ALLA VUELTA E’ GIA’ ORA DI FUGHE: COLPO DOPPIO DI LASTRAS
Lo spagnolo stacca i compagni di fuga Chavanel, Irizar e Pydgornyy sull’Alto de la Santa, ultima ascesa della 3a tappa, e si presenta tutto solo sul traguardo di Totana. Il corridore della Movistar conquista anche la maglia rossa, alla vigilia del primo arrivo in quota della Vuelta, a Sierra Nevada. Selezione in gruppo sull’ultimo GPM, con soltanto una quarantina di corridori capaci di seguire il passo di Sky e Liquigas.
Foto copertina: Pablo Lastras impegnato sulle strade della 3a tappa (foto Roberto Bettini)
Sono bastate tre tappe per applaudire la prima fuga vincente della Vuelta 2011, esattamente come accaduto al Giro d’Italia, ed è un corridore spagnolo, oggi come allora, a fare festa. Tre mesi e mezzo dopo Angel Vicioso, ad imporsi è Pablo Lastras, già protagonista nella tristemente celebre frazione di Rapallo, in cui fu 3°, preceduto anche da David Millar.
A lanciare il 35enne di San Martin de Valdeiglesias verso il terzo successo parziale in carriera alla Vuelta, dove non festeggiava però dal 2002, è stata l’azione a cinque che lo ha visto protagonista assieme a Sylvain Chavanel, Markel Irizar, Ruslan Pydgornyy e Nicolas Edet, con quest’ultimo staccatosi anzitempo a causa di una puntura di insetto. Il gruppo, complice il mancato apporto della HTC, dovuto alla condizione assai deficitaria di un Mark Cavendish staccatosi già sull’Alto del Berro, ad oltre 50 km dalla conclusione, è parso a lungo indeciso sul da farsi, ora accelerando e recuperando in modo relativamente agevole alcune decine di secondi, ora rallentando bruscamente, gettando al vento quanto guadagnato in precedenza. Soltanto ai piedi dell’Alto de la Santa, ultimo GPM di giornata, quando ormai i 3’ che i battistrada potevano ancora amministrare rendevano pressoché impossibile un ricompattamento, il ritmo del plotone si è fatto più sostenuto, sotto l’impulso prima del Team Sky prima e di Eros Capecchi della Liquigas poi. Appena una quarantina di corridori sono riusciti a reggere il passo, giungendo a giocarsi uno sprint valido però ormai solo per la quinta piazza, colta da Roche a 1’43’’. Tra gli assenti, spicca il nome di Denis Menchov, giunto a 1′23”, compromettendo così in modo significativo la propria candidatura per il primato madrileno.
Nel mentre, sulle ultime rampe dell’ascesa conclusiva, Pablo Lastras aveva salutato la compagnia, costruendosi in un amen un tesoretto di una ventina di secondi abbondanti. Ma se i 23’’ che l’iberico poteva amministrare ai 7 dal traguardo parevano più che sufficienti a garantire il buon esito dell’offensiva, una fase di appannamento accusata tra i 6 e i 3 km alla conclusione ha rischiato di vanificare tutto, con il terzetto inseguitore capace di riportarsi ad appena 10’’ dal leader.
A consegnare la tappa e l’annessa maglia rossa a Lastras hanno però allora provveduto Irizar e Pydgornyy, che hanno del tutto azzerato la già scarsa collaborazione offerta nei chilometri precedenti a Sylvain Chavanel, che dal canto suo non se l’è sentita di riportarli gratis sulla testa della corsa. Il gap è quindi tornato a salire, dando così all’uomo Movistar anche il tempo di rallentare per dedicare la vittoria allo scomparso Xavier Tondo. La piazza d’onore è andata giustamente a Chavanel, che ha anticipato nell’ordine Irizar e Pydgornyy, dando vita ad un ordine d’arrivo che coincide anche con le prime quattro posizione della nuova generale.
Lastras, che in carriera ha vinto tappe in tutti i GT, ma che non conquistava un successo dal Tour 2003 (tappa di Saint-Maxent), sarà ora chiamato a difendere i 20’’ di margine sul francese nella prima frazione di montagna, quella che porterà i corridori da Baza ai 2112 metri del traguardo di Sierra Nevada. Più che sulla lotta per la maglia rossa, l’attenzione sarà però focalizzata sul probabile primo scontro tra i pretendenti al successo finale. Due sfide che potrebbero anche intrecciarsi, giacché il minuto e 59’’ che separa Vincenzo Nibali, primo dei favoriti, da Lastras, potrebbe forse già essere colmato in caso di corsa particolarmente dura.
Matteo Novarini