UN DIABLO AL GIORNO

luglio 17, 2009 by Redazione  
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Sempre meno parole per “el Diablo” per commentare queste tappe spente, per fortuna la maglia a pois ravviva un po’ la corsa in cui nessuno si espone e tutti aspettano l’ultima salita.

a cura di Andrea Mastrangelo

Che posso dire. Anche oggi niente di fatto, anche oggi i pretendenti alla generale tutti fermi, aspettano lìoccasione buona, ma le occasioni bisogna crearsele, non aspettarle, se no finisce che vince Nocentini procedendo di questo passo, così si arriva a Parigi senza aver visto uno scatto. Non capisco davvero i big, che senso ha stare tutti li ad aspettare, cosa aspettano? In questo modo si arriva al Mont Ventoux, ma li sarà troppo tardi, il “Ventoso” farà la differenza, ma non cederanno tutti nella stessa salita, poi se si riposano così non cederà proprio nessuno.
Emblematico che oggi in tappa di salita medio-difficile abbia vinto un velocista, è vero che ne aveva più anche di Chavanel, ma che nessuno degli scalatori potesse fare meglio lo dubito fortemente. Dobbiamo ringraziare questa maglia a pois, passata oggi sulle spalle di Pellizzotti, che da un po’ di spettacolo alla corsa, ma anche qui sono due o tre a giocarsi gli sprint intermedi sugli scollinamenti, spero ora l’italiano punti dritto alla speciale classifica degli scalatori e che succeda al mio successo ormai datato, mi auguro non si intestardisca a vincere una tappa cosa che può portargli via numerose energie, se capita, altrimenti il suo unico obiettivo deve essere la pois. Anche perché Martinez non è scarso in montagna, una giornata storta può capitare, ha faticato molto anche l’altro giorno per andare in fuga e una debacle si recupera, in salita va e Pellizzotti dovrà difendersi, anche se ora è sicuramente in una posizione di forte vantaggio avendo la maglia sulle spalle ed essendo chiaramente più forte.
Sulla salita del Platzerwasel mi ero illuso potesse succedere qualcosa, Nibali e Pellizzotti avevano accelerato, erano rimasti in una trentina e anche Armstrong aveva testato la gamba quando mancavano 200m alla vetta, speravo fosse un test per un attacco sull’ultima ascesa, ma poi nessuno ci ha provato, hanno paura di attaccare e poi essere staccati, c’è una fase di stanca in gruppo, evidentemente hanno poche energie, sono sorpreso, mi riesce difficile commentare anche perché non saprei a cosa sia dovuto questo attendismo, oggi ci si è messo un po’ anche il tempo, sono giornate così, ma in un lungo giro è normale trovarne almeno una, non credo abbia influito più di tanto, un po’ di paura però l’ha messa e così Haussler ha avuto vita abbastanza facile.
Domani sarà una tappa da fughe, l’ennesima, vedremo se Nocentini e la sua squadra sapranno tenere a bada i fuggitivi e conservare la gialla. Attendo con ansia che qualcuno si muova, solo quando ciò avverrà potremo delineare una lista di favoriti e di uomini che sono in condizione di giocarsela, finchè si guardano non si può azzardare nulla.

Claudio Chiappucci

ClaudioChiappucci

HAUSSLER FENDE IL DILUVIO, MA RIMANE LA NOIA

luglio 17, 2009 by Redazione  
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Il 25enne tedesco vince la Vittel – Colmar di 200 km grazie ad una lunga fuga, precedendo di oltre 4’ Txurruka, 2°. Feillu e Chavanel, ultimo a cedere ad Haussler, anticipano di poco un gruppo regolato da Velits a oltre 6’. I big non si muovono, malgrado un percorso favorevole ad attacchi, e Nocentini conserva così la maglia gialla. Pellizotti nuovo leader degli scalatori.

