MODENA – FANO. IL RITORNO DEI SOLITI NOTI
La prima tappa in linea italiana sarà ancora una giornata destinata alle ruote veloci del gruppo. Sarà l’occasione, per i “suiveurs”, per distrarsi ammirando le bellezze dell’Emilia-Romagna e per ripensare ai tempi andati. Questa giornata, infatti, offrirà parecchie occasioni per tuffarsi nella storia del Giro, tornando indietro nel XX secolo sino alla prima, storica edizione del Giro d’Italia, che attraverserà la Romagna il 16 maggio del 1909.
“Addio pianure sorgenti dai monti”. Si sentiranno un po’ come Renzo e Lucia al momento di abbandonare il paesello natio i velocisti questa mattina. Non sarà, a dire il vero, un addio ma solo un arrivederci poiché, dopo cinque giornate di grafici dalle linee rette praticamente costanti, da domani e per le tre giornate seguenti il Giro andrà a fare i conti con le prime salite degne di questo nome, anche se non ancora estreme e decisive, mentre gli sprinter dovranno rinfoderare le armi e attendere tracciati migliori. Oggi, invece, i protagonisti saranno ancora loro, al termine di una frazione più impegnativa per distanza – si sfioreranno d’un soffio i 200 Km – che per altimetria, molto comoda da pedalare anche perché di fatto costituita da due lunghe “spade” che punteranno verso sud, dapprima la Via Emilia e poi, da Rimini in avanti, la statale Adriatica. Velocità elevate anche oggi, dunque, ma emozioni poche all’orizzonte perché, di fatto, la tappa, tolti i probabili tentativi di fuga destinati immancabilmente al riassorbimento, sarà inevitabilmente “condannata” al destino d’un arrivo allo sprint. In una giornata che si annuncia noiosa – sempre che la cronosquadre non abbia dato una rimescolata non troppo decisa ai piani alti e ci sia in ballo un cambio al vertice della classifica – a tener alto l’interesse tra i “suiveurs” ci penserà la lunga catena di ricordi che susciterà il percorso di questa quinta frazione. Se ne potranno raccogliere per tutte le età, tornando indietro nel tempo sino a quelli che, oramai, ci sono tramandati solo dalle cronache passate, come quelle del primo Giro d’Italia che, al suo secondo giorno di gara, passò proprio sulle strade di questa tappa, andando a incontrare la prima salita in assoluto della corsa rosa, quella microscopica Siligata che si affronterà anche oggi e che non dovrebbe dare troppi grattacapi ai treni dei velocisti, anche se un pizzico d’attenzione è sempre dovuto.
Al pari della giornata precedente il Giro muoverà da una località, Modena, inserita nella lista dei patrimoni mondiali dell’umanità. L’iscrizione riguarda solo la centralissima Piazza Grande e i monumenti che vi si specchiano (il Duomo e la “Ghirlandina”), ma l’offerta al turista contempla anche la chiesa di San Pietro, il Palazzo Ducale (sede della prestigiosa Accademia Militare) e il Palazzo dei Musei, al cui interno sono alloggiate la galleria e la biblioteca estensi.
Basteranno già le prime pedalate per aprire il libro dei ricordi, le cui pagine cominceranno a sfogliare a 9 Km dal via, al momento del passaggio da Castelfranco Emilia. È il paese natale di Alfonsina Strada, l’unica donna ad aver corso il Giro d’Italia con i maschi, nel 1924. Quell’anno il Giro fu disertato dalle case di marca – e di conseguenza dai grandi campioni dell’epoca – per alcuni dissidi con la Gazzetta, che si vide schieratial via solo gli appartenenti alla categoria degli “isolati”, quei corridori che non erano affiliati a nessuna squadra e per i quali l’organizzazione doveva provvedere – come già accadeva in passato – a vitto, alloggio e assistenza tecnica. La presenza della Strada, si racconta, fu un escamotage promozionale da parte della “rosea” per attirare i lettori ma la giuria non fu tenera con lei quando, giunta fuori tempo massimo nell’ottava tappa, molti membri non accettarono le attenuanti (tra cadute e forature, quel giorno Alfonsina incappò in diversi incidenti) e la estromisero dalla corsa e dalla classifica, consentendogli comunque di arrivare fino a Milano, dove fu una dei 30 partecipanti (su 90 partenti) a portare a termine il Giro.
Come le ciliegie che sono colte per la prima volta proprio nel mese del Giro, un ricordo tirerà l’altro e ci riporterà indietro di oltre un secolo quando il gruppo si troverà a transitare per Bologna. La “dotta”, infatti, fu la meta della prima tappa del primo Giro, terminata sotto un vero e proprio acquazzone estivo con il successo del romano Dario Beni e tra gli spintoni del pubblico indisciplinato che era accorso in massa all’ippodromo Zappoli e che diede non pochi problemi ai giudici di gara chiamati a compilare il primo ordine d’arrivo.
Un’altra trentina di chilometri serviranno per riavvolgere il film della corsa rosa sino ai recenti anni di Pantani, passando per il periodo delle sfide tra Gimondi e Merckx, gloriose pagine di Giro (ma anche di Tour) scritte sulle cime alpestri ma le cui radici poggiano sulla collina di Dozza, nota agli appassionati grazie all’opera di Luciano Pezzi, che lassù invitò spesso, facendone anche terra privilegiata d’allenamento, il bergamasco e il romagnolo, da lui diretti alla conquista della maglia rosa prima e della gialla poi. E anche se non si è estimatori del grande ciclismo, non bisogna perdere l’occasione per pellegrinare lassù e ammirare il connubio tra l’antico del borgo medioevale e il moderno dei murales che lo decorano, realizzati a partire dal 1965 nell’ambito della “Biennale del Muro Dipinto”.
