SUPER CRONO DI EVANS: IL TOUR E’ SUO
L’australiano chiude 2° nella cronometro di Grenoble, a soli 6’’ dal vincitore Tony Martin, e sfila la maglia gialla ad Andy Schleck, che perde oltre 2’ e mezzo. Frank Schleck completa il podio, con Voeckler che difende il 4° posto dall’assalto di Alberto Contador. Il madrileno e Samuel Sanchez scavalcano Damiano Cunego, che scivola dal 5° al 7° posto, appena davanti ad Ivan Basso.
Foto copertina: Cadel Evans impegnato negli ultimi metri della cronometro di Grenoble (foto AFP)
Per essere un eterno secondo, Cadel Evans inizia a vincere parecchio. Dopo il Mondiale di Mendrisio, che già aveva almeno in parte spazzato via la nomea di perdente di lusso che lo accompagnava, l’australiano, salvo cataclismi nella frazione conclusiva dei Campi Elisi, ha coronato un inseguimento che pareva interminabile al Tour de France, grazie alla miglior crono della carriera, sfoderata nel momento più opportuno. Un’immensa rivincita dopo anni di favori del pronostico disattesi, podi dal sapore amaro, maglie gialle perse tra cadute e fratture, due Tour persi per meno di 1’ fallendo l’assalto al primato nella cronometro conclusiva, una Vuelta sfuggita per un guasto meccanico e una maglia rosa scioltasi dopo sole ventiquattro ore con il black-out di Passo Coe.
Tre anni fa, Evans incappò nella cronometro peggiore della sua carriera recente al Tour de France, quando i più davano per certa la sua rimonta nei confronti di Carlos Sastre; quest’oggi, Cadel ha tirato fuori dal cilindro una prova straordinaria, con una partenza discreta (2° tempo al primo intermedio, a pari merito con Contador e a 21’’ da Tony Martin, favorito numero due della vigilia in ottica successo di tappa, divenuto numero uno grazie alla strada umida incontrata da un comunque non superlativo Fabian Cancellara) e una seconda parte mostruosa, che lo ha portato a chiudere ad appena 6’’ dal tedesco della HTC, dopo aver ridotto addirittura a 2’’ il divario all’ultimo intermedio. Un fatto che testimonia il piglio ben diverso rispetto al passato con cui Evans ha affrontato questo Tour: maggiore sicurezza, condotta tattica pressoché impeccabile e talvolta coraggiosa (si pensi all’inseguimento solitario sul Galibier nel giorno dell’impresa di Andy Schleck, o all’azione decisa di ieri ad oltre 60 km dal traguardo per far fronte all’offensiva dello stesso lussemburghese e di Contador), nonché un’inedita tranquillità nel gestire la pressione dei favori del pronostico, che con il passare dei giorni e delle tappe si sono spostati sempre di più dal duo Contador-Schleck all’australiano.
Ad onor del vero, a Cadel sarebbe bastata una crono discreta, in linea con le sue prestazioni abituali contro il tempo, per conquistare la maglia gialla. Il neo-capoclassifica si trova ora infatti a poter gestire nella passerella conclusiva addirittura 1’34’’ su Andy Schleck, non propriamente deludente oggi in rapporto alle sue caratteristiche (17° posto di tappa a 2’38’’), ma dal quale non è arrivata la crono oltre i suoi standard – almeno al livello del Sastre di Saint-Amand-Montrond nel 2008, se non del Pantani di Le Creusot di dieci anni prima – che alcuni si aspettavano. Non si è avuta di fatto mai l’impressione che il duello potessi risolversi a favore del lussemburghese, o anche soltanto sul filo dei secondi: già al secondo intermedio Evans si era virtualmente vestito di giallo con buon margine, dopo che al primo il divario tra i due era stato più che dimezzato.
La Leopard Trek, sfumato un successo in cui sia gli Schleck sia il team credevano, si può in parte consolare con il 3° gradino del podio che Frank si è definitivamente assicurato, grazie ad una crono quasi analoga a quella del fratello (appena 3’’ in più), resistendo così al mai troppo minaccioso recupero di un ottimo Voeckler, 13° di tappa e 4° in generale. Il francese ha a sua volta tenuto a distanza un Alberto Contador che ha dato un’ulteriore prova di crescente condizione, chiudendo al 3° posto una frazione che gli è valsa anche il sorpasso ai danni di Damiano Cunego per la quinta piazza a Parigi. Analoga operazione ai danni del veronese è riuscita a Samuel Sanchez, che chiude con un saldo decisamente in attivo questa Grande Boucle, forte di un successo di tappa, due secondi posti (sempre in arrivi in salita), il 6° posto finale e la maglia a pois.
Cunego resta comunque il migliore degli italiani, conservando 1’ abbondante su un Ivan Basso che ha confermato lo scarsissimo smalto mostrato sulle Alpi, completando una seconda parte di Tour che autorizza a candidarlo al titolo di delusione della corsa: partito con ambizioni di maglia gialla e apparso tra i più brillanti a Luz Ardiden, Basso ha visto le sue quotazioni calare costantemente da lì in avanti, fino ad un 8° posto finale che sa di fallimento, e che le cadute con serie conseguenze di grossi calibri quali Van den Broeck, Vinokourov, Leipheimer, Horner, Brajkovic, Kloden, Gesink e Wiggins.
Senz’altro più positiva la 7a piazza finale di Cunego, benché anche per questo risultato valga la riserva relativa ai tanti forfait, e non si possa tralasciare il fatto che, a fronte di una ritrovata regolarità , siano completamente mancati al Tour del capitano Lampre gli acuti dei giorni migliori.
Dopo che ne abbiamo decantato in ogni modo i meriti, Cadel Evans è ovviamente autorizzato a fare i debiti scongiuri in vista della tappa di domani, 95 km di passerella che possono preoccupare soltanto per eventuali incidenti. A scanso di (altre) circostanze clamorosamente sfortunate, Cadel Evans, dopo aver colto a Mendrisio 22 mesi fa il primo grande trionfo della carriera, metterà finalmente le mani, a 34 anni suonati, sul tanto agognato Tour de France. Non male, per un eterno secondo.
Matteo Novarini