SULMONA – LAGO LACENO. A VOLTE RITORNANO
Il Giro torna a Lago Laceno, la località irpina che 14 anni fa vide abortita la prima grande azione di Pantani in montagna nel Giro che poi vincerà alla grande. Anche stavolta lo spazio per gli scalatori puri sarà molto limitato poiché la salita sarà la medesima, con il tratto più impegnativo piuttosto breve e seguito da un finale pianeggiante che favorirà di più le azioni dei passisti, come quella che riuscì a portare a compimento Alex Zülle nel 1998. Di sicuro vedremo davanti i protagonisti più attesi di questo Giro 2012, ma difficilmente si lasceranno andare in tentativi pazzi…. le vere salite devono ancora arrivare, qui c’è ancora lo spazio per qualche scaramuccia indagatrice sugli stati di forma degli avversari.
Ci sono nomi di località che hanno lo stesso effetto dirompente d’un fuoco, accendono all’istante la mente e la aprono ai ricordi. Basta dire Stelvio, per esempio, toponimo in grado di solleticare i cervelli di tifosi di tutte le età, dai tempi dell’impresa di Coppi nel 1953 a quelli della crisi nera di Basso nel 2005, passando per la sfida Bertoglio-Galdos che mise la parola fine al Giro del 1975. Accanto a questi ci sono “location” minori – talvolta sede di scene di passaggio, altre volte teatro d’azioni morte subito dopo il ciak –
che quando ritornano riaccendono solo la memoria dell’appassionato più appassionato, nonostante abbiano lasciato una debole traccia sulla storia della corsa rosa, poco più d’una scintilla. È proprio il caso del Laceno, il piccolo lago irpino che, il 13 maggio 2012, accoglierà per la terza volta nella storia un traguardo del Giro, il secondo di montagna di questa edizione. La prima tappa terminata lassù si disputò nel 1976 e non fu molto selettiva, a dispetto di una distanza superiore ai 250 Km, con una ventina di corridori a disputarsi la vittoria allo sprint, conquistata dal belga Roger De Vlaeminck, mentre la maglia rosa passava dalle spalle del giovane Moser a quelle dell’”anziano” Gimondi, che quell’anno s’imporrà nel suo terzo e ultimo Giro. Si rivedrà poi il Laceno nel 1998, in coda a una tappa di tutt’altro spessore, breve ma concentrata, con le ascese ai monti Taburno e Terminio ad anticipare la salita finale, sulla quale si vide il primo attacco serio di Pantani, dopo le scaramucce inscenate qualche giorno prima sul Capo Berta e sull’Argentario. Vuoi uno stato di forma ancora non al top, vuoi una salita dura ma non troppo, l’azione del “Pirata” si esaurirà ben presto e ne approfitterà Alex Zülle che riuscirà non solo a raggiungere lo scalatore romagnolo ma anche a staccare tutti e a involarsi, complici le sue doti di passista e il finale “vellutato”, verso un traguardo dove, oltre al successo, ritroverà quella maglia rosa persa per un buco all’ultimo chilometro nella tappa di Forte dei Marmi. Quasi impossibile la vittoria solitaria di un grimpeur, sarà una delle due alternative proposte dalla storia del Giro l’epilogo più probabile della tappa che chiuderà il secondo week-end di corsa. La tappa avrà un decorso differente rispetto a quello della frazione vinta dall’elvetico, decisamente più lunga e con una diversa distribuzione delle difficoltà. Le prime saranno concentrate nei 70 Km iniziali, poi a un tratto molto veloce di un centinaio di chilometri ne seguirà un altro più tortuoso e vallonato, disegnato sulle prime pendici dell’Irpinia, nel quale il gruppo quasi certamente si lancerà con la stessa veemenza con la quale aveva percorso i chilometri precedenti. Questi “eccessi” potrebbero, però, essere amaramente pagati quando, a 14 Km dalla meta, inizierà la salita vera che, pur non essendo durissima, potrebbe riservare qualche sorpresa. Di sicuro qualcuno, magari rammentando le gesta di Pantani, ci proverà e potrebbe trovare qualche campione in affanno, lieve o pesante. E se ci si staccherà lì, essendo l’arrivo oramai alle porte, difficilmente si riuscirà a colmare il gap, anche perché davanti non staranno lì a guardarsi l’un l’altro le gambe.
