EVenti di Tour
luglio 6, 2009 by Redazione
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A costo d’esser ripetitivi (un’attenta cronaca la trovate più in basso a firma di Matteo Novarini) vogliamo evidenziare un evento che tra due settimane, forse, evocheremo come cruciale nell’economia di questa Grande Boucle, che ha fruttato 40” ad Armstrong e Cancellara grazie all’affondo del Team Columbia.
Essendo il povero Eolo troppo inflazionato, per stigmatizzare il “drole d’étape” odierno scegliamo ben altra mitologia. Tolkien indicava in Manwe il Signore del Respiro, il cui diletto, come si legge dal Silmarillion, “sono i venti e le nuvole e tutte le regioni dell’aria”. Oggi, Manwe s’è palesato in Camargue, terra di tori e fenicotteri, di nulla e di acque morte, spazzata all’improvviso da un vento che scrosta la stantia patina di diplomazia al Tour, denudando ambizioni, gerarchie, debolezze.
33km all’arrivo. Il vento spira contrario al senso di marcia d’un gruppo sonnolento, trascinatosi tra stagni e lavanda con la voglia d’un proscritto. In fondo alla via s’intravede secca una curva a destra. Può persino darsi la strada si restringa. Da lì, il vento batterà da sinistra e per almeno due chilometri, dritti come un’alabarda. La muta di levrieri della Columbia lo sa bene.
Anche Lance Armstrong lo sa. O forse no però il suo fiuto, la sua esperienza, la sua (diciamolo) classe gli fa intuire come in pentola stia bollendo qualcosa di grosso. Rimonta da dietro. Sfiora l’ignaro Contador. Piglia la curva all’interno. In un batter di ciglia si trova nel salotto buono. Lo sta imitando, pur con traiettoria diversa, esterna, Cancellara.
La Columbia apre il gas, piazzandosi a ridosso del margine destro della carreggiata, per lasciare minor spazio possibile a chi succhia le ruote per ripararsi. Il gruppo si spezza. Ma non in punto qualsiasi. La giuntura cede in corrispondenza d’una chiazza turchina, d’una danza familiare. È quella di Contador. Tranquilli, ha al fianco due compagni di squadra che lesti chiuderanno il buco. E invece no. I due gregari si spostano. Contador si guarda spaesato intorno. Il buco si dilata. La mandria di levrieri si invola. Guadagna 40”. Ma con loro c’è il lupo, Lance Armstrong.
Manwe, il Signore del Respiro, l’ha fatta grossa. La magnitudo della sua scossa non sta nella prevedibile volata vincente del Vampiro Cavendish, non nella maglia gialla consolidata da Cancellara, non nelle briciole guadagnate da Kirchen e Gerdemann in classifica. Sta invece nell’aver appena fatto esplodere l’Astana che ha lasciato da solo il capitano annunciato, Contador, davanti al suo Moloch, quell’Armstrong non solo in fuga ma che piazza Popovich e Zubeldia a dar man forte ai Colombi di Cavendish. Il pistolero che sussurrava ai canarini sarà costretto a smettere la maschera gentile per scaricare senza pietà (e senza alleati) la sua colt.
Un altro viandante dall’ego smisurato uscito rafforzato dal golpe dei Colombi è Cancellara. Nei suoi sogni ci sono i Campi Elisi colorati di giallo. Smetterà prima la cotta dorata ma è su questo che si interroga, agli aruspici chiedendo un segnale se mai potrà vincere un Tour. Passerà indenne il primo arrivo in salita? C’è chi già lo dava sulla Terra dopo la cronosquadre ma con un vantaggio robusto, un percorso favorevole (saliscendi all’inizio su strade secondarie, poi drittoni sulla statale verso Montpellier) e rivali stanchi (Columbia) o spaccati (Astana) dovrebbero rafforzarne il primato.
Inciso: il numero di Cancellara e Armstrong (rimonta da dietro prima della curva) è da nostromi navigati e “degno di pieno teatro”: anche in questi piccoli gesti s’intravede la statura del campione. O forse, coi tempi che corrono, soprattutto.
Questa folata d’imprevedibilità ha tirato su di morale un Tour partito in sordina e inconsueto nell’inscenare partenze incipriate come in questi due giorni, pur al netto dell’asfissiante cayenna. Ebbe a dire Levi Leipheimer: “Il vento è un elemento cruciale nelle corse: in Italia succede una volta ogni dieci anni che il gruppo si spacchi per il vento, in Francia il rischio c’è sempre”. Noi aggiungiamo alla citazione dell’americano una buona dose di “controllo burocratico” della corsa. A rendere la Grande Boucle la corsa più dura al mondo tutto fa brodo, Manwe compreso.
Federico Petroni
UN DIABLO AL GIORNO
Puntuali, anche oggi, le impressioni di Claudio Chiappucci sulla tappa del giorno. Tra i temi della giornata, un Armstrong capace di guadagnare 40’’ sugli altri uomini di classifica, un Cavendish che in questo momento appare imbattibile per chiunque, e l’attesa per cronosquadre di domani, che inevitabilmente cambierà l’aspetto della classifica generale.
A cura di Matteo Novarini
L’elemento che ha caratterizzato la tappa di oggi è stato certamente il ventaglio organizzato dal Team Columbia ad una trentina di chilometri dall’arrivo. Abbiamo allora avuto l’ennesima dimostrazione di cosa voglia dire l’esperienza quando si parla di Tour de France: Lance Armstrong, ormai al dodicesimo Tour in carriera, è stato l’unico dei big a farsi trovare pronto, guadagnando così una quarantina di secondi sugli altri uomini di classifica.
Sinceramente, non mi è però piaciuta la scelta del texano di far tirare i due compagni di squadra che aveva con sé nell’azione buona. Dietro c’era Contador, che a mio avviso resta il vero leader dell’Astana. Non è stato corretto, a mio parere, collaborare in un’azione dalla quale lo spagnolo era rimasto fuori; l’ho trovata, per così dire, un’azione da ribelli. Non a caso, uno dei due uomini in fuga con Lance era Popovych, uomo che Armstrong aveva voluto con sé qualche anno fa, sicuramente più vicino all’americano che a Contador, mentre gli altri gregari, fatta eccezione per Zubeldia, sono rimasti accanto al madrileno.
Non bisogna comunque sopravvalutare il vantaggio che Armstrong si è preso oggi. Siamo solamente alla terza tappa di questo Tour, e già domani si vivrà una giornata importante, con la cronosquadre. Poi resteranno da affrontare un’altra cronometro e le grandi montagne. Insomma, lo spazio per recuperare è tantissimo, e 40’’ si possono perdere o guadagnare in un attimo. Non cambio pertanto la mia opinione riguardo le possibilità di vittoria dell’americano, che mi sembra peraltro leggermente sovrappeso rispetto agli anni in cui dominava in Francia. In questo momento, lo metto più o meno sullo stesso piano di Cancellara: entrambi possono guadagnare a cronometro, ma credo che tutti e due in salita potranno soltanto difendersi. E parlando di Cancellara, attenzione a non sottovalutare lo svizzero: in questo momento è il più in forma di tutti, e lui stesso ha dichiarato che gli piacerebbe vincere prima o poi il Tour de France.
