PROVA ELITE UOMINI: LARGO AI VELOCISTI?
settembre 21, 2011
Categoria: Approfondimenti
Il tracciato di Copenaghen, il più facile da diversi anni a questa parte, apre le porte del Campionato del Mondo anche a uomini veloci che ben poco avevano avuto da dire nelle ultime edizioni. A complicare la lettura della gara è però lo strappo di 500 metri in vetta al quale sarà posto l’arrivo, che potrebbe tagliar fuori gli sprinter più puri e alterare le gerarchie di una volata canonica. Proviamo ad anticipare quale tipo di corsa e quali protagonisti ci attendono per la gara di domenica.
Foto copertina: Thor Hushovd, Matti Breschel e Allan Davis sul podio dell’edizione 2010 del Campionato del Mondo (foto Luca Bettini)
Se il tracciato di Copenaghen fosse leggermente più selettivo – anche soltanto al livello di quello di Geelong 2010 -, la prova élite maschile di domenica avrebbe un favorito d’obbligo, quel Philippe Gilbert capace di dominare la stagione a livello di gare di un giorno come nessuno era stato in grado di fare nel ciclismo moderno, con la Milano – Sanremo, chiusa al 3° posto dopo aver visto sfumare un paio di tentativi che parevano poter risolvere la corsa, quale principale e quasi unico rimpianto dell’anno. Dopo il 9° posto del Giro delle Fiandre, sconfitta giunta però al termine di una gara interpretata correttamente e con discreto coraggio, il vallone ha infatti inanellato una sfilza di trionfi – dall’Amstel Gold Race a San Sebastian, passando per Freccia Vallone, campionato nazionale in linea e a cronometro, e soprattutto Liegi – Bastogne – Liegi, solo per citare i principali – che, su un circuito più impegnativo, sarebbero sufficienti a fare di lui il faro della corsa, un po’ come il Paolo Bettini dei Mondiali a cavallo della metà dello scorso decennio.
Il percorso danese, il più facile proposto da una gara iridata dai tempi di Zolder 2002, che vide Mario Cipollini regalarsi il più grande trionfo della carriera, spazzando via Robbie McEwen ed Erik Zabel in uno sprint senza storia, complica però i piani del belga, che per coronare il suo magico 2011 con la maglia arcobaleno dovrà tentare di indurire quanto più possibile la corsa, magari sperando in condizioni meteorologiche favorevoli al progetto (cioè sfavorevoli in generale). Anche in quel caso, però, il fuoriclasse di Verviers dovrà inventarsi un’azione a sorpresa, complicata però dal marcamento a uomo che sicuramente subirà da parte di molti altri capitani, o battere uomini come Hushovd, Boasson Hagen e Sagan, che difficilmente molleranno sulle quasi trascurabili difficoltà del circuito, sul loro terreno, approfittando di quei 500 metri finali all’insù che potrebbero però non dispiacere anche al duo norvegese, allo slovacco, e ad altri corridori da tenere assolutamente in considerazione quali Freire, Rojas e Haussler, solo per menzionarne alcuni.
Per provare ad inasprire la gara, Gilbert potrà se non altro contare su una formazione seriamente candidata a fare da punto di riferimento, con uomini quali Van Avermaet, Leukemans e i trionfatori delle pietre Nuyens (vincitore del Fiandre) e Vansummeren (Roubaix) pronti sia a supportare il leader con un lavoro di gregariato vero e proprio, sia ad inserirsi in azioni con le quali provare a scombinare i piani dei velocisti. Fondamentale, per riuscire ad estromettere dalla contesa gli sprinter più puri e fiaccare le gambe a quelli più resistenti alle salite, sarà però il supporto che la formazione belga potrà ricevere da altre compagini con interessi comuni, prive di punte capaci di dire la loro in un arrivo a ranghi più o meno compatti.
È per esempio il caso dell’Olanda, squadra senza un vero leader ma imbottita di outsiders, nessuno dei quali apparentemente in grado di imporsi allo sprint. Se per atleti quali Kruijswijk, Poels e Mollema il tracciato sembra decisamente troppo morbido, gli altri 6 elementi (Ligthart, Weening, Tjallingii, Hoogerland, Boom e Terpstra) potrebbero tutti tentare la fortuna con una corsa d’assalto, sperando che la breve rampa finale nasconda la carenza di spunto veloce da parte di tutti.
