CANNONBALL STENDE TUTTI
Con una volata di testa, Mark Cavendish conquista il titolo mondiale a Copenaghen, resistendo al ritorno di Matthew Goss. Medaglia di bronzo ad André Greipel, che anticipa di un soffio Fabian Cancellara, 4° davanti a Gilbert. Pressoché nulla la selezione, con il gruppo scremato solamente da una caduta ad un’ottantina di chilometri dal termine, che ha tagliato fuori il campione uscente Thor Hushovd. Resta imbottigliato nel finale Bennati, che chiude con un modesto 11° posto.
Foto copertina: Mark Cavendish grida la sua gioia per la conquista del titolo mondiale (foto Bettini)
È Mark Cavendish a sorridere al termine di un Mondiale che non verrà certamente ricordato come uno dei più esaltanti della storia della manifestazione, causa un percorso rivelatosi, se possibile, ancor meno selettivo del previsto. Neppure il chilometraggio, l’andatura piuttosto sostenuta sin dalle battute iniziali e il discreto numero di azioni ordite nell’arco della gara da Italia, Belgio e Francia in particolare hanno potuto evitare che solo le famigerate transenne scremassero la folta rosa dei favoriti. È stata infatti una caduta occorsa ad un’ottantina di chilometri dal termine a tagliar fuori dai giochi per le medaglie diverse decine di corridori, incluso in particolare Thor Hushovd, campione uscente e serissimo candidato al bis.
Per il resto, la gara si è ridotta ad un’interminabile processione – ancorché spedita – alle spalle degli infaticabili uomini della Gran Bretagna, capaci di installarsi in testa al gruppo al momento dell’ingresso sul circuito e di restarvi fino ai 3 km finali, quando è toccato all’Australia l’onere di lanciare il plotone verso lo sprint. Nel mezzo, a caratterizzare il Campionato del Mondo sono stati gli attacchi di Poos, Lastras, Roux, Iglinskiy, Chuzda, Kiserlovski e Kangert prima e Kaisen, Vansummeren, Clarke, Offredo e Paolini poi, con i due gruppi riunitisi nell’ultimo terzo di gara, senza però riuscire mai ad acquisire un margine tale da mettere in allarme gli inseguitori. Ancor peggio è andata ai ripetuti tentativi del duo italiano Visconti – Gavazzi, più volte evaso, insieme o separatamente, nel medesimo punto, in vista del traguardo, all’azione solitaria del padrone di casa Lars Bak, lanciatosi in un poco saggio inseguimento al drappello di testa quando il gruppo stava ormai rinvenendo, e ai numerosi assalti prodotti dagli olandesi, privi di uno sprinter da giocare sul rettilineo finale. Gli ultimi a provarci, a cavallo delle due tornate conclusive, sono stati Thomas Voeckler, Klaas Lodewyck e Niki Sorensen, cui si è unito in un secondo momento Johnny Hoogerland, senza impensierire però i sempre vigili britannici.
Con il previsto epilogo in volata ormai alle porte, le maglie bianco-rosso-blu sono però sparite dalla testa del gruppo, rischiando di compromettere il monumentale lavoro svolto per oltre cinque ore. Mark Cavendish è a sua volta scivolato pericolosamente indietro, mentre gli australiani assumevano con decisione il comando delle operazioni, con la posizione di Matthew Goss, ultimo vagone del numeroso treno bianco, a lasciar ipotizzare che fosse l’uomo HTC il prescelto per disputare lo sprint. Subito alle spalle degli australiani si collocava quindi la macchia azzurra dell’Italia, con quattro uomini mai usciti allo scoperto (Tosatto, Quinziato, Viviani e Oss) pronti a supportare le ambizioni iridate di Daniele Bennati, più il jolly Sacha Modolo, incaricato – come egli stesso ha rivelato subito dopo il traguardo – di marcare a uomo Fabian Cancellara, in caso di azione nel finale dell’elvetico.
Sul più bello, però, il blocco azzurro si è disgregato, risucchiato nella pancia del gruppo nel caos di un epilogo tanto aperto da autorizzare decine di corridori a sognare il successo della vita. Bennati, in particolare, è rimasto imbottigliato nel momento più importante, dicendo sostanzialmente addio alla prima e forse ultima opportunità di titolo mondiale della sua carriera prima ancora di potersela realmente giocare.
Assai più abile nel risalire il gruppo è stato invece Cavendish, che è in qualche maniera riuscito a presentarsi al comando ai 150 metri finali, lanciandosi in uno sprint di testa che è da subito parso destinato ad essere coronato dal trionfo. Solo Goss è riuscito a reggere il cambio di velocità imposto da Cannonball, guadagnandone la ruota e tentando una rimonta che si è spenta a mezza ruota dalla gloria. Ancor più risicato il divario tra André Greipel, medaglia di bronzo, e Fabian Cancellara, capace di raccogliere un 4° posto in proporzione assai più soddisfacente del 3° della cronometro. Chissà però che lo svizzero non rimpianga la scelta di giocarsi le proprie carte in uno sprint canonico, senza provare ad anticiparlo, muovendosi perlomeno all’inizio della rampa finale.
Lontanissimi dall’oro i due principali favoriti dei bookmakers, Philippe Gilbert, appena 17°, che ha addirittura ceduto a Roelandts, 5°, l’incarico di disputare la volata, e Peter Sagan, perfetto nel farsi trovare nella posizione ideale al momento di lanciare lo sprint, ma che, come si paventava alla vigilia, non ha retto l’imponente chilometraggio della prova, imballandosi sul più bello e tagliando in una modesta 12a piazza. Fra i due (14°) è arrivato Daniele Bennati, che ha confermato le perplessità che molti nutrivano nei suoi confronti quale leader azzurro, ruolo assegnatogli più per mancanza di alternative che perché effettivamente i risultati autorizzassero a vedere in lui un credibile candidato alla maglia iridata.
Si è così rivelata purtroppo giustificata la scarsa fiducia che i più riponevano nella spedizione italiana in Danimarca, frutto di un generale momento di enorme difficoltà per il nostro ciclismo e di un tracciato che ha tagliato fuori i nostri uomini migliori. Tracciato peraltro ai limiti dell’orrendo, che non pare azzardato ipotizzare sia stato scelto più per i convincenti argomenti economici presentati dal comitato organizzatore che non per spunti tecnici particolarmente interessanti (perché l’equazione “percorso per velocisti = percorso insulso” non è necessariamente vera).
Più favorevole ai nostri portacolori sarà molto probabilmente l’appuntamento fissato tra dodici mesi in terra olandese. Anche se il rischio che Bettini debba rinunciare a pedine fondamentali per ragioni indipendenti dalla sua volontà è piuttosto concreto.
Matteo Novarini