L’altro grande tema della giornata è quello della vittoria di Mark Cavendish, al secondo successo in altrettante tappe in linea. Lo scorso anno Cavendish ha vinto quattro tappe, quest’anno penso che migliorerà il suo bottino. In questo momento, in un arrivo allo sprint “canonico”, per così dire, non vedo chi possa batterlo. Quando si arriva in gruppo, penso che l’unica alternativa al britannico sia rappresentata dai finisseur, ma personalmente non ne vedo molti in giro. Ieri ci ha provato Ignatiev, ma per pensare di anticipare il gruppo ci vogliono corridori di una caratura diversa. Credo che sia nell’interesse anche degli altri velocisti provare ad anticipare la volata, perché allo sprint sono battuti in partenza. Bisogna insomma provare ad inventare qualcosa, perché altrimenti Cavendish, in questo momento, non lo si batte.
La tappa odierna era poi la vigilia della cronosquadre, specialità che negli ultimi anni è cambiata moltissimo: quando correvo io veniva quasi improvvisata, oggi viene provata e riprovata, si fanno studi sulla posizione a crono di tutti i corridori. Noi italiani, su questo, siamo partiti un po’ in ritardo rispetto agli altri, ma ci stiamo adattando. È difficile dire quanto aggiunga ad una corsa sotto il profilo tecnico, ma quel che è certo è che si tratta di una prova con un suo valore, e che quindi è legittimo proporre, anche se generalmente non ha un enorme successo presso il pubblico.
Con l’azione di oggi, gli uomini della Columbia hanno rinforzato la mia convinzione che siano loro i corridori da battere. La squadra più accreditata per contrastarli è secondo me la Garmin, mentre in ottica classifica generale credo che saranno gli Astana a guadagnare. Credo, comunque, che i distacchi tra le squadre dei favoriti non supereranno il minuto, perciò non penso ci saranno grossi stravolgimenti in classifica generale. In ogni caso, sarà importante uscire bene dalla cronosquadre, per non dover correre un Tour de France tutto all’inseguimento. E chi in classifica pagherà già più di 2’, pur senza essere tagliato fuori dalla battaglia per il successo, potrebbe essere costretto a farlo.
Claudio Chiappucci
LA COLUMBIA INVENTA, LANCE NE APPROFITTA
La squadra di Mark Cavendish organizza un inatteso ventaglio a 30 km dall’arrivo, che consente a venticinque corridori di avvantaggiarsi. Tra questi la maglia gialla Cancellara, che salva il primato, e Mark Cavendish, che conquista il secondo successo di tappa consecutivo, battendo Thor Hushovd. Tra i big, davanti resta solo Lance Armstrong, che guadagna 40’’ sugli altri favoriti, e ordina a Popovych e Zubeldia di tirare, malgrado Contador sia rimasto indietro. Possibile frattura in casa Astana.
Nell’economia di un Tour de France, frazioni come quella di oggi altro non sono altro che tappe “prima di” o “dopo” la crono/i Pirenei/le Alpi e via discorrendo. Se la Monaco – Brignoles di ieri era “la tappa dopo il prologo”, l’odierna Marsiglia – La Grande-Motte era “la tappa prima della cronosquadre”. Etichette che denotano un interesse non propriamente stellare verso queste frazioni. E se da parte del pubblico la cosa è ampiamente giustificabile, riesce difficile trovare delle valide motivazioni per l’inizio relativamente lento di questa Grande Boucle, anche oggi ben lontana dalle medie folli che hanno caratterizzato le prime tappe delle edizioni passate.
Da Marsiglia a La Grande-Motte, si diceva, ossia da una città che dà ormai del tu al Tour de France, in virtù dei 32 arrivi di tappa precedenti quello di quest’anno, a una che ritrova la corsa più amata dai francesi dopo 37 anni. Due località ciclisticamente care al Belgio, nel complesso: nel 1971, nella Orcières-Merlette – Marsiglia, il giorno dopo l’epocale scoppola di Orcières, quando Luis Ocana gli rifilò quasi 9’ in 134 km, Eddy Merckx attaccò in partenza, e dopo una giornata ad una media irreale (46,2 km/h su 251 km, e si parla di quarant’anni fa) recuperò 2’ al rivale, pur venendo battuto sul traguardo dal nostro Luciano Armani; a La Grande-Motte, due successi belgi in altrettanti arrivi, grazie a Reybrouck e Teirlinck.
A testimonianza di un avvio di Tour più tranquillo del solito, oggi è mancata la tradizionale battaglia per azzeccare l’azione buona. È bastata una manciata di chilometri perché nascesse la fuga destinata a caratterizzare questa 3a tappa del Tour, dal momento che Bouet, Dumoulin, De Koert e Perez Moreno, in appena una decina di chilometri, hanno messo tra sé e il gruppo quasi 5’. Il margine del quartetto è salito vertiginosamente, fino a sfiorare i 13’ poco dopo il traguardo volante di La Fare-les-Oliviers, in prossimità dello Stagno di Berre, riserva di acqua salmastra caratteristica della Camargue, al pari del più grande, e anch’esso costeggiato in questa frazione, Stagno di Verriès. Un vantaggio recuperabile, ma che iniziava a far pensare che la seconda volata consecutiva potesse essere scongiurata. A supporto dei fuggitivi parlava anche la statistica, visto che negli ultimi tre anni, la 3a tappa non si è mai risolta in volata: nel 2006 Kessler si involò sul Cauberg per trionfare a Valkenburg; l’anno successivo Cancellara si inventò un capolavoro nella tappa di Compiègne, attaccando all’ultimo chilometro; nella scorsa edizione, una lunga fuga premiò Samuel Dumoulin sul traguardo di Nantes.
Il vantaggio dei fuggitivi ha poi vissuto un po’ di quei saliscendi che tanto ci piacerebbe vedere anche nelle altimetrie della prima settimana del Tour. Il passaggio da Eyguières, città della famiglia de Sade, deve aver infatti ispirato al gruppo una pausa piuttosto masochista, al limite del suicidio, nell’inseguimento, in virtù della quale il margine della testa della corsa, dopo essere sceso a 8’ e spiccioli, è tornato a superare gli 11’. Il plotone si è poi nuovamente svegliato, e già sul secondo e ultimo GPM di giornata, il Col de la Vayède (700 metri al 7,4%. Se al Giro si classificasse come GPM ogni dente di questo genere, i punti complessivamente messi in palio per la maglia verde arriverebbe a sfiorare quota 5000), il vantaggio era sceso a 8’.