Qui non si mangiano solo pane e ciclismo, però, e la vicinanza con Imola ci rammenterà anche la passione per i motori, quelli della Formula 1 e anche quelli del motomondiale, che proprio in terra di Romagna ha “coltivato” alcuni dei suoi campioni più osannati, da Capirossi a Melandri, dal povero Simoncelli a Rossi, che romagnolo non è ma è come se lo fosse, nato com’è a un tiro di schioppo dal confine e dalle terre romagnole.
Dopo la parentesi motoristica si tornerà a respirar ciclismo con l’approssimarsi a Forlì, dove i “pilastri” su cui poggia la locale passione sono Ercole Baldini e Tullo Morgagni. Il primo, tra le altre corse nelle quali primeggiò, nel 1958 s’impose in quel Giro che ebbe tra i padri fondatori il secondo. Il Morgagni, uno dei capi della “rosea”, fu il primo destinatario della soffiata che lo avvisò, nell’estate del 1908, dell’intenzione del Corriere della Sera di organizzare, quanto prima, una corsa a tappe nazionale a emulazione del recente Tour de France. Il pronto risultato fu una riunione d’urgenza con il direttore Costamagna e il caporedattore della sezione ciclismo Cougnet, nella quale si decise seduta stante di organizzare la prima edizione del Giro d’Italia nel maggio dell’anno successivo e di darne notizia sulla Gazzetta appena ventiquattrore dopo.
È ora di tornare al presente perché, a questo punto, saremo già ben oltre la metà della tappa e le squadre dei velocisti, alternandosi a turno in testa al gruppo, cominceranno a ingranare le marce per ridurre le distanze dalla testa della corsa. A galvanizzare il gruppo si presteranno i tifosi a bordo strada, particolarmente “accesi” in queste terre, ai quali si aggiungeranno anche i primi bagnanti, quando la corsa giungerà sul litorale romagnolo. Un succedersi di rinomate stazioni balneari – Rimini prima, poi Misano, Riccione, Cattolica e Gabicce – condurranno il Giro verso le Marche, regione che è tutta un florilegio di colline, terreno di battaglia privilegiato dalla Tirreno – Adriatico. Infatti, appena superato il confine la strada prenderà quota per portarsi ai 122 metri del Valico della Siligata che, come dicevamo, fu la prima ascesa inserita nel tracciato del Giro, proposta lungo i 378 e rotti chilometri della seconda tappa dell’edizione del debutto, prevista tra Bologna e Chieti e terminata con il successo di Giovanni Cuniolo e con l’insediamento in testa alla classifica – la maglia rosa sarà introdotta solo nel 1931 – del futuro vincitore finale Luigi Ganna. Superato questo modesto GPM – poco meno di 3000 metri di strada dolcemente inclinata – il gruppo si tufferà velocemente su Pesaro, dove la statale ritornerà in vista dell’Adriatico, abbandonato poco prima per doppiare il tormentato promontorio di Gabicce, terra rude che fu ricca fonte d’ispirazione per Dante Alighieri. Il divin poeta, infatti, parlerà indirettamente delle vicissitudini di questo scampolo marchigiano quando scriverà, nell’Inferno, della tragica storia d’amore tra Paolo e Francesca (ambientata nelle medioevali stanze della rocca di Gradara) e dei forti venti che spazzano la costa dalle parti di Fiorenzuola di Focara (“Poi farà si ch’al vento di Focara – non farà lor mestier voto né preco”) e che un tempo erano temutissimi dai naviganti.
Riguadagnata la pianura, questa tornerà padrona quasi incontrastata del terreno di gara negli ultimi dodici chilometri, con la fugace intrusione di qualche zampellotto di modestissima entità. L’ultimo di questi, però, è un lieve falsopiano che terminerà a poche centinaia di metri dall’arrivo e che potrebbe dare qualche filo da torcere ai velocisti e favorire gli outsider della specialità, quelle sorprese che talvolta sono in grado di emergere sopra i nomi dei “soliti noti” dello sprint. Occorre fortuna in questi casi, ma questo traguardo potrebbe dispensarla con generosità ai più bravi, essendo Fano l’erede dirette della città fondata dai romani attorno al Fanum Fortunae, tempio dedicato alla dea bendata.
VARIAZIONI PERCORSO
Modificato il tratto tra Gabicce e Pesaro, durante il quale si lascerà la statale adriatica passando sulla tortuosa panoramica di Gabicce. Non si affronterà, quindi, la facile ascesa della Siligata, sostituita dalle ascese verso Gabicce Monte (GPM di 4a categoria) e Casteldimezzo. A 13 Km dall’arrivo si tornerà sul percorso originariamente previsto. Favoriti rimangono i velocisti, ma che si troveranno sotto le ruote un’insidia in più.
I VALICHI DELLA TAPPA
Anche quest’anno le tappe più movimentate saranno accompagnate dalla segnalazione dei valichi toccati dall’itinerario. Tranne rare eccezioni (come la Siligata), i valichi segnalati sono quelli riportati sul testo “Valichi stradali d’Italia” di Georges Rossini (Ediciclo Editore)
Valico della Siligata (122 m). Non segnalato sul testo di riferimento “Valichi stradali d’Italia” (Georges Rossini, Ediciclo), è attraversato dalla SS 16 “Adriatica” tra il bivio per Gradara e la località Cattabrighe (Pesaro). Coincide con l’omonima località. TOLTO DAL PERCORSO
Mauro Facoltosi
FOTOGALLERY
Foto copertina: Fano, Arco d’Augusto (wikipedia)