ANNO CHE VIENI, ANNO CHE VAI: I GRANDI GIRI
gennaio 15, 2012
Categoria: Approfondimenti
Il Giro di Contador, il Tour di Evans e il duello con Schleck, la Vuelta di Cobo, la scoperta di Froome: questo e tanto altro è stato il 2011 per quel che riguarda i grandi giri. Andiamo ad analizzare in breve quanto accaduto nei GT degli ultimi dodici mesi, gettando uno sguardo a ciò che ci attende per l’anno appena cominciato.
Foto copertina: Cadel Evans completa la rincorsa al Tour concludendo al 2° posto la crono di Grenoble (foto AFP)
Se parlando di classiche è facilissimo identificare in Philippe Gilbert l’uomo copertina della stagione 2011, assai meno immediata risulta l’analoga operazione per quel che riguarda i grandi giri: lo straripante Alberto Contador del Giro d’Italia o il Cadel Evans del Tour de France, capace di coronare l’inseguimento alla Grande Boucle durato tutta una carriera, correndo sostanzialmente senza squadra?
Benché l’impressione – e sia chiaro che solo di impressione si tratta, in completa assenza di controprove – sia che in un testa a testa ideale il Contador di maggio sia stato leggermente superiore all’Evans di luglio, la nostra scelta ricade sull’australiano, prima per il carattere e il coraggio messi in campo con gli inseguimenti a Schleck e Contador nelle ultime due frazioni alpine che per la prova di forza della cronometro di Grenoble. Certo, lo spagnolo ha avuto il grande merito di essere l’unico corridore di vertice da corse di tre settimane a puntare seriamente a due GT, e sulla mancata doppietta pesa la sequenza di cadute nella prima settimana di Tour (talmente numerose da autorizzare a pensare che non si sia trattato solamente di sfortuna, ma che ci sia stata anche una discreta componente di disattenzione), senza dimenticare che, pur con una gamba nemmeno paragonabile a quella del Giro, il madrileno ha comunque dimostrato il piglio del campione ribellandosi all’anonimato in cui rischiava di scivolare, con una condotta d’assalto sulle Alpi. Ad assicurare la nostra preferenza ad Evans è però proprio il fatto che l’australiano non ha avuto dalla sua una imbarazzante superiorità sulla concorrenza, ma si è imposto per il cuore che tutti gli riconoscono da sempre, e per un’intelligenza tattica che invece era stata forse il suo tallone d’Achille in alcuni dei ripetuti assalti falliti alla maglia gialla parigina.
Tutt’altro che agevole anche la scelta del GT più godibile della stagione: da un lato un Giro caratterizzato da un percorso assai poco equilibrato ma estremamente spettacolare, esaltato dalla condotta di gara spesso combattiva dei protagonisti, ma che ha dato modo a Contador di sbriciolare la resistenza degli avversari in meno di due settimane; dall’altro un Tour de France che ha dalla sua un’ultima settimana esplosiva, preceduta però da quindici giorni di mero preludio alla bagarre alpina, con classifica modellata più dalle cadute che dagli attacchi, e dei Pirenei agghiaccianti a dispetto del buon disegno. Difficile esprimere una preferenza, anche se a nostro personalissimo giudizio la totale assenza di suspense della Corsa Rosa fa pendere leggermente l’ago della bilancia dalla parte della Grande Boucle, perlomeno più ricca di rivolgimenti nelle gerarchie dei favoriti, e forte di quattro tappe alpine (calcoliamo anche Pinerolo e – un po’ forzatamente – Gap) come non se ne vedevano da anni.