Questa lunga frazione, la seconda per chilometraggio dopo quella di Montecatini Terme, muoverà da Sulmona, la città di Ovidio e dei confetti, e debutterà con la salita verso le Cinquemiglia, il più noto e un tempo temuto degli altipiani abruzzesi. Si racconta che i viandanti che si accingevano a transitarvi facessero testamento prima di partire, perché era alto il rischio d’imbattersi in improvvise bufere di neve, spesso letali come le due che, tra il 1528 e il 1529, decimarono due eserciti di passaggio causando ben 800 vittime. Ai pericoli del clima si aggiungevano anche quelli provocati dalla presenza dei lupi o dalle scorrerie brigantesche. Fortunatamente, nessuno di questi disagi è mai stato patito dai “girini”, che salirono per la prima volta lassù nell’edizione del debutto, quella del 1909. L’infilata Cinquemiglia – Rionero – Macerone costituì per decenni, uno dei “cavalli di battaglia” dei Giri degli esordi, proposta in entrambi i sensi di marcia all’interno dei primi tapponi della storia della corsa rosa, che scoprirà a piccole dosi le grandi salite alpestri (la prima sarà il Sestriere nel 1911, mentre per le Dolomiti bisognerà attendere il 1937). Attraversata Roccaraso, cuore del comprensorio sciistico più vasto dell’Italia centromeridionale, si lascerà l’altipiano scendendo a Castel di Sangro e passando quindi in Molise, dove si andrà subito ad affrontare la salita di Rionero Sannitico, prendendola dal più facile dei suoi versanti. Decisamente più acclive è il successivo Valico del Macerone, il vero e proprio “babau” dei primi Giri d’Italia, 3,5 metri al 7,4% che oggi non fanno quasi più paura (forse solo se l’arrivo fosse a Isernia, in fondo alla discesa, susciterebbe qualche piccolo timore) ma che un tempo facevano duramente penare i corridori, anche per il fondo sterrato. Basti dire che nel 1921 riuscì a disarcionare un campione della stazza di Costante Girardengo – sei Sanremo, due Giri e tre Lombardia vinti – che scese di bicicletta e tracciò una croce sulla polvere dello sterrato. Il primo “campionissimo” della storia del ciclismo italiano si vendicherà con gli interessi nel Giro del 1923, conquistato proprio nella tappa che prevedeva il Macerone, anche se quella volta si saliva da Isernia, il lato più facile.
Usciti dall’inferno d’un tempo, alle porte di Isernia inizierà il tratto più veloce di questa tappa che si snoderà interamente su strade statali che si terranno ben lontane dai centri abitati. Non mancherà, nonostante questo, l’affetto e il calore dei tifosi del sud, sempre pronti a scendere dai propri borghi appollaiati suoi colli per applaudire i “girini”, approfittando dell’occasione e dei primi caldi per organizzare estemporanei pic-nic a bordo strada.
All’inizio di questo tratto si dovrà ancora affrontare una salita, il facile Valico di Pettoranello, scollinato il quale il tracciato sfiorerà il santuario dell’Addolorata di Castelpetroso, edificio in stile neogotico innalzato sul luogo di un’apparizione mariana avvenuta nel 1888 e presso il quale sono “apparsi” in tre occasioni anche i corridori, in quanto è stato sede di tappa due volte alla Tirreno-Adriatico e una volta al Giro d’Italia “Baby”, quello dei dilettanti, quando, nel 2006, lassù s’impose il futuro vincitore della Milano-Sanremo 2011, l’australiano Matthew Harley Goss.