Il Tour ha quindi reso omaggio alla meravigliosa Arles, città di monumenti romani e dell’Abbazia di Montmajour, prima di dirigersi nuovamente verso il mare. È in questa fase che Marzio Bruseghin, forse, da amante del buon vino qual è, con la mente ai Coteaux-des-beaux-de-Provence di Mouriès, altra località visitata dal Tour quest’oggi, ha pensato bene di tentare di diventare il primo uomo a laurearsi in “Sapore e consistenza degli asfalti francesi”, finendo a terra per il secondo giorno consecutivo, dopo che ieri era stata una delle innumerevoli vittime della pericolosità del percorso. Iniziano a diventare obiettivamente troppe le cadute, già numerosissime ieri. Forse quella di oggi può essere classificata come semplice incidente di corsa, ma resta il fatto che per ritrovare una tale quantità di cadute nei primissimi giorni di un Grande Giro è necessario tornare al via del Giro 1996 dalla Grecia, dove la superficie delle strade assomigliava a forme di Emmental.
“Selvaggio vento dell’Ovest, respiro dell’autunno già vivo, che invisibile fai morire le foglie, e le trascini come fantasmi fuggenti da un mago…”. Se parlando di una corsa ciclistica si citano i primi verso di “Ode al Vento dell’Ovest” di Percy Shelley, ci sono solamente due possibilità: 1) chi sta scrivendo è matto; 2) il vento ha giocato un ruolo importante nella tappa. Pur non potendo escludere a priori la prima ipotesi, quel che è certo è che oggi, anche se magari la direzione del vento non era esattamente quella, una bella ode al vento dovrebbe scriverla Lance Armstrong, unico dei grandi della classifica a sfruttare a proprio vantaggio una fantasiosa e spettacolare iniziativa del Team Columbia, che poco prima di Sylvéréal, ad una trentina di chilometri dal traguardo, ha generato un ventaglio del tutto inatteso. Una menata di Michael Rogers ha, infatti, provocato una frattura nel gruppo, che ha lasciato davanti appena 25 corridori, tra cui tutti i Columbia, ma soltanto Lance Armstrong tra i favoriti per la maglia gialla.
Il gruppetto ha guadagnato immediatamente una trentina di secondi, prima che dietro Saxo Bank, Garmin e Silence riuscissero a trovare un accordo, che ha però vissuto troppe pause perché l’inseguimento potesse avere successo. Il margine dei primi, che intanto avevano riassorbito i quattro fuggitivi della prima ora, si è stabilizzato intorno ai 35’’, prima di salire a quaranta nel finale, per via dello sprint.
Qualche ardito cantore delle due ruote avrebbe potuto bollare la frazione odierna come “la tappa dei due mostri”. La leggenda vuole che la Camargue fosse anticamente tormentata da una sorta di dragone, detto tarasque, e che il già citato stagno di Vaccarès ospitasse un essere con corpo di uomo e gambe caprine. Pur senza possedere orribili sembianze (ma già ieri è stata rilevata un’inquietante somiglianza tra il suo sorriso e quello di Dracula), Mark Cavendish è in questo momento il mostro degli sprint, un velocista capace di fornire un senso di onnipotenza e facilità nel vincere senza eguali in questo momento. Oggi è toccato a Thor Hushovd doversi arrendere allo strapotere del britannico dell’Isola di Man, che da ragazzino amava il freddo e adesso domina nella fornace del Tour, anche oggi lanciato alla perfezione da Mark Renshaw. A questo punto, con due vittorie nelle prime due tappe in linea, il poker alla Grande Boucle dello scorso anno rischia di essere addirittura migliorato.
In virtù del ventaglio, la tappa odierna ha lasciato un segno anche sulla classifica generale: se Cancellara non si è fatto sorprendere, non altrettanto si può dire per Contador, Wiggins, Kloden, Evans, Leipheimer, Kreuziger e Nibali, che hanno così dovuto subire il sorpasso di Tony Martin, ora 2° a 33’’ dalla testa, e soprattutto di Lance Armstrong, 3° a 40’’. Ma il principale tema di discussione, nelle prossime ore, non saranno tanto i secondi guadagnati dal texano, quanto piuttosto la sua decisione di ordinare a Popovych e Zubeldia, gli altri due Astana facenti parte del primo gruppo, di dare man forte al tentativo dei Columbia. Polemiche che rischiano di spaccare i già fragili equilibri di casa Astana, ma a nostro giudizio decisamente fuori luogo, dal momento che Armstrong, tra gli uomini al comando, era decisamente il più accreditato in ottica vittoria finale. Era insomma nell’interesse dell’Astana alimentare il tentativo, non potendo rinunciarvi per la presenza di corridori pur ottimi quali Rogers, Kirchen, Martin e Gerdemann, sulla carta inferiori al sette volte vincitore del Tour. È comprensibile che Contador possa non prendere benissimo la cosa, ma tatticamente la scelta era obbligata.
Forse per via dei palazzi edificati negli anni ’60 da Jean Balladur, colui che diresse la costruzione della località, praticamente dal nulla, che ai suoi sostenitori ricordano piramidi precolombiane, ma in cui ci pare di riscontrare punti di contatto con le Vele di Scampia, il Tour ha deciso di non ripartire da La Grande-Motte, ma di trasferirsi a Montpellier, sede della partenza e dell’arrivo della cronosquadre di domani. Prova di cui in tutta franchezza non sentivamo la mancanza, ma che certamente finirà per pesare meno sulla classifica finale rispetto ai classici biliardoni di 50 km. Se non altro, gli organizzatori ci hanno risparmiato gli sbarramenti. Meglio così: la cronosquadre non ci piace, ma se va fatta, che la si faccia per davvero.
Matteo Novarini
05-07-2009
luglio 6, 2009 by Redazione
Filed under Ordini d'arrivo
TOUR DE FRANCE
Il britannico Mark Cavendish (Team Columbia – High Road) ha vinto la seconda tappa, Monaco – Brignoles, percorrendo 187 km in 4h30′02″, alla media di 41,57 Km/h. Preceduti allo sprint lo statunitense Farrar ed il francese Feillu. Miglior italiano Angelo Furlan (Lampre – NGC), 12°.
Lo svizzero Fabian Cancellara (Team Saxo Bank) conserva la maglia gialla, con 18″ sullo spagnolo Contador e 19″ sul britannico Wiggins. Miglior italiano Vincenzo Nibali (Liquigas), 9° a 37″.
