E IL BRUTTO ANATROCCOLO DIVENTÃ’ CIGNO
luglio 28, 2011
Categoria: Approfondimenti
La novantottesima edizione del Tour de France ha visto il trionfo dell’australiano Cadel Evans che, grazie ad una condotta di gara ineccepibile, riesce finalmente a scrollarsi di dosso l’appellativo di eterno secondo. Una corsa tanto incerta quanto entusiasmante che purtroppo nelle prime dieci tappe ha dovuto registrare l’abbandono a causa delle cadute di alcuni tra i protagonisti più attesi come Bradley Wiggins, Andreas Kloeden e, soprattutto, Alexandre Vinokourov. Per quanto riguarda le ruote veloci, Mark Cavendish ha ribadito il suo dominio negli sprint mentre gli italiani hanno concluso la Grand Boucle nell’anonimato, senza ottenere nessuna vittoria parziale e con Damiano Cunego migliore degli azzurri piazzatosi al settimo posto della classifica generale.
Foto copertina: Cadel Evans sugli Champs-Élysées (foto Bettini)
Cadel Evans: una stagione da incorniciare quella dell’australiano che si dimostra il corridore da corse a tappe più costante dell’anno con le vittorie in Tirreno – Adriatico, Giro di Romandia e Tour de France. Nella corsa francese si dimostra accorto e abile nell’evitare le cadute che caratterizzano da sempre le prime tappe; indomito sugli strappi (fa suo l’arrivo sull’arcigno Mur de Bretagne), si rivela capace di dirigere magistralmente la sua BMC nella cronometro a squadre. Mentre sui Pirenei si limita a controllare i diretti avversari, sulle Alpi mantiene i nervi saldi sia dopo l’attacco di Andy Schleck che negli istanti successivi l’incidente meccanico sul Telegraphe. In montagna è sempre lui a prendere in mano le sorti della corsa e la sua andatura sgraziata ma efficace, in salita, manda fuori giri quasi tutti i suoi avversari, tra cui Alberto Contador. La vittoria finale è la dimostrazione che questo atleta con un po’ meno sfortuna e con una squadra attrezzata a supportarlo nell’arco delle tre settimane sarebbe riuscito sicuramente a conquistare anche la Vuelta 2009, il Tour de France 2008 e, forse, quello 2007. Con la conquista della Grand Boucle rientra anche nel gotha di coloro che sono stati capaci di aggiudicarsi in carriera un Campionato del Mondo e un Tour de France, con la particolarità , però, che Cadel si è dimostrato un campione assoluto anche nelle gare di mountain-bike. Voto: 10 e lode.
Andy Schleck: da sacerdote del culto pantaniano non ho difficoltà a definire la vittoria del Fenicottero lussemburghese sul Lautaret un’impresa alla Pantani. Una vittoria splendida, indubbiamente la più emozionante degli ultimi anni. Un trionfo che meriterebbe il dieci in pagella ma data l’insicurezza e la sudditanza psicologica mostrata nelle tappe pirenaiche nei confronti del fratello maggiore, sembra più giusto attribuire un nove. I numeri per vestirsi di giallo a Parigi ce li ha anche se difficilmente si presenterà , in futuro, la possibilità di correre su di un percorso così favorevole agli scalatori come quello di questa edizione. Voto: 9.
Frank Schleck: a differenza del fratello non ha le doti per vincere un Tour de France e, in futuro, dovrà mettersi a disposizione di Andy sin dalle prime tappe (discorso che ripetiamo ormai da tre anni a questa parte) invece che coltivare la legittima ma alquanto irrealizzabile ambizione di vincere la corsa francese. Agguanta l’ultimo gradino del podio in extremis. Voto: 7,5.
Thomas Voeckler: va al di là di ogni umana immaginazione la prestazione che l’alsaziano ha offerto sulle strade di casa. Lui, che ha sempre sofferto le salite (persino gli strappi!), si è trovato a battagliare con i grandi del ciclismo mondiale sulle salite mitiche del Tour. Lui, che il miglior risultato alla Grand Boucle lo ha ottenuto nel famoso 2004 (18º posto), si è trovato a lottare per il podio. E lo avrebbe raggiunto, se solo non si fosse esaltato e non fosse andato a prendere Contador sul Telegraphe, un’azione che gli è rimasta terribilmente sulle gambe. A questo proposito merita una nota di biasimo il direttore sportivo Bernaudeau che avrebbe dovuto bloccare il tentativo scriteriato del suo corridore. Il “Fu T-Blanc” riesce comunque a resistere, nella cronometro conclusiva, al tentativo di recupero di Contador e a guadagnarsi una splendida quarta piazza nella classifica generale. Ora e più che mai è divenuto l’idolo non solo dei tifosi francesi di ciclismo, ma di tutta una nazione. Voto: 8,5.