Lasciata la strada per Campitello Matese, principale stazione di turismo invernale del Molise, il gruppo attraverserà la conca di Bojano e, dopo esserne uscito, lambirà l’area archeologica di Saepinum, costituita dai resti di due centri, quelli della città sabina Saipins e quelli del municipio romano omonimo, del quale si sono conservati, tra gli altri monumenti, il foro e la solida Porta di Bojano. Subito dopo si entrerà in Campania, concludendo il lungo falsopiano iniziato dopo il Pettoranello e transitando ai piedi dei centri di Sassinoro e Morcone, conosciuto quest’ultimo dai fedeli di Padre Pio che salgono pellegrini al convento che accolse il frate stigmatizzato negli anni del noviziato. Una rapida discesa porrà termine a questo tratto intermedio, introducendo il gruppo in Benevento, recente conquista dei patrimoni dell’umanità, iscritta nel 2011 perché testimonianza “vivente” della presenza dei longobardi in Italia. Si tratta di un patrimonio atipico poiché non è accentrato in un’unica località, ma diffuso tra ben sette differenti municipi di tutto il “Bel Paese”, dalla Lombardia (Castelseprio e Brescia) al Friuli (Cividale), dall’Umbria (Campello sul Clitunno e Spoleto) alla Puglia (Monte Sant’Angelo), fino alla tappa campana, dove l’UNESCO ha riconosciuto il complesso monumentale che si stringe attorno alla chiesa di Santa Sofia.
In lenta ascesa ci si porterà a San Giorgio del Sannio, il comune dal quale si ripartirà il giorno successivo, per penetrare poi in Irpinia, regione storico-geografica dell’Italia meridionale dall’andamento prevalentemente montuoso che ricade interamente nella provincia di Avellino e che, dal 23 novembre 1980, ha inevitabilmente legato il suo nome nel ricordo collettivo al tremendo terremoto che quella notte stravolse queste terre. Proprio come la lancetta di un sismografo, a questo punto il pennino del cartografo del Giro è tornato a schizzare verso l’alto mentre la strada prenderà a salire lentamente, senza superare grandi pendenze e intercalando con frequenza tratti in discesa e falsopiano. Con questo assetto si attraverserà una serie di piccoli paesi di mezza montagna, a cominciare da Pietradefusi, del quale è originaria la famiglia di Mario Puzo, lo scrittore statunitense reso celebre dal romanzo “Il Padrino”, scritto nel 1969 e dal quale sono stati tratti tre fortunati film diretti da Francis Ford Coppola. Prendendo gradatamente quota si salirà sino agli 836 metri di Montemarano, centro dal quale passò anche San Francesco d’Assisi, che nel 1228 vi fece resuscitare una donna, evento ricordato da un affresco di Giotto visibile nella chiesa superiore della basilica umbra. Scesi nella valle del Calore, si raggiungerà Montella dove, alle porte del gran finale, ci si riallaccerà al tracciato della tappa vinta da Zülle. Ancora qualche chilometro facile e poi, all’altezza del pittoresco convento di San Francesco a Folloni (pure legato al “poverello d’Assisi”, che l’avrebbe fondato nel 1222, e all’interno del quale è visibile il notevole monumento funebre del condottiero Don Diego I Cavaniglia), si attaccherà l’ascesa che nel 1998 era chiamata Valico Villaggio Laceno e stavolta figura sul grafico come Colle Molella. Diverse le generalità, ma uguale il percorso, che debutterà in maniera gradevole nei 5 Km iniziali e si farà impegnativo una volta attraversata la località di villeggiatura di Bagnoli Irpino, nota sin dall’antichità per una varietà locale di tartufo nero, recentemente riscoperto dalla gastronomia dopo i fasti del passato, quando costituiva una delle prelibatezze “elitarie” che si poteva trovare sulla tavola dei sovrani borbonici del Regno delle Due Sicilie. Lasciamo il desco e torniamo sulla strada che ora, come annunciato, proporrà il suo tratto più duro, lungo poco più di 3 Km e caratterizzato da una pendenza media del 10%. La salita poi si “sgonfierà” nelle ultime centinaia di metri, lasciando qui il palcoscenico al “velluto” degli ultimi, pianeggianti 4,4 Km di strada, durante i quali si compirà una sorta di girotondo attorno alla conca del Laceno, imperlata dal piccolo lago omonimo nel quale si specchiano i monti del comprensorio sciistico più spettacolare d’Italia, poiché consente di sciare avendo negli occhi da una parte lo scintillio delle nevi e dall’altra quello delle acque del Mar Tirreno, le cui coste distano, in linea d’aria, 30 Km da quelle del bacino irpino.