GIRO DONNE
La statunitense Amber Neben (Equipe Nürnberger Versicherungha) vinto la seconda tappa, cronometro individuale Pontedera – Santa Maria a Monte, percorrendo 13,5 km in 20′39″, alla media di 39,225 Km/h. Precedute di 14″ la connazionale Armstrong e di 30″ la britannica Pooley. Migliore italiana Noemi Cantele (Bigla Cycling Team), 6a a 46″. La Neben passa in testa alla classifica, con 22″ sulla Armstrong e 31″ sulla Pooley.
GIRO DELL’AUSTRIA
Il tedesco Andre Greipel (Team Columbia – HTC) ha vinto la prima tappa, Dornbirn – Messepark Dornbirn, percorrendo 141,9 km in 3h15′03″, alla media di 53,650 Km/h. Preceduti allo sprint l’australiano Brown e l’italiano Manuel Belletti (Serramenti PVC Diquigiovanni-Androni Giocattoli). La prima classifica vede in testa Greipel con 2″ sullo slovacco Velits e 5″ su Brown. Belletti è 5° a 7″
TOUR CYCLISTE INTERNATIONAL DE LA MARTINIQUE
Due semitappe disputate nella seconda giornata di gara.
Al mattino, il francese Anthony Vignes (U C Nantes Atlantique) ha vinto la prima semitappa, Rivière Salée – Fort de France, percorrendo 96,4 km in 2h36′11″, alla media di 37,03 Km/h. Preceduti il giapponese Iijima (allo sprint) ed il francese Diguet (di 15″).
Nel pomeriggio, il francese Arnaud Jouffroy (Vendée-U Pays de la Loire) ha vinto la seconda semitappa, circuito a cronometro di Fort de France, percorrendo 7,2 km in 09′35″, alla media di 45,08 Km/h. Preceduti i connazionali Teillet e Hurel, staccati rispettivamente di 9 centesimi e 3″. Conserva la testa della classifica il francese Kevin Reza (Vendée-U Pays de la Loire), con 2″ su Teillet e 17″ sul belga Berkenbosch
L’ÉTAPE DU JOUR: MARSIGLIA – LA GRANDE MOTTE
Terza tappa del Tour, ancora un traguardo alla portata dei velocisti. Oggi l’altimetria è abbastanza semplice, ma a complicare la vita ai treni degli sprinter ci si metterà di mezzo il vento che spazza in lungo ed in largo la Camargue. L’area deltifera del Rodano sarà attraversata proprio nel finale e lì si potrebbero verificare i temuti ventagli, situazione di gara particolarmente delicate, che potrebbero estromettere qualche grosso nome dai giochi di classifica.
La seconda frazione si annuncia più facile rispetto a quella affrontata ieri. Ma forse no, raggiungere La Grande-Motte per molti potrebbe costituire un grande dispendio d’energie, forse maggiore a quelle profuse sui saliscendi della Provenza andando da Monaco a Brignoles. Le cartine lasciano intendere una frazione dal decorso altimetrico più semplice, caratterizzata da qualche sparuto saliscendi nella prima parte. Superato il colle della Vayède, ultimo dei due GPM di 4a categoria previsti, mancheranno quasi 100 Km alla meta, tutti tracciati su strade filanti. Scomparse le difficoltà “dal basso”, però, in questo finale i corridori le troveranno provenienti dai lati: si attraverserà l’area del delta del Rodano, la celebre Camargue, una delle rarissime aree totalmente pianeggianti della Francia, sovente spazzata da forti venti che, a seconda dell’ora, posso provenire da tutte le direzioni. Con queste condizioni è elevato il rischio che si formino “ventagli” – come in gergo vengono definite le fratture del gruppo causate dal vento – e che nei gruppetti inseguitori vadano a finire corridori di vertice. La soluzione migliore è quella di correre nelle zone di testa del gruppo, per non incappare in questi spiacevoli contrattempi e poi dover inseguire a lungo, magari controvento. Sono situazioni di gara nelle quali si possono buttare “al vento” anche parecchi minuti, come capitò due volte a Pantani e alla Mercatone Uno nel 1998, prima nella tappa di Lecce del Giro e poi in quella di Cork, in occasione della trasferta irlandese del Tour. In entrambi i casi si trattava di una frazione per velocisti: al danno si aggiungerebbe la beffa di veder volar via la classifica in una giornata interlocutoria!
SOUVENIRS DU TOUR 1
Marsiglia è una della città della prima ora, sede di tappa fin dalla prima edizione, disputata nel 1903: fu l’approdo della seconda frazione, conquistata dal francese Hippolyte Aucouturier. Tra i vincitori a “Marseille” ricordiamo gli italiani Michele Orecchia (1932), Gino Bartali (I938), Fiorenzo Magni (I951), Luciano Armani (I971) e Fabio Roscioli (1993). L’ultima volta, due anni fa, si è imposto il francese Cédric Vasseur.
La Grande-Motte ha accolto il Tour nel 1969 e nel 1972 ed in entrambe le occasioni qui si è imposto un corridore di nazionalità belga (Guido Reybrouck e Willy Teirlinck)
SOUVENIRS DU TOUR 2
Per il suo storico passato di “ponte” tra l’Europa ed il continente africano, Marsiglia viene tradizionalmente considerata la “capitale del Mediterraneo”, titolo talvolta usurpate da altre località affacciate sul “Mare Nostrum”. È proprio questa consolidata atmosfera ad attrarre i turisti che si fermano in quella che è anche la più antica città di Francia, fondata dai Focesi nel VI secolo a.C., nonché principale porto della nazione. Sul piano artistico Marsiglia offre la Cattedrale Vecchia, la chiesa di Saint Victor e, raggiungibile esclusivamente via mare, lo Château d’If nel quale fu imprigionato, nella finzione letteraria di Dumas, il Conte di Montecristo. Agli amanti dei panorami si segnalano la Corniche, la basilica di Notre-Dame-de-la-Garde (alla cui ombra si sono concluse diverse tappe del Giro del Mediterraneo) e la possibilità di effettuare escursioni sul Massiccio della Sainte-Baume.
La Grande-Motte è una località nata dal nulla alla fine degli anni 60, concepita come località balneare e realizzata ad imitazione delle stazioni ski total create in quel periodo sulle vicine Alpi. Originariamente frazione del comune di Mauguio, se ne staccò nel 1974 per poter gestire autonomamente il suo potenziale, che richiama ogni anno quasi due milioni di turisti: tra le strutture si segnalano un campo da golf, un porto per nautica da diporto aperto sullo Stagno del Ponant ed un Casinò, il tuo immerso nella caratteristica architettura fatta di grattacieli piramidali, concepita da Jean Balladur prendendo l’ispirazione dalla piramidi precolombiane. “Grand-Mottois” celebri sono il chitarrista gitano Manitas de Plata, il poliedrico Stéphane Mirabel (ex cestista d’alto livello, attore ed animatore) e lo scultore Andreas “Toni” Thoneik, specializzato in opere di sabbia.