A questo punto, non possiamo più dare la colpa solo agli organizzatori e al loro discutibile percorso. Perché i Pirenei facevano ridere, Arcalis non è una salita proibitiva, la tappa di Saint-Girons presentava i colli troppo lontani dal traguardo, e il Tourmalet a 70 km dall’arrivo è un affronto alla salita più scalata della storia del Tour, ma la Vittel – Colmar di oggi era davvero una frazione ben disegnata: una côte di 3a categoria per scaldare i motori, il Col de la Schlucht per prendere confidenza con le salite vere, il tanto atteso Platzerwasel a 60 km dal traguardo a sollecitare gli attacchi da lontano, il Bannestein per non perdere il ritmo e il Firstplan per gli ultimi assalti. Insomma, terreno per provarci ce n’era, e parecchio. Se però una tappa del genere la vince uno che ha rischiato di vincere la Sanremo in volata, e dando un’occhiata all’ordine d’arrivo ti salta all’occhio, accanto al numero 6, il nome di Thor Hushovd, capisci subito che c’è qualcosa che non va. Nello specifico, una totale assenza di coraggio.
E dire che le premesse per vivere una giornata chiave nell’economia di questo Tour de France c’erano tutte, a cominciare da condizioni meteorologiche molto difficili, con pioggia lungo tutto il tracciato e temperature piuttosto basse sulle due vette oltre i 1000 metri, e da una prima ora condotta a ritmi vertiginosi, con una media superiore ai 47 km/h. Tanto più che sul Col de la Schlucht, quando in testa alla corsa si era formato un terzetto composto da Haussler, Chavanel e Perez, almeno una quindicina di corridori avevano provato ad uscire dal gruppo. Quando, sul Platzerwasel, la miccia doveva però accendersi, ecco che ancora una volta tutta la baldanza di cui i vari Schleck, Sastre e compagnia sembravano forniti è sparita, per lasciare spazio alla tradizionale processione dietro gli uomini Astana, che, come era logico attendersi, ben si guardavano dall’imporre un passo forsennato.
Malgrado il tasso di combattività dei cosiddetti pretendenti alla maglia gialla (diciamo “cosiddetti” perché per essere definiti veramente tali bisognerebbe provare a prenderla la maglia, anziché aspettare che piova dal cielo per grazia divina) si mantenesse su livelli da partita di bridge, il gruppetto di un eccellente Rinaldo Nocentini, in cima all’unico colle di 1a categoria di giornata, si era portato ad appena 3’ dall’ormai non più terzetto di testa (Perez aveva perso contatto a metà salita), ed era ridotto a 20-25 unità. Sarebbe bastato insistere per tagliare fuor qualche buon corridore, come, ad esempio, un Kirchen molto poco convincente, e con una Astana finalmente non più presente in blocco nel drappello dei migliori, ma rappresentata dai soli Kloden, Armstrong (particolarmente brillante) e Contador, non era utopia sperare che qualcuno raccogliesse il coraggio a due mani e si lanciasse, con clamoroso ardire, in uno scatto che non fosse un mini-allungo a 1 km dall’arrivo.
E invece, gli unici ad evadere dal gruppo sono stati Brice Feillu, principe di Andorra, e Txurruka, basco che attacca sempre e non vince mai, guadagnando peraltro minuti su minuti con relativa facilità, mentre davanti Chavanel si staccava in discesa dal compagno d’avventura Haussler. Che anche il breve e facile Bannestein non ispirasse chissà quale belligeranza nei corridori di vertice era prevedibile, ma che non fosse sufficiente neppure il Firstplan, non durissimo (8,4 km al 5,4%), ma posto ad appena una ventina di chilometri dal traguardo, per smuovere Schleck, Sastre & co. (facciamo ancora una volta i nomi del lussemburghese e dello spagnolo perché sin dalla presentazione di Montecarlo avevano parlato di quella odierna come di una tappa chiave per questo Tour) dal loro immobilismo, pur temendolo, non ce lo aspettavamo. Peraltro, l’immobilismo di cui sopra, oltre a risultarci un po’ irritante (come peraltro si sarà già capito), dal momento che ci costringe a trovare i più svariati espedienti per non cadere tra le braccia di Morfeo mentre siamo davanti alla TV, è decisamente inspiegabile, a meno che non si pensi davvero di poter mettere in difficoltà Contador e Armstrong attaccando sulle ultime salite delle tappe alpine (se così fosse, ci vorrebbe una bella risata finta da sit-com americana). Sempre che non sia invece un segnale di rassegnazione, ovviamente (e in questo caso, più che la risata finta, ci vorrebbe un requiem in morte di questo Tour). Quel che è certo è che, pur comprendendo il timore che la Astana sia troppo forte per essere messa in difficoltà, mai si prova, mai lo si scopre.

Haussler vince sul traguardo di Colmar (foto AFP)

Haussler vince sul traguardo di Colmar (foto AFP)

