FIGLI DI UN TOUR MINORE?
Ha raccolto più critiche che consensi, tra gli estimatori delle grandi salite, il tracciato proposto da Christian Prudhomme per il Tour de France 2012. Forse per evitare giornate inconcludenti, com’erano stati i tre tapponi pirenaici dell’anno scorso, si è optato per una drastica riduzione delle montagne, ampliando nel contempo il chilometraggio delle frazioni contro il tempo. Per gli scalatori non sarà facile contrastare le velleità dei corridori più passisti. Una lotta ad armi impari dalla quale si potrà emergere vittoriosi solo inventandosi nuove strategie nelle poche, ma buone, tappa di montagna previste. Perché la classifica finale del Tour 2012 non è scritta già in partenza e di occasioni per ribaltare un pronostico all’apparenza sfavorevole ci saranno, basterà saperle sfruttare appieno.
Foto copertina: il vincitore del Tour 2011 Cadel Evans, Philippe Gilbert, Thomas Voeckler e i fratelli Schleck posano accanto al cartellone dell’edizione 2012 (foto Reuters)
Basta dare una veloce scorta ai commenti dei tifosi sui vari forum sparsi per la rete, soprattutto ai messaggi degli appassionati di salite, per capire di che pasta sarà il prossimo Tour de France, presentato oggi a Parigi. Le cartine, poi, confermano le prime impressioni e ci sentiamo un po’ tutti defraudati da un percorso che sembra far ripiombare il Tour nel medioevo leblanchiano, con una sensibile diminuzione delle salite e con un ritorno al passato per quando riguarda la consistenza delle crono. Ma cosa sarà passato nella mente di Prudhomme quando si è messo a tracciare l’edizione 2012 della Grande Boucle? Quasi sicuramente il ricordo non felicissimo dell’ultima edizione, che aveva visto i tre tapponi pirenaici sviliti da una condotta di gara soporifera e, al contrario, una tappa presentata come di trasferimento (quella di Gap), risultata, invece, altamente spettacolare sul piano della lotta di classifica. Perché sprecare, si sarà detto, fior di tappe e di salite? E così si è operata una drastica riduzione delle difficoltà montane, nel contempo dilatando i chilometri da percorrere contro il tempo. Il risultato è stato, però, quello di un Tour poco convincente e troppo sbilanciato verso chi ha una marcia in più a cronometro, ma forse è stata proprio questa la reale intenzione degli organizzatori: quella di costringere gli scalatori a lavorare di fantasia e non giocare troppo all’attendismo. Bisognerà inventarsi ogni giorno qualcosa, bisognerà spremere gli avversari più pericolosi e questa potrebbe essere la carta da spendere per rendere giustizia a un percorso che, invece, non li favorisce troppo.
Potrebbe così trasformarsi in un’edizione d’antologia quella che scatterà dal Belgio sabato 30 giugno, con una settimana d’anticipo rispetto al solito per evitare d’accavallarsi con l’inizio delle Olimpiadi di Londra, primo dei ventuno giorni di gara che porterranno i partecipanti a percorrere complessivamente 3479 Km, dei quali 96 Km di sfida contro le lancette, una distanza che – senza contare le cronosquadre – non si vedeva dal 2007 (117 Km).
La prima fatica sarà proprio una cronometro, sotto la forma di un pianeggiante prologo di 6,1 Km tracciato sulle veloci strade di Liegi. Sara l’atto che lancerà una prima settimana di gara molto simile a quella dell’edizione 2011, un mix di tappe destinate ai velocisti e altre più adatte ai finisseur. Sarà già, quest’ultimo, il caso della prima frazione in linea, che si chiuderà a Seraing, la cittadina che accolse anche la partenza del Giro del 2006, col traguardo posto al termine di uno strappo che ricorderà il Mont des Alouettes, sul quale svettò primo Philippe Gilbert. Nessun problema per i velocisti nella frazione di Tournai, l’ultima tracciata nella nazione belga, mentre la prima tappa disegnata in Francia sarà la più tormentata di questa fase iniziale, con l’approdo di Boulogne-sur-Mer che potrebbe dare filo da torcere anche ai corridori di classifica (nel finale si ricalcheranno tratti del circuito che ha ospitato l’ultimo campionato nazionale francese, conquistato da Sylvain Chavanel). Dopo questo intermezzo i velocisti torneranno padroni della scena nelle successive tre frazioni di Rouen, Saint Quentin e Metz.
Come dodici mesi prima, sarà all’ottavo giorno di gara che il gruppo affronterà la prima tappa di montagna, decisamente più impegnativa rispetto a quella conquistata dal portoghese Faria da Costa a Super Besse poiché l’approdo sarà sul “Ciocco dei Vosgi”, la breve ma erta ascesa della Planche des Belles Filles, che presenta inclinazioni fino al 28%. Quasi certa una prima selezione, con la possibilità di un’altra bella scremata alla classifica l’indomani, nella mediamente corta ma concentrata tappa franco-elvetica di Porrentruy che, pur priva di grandissime asperità, proporrà 154 Km privi di momenti nei quali tirare il fiato, con sei salite tozze ma a tratti infide (18% sul Col de Croix, a 15 Km dall’arrivo) proposte una dietro l’altra. Una giornata oltremodo delicata poiché precederà di 24 ore uno dei momenti cardine del prossimo Tour, la prima delle due frazioni a cronometro, prevista tra Arc-et-Senans e Besançon sulla distanza di 38 Km ed un tracciato leggermente mosso ma classificabile come pianeggiante.