LA MÉTÉO
Altra giornata di gran caldo sulle assolate strade francesi: temperature simile, dell’ordine dei 31 gradi centigradi caratterizzeranno sia la partenza da Marsiglia sia il traguardo a La Grande-Motte, dove l’unica differenza sarà data dalla cielo, che si manterrà sgombro di nubi fino all’orario d’arrivo. Identici saranno i valori d’umidità (33%) mentre il vento soffierà più forte nel porto di Marsiglia (25 nodi), ma si manterrà su livelli moderati anche nel finale (15 nodi).
BOULE DE CRISTAL
Seconda tappa per velocisti. La gara credo che si svolgerà come la tappa di Brignoles: fuga di pochi attaccanti e dietro squadre di velocisti a controllare la situazione. Senza dubbio si prevede un altro arrivo in volata. Credo che in queste tappe ci sia poco da inventarsi.
LA TERNA SECCA DI LUCA ZANASCA
1° Cavendish
2° Hushovd
3° Farrar
Mauro Facoltosi & Luca Zanasca
UN DIABLO AL GIORNO
Claudio Chiappucci stende le prime impressioni su questo Tour che sembrava scontato, ma non fino a questo punto.Ogni giorno il “Diablo” analizzerà per noi le tappe in corso, segnalando eventuali episodi sfuggiti ai telespettatori, puntando il dito su corridori secondari ma che sono riusciti a scavarsi il loro momento di notorietà tra lo strapotere dei big. Tra questi Chiappucci vede Contador come futura maglia gialla, mentre nutre poche speranza per l’attuale leader Cancellara, comunque fortissimo nella crono di Monaco, e per Vincenzo Nibali.
A cura di Andrea Mastrangelo
Mamma mia, due giorni, due treni! Il primo è soprannominato il “diretto di Berna” (Cancellara ndr), non è una sorpresa, il secondo nemmeno, ma pensavo che potesse esserci almeno un po’ concorrenza. Invece anche Mark Cavendish sembra proprio non avere rivali nel suo campo e verosimilmente non ne avrà per qualche anno. Ha gli ultimi 50m devastanti, nessuno può contrastarlo e oggi ne ha dato ampia dimostrazione; si può dire che abbia vinto per distacco, in volata, per tutti sarebbe un controsenso, per lui no. Forse era scritto che dovesse vincere il giovanotto che dell’isola di Man, ma così, sinceramente, è imbarazzante.
Il miglior velocista al mondo nella miglior squadra al mondo, unico risultato possibile: la vittoria. Quest’anno è così, il Team Columbia è il più vittorioso della stagione, alle spalle grandi tecnici che hanno costruito mattone su mattone una squadra solida, composta da giovani e “vecchietti”, che sa solo vincere. Preparano tutti gli appuntamenti al meglio, non hanno i più forti in circolazione (a parte Cavendish, s’intende) ma lasciano solo le briciole agli avversari, sono sempre all’altezza.
La tappa di oggi è stata la classica tappa da velocisti, lunga fuga lasciata andare dagli sprinter, ripresa nel finale e arrivo di gruppo. Una caduta, cose normali, succedono in queste tappe. Nei primi giorni son tutti freschi e tutti vogliono provarci, anche chi non c’entra nulla, poi finisce così. I velocisti non hanno molte tappe e quindi si buttano in mezzo e vanno alla morte, sempre. Niente di strano, pericoloso ma normale.
Tornando ai singoli, mi hanno davvero sorpreso Feillu e Arashiro; è vero che la caduta ha messo fuori gioco vari pretendenti alla vittoria, ma di certo non sono rispettivamente da 3° e 5° posto.
Come detto, anche l’altroieri pronostici rispettati, Cancellara su tutti. Nemmeno nel prologo ci si aspettava una superiorità così schiacciante, 19” a tutti, più di un secondo al chilometro su chi segue, risultato che non ammette repliche. Qualche perplessità Cancellara la desta con le sue dichiarazioni: “vincerò un Tour”. Francamente non me lo vedo, nemmeno se guadagna 3-4’ complessivi nelle crono, è in salita che si fa il Tour! Davvero impressionante anche Contador, lo spagnolo è già davanti a tutti i pretendenti dopo il primo giorno, non lo scalzerà nessuno, può solo perderlo questo Tour. E’ vero che gli altri sono li a pochi secondi, dopotutto in 15km non si fanno grandi distacchi, Cancellara escluso, ma bisogna precisare che è il migliore in salita e quindi le crono sarebbero le uniche armi per staccarlo.
Delusione Menchov, probabilmente non ha preparato al meglio la gara; un mese basta per recuperare e di certo questi non sono i postumi delle fatiche del Giro. Si vedrà andando avanti, l’arrivo è ancora lontano, ma un minuto e passa da recuperare è già troppo forse, non tanto per Menchov, ma per un Contador così.
Armstrong non è una sorpresa, anzi. La sua prestazione è nella media, non vincerà il Tour, poi in casa si ritrova Contador e Kloden, ed entrambi gli sono finiti davanti ieri, quindi…
In casa Liquigas poi vedo molto bene Kreuziger: non che possa vincere ancora, ma dobbiamo stare attenti, la maglia bianca è già sua e non credo la perderà più. Nibali, invece, mi da l’impressione di essere gracile, lo danno per uno di migliori talenti in circolazione, ma francamente lo vedo solo come piazzato, ci prova poco e per vincere non basta stare attaccati alle ruote degli altri, ma bisogna staccarli; vedremo come si comporterà in questo Tour, sono molto curioso, ma anche scettico a riguardo.
Per fare un paio di pronostici direi Cavendish in verde e Contador in giallo, non hanno rivali; la maglia bianca direi a Kreuziger, ma c’è anche Andy Schleck. Per il resto non credo ci saranno sorprese, alla Grand Boucle è difficile, bisogna essere forti e saper tenere le pressioni, saranno i nomi noti a giocarsi la corsa.
Claudio Chiappucci
VAMPIRO CAVENDISH AZZANNA LA STRADA
In una giornata di gran nervosismo, fisico (altimetria) e fisiologico (cadute, fughe e patemi vari), esce un gran bel Cavendish, che azzanna la strada con un azione repentina, degna d’un improvviso assalto draculesco. Vampiro Cavendish succhia più strada possibile e ben prima di tagliare la linea d’arrivo ha già raggranellato preziosi metri del rettilineo d’arrivo: per Farrar non c’è nulla da fare. Ed anche per i velocisti italiani, appiedati da un capitombolo a 700 metri dall’arrivo.
