente ma senza che gli altri big si dannassero per seguirlo, per dire che Cunego è tornato quello dei suoi giorni migliori, ma gli ultimi 2200 metri dell’ascesa all’Alto de Aitana, primo arrivo in quota della Vuelta 2009, hanno avuto il piacevole sapore di un tuffo indietro di cinque anni. Un’affermazione, quella odierna, che ha probabilmente convinto Franco Ballerini a consegnare a Damiano i gradi di capitano della spedizione azzurra a Mendrisio, dopo che – immaginiamo – i quattro mesi e oltre trascorsi dall’ultima buona prova del veronese (il 3° posto alla Freccia Vallone, che dopo la squalifica di Rebellin potrebbe diventare 2°) avevano messo qualche dubbio nella testa del Commissario Tecnico. E chissà che adesso, a dispetto di un programma che prevedeva per lui una Vuelta corsa in funzione del Mondiale, il successo odierno non ingolosisca Cunego, e non gli faccia venir voglia di tornare a provare l’ebbrezza di frequentare le zone alte della classifica.
La prima giornata di gloria del ciclismo italiano in questa Vuelta a Espana era cominciata oltre 6 ore prima ad Alzira, sede di partenza, e aveva vissuto una prima ora piuttosto burrascosa, con corridori di eccellente livello quali Taaramae, Efimkin e De La Fuente che avevano tentato di inserirsi in fuga, sempre prontamente stoppati dal plotone. Alla fine, l’azione che ha ottenuto il beneplacito del gruppo è stata quella promossa dopo 37 km da Weening, Moncoutié, Hoogerland, Hinault, Voss e Bonnet. I sei, sempre compatti, si sono sciroppati i sette GPM di seconda e terza categoria adibiti ad antipasto dell’Alto de Aitana (Alti di Beniarres, Margarido, Tollos, Castell de Castells, Guadalest, Cofrides e Tudonos), arrivando a toccare un vantaggio massimo di oltre 15’, prima che la Caisse d’Epargne prendesse le redini dell’inseguimento.
Ai piedi dell’ultima salita, ai -22 dal traguardo, quando ormai da tempo la maglia oro virtuale era passata sulle spalle di David Herrero, in virtù del prevedibile cedimento precoce di Boonen e di quello molto meno atteso di Cancellara, il margine del drappello di coraggiosi era ormai calato a picco, assestandosi a 2’50’’. Un divario che lasciava pochissime speranze ai battistrada, ma che i Caisse d’Epargne hanno forse sottovalutato, ritenendo che bastasse proseguire ad un ritmo regolare per consentire a Valverde di giocarsi il successo di tappa allo sprint. E così, mentre Moncoutié seminava via via gli ex compagni d’avventura (Hoogerland ultimo a mollare, a 6 km dal traguardo) e Cuesta e De La Fuente prima e Gomez Marchante poi tentavano di evadere con scarso successo dal plotone, il vantaggio calava, ma molto, troppo lentamente.
Tanto lentamente che, quando a 5 km dal traguardo il corridore della Cofidis poteva amministrare ancora 1’40’’, il successo sembrava per lui cosa fatta. Nemmeno quando Sylvester Szmyd, ai -4, ha sostituito gli uomini di Valverde in testa al gruppo, imprimendo un deciso cambio di passo, il divario è calato in maniera repentina, e a 3000 metri dalla linea bianca il cronometro diceva 1’24’’. È stato allora, con parecchio ritardo su quanto era lecito attendersi, che la corsa per la maglia oro si è accesa, con un allungo (non convintissimo, onestamente) di Ivan Basso, cui ha fatto seguito un’ulteriore accelerazione del varesino qualche centinaio di metri più avanti. Le due tirate del leader (ormai unico: Szmyd ha lavorato per lui, Kreuziger disperso, a 25’45’’) della Liquigas non hanno però prodotto particolare selezione tra i big, ancora tutti davanti. In vista dei 2 km all’arrivo, un rallentamento di Bass ha generato una fase di stallo nel plotoncino; fase di cui ha prontamente approfittato un Damiano Cunego già apparso brillante, ma che mai ci saremmo aspettati di veder scattare in faccia ai pretendenti al successo finale. Nessuno dei favoriti ha avuto il coraggio di seguire il veronese, evidentemente ritenuto troppo lontano in classifica, ma alla luce di quanto l’uomo Lampre ha mostrato sulle ultime rampe viene da pensare che, anche volendo, Valverde, Evans & co. non sarebbero riusciti a tenere la sua ruota.
