GILBERT, ENNESIMO ASSOLO
Il belga conquista il quattordicesimo successo di un 2011 trionfale imponendosi a San Sebastian, grazie ad una micidiale sparata a 3 km dal traguardo. Barredo coglie la seconda piazza anticipando di pochi metri un drappello di sette uomini regolato da Van Avermaet. Deludenti le prove degli italiani, con Basso staccatosi sull’ultima salita e Cunego rimasto indietro non appena la corsa si è accesa. Migliore degli azzurri Simone Ponzi, 12°.
Foto copertina: l’esultanza di Philippe Gilbert al momento dell’arrivo in solitaria a San Sebastian (foto Susi Goetze)
Deve essere un’esperienza estremamente frustrante correre contro il Philippe Gilbert di questa stagione. Perché l’impressione è che, a prescindere dal tipo di percorso e dalla condotta tattica degli avversari – guardinga come all’Amstel Gold Race e alla Freccia Vallone o aggressiva come alla Liegi e oggi a San Sebastian -, non ci sia scampo quando il belga decide che è giunto il momento di passare all’azione e di prendersi l’ennesimo successo di un 2011 trionfale.
Molti uomini quotati hanno oggi provato a scombinare i piani del vallone, muovendosi in prima persona sull’Alto de Jaizkibel, quando il destino infelice della fuga del mattino era già chiaro. È stato Nicolas Roche ad accendere la miccia, quando al traguardo mancavano 43 km, spianando la strada a due attacchi di Samuel Sanchez, chiamato a sfatare la maledizione che vuole la Euskaltel incapace di imporsi sulle strade di casa. Le azioni dell’asturiano, sganciatosi in vista della cima in compagnia di Vanendert e Devenyns, hanno selezionato il gruppo dei favoriti, ma non hanno scavato divari sufficienti ad evitare che i grandi si ricompattassero nella successiva discesa. Il più illustre assente dal nutrito plotone riformatosi ad una trentina di chilometri dal termine è stato Damiano Cunego, ancora una volta deludente in una corsa che mai è riuscito a digerire, a dispetto della buona condizione messa in mostra nel finale di Tour, e di un tracciato sulla carta cucito addosso al veronese.
Dopo un tratto pianeggiante caratterizzato da numerosi ma poco pericolosi tentativi di outsider, con Stijn Devolder capace di guadagnare anche una trentina di secondi in solitaria, è toccato all’Alto de Arkale, ultima e a conti fatti più incisiva ascesa di giornata, operare la selezione decisiva, restringendo a soli dieci uomini il lotto dei contendenti. A Vanendert e Zubeldia, evasi in quest’ordine lungo la salita, si sono infatti aggiunti Gilbert, Sanchez, Joaquim Rodriguez, Uran, Barredo, Van Avermaet, Devenyns e Frank Schleck, trovando subito un’intesa che ha spento sul nascere qualsiasi velleità di rientro da parte degli inseguitori, tra cui figurava un Ivan Basso parso piuttosto brillante sulle prime rampe della salita.
A rompere l’armonia instauratasi nel drappello di testa è stato Carlos Barredo, evaso a 8 km dalla conclusione, ma mai andato oltre la decina di secondi di vantaggio. Ben più decisa è stata invece l’azione con cui Philippe Gilbert, approfittando dell’ultimo dente di giornata, a 3 km e mezzo dal traguardo, ha levato di ruota di forza la compagnia, incluso un Samuel Sanchez fiondatosi al suo inseguimento, ma incapace non soltanto di chiudere sullo scatenato belga, ma anche su Barredo, sempre in seconda posizione.
Il rientro sul leader Euskaltel prima di Haimar Zubeldia e poi del resto degli ex battistrada, anziché segnare l’inizio di una collaborazione che comunque ben difficilmente avrebbe potuto rintuzzare l’attacco di Gilbert, ha portato ad una fase di stallo che ha definitivamente sancito il trionfo del vallone, che ha potuto concedersi 300 metri di passerella, conservando ancora 12’’ di margine. Più vicino spettatore del quattordicesimo successo stagionale di Gilbert è stato proprio il bravissimo Barredo, mentre Van Avermaet ha regolato Purito e Devenyns nello sprint per il gradino più basso del podio. Migliore degli azzurri è stato al traguardo Simone Ponzi, 12°, giunto con il secondo gruppo a 2’05’’.
Mancano ormai gli aggettivi per definire il Philippe Gilbert attuale, dominante in gare di un giorno come neppure Paolo Bettini era mai riuscito ad essere in una singola stagione. Più significativo, forse, è far notare come si tratti per il belga della sesta classica di prestigio conquistata quest’anno (dopo Montepaschi Strade Bianche, Freccia del Brabante, Amstel Gold Race, Freccia Vallone e Liegi-Bastogne-Liegi, cui andrebbe aggiunto anche il campionato nazionale in linea), la terza della ex Coppa del Mondo. Proprio quest’ultima può fornire un altro parametro eloquente: con il successo di oggi, Gilbert sarebbe salito a 370 punti in classifica, dopo sei prove su dieci; cifra con cui avrebbe vinto tutte le edizioni della CdM con 100 punti per vittoria tranne quella del 1998, in cui Michele Bartoli si impose con 416, raccolti però per circa metà dopo San Sebastian. Per il resto, Bettini, Zabel, Museeuw, Boogerd, Vandenbroucke, Rebellin, Dekker, Van Petegem, Tchmil e tutti gli altri non hanno saputo accumularne altrettanti in dieci prove.
Gli uomini da classiche si daranno ora appuntamento ad Amburgo, il 21 agosto prossimo, data che coinciderà però con quella della seconda tappa della Vuelta. Probabili dunque numerose defezioni, tra cui forse quella dello stesso Gilbert, che potrebbe puntare sul GT spagnolo per preparare il Mondiale di Copenaghen. Mondiale che ad onor del vero appare un po’ troppo facile per le caratteristiche del belga, contro il quale però, ora come ora, non vorremmo mai essere costretti a scommettere, a prescindere da percorso e avversari.
Matteo Novarini