“Le donne, i cavallier, l’arme, gli amori”. Vi chiederete cosa c’entri l’incipit dell’Orlando Furioso con il Tour de France. Legittimo avere delle perplessità ma, in fin dei conti, questa estiva, schizofrenica e itinerante giostra a pedali ha un po’ del poema: non epico (o almeno non più, difatti rifuggiamo le tentazioni omeriche) ma ironico, leggero, pregiato. Dentro c’è tutto: agonismo e cavalleria come gossip e congiure di palazzo. Se poi si salpa dal Principato di Monaco per solcare la Provenza, terra di trovatori e amori gentili come pure di profumi, lavande e artiglieria, l’accostamento trova un altro barlume di giustificazione.
Il menu dice “seconda tappa: Monaco-Brignoles”, lo stomaco impone “prima tappa in linea dopo la crono”. Forze e ambizioni non ancora annegate nell’acido lattico, tutti hanno da questuare presso l’altare del Tour: tra chi scappa (Augé, Veikkanen, Clement, Dessel dopo 10km, eversione dura da sventare) e chi capitombola (il primo, Van de Walle dopo 32km) per stare davanti, ne esce la classica giornata in cui s’affetta nervosismo come le verdure della ratatouille. Persino il radioso Contador avrà tremato all’87°km, solcando la cote di Fayence, sulla quale perdé a marzo la Parigi-Nizza, stressato dalla coabitazione con Armstrong.
Inquieto è pure Franck Schleck che a Grasse degusta l’asfalto: nulla di grave ma cambia due volte la bici e rischia pure d’essere travolto dalla sua ammiraglia. Forse era inebriato dall’olezzo di Grasse, capitale mondiale del profumo, nella quale si svolge un capitolo del romanzo di Patrick Suskind (“Il Profumo”, appunto) che la definisce “luogo insignificante e nel contempo consapevole di sé” in quanto “terra promessa dei profumieri”. Un bagno di lavanda e santoreggia fa bene, di tanto in tanto, ad uno sport non certo all’acqua di rose come il ciclismo, tra frizioni bruciate, moto sgasanti, olio di catena e centottanta casacche sudacchiate.
Chiusa la parentesi delle gentili fragranze, torniamo ai brandi che s’incrociano. Il nervosismo oggi sovrano era forse dovuto al percorso. Avrebbe potuto, il Tour, cedere al lusso della Costa Azzurra (Cannes, Saint Raphael e Saint Tropez) ma ha preferito il sudore dell’entroterra. Svaniva così la citazione dalla Traviata “Di Provenza il mar, il suol”. Via il mare, resta il suol, accidentato: quasi 1500m di dislivello cosiddetto occulto rendevano il profilo della tappa più dentellato d’un pacco pignoni. Monito agli organizzatori: se la Grande Boucle è la corsa più dura al mondo lo si deve all’assenza di pianura.
Induriti i garretti dal “magia&bevi” provenzale, imbizzarriti i destrieri di carbonio sino ai settanta orari, ispirati alla tenzone dal transito in Draguignan (città dell’artiglieria) e dal traguardo a Brignoles (culla di Louis Paul Baille, generale napoleonico), i velocisti si son inferti colpi di sciabola nel primo mucchio selvaggio del Tour. Tra spintoni, sbandate, sportellate almeno sette squadre provavano a guadagnare un posto al sole: il gruppo pareva un cesto di caramelle M&M’s impazzite. Complice una secca, mal segnalata curva a sinistra a meno 700m, qualcuno ha preso la tangente, volando per le terre (compresi i nostri Bennati e Napolitano).
Così, la prima volata, solitamente foriera di carneadi, si risolveva in un assolo della particella di sodio nell’acqua Lete: Mark Cavendish. Campo sgombrato dalla falce di Madama la Fortuna, missili armati da una squadra perfetta, il Vampiro dell’Isola di Man (sorride come Bela Lugosi in Dracula) divora il traguardo di Brignoles, quattordicesima puntata della sua marcia trionfale stagionale e quinto successo Oltralpe (Oltremanica, pardon, è british). Avrà anche un Renshaw sontuoso nel trarlo fuor del pelago ma le accelerazioni su cui rimpallano i malcapitati Farrar, Feillu, Hushovd e Arashiro (nipponico, miglior piazzamento per un orientale al Tour) le ha soltanto lui. Compiuto il sacco, chissà se chiamerà Brignoles, come prima di lui Carlo V nel 1536 a città presa, Nicopolis, “città della vittoria”. Forse no, anche perché qua le campane suonano a festa.
Federico Petroni
04-07-2009
luglio 5, 2009 by Redazione
Filed under Ordini d'arrivo
TOUR DE FRANCE
Lo svizzero Fabian Cancellara (Team Saxo Bank) ha vinto la prima tappa, circuito di Monaco a cronometro, percorrendo 15,5 km in 19′32″, alla media di 47,80 Km/h. Preceduti di 18″ lo spagnolo Contador e di 19″ il britannico Wiggins. Miglior italiano Vincenzo Nibali (Liquigas), 9° a 37″
GIRO DONNE
La lituana Edita Pucinskaite (Gauss RDZ Ormu – Colnago) ha vinto la prima tappa, San Piero a Sieve – Pratolino di Vaglia, percorrendo 99,9 km in 2h46′21″, alla media di 36,032 Km/h. Precedute allo sprint Fabiana Luperini (Selle Italia Ghezzi) e la tedesca Arndt. Passa in testa la Pucinskaite, con 1″ sulla Arndt e 3″ su Noemi Cantele (Bigla Cycling Team)
TOUR CYCLISTE INTERNATIONAL DE LA MARTINIQUE
Il francese Kevin Reza (Vendée-U Pays de la Loire) ha vinto la prima tappa, circuito di Rivière Salée, percorrendo 125,6 km in 3h12′46″, alla media di 39,09 Km/h. Preceduti allo sprint il connazionale Hurel ed l’olandese Berkenbosch
L’ÉTAPE DU JOUR: MONACO – BRIGNOLES
Seconda giornata di gara. Entrano in scena i velocisti, nonostante il percorso della tappa di Brignoles, meta inedita per il Tour de France, non si presenti del tutto pianeggiante. Il colle di La Turbie in partenza, i saliscendi della Provenza e poi, finalmente, strade filanti negli ultimi 50 Km di gara. Nessun problema per gli sprinter, che non dovranno temere neppure il maltempo: oggi il sole bacerà con calore il bel Tour.