Nulla si è sin qui detto della Vuelta, e la cosa è forse già di per sé significativa. Penalizzato da un percorso povero di spunti, con tanti arrivi in salita ma quasi tutti pedalabili e non preceduti da asperità capaci di occultare le pendenze più che accessibili dei chilometri conclusivi, oltre che da un parco partecipanti di molti inferiore rispetto alle altre due grandi corse a tappe, l’ultimo GT stagionale è scivolato via in tono decisamente minore, aggravato dalla scarsa vena dei nomi più illustri. Con Nibali crollato nella seconda metà di gara, Menchov partito in sordina, Joaquim Rodriguez e Igor Anton fuori classifica e costretti ad accontentarsi di soddisfazioni parziali e Van den Broeck lontano dalla condizione del Tour 2010 dopo la caduta con ritiro alla Grande Boucle, il migliore dei favoriti della vigilia è stato Bradley Wiggins, costretto però a cedere i gradi di capitano alla sorpresa Chris Froome, promosso sul campo dopo la grande crono di Salamanca e la débacle del leader designato sull’Angliru. Se la scelta fosse stata compiuta qualche giorno prima, il britannico di scorta avrebbe forse potuto fare ancora meglio dell’insperato 2° posto raccolto alla fine, scalzando l’altro outsider Juan José Cobo, alla fine meritatamente vincitore grazie all’assolo sull’Angliru.
Meglio, a livello di partenti, dovrebbe andare alla corsa spagnola nel 2012, quando al via di Pamplona si schiererà probabilmente Alberto Contador, quattro anni dopo l’ultima partecipazione (vittoriosa) del 2008. Scottato dall’esperienza di quest’anno, quando la partecipazione al Giro ha in parte compromesso la preparazione al Tour de France, il madrileno si terrà alla larga dalla Corsa Rosa nella prossima stagione, che sarà per lui incentrata sull’inseguimento alla quarta Grande Boucle in carriera.
A frapporsi tra Contador e il trionfo che lo collocherebbe al sesto posto solitario nella classifica dei plurivincitori in terra francese sarà però il gotha del ciclismo mondiale, giacché, a differenza di quanto si vociferava/auspicava qualche mese fa, quasi nessuno rinuncerà al Tour per puntare sui giochi olimpici. Il risultato sarà dunque una Grande Boucle che, a fronte di un percorso tra il moscio e l’imbarazzante, potrà contare sulla partecipazione di quasi tutti i nomi di richiamo, lasciando a bocca asciutta un Giro d’Italia che inizierà probabilmente l’era post-Zomegnan nel peggiore dei modi, ossia tornando a quello status di campionato nazionale italiano a tappe in cui era piombato negli ultimi anni della direzione di Carmine Castellano. Perso Contador, a dispetto della partenza dalla città natale del suo DS Bjarne Riis, sono via via tramontate le ipotesi di partecipazione di Cadel Evans, deciso a puntare tutto sul bis in Francia, e di tutti gli altri principali interpreti contemporanei dei grandi giri, fratelli Schleck in primis. Decisi a non intaccare la loro immagine di piazzati, i lussemburghesi hanno infatti comunicato la loro intenzione di provare ad infliggere distacchi titanici a Contador, Evans e compagnia sulle poche grandi salite del Tour e di tentare di resistere nei 100 km circa a cronometro in programma, quando in questo 2011 sono bastati i 40 della penultima tappa per perdere con gli interessi quanto accumulato in 19 giorni di gara ben più montagnosi.
A contendersi la maglia rosa saranno dunque con ogni probabilità gli italiani di vertice che sceglieranno di presentarsi al via di Herning; pensiamo in particolare Basso e Scarponi, che dovrebbero essere i leader designati di Liquigas e Lampre, con i rispettivi compagni di squadra, Nibali e Cunego, orientati verso il Tour. Principali insidie estere, persi rispetto a quest’anno anche Menchov e Anton, potrebbero essere Kreuziger, Gadret, Rujano e Rodriguez, già al via nel 2011, e le new entry Vandevelde e Fuglsang.
Il 2012 si presenta insomma, per quel che concerne i GT, come l’anno del ritorno al “tutti al Tour”, con buona pace di chi negli ultimi anni era riuscito a restituire al Giro d’Italia un certo lustro a livello internazionale. L’auspicio è che qualcuno cambi idea da qui a maggio, e che, in caso contrario, si tratti soltanto di un insieme di circostanze sfortunate, che hanno per vari motivi allontanato dalla Corsa Rosa corridori intenzionati a ritornarvi in tempi brevi. Sarebbe altrimenti paradossale aver operato un cambio ai vertici della gara per ritornare a tracciati più umani, sacrificando però nel mentre il livello di chi quei tracciati dovrebbe interpretarli.
Matteo Novarini