A questo punto la carovana osserverà la prima giornata di riposo, necessaria per effettuare senza troppi patemi il trasferimento verso Mâcon, dalla quale scatterà la prima delle due giornate alpine. Non è la più dura, ma sicuramente sarà una frazione molto attesa dagli “aficionados” delle salite cattive poiché andando in direzione di Bellegarde-sur-Valserine si salirà su un passo inedito che da anni era invocato sul percorso del Tour, il Col du Grand Colombier. Per questioni di sicurezza non lo si scalerà dal suo versante più difficile, ma i suoi 17,4 Km al 7,1% (con massima del 14%), potrebbero lasciar conseguenze in gruppo, anche perché nei 43 Km che ne separeranno la cima dal traguardo sarà compreso un ulteriore colle, il Richemont, non proprio “dotato” ma che finirà per dilatare fatica ed eventuali distacchi. Sarà solo l’antipasto della tappa regina, prevista l’indomani tra Albertville e La Toussuire, recente e frequentata scoperta del grande ciclismo, che dal 2006 ad oggi ha già all’attivo un approdo del Tour (2006, vittoria di Michael Rasmussen), tre frazioni del Delfinato e altrettante del Tour des Pays de Savoie, corsa di categoria 2.2. Quest’anno ci si giungerà al termine d’un tracciato di soli 144 Km, ma che proporrà due “totem” del Tour, i colli della Madeleine e della Croix-de-Fer, entrambe ascese over (anche se di poco) 2000.
Salite alpestri se ne incontreranno anche l’indomani, in quella che, però, dovrebbe semplicemente essere la prima delle due giornate di trasferimento verso i Pirenei. Attenzione a non distrarsi, comunque, perché la tappa di Annonay Davézieux ricorda molto la frazione, sulla carta interlocutoria, che di fatto costò il Tour a Chiappucci nel 1990, attaccato a sorpresa da Lemond e soci. E senza dimenticare il più recente precedente di Montélimar, quando Pereiro andò in giallo al termine di una tappa pianeggiante, come quella in programma il giorno dopo (Mont St-Clair escluso) tra Saint-Paul-Trois-Châteaux e Le Cap d’Agde.
Si giungerà così ai piedi dei Pirenei, che saranno affrontati in tre round non contigui, separati dalla facile tappa che si concluderà nell’onnipresente Pau e dalla seconda giornata di riposo. La prima tappa è quella, forse, più pericolosa poiché il disegno altimetrico potrebbe portare a sottovalutarla per via dell’ultimo colle piazzato a 39 Km dal traguardo di Foix. Un’errore imperdonabile perché quello che sulla carta è definito “Muro di Péguère”, in realtà proprio muro non è ma salita vera, per via dei suoi 9,4 Km al 7,9%, culminanti nella verticale degli ultimi 3500 metri, nei quali le pendenze schizzano al 12,2% la media e al 18% (la massima: un ostacolo che potrebbe mettere in croce più d’un pretendente al successo finale, anche perché preceduto da un’altra ascesa impegnativa, anche se non così estrema, il Port de Lers.
Certamente peggio concepito sarà il successivo tappone tra Pau e Bagnères-de-Luchon, la solita cavalcata che oramai non fa più selezione, anche se stavolta ci sarà il vantaggio d’aver l’ultima ascesa vicino al traguardo e non a 40-Km dalla conclusione. Difficile, nel ciclismo moderno, che si riesca a fare selezione sul Peyresourde, anche perché molto probabilmente i migliori si presenteranno ai suoi piedi ancora freschi, dopo aver volutamente scavalcato senza troppo dannarsi i precedenti Aubisque, Tourmalet e Aspin. Più facile che il Peyresourde faccia male l’indomani quando, agli sgoccioli di una corsa di tre settimane, sarà affrontato al termine della tappa di Peyragudes (il traguardo sarà posto poco a circa 6 Km dalla vetta del colle, dopo un’ascesa finale corta ma a tratti ripida), preceduto dal duro Port de Bales, estrema occasione per gli scalatori. Le ultime tre giornate, infatti, torneranno a essere il regno della pianura, con la tappa più pericolosa per i grimpeur, i 52 Km del piattone da percorrere individualmente tra Bonneval e Chartres, e il companatico di due tappe destinate alle ruote veloci del gruppo, quella di Brive-La-Gaillarde e la passerella finale parigina. Ma se i big giocheranno all’attendismo, quest’anno saranno le salite a far la figura del contorno.
Mauro Facoltosi