Alberto Contador: era a caccia dell’accoppiata Giro e Tour ma il madrileno non sembra avere le qualità necessarie per riuscire nell’impresa. Oltre alle gambe che non girano a dovere anche la fortuna lo abbandona e, alla fine, deve accontentarsi della quinta posizione. L’attacco inscenato nella tappa dell’Alpe D’Huez con successiva debacle non fa che confermare il fatto che lo spagnolo non è uno scalatore puro, un grimpeur di razza ma uno scattista senza tenuta sulla distanza, come ho avuto già modo di dire è un centometrista non un maratoneta. Ha già annunciato che l’anno prossimo si concentrerà esclusivamente sul Tour, evitando di passare per l’Italia. Ce ne faremo una ragione. Voto: 6.
Samuel Sanchez: corre un Tour all’attacco, sia in salita che in discesa, e il coraggio, quando non si trasforma in follia, molto spesso paga. Infatti porta a casa uno splendido successo a Luz Ardiden e, grazie al secondo posto dietro a Pierre Rolland (voto: 9) nella tappa dell’Alpe D’Huez, conquista meritatamente anche la maglia di miglior scalatore. Ha dimostrato che l’oro olimpico vinto tre anni fa non è stato un caso. Voto: 8.
Damiano Cunego: la scelta di curare la classifica generale è ammirevole ma non si è dimostrata quella giusta. Un posto nei primi 10 della classifica non vale una vittoria di tappa prestigiosa, questo è fuori di dubbio. Damiano deve capire che è un corridore da corse in linea di razza mentre non si può dire la stessa cosa per quanto riguarda le gare a tappe, in cui si troverà sempre a dover lottare per le posizioni di rincalzo. Voto: 6,5.
Ivan Basso: che cosa dire del varesino? La speranza ad inizio Tour era che col passare delle tappe potesse ritrovare quel colpo di pedale che gli permise un anno fa di domare il Mostro della Carnia. Ci siamo illusi a Luz Ardiden che potesse perlomeno lottare per il podio, ma l’impressione è che Ivan invece di crescere di condizione sia calato con il trascorrere dei giorni. A fine corsa ha affermato che l’anno prossimo vorrà tornare in Francia per vincere. Glielo auguriamo ma l’anagrafe non è dalla sua parte. Voto: 4.
Philippe Gilbert: impressionante. Dopo la tripletta sulle Ardenne vince, domina la prima tappa e veste anche la maglia gialla. La facilità con cui vince è così disarmante da far paura, tuttavia spreca almeno altre due occasioni di vittoria di tappa nel corso delle tre settimane. Non si limita a vincere sugli strappi ma prova anche a mantenere una buona posizione in classifica generale, affermando che in futuro proverà a vincere il Tour. Altamente improbabile, ma non impossibile. Voto: 8.
Mark Cavendish:semplicemente il più forte sprinter al Mondo, anche grazie agli ineccepibili meccanismi del suo treno giallo (HTC, voto: 9) riesce ad aggiudicarsi cinque tappe. Prossima fermata: Copenhagen. Voto: 9.
Thor Hushovd: incontenibile il Campione del Mondo in quest’edizione del Tour de France, perso un po’ del suo spunto veloce ha saputo vincere due meravigliose tappe di montagna con azioni entusiasmanti. La maglia verde, obiettivamente, era impossibile da conquistare con un Cavendish in quelle condizioni ma le sue due vittorie hanno un peso specifico molto maggiore rispetto a quelle di Cannonball. Sarà un osso duro anche per i prossimi Mondiali perché si è confermato uno dei migliori fondisti in circolazione. Voto: 9.
Alessandro Petacchi: l’età e le recenti disposizioni del CONI gli hanno impedito di correre un Tour da protagonista. Voto: 4.
Francesco Gandolfi