La prima tappa in linea sarà destinata ai velocisti. Non si sfuggirà da questa consolidata tradizione nemmeno stavolta, anche se molte squadre dovranno sudare parecchio per far sì che il gruppo si presenti compatto alla periferia di Brignoles, e non solo per il caldo previsto in questa giornata. Strada facendo si incontreranno parecchi saliscendi, inevitabili partendo da zone molto movimentate geograficamente come la Costa Azzurra: subito dopo il via si dovrà affrontare un colle di terza categoria (La Turbie), rarità nelle prime giornate di gara, per poi planare su Nizza, dove sarà previsto il primo dei tre traguardi volanti. Con la decisione di privarli degli abbuoni, adottata già l’anno scorso, questi sprint saranno utili solo per la classifica della maglia verde, mentre non avranno più influenza sulla classifica nei primi giorni di gara (evento che, comunque, quest’anno difficilmente si sarebbe verificato, considerati i distacchi registrati nella crono di ieri): una scelta poco saggia, perché rischierebbe di impaludare la corsa nella settimana iniziale; va, però, fatto notare che il nuovo corso adottato da Christian Prudhomme, direttore del Tour dal 2005, scongiurerà questo rischio di noia mortale, avendo inserito entro i primi sette giorni tappe importanti (l’anno scorso la crono di Cholet e l’arrivo in salita a Super Besse; quest’anno la cronosquadre di Montpellier, in calendario martedì).
Lasciato il mare nizzardo il percorso si addentrerà nell’entroterra provenzale, andando ad affrontare, tra il 40° ed il 140° Km una serie di saliscendi, coronati da tre GPM di 4a categoria e tra i quali si annideranno i rimanenti due traguardi volanti. Il secondo di questi sarà collocato a Fayence, località che provocherà senza ombra di dubbio un piccolo brivido al secondo della classifica generale: proprio in questo centro Alberto Contador si è visto scappare di sotto il naso l’ultima edizione della Parigi – Nizza, che credeva d’essersi assicurata col successo di ventiquattore prima sulla Montagne de Lure.
Al contrario, negli ultimi 50 Km non si incontreranno ulteriori difficoltà, se si esclude un facilissimo dentello. Nessun problema all’orizzonte per i velocisti, oramai abituati a porre il loro segno anche al termine di tappe più impegnativa di questa Monaco – Brignoles, primo appuntamento in linea del Tour 2009.
SOUVENIRS DU TOUR 1
Non ci sono precedenti a Brignoles, se non qualche sporadico passaggio di tappa avvenuto in una della 95 edizioni fin qui disputate, non rilevante, forse registrato solo dai quotidiani locali e ben presto caduto nell’oblio mediatico. Con Brignoles, quest’anno debutteranno nel gotha delle località che si possono vantare d’aver accolto il Tour altri sette municipi : Gerona (Spagna), Issoudun, Martigny (Svizzera), Saint-Fargeau, Tonnerre, Vatan e Verbier (Svizzera).
SOUVENIRS DU TOUR 2
Brignoles (212m s.l.m., 14963 abitanti) è un comune del dipartimento del Var, (regione Provence-Alpes-Côte d’Azur), gemellato con quattro municipalità europee, tra le quali quella italiana di Brunico. Fino agli anni ’70 era un importante centro d’estrazione della bauxite, mentre in epoca medioevale era molto apprezzato per la coltivazione di prugne. Oggi l’economia ruota prevalentemente attorno alla viticoltura ed alle attività del terziario. Al turista offre la possibilità di ammirare la chiesa gotica di Saint Sauver e soprattutto il “musée du Pays brignolais” (ospitato nell’antico Palazzo dei Conti di Provenza), che espone il più antico monumento cristiano esistente sul suolo francese, il sarcofago della Gayole (III secolo). Tra le attrezzature sportive di questa cittadina si segnalano il circuito Jean-Vial (famoso per aver ospitato per molti anni la 24 Ore di Brignoles di karting) ed il percorso di golf di Barbaroux, considerato uno dei migliori d’Europa. “Brignolaises” celebri sono stati San Ludovico d’Angiò, il poeta François d’Arbaud de Porchères, lo scrittore François-Juste-Marie Raynouard, l’ingegnere Joseph-Louis Lambot (inventore del cemento armato) ed il calciatore Jean-Jacques Marcel
LA MÉTÉO
Alla partenza da Monaco si registrerà una situazione simile a quella incontrata al momento del via della crono inaugurale, con cielo nuvoloso e temperatura non elevatissima (circa 23°) ma rilevante valore d’umidità (80%), mentre il vento spirerà debolmente.
Al traguardo di Brignoles per l’ora dell’arrivo sarà, invece, prevista una situazione opposta, ma non in negativo: farà sensibilmente più caldo (32,7°) ma non lo si soffrirà troppo a causa della decisa diminuzione del tasso di umidità 31%) e del vento moderato, che potrà raggiungere i 22 nodi.
BOULE DE CRISTAL
La classica tappa per velocisti: generalmente in queste tappe le squadre di velocisti lasciano andare via una fuga per poi riprenderla nel finale: una fuga alimentata dalla presenza di gran premi della montagna di 3 e 4 categoria. Qualche corridore con ambizioni potrà avvantaggiarsi per ottenere punti. Mentre nel gruppo vedremo sicuramente Columbia, Cervelo e altre squadre controllare la corsa.
LA TERNA SECCA DI LUCA ZANASCA
1° Cavendish
2° Hushovd
3° Napolitano
Mauro Facoltosi & Luca Zanasca
CANCELLARA, JACKPOT MONEGASCO
Lo svizzero, favorito numero uno della vigilia, stravince la 1a tappa del Tour de France, 15,5 km a cronometro con partenza e arrivo nel Principato di Monaco, precedendo di 18’’ un eccellente Alberto Contador. Tra i big, bene anche Kloden, Evans, Leipheimer e Kreuziger. Buona prova di Armstrong, così così Sastre e Schleck. Crolla Menchov, che paga 1’38’’ al vincitore.
Lo ammettiamo: quando, all’intermedio della Cote de Beausoleil, a metà percorso, Fabian Cancellara è transitato con 1’’ di ritardo da Tony Martin e lo stesso tempo di Bradley Wiggins, e soprattutto quando Alberto Contador, subito dopo, ha fatto registrare un tempo di 6’’ inferiore a quello dello svizzero, l’idea che il fresco vincitore del Tour de Suisse potesse non essere il primo capoclassifica del Tour de France 2009 ci ha sfiorato. Dopo tutto, solamente gli ultimi 2 km del tracciato erano completamente pianeggianti, ragion per cui, dopo la salita, lo spazio per sprigionare i cavalli di cui Cancellara dispone non era poi molto. Tanto più che Kloden, leader fino a quel momento, il suo primato lo aveva costruito proprio nella seconda metà del tracciato, probabilmente sottovalutata da molti, visti i distacchi di alcune decine di secondi che diversi atleti hanno patito nel tratto conclusivo.