Stava già nascendo in noi il rammarico per l’andatura troppo blanda tenuta dalla Caisse d’Epargne lungo i primi tre quarti dell’ascesa, che aveva consentito a Moncoutié di mantenere un rassicurante margine di vantaggio, quando all’improvviso, in corrispondenza della flame rouge, la sagoma bianco-rossa del francese si è materializzata nella nebbia della Sierra de Aitana, ad un centinaio di metri dall’azzurro. È bastato un istante, quello necessario a scrutare l’azione appesantita del transalpino e quella potente di Damiano, per capire che per Moncoutié l’appuntamento con la seconda vittoria in carriera alla Vuelta era quanto meno rimandato. Cunego ha raggiunto il battistrada a 700 metri dalla linea bianca, lo ha scavalcato, lo ha staccato all’istante.
Mentre l’azione leggera del veronese lo faceva arrampicare sulle ultime rampe, e gli consentiva di tornare a trionfare in un GT dopo cinque anni, dietro Robert Gesink sentiva l’odore del sangue della preda rappresentata di Moncoutié, e andava in caccia di una piazza d’onore che il francese ha invece salvato per 3’’ (33’’ di distacco per l’uomo Cofidis, 36’’ per il Rabobank). Evans, Valverde e Sanchez, passivi tutto il giorno (malgrado, nel caso del murciano, la Caisse avesse lavorato tutto il giorno), hanno disputato lo sprint per la quarta piazza, utile unicamente a limitare il ritardo a 44’’ e a distanziare un Basso ancora non del tutto convincente di 6’’. In compagnia del varesino hanno tagliato il traguardo Mosquera (bravissimo, considerato che corre con i postumi della caduta della tappa di Liegi), Joaquin Rodriguez, Valjavec, Danielson e un sorprendente Paolo Tiralongo. Oltre a Kreuziger, di cui abbiamo già detto, dispersi anche Vinokourov (+9’01’’) e Frank Schleck (+10’42’’), il cui fratellino, Andy, ha preferito scendere di bicicletta nelle battute iniziali.
Come anticipato in apertura, la vittoria odierna, oltre alla grande condizione dimostrata, potrebbero far venir voglia a Cunego di curare anche la classifica generale, che lo vede ora a 1′26’’ da Cadel Evans, nuovo leader con 2’’ su Valverde e 8’’ su Samuel Sanchez. Nel complesso, la tappa odierna non ha contribuito a sbrogliare la matassa di una graduatoria cortissima, in cui anche Danielson (+13’’), Gesink (+29’’) e Basso (+46’’) sono sotto il minuto di ritardo, ma ha certamente depennato alcuni nomi autorevoli dalla lista dei pretendenti al successo o al podio in questo terzo Grande Giro della stagione.
Difficile che possa dire di più la frazione di domani, la Alcoy – Xorret de Catì di 188 km, dal profilo in gran parte simile a quello di oggi (sei colli di seconda e terza categoria prima dell’ultima salita), ma dall’ascesa finale diametralmente opposta: lunga e pedalabile l’Alto de Aitana, brevissimo (3,2 km) ma con pendenze da muro fiammingo (fino al 20%) l’Alto de Xorret de Catì, che i corridori scavalcheranno ai -3 della tappa di domani. Un’ascesa, l’ultima, che pare certamente favorire atleti di grande esplosività, quasi di classiche, quali Valverde e Samuel Sanchez. Visto lo show di oggi, però, non possiamo non porre in cima alla lista dei favoriti Damiano Cunego: essendosi ritrovato dopo così tanto tempo, è impensabile che si perda di nuovo già domani.
Matteo Novarini