Lassù sapremo se, 14 anni dopo, qualcuno sarà stato in grado di vendicare l’affronto elvetico a Pantani. Ma non sarà facile; le vere salite devono ancora arrivare, adesso è ancora ora delle prime scaramucce.
I VALICHI DELLA TAPPA
Valico Piano delle Cinquemiglia (1265m). Valicato dalla SS 17 “dell’Appennino Abruzzese e Appulo Sannitica” tra Rocca Pia e Roccaraso, è quotato 1284 metri sulle cartine del Giro 2012. Prima salita del Giro d’Italia, affrontato nella terza tappa dell’edizione 1909 (Chieti – Napoli, vinta da Giovanni Rossignoli), dopo l’istituzione della maglia verde ha accolto 5 traguardi GPM. L’ultimo a scollinarlo è stato il britannico Robert Millar nel 1987, nei chilometri conclusivi della tappa Rieti – Roccaraso, vinta da Moreno Argentin.
Colle della Portella (1271m). Valicato dalla SS 17, tra Rocca Pia e Roccaraso, all’altezza del bivio per Rivisondoli. Vi sorge il santuario della Madonna della Portella, detto anche Chiesa di Santa Maria di Costantinopoli.
Colle della Gallina (1006 m). Valicato dala SS 17, salendo da Ponte Zittola a Rionero Sannitico. Vi transita il confine regionale tra Molise e Abruzzo.
Sella Rionero Sannitico (1022). Valicato dalla SS 17, si trova nei pressi dell’omonima località. È quotato 1051 sulle cartine del Giro 2012. Diciotto i traguardi GPM finora disputati su questo valico: la prima volta scollinò in testa Remo Bertoni nel 1934 (tappa Campobasso – Teramo vinta da Learco Guerra), l’ultima volta l’australiano Matthew Lloyd nella tappa Lucera – L’Aquila del 2011 (vinta dal russo Evgenij Petrov). Nei pressi del Rionero si trova la Bocca di Forlì, passo che rappresenta il confine geografico tra Italia Centrale e Italia Meridionale.
Valico del Macerone (684m). Storico passaggio del Giro d’Italia, valicato dalla SS 17 tra la località Vandra e Isernia. È stato in 18 occasioni traguardo GPM: il primo passaggio fu conquistato da Gino Bartali nel corso della Chieti – Napoli del 1946 (primo al traguardo Mario Ricci), l’ultima volta è scollinato in testa Emanuele Sella (2008, tappa Vasto – Pescocostanzo vinta da Gabriele Bosisio). L’ultimo passaggio effettuato (nella tappa Lucera – L’Aquila del 2011) non era valido come GPM.
Valico di Pettoranello (739m). Spartiacque tra il bacino del Biferno e quello del Volturno, è attraversato dalla SS 17, tra il bivio per Pettoranello del Molise e Pastena.
Sella di Vinchiaturo (552m). Attraversata dalla linea ferroviaria Campobasso – Isernia e dalla SS 87 “Sannitica” (tra gli svincoli di Guardiaregia e Sepino), costituisce lo spartiacque tra le valli del Biferno e del Tammaro e, secondo alcuni geografico, è in questo luogo – e non alla Bocca di Forli – che transita il reale confine tra Italia Centrale e Italia Meridionale.
Mauro Facoltosi
FOTOGALLERY
Foto copertina: Lago Laceno (www.campaniatour.it)