Quando abbiamo però visto Cancellara riprendere e superare con facilità irrisoria un pur clamorosamente deludente Menchov, e dover frenare in curve che tutti gli altri avevano affrontato in posizione aerodinamica, ci siamo resi conto di quanto fosse ridicolo quel pensiero che ci aveva sfiorato appena otto minuti prima. Perché la realtà, oggi, è che un Cancellara in forma, a cronometro, non può essere battuto. Nemmeno da un Alberto Contador che ha onorato la maglia di campione nazionale della specialità che ha sulle spalle, capace di far registrare il miglior tempo sulla salita e di guadagnare su tutti i big della generale, né da un Bradley Wiggins che non pare aver perso lo smalto mostrato nella crono di Roma dell’ultimo Giro d’Italia, quando solo la pioggia gli ha negato un successo altrimenti certo, né da un Kloden che si improvvisa discesista, né da quel Cadel Evans che aveva dominato una prova non molto diversa al recente Giro del Delfinato.
La prova odierna ha lasciato già un segno importante sulla classifica generale, e ha fornito forse già escluso dalla lista dei favoriti, con enorme sorpresa di tutti, Denis Menchov, che alla vigilia era parso piuttosto fiducioso, e aveva dichiarato che in una crono del genere sarebbe stato grave perdere più di 40’’. Alla luce del minuto e 38’’ che ha pagato, lo stesso russo si renderà dunque conto che le sue possibilità di completare la doppietta Giro – Tour, undici anni dopo Marco Pantani, sono già oggi ridotte al lumicino. A questo punto, il Tour di Menchov, perlomeno in ottica maglia gialla, potrebbe finire già alla 4a tappa, la cronosquadre di Montpellier, dove Astana e Saxo Bank minacciano di prendere un vantaggio molto consistente sulla Rabobank della maglia rosa di Roma. Se la sono invece cavata molto meglio i quattro capitani della Astana: 18’’ di ritardo per Contador, 22’’ per Kloden (che ha mostrato quanto fosse assurdo non considerarlo neppure come outsider in ottica classifica generale), 30’’ per Leipheimer, 40’’ per Armstrong. Tra gli altri grandi della classifica, bene il duo Liquigas Kreuziger – Nibali (32 e 37 secondi di ritardo rispettivamente) e Evans (+23’’), non entusiasmanti le prove di Sastre (+1’06’’, indossando una inedita maglia bianca, preferita a quella nera per non amplificare gli effetti del caldo) e Andy Schleck (6’’ meglio dello spagnolo).
A margine, riteniamo di dover sottolineare la validità tecnica della prova odierna: un tratto di salita vera ma pedalabile, molto adatta ad una cronometro, uno di discesa, in alcuni tratti non semplice, e uno di pianura nel finale, che ha esaltato chi aveva conservato qualche energia, e penalizzare i parecchi che hanno invece ritenuto che il tempo si facesse solamente nel tratto in salita. È dunque valsa la pena, per il Tour, di tornare a Monaco dopo 45 anni dall’ultimo traguardo nel Principato. Allora la frazione prese il via da Briançon, e scalò nelle prime battute il Vars e la Bonette, prima di una seconda parte di gara agevole. All’epoca la tappa fece selezione, e solamente una ventina di corridori arrivarono a giocarsi il successo di tappa, che andò a Jacques Anquetil. Forse, sarebbe il caso di spiegare a chi disegna la Grande Boucle che il ciclismo non è quello del 1964, e che certi percorsi non possono più vedere attacchi e grande selezione. Pare scontato, ma guardando i profili delle tappe di Saint-Girons e Tarbes sembra che il messaggio non sia ancora chiaro a tutti.
Se per il Tour è valsa la pena di tornare a Monaco dopo quasi mezzo secolo, riteniamo invece che non valga la pena per la TV francese di continuare a stipendiare il regista di questo Tour de France. Non sappiamo se sia lo stesso del quale abbiamo parlato durante il Giro del Delfinato, quello, per intenderci, che non ha fornito un distacco in una settimana di gara e che preferito inquadrare i rimasugli della fuga del mattino disputarsi l’8° posto anziché mostrare gli scatti di Contador verso la città alta di Briançon. Tuttavia, alcuni indizi, quali la stessa assenza di cronometri in sovrimpressione prima del rettilineo d’arrivo o la scelta di non riprendere Nibali fino all’ultimo chilometro, anche dopo che il siciliano aveva fatto registrare un eccellente intermedio, lasciano spazio a due sole ipotesi: o il regista è lo stesso, o un virus non identificato sta aggredendo tutti i Nazareno Balani di Francia, inducendoli a pensare che siano più interessanti le prove di Moreau, Lemoine, Le Lay, Voeckler e Bonnet (scusate se ci siamo dimenticati qualcuno) rispetto a quella di Vincenzo Nibali.
La cosa è stata tanto evidente e inspiegabile da mandare in bestia anche Auro Bulbarelli, che, dopo le tre settimane di Giro, in cui ogni anno è obbligato a sperticarsi in elogi ingiustificati, riversa tutta la sua vis polemica sul Tour. Ormai dobbiamo pensare che in Auro, normalmente così pacato e dai ritmi meno serrati di una puntata della “Signora in Giallo”, ci sia un fratellino polemico e senza peli sulla lingua, che al Giro viene represso dall’obbligo di non attaccare la corsa di casa (ma che a volte riemerge improvvisamente, come nella tappa di Anagni dell’ultima Corsa Rosa, quando il Nostro attaccò, peraltro giustamente, Fabio Bordonali, che si era lamentato del traguardo volante in salita), e che in Francia può invece esprimersi in tutta la sua ferocia.
Da domani, si entrerà nella vera e propria prima settimana di Tour, che sta al ciclismo un po’ come il GP di Monaco, visto che si è in tema, sta alla Formula 1: grande atmosfera, grande importanza, spettacolo generalmente modesto. Tanto più che quest’anno sarà difficile anche vedere cambi di maglia, per via della scelta di eliminare gli abbuoni per incentivare gli attacchi, peraltro già adottata lo scorso anno. Scelta che peraltro condividiamo in pieno, specie alle luce di quanto visto all’ultimo Giro d’Italia, quando Di Luca ha tenuto aperta la corsa fino all’ultimo giorno grazie al minuto e oltre di abbuoni raggranellati nelle tre settimane, ma che forse andrebbe compensata con qualche tappa nervosa in più nelle prime battute del Tour, onde evitare di levare alla corsa un notevole motivo di interesse.
A questo punto, in teoria, Cancellara potrebbe mantenere la maglia gialla come minimo fino ad Andorra, e, dovesse resistere in occasione del primo arrivo in salita, cosa non impensabile, considerati il recente Tour de Suisse e l’ascesa di Arcalis, anche fino a Verbier. Di questo, però, ci sarà tempo di parlare più avanti. Oggi, è giusto rendere onore, una volta di più, al più grande cronoman in attività, meritatamente detentore, da poche ore, della prima maglia gialla del Tour 2009.
Matteo Novarini