Sulla stessa lunghezza d’onda potrebbe essere la Francia, che ha in Romain Feillu un uomo senz’altro veloce, ma probabilmente non abbastanza affidabile da imperniare su di lui l’intera strategia, specie alla luce dell’infortunio patito al recente Giro di Polonia. Più autorevoli paiono le candidature di Sylvain Chavanel e Thomas Voeckler, accanto ai quali si colloca poi una schiera di corridori di medio/medio-alto livello spendibili tanto come gregari quanto come uomini da fughe.
Avranno interesse a condurre una corsa d’attacco anche i padroni di casa, dopo il forfait di Matti Breschel, medaglia d’argento della passata edizione, che sarebbe altrimenti stato leader indiscusso della rappresentativa danese. Né i due Sorensen né Fuglsang, i nomi più altisonanti in squadra, sembrano però uomini da temere, a prescindere dallo sviluppo della gara.
Senza possibilità di successo allo sprint, fra le compagini che possono contare su punte di spessore, la Svizzera, con un Cancellara che avrà probabilmente nell’attacco da finisseur l’unica carta per dare l’assalto al titolo, e il Lussemburgo, squadra da prendere con le molle su tracciati più selettivi, pressoché tagliata fuori su quello ultra-soft di Copenaghen.
Assai più folto appare tuttavia il fronte delle nazionali che tenteranno di tenere cucita la corsa, a cominciare dalla Gran Bretagna di Mark Cavendish, che con un arrivo posto un chilometro prima o un chilometro dopo (leggasi: non in salita) sarebbe stato il favorito numero uno di giornata. L’epilogo in ascesa complica però i progetti di Cannonball, che pure ha già dimostrato in passato di poter dire la sua anche in arrivi di questo genere, se nelle giuste condizioni di forma. È per esempio il caso della frazione di Saint-Fargeau del Tour de France 2009, in cui il breve strappo finale non riuscì ad impedire al britannico di bruciare Hutarovich e Farrar. Anche questi ultimi saranno naturalmente al via, e, se il bielorusso capeggerà un team di appena tre atleti, la compagine a stelle e strisce potrebbe contribuire non poco, come quella britannica, a mantenere compatto il gruppo, forte di una batteria invidiabile di passisti spendibili come uomini di fatica.
Difficile che possano dare un grande contributo alla causa dei velocisti la Norvegia e la Slovacchia, ai cui capitani abbiamo già più volte accennato: con i vichinghi a due punte, solamente due a testa saranno gli uomini sacrificabili per le due squadre (Arvesen e Rasch da una parte, i due Velits dall’altra), che dovranno presumibilmente sperare nel traino di qualche corazzata fino all’ultimo giro.
Formazioni assai più attrezzate per rintuzzare tentativi più o meno da lontano sono senza dubbio la Spagna, già abituata a correre sulle ruote altrui sin da edizioni in cui forse un approccio più propositivo avrebbe giovato, che quest’anno avrà per di più in Rojas e Freire i due elementi più accreditati. Da non escludere però che, pur tenendo un occhio alla soluzione in volata, gli iberici possano far valere la ricchezza della loro rosa, con atleti quali Flecha, Lastras, Luis Leon Sanchez e Barredo che potrebbero facilmente fare da spauracchi se inseriti in fuga, alleggerendo al contempo la squadra dal peso dell’inseguimento.
Quasi solo sulla volata possono contare la Germania, che avrà solo il dilemma della scelta dell’uomo di punta tra i mille sprinter a disposizione (Ciolek, Degenkolb, Kittel, Greipel), e l’Australia, con in particolare Goss e Haussler (ex tedesco) candidati a dire la loro in caso di arrivo in volata (il secondo si lascia probabilmente preferire per caratteristiche, il secondo per i risultati raccolti nel corso della stagione, sia pure prevalentemente nella prima parte). Entrambe le formazioni dispongono inoltre di un pacchetto di passisti di raro spessore (due nomi fra i tanti: Tony Martin da una parte, Michael Rogers dall’altra), fondamentali in appoggio.
La rassegna di quanti tenteranno di mantenere bloccato il Mondiale si completa con la Russia di Denis Galimzyanov, fresco vincitore della Parigi – Bruxelles, e con la Slovenia di Grega Bole, ancora in caccia del salto di qualità al quale è atteso da qualche tempo, che dovrebbe gradire il finale all’insù.
Nel mezzo si colloca l’Italia, che schiera Bennati quale leader per un finale allo sprint, e una discreta batteria di outsiders da spendere in attacchi nell’arco della corsa. Abbiamo però volutamente escluso dall’analisi la selezione di Paolo Bettini, per la quale rimandiamo ad un approfondimento separato. Posto che, come già dodici mesi fa, i tempi in cui la corsa iridata ruotava intorno alla nostra nazionale appaiono piuttosto lontani.
Matteo Novarini