A dimostrare quanto questa tappa fosse impegnativa, e a far crescere il rammarico per i mancati attacchi da parte dei favoriti, ci hanno poi pensato le crisi susseguitesi tra i fuggitivi, con Chavanel ripreso e staccato in salita da Txurruka, involatosi tutto solo verso la piazza d’onore, a 4’10’’ dal vincitore, e in pianura da Feillu, a sua volta in gravissima difficoltà negli ultimi chilometri, ma capace di conservare il 3° posto a 6’12’’, anticipando di 18’’ il francese della Quick Step. Chi invece non ha mai avuto neppure un istante di crisi è stato Heinrich Haussler, che ha smentito tutti coloro che lo davano in pessime condizioni di forma per via di una vacanza un po’ troppo spensierata alle Maldive. In una giornata in cui tutto il resto è stato noia (chiediamo scusa per la citazione un po’ arrangiata e non esattamente dottissima, ma è quanto di più calzante ci sia venuto in mente sul momento), la cavalcata del tedesco d’Australia (è nato a Inverell, cittadina australiana di 9000 anime, che dista oltre 400 km dal grande centro più vicino, Brisbane) è stata l’unico raggio di sole nel cielo plumbeo di Colmar, spento come questo Tour. Aggiungendo una vittoria di tappa del genere al suo già straordinario 2009, in cui spiccano i secondi posti a Sanremo e Fiandre, Haussler si candida seriamente a sorpresa dell’anno 2009, e va già ad oggi annoverato tra i migliori corridori di questa stagione. Certo è che, vedendo il tedesco in queste condizioni, viene da chiedersi cosa abbia fatto fino adesso in questa Grande Boucle, visto che non ha mai disputato uno sprint né ha provato ad anticiparlo. Comunque sia, tedeschi e australiani hanno di che stare allegri; i primi perché hanno in casa un campioncino, i secondi perché questo campioncino sogna di passare a correre con la loro maglia.
Se le crisi di Chavanel e Feillu hanno dato prova della difficoltà di questa frazione, il 6° posto di Thor Hushovd dimostra invece quanto sia stata blanda l’andatura del plotone, di cui abbiamo già diffusamente parlato. Con questo piazzamento, decisamente inatteso, il vichingo ha ripreso possesso della maglia verde, strappatagli appena 24 ore fa da un Mark Cavendish che potrebbe comunque riappropriarsene già domani, nella facile Colmar – Besançon di 199 km. E parlando di maglie, non si può non fare un cenno alla difesa del primato di Nocentini, che domani toccherà quota 7 giorni da capoclassifica e supererà, anche se, ovviamente, solo numericamente, gli indimenticabili giorni gialli di Marco Pantani. Tutto sommato, anche in una tappa sulla pericolosa per la sua leadership come quella di oggi, Rinaldo, con quel suo nome da prode cavaliere, non ha dovuto invece sostenere chissà quali assalti per mantenersi in cima ad una graduatoria ormai fossilizzata da una settimana a questa parte. E rimanendo in tema di maglie e di italiani, Franco Pellizotti, sull’ultimo colle di giornata, sfruttando la regola per cui l’ultima salita di giornata, quando si tratta di vette Hors Catégorie o di 1a o 2a categoria, assegna punteggio doppio, ha coronato il suo inseguimento ad un Egoi Martinez molto poco brillante, staccatosi sul Platzerwasel, ora distanziato di 3 punti dal friulano (98 – 95). Fossimo un po’ più campanilisti, avremmo di che rallegrarci; da appassionati di ciclismo e di Tour, però, l’amaro in bocca per una giornata così è davvero difficile da cancellare.

Matteo Novarini

16-07-2009

luglio 17, 2009 by Redazione  
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TOUR DE FRANCE
Il danese Nicki Sörensen (Team Saxo Bank) ha vinto la dodicesima tappa, Tonnerre – Vittel, percorrendo 211,5 km in 4h52′24″, alla media di 43,399 Km/h. Ha preceduto di 48″ il francese Lefevre e l’italiano Franco Pellizotti (Liquigas)
L’italiano Rinaldo Nocentini (AG2R La Mondiale) conserva la testa della classifica con 6″ sullo spagnolo Contador Velasco e 8″ sull’americano Armstrong.

L’ÉTAPE DU JOUR: VITTEL – COLMAR

luglio 17, 2009 by Redazione  
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Dopo una settimana di noia, il Tour torna ad addentrarsi tra le montagne, con una tappa apparentemente facile. Invece, il tracciato della Vittel – Colmar è uno dei più insidiosi di quest’edizione, pronto ad intrappolare i sogni di molti pretendenti alla “maillot jaune”. Una trappola che non sarà facile far scattare: occorrerà una sapiente strategia di squadra, gambe e fortuna. La tortuosità del percorso potrebbe dare una mano agli ardimentosi, il maltempo pure (ma le previsioni della vigilia, sembrano siano state smentite in queste ore da versioni più “edulcorate”).

Piège. Con questo termine Christian Prudhomme ha definito la tappa che ha disegnato tra le alture dei Vosgi, creando un percorso che, a prima vista, parrebbe tracciato sulla falsariga delle recenti frazioni pirenaiche. Attenzione a non sottovalutarla, invece, questa Vittel – Colmar, una tappa che potrebbe fare vittime a sorpresa, stritolate dalla “trappola” (questa la traduzione di “piège”) a tenaglia costituita dall’altimetria e dalla planimetria. Per poter valutare questa tappa, infatti, occorre fare un’anamnesi completa, non limitandosi ad esaminare il grafico, che dichiara un percorso di media montagna, caratterizzato da cinque traguardi GPM non insormontabili e da un finale senza respiro, perché scesi da un colle si rimonterà subito sul successivo, ritrovando strade filanti solamente negli ultimi 15 Km. Proprio laddove si incontreranno le principali difficoltà altimetriche la planimetria, fin lì priva di particolari disagi, si farà assai sinuosa, seguendo strade poco note, perché sono finiti da anni i tempi gloriosi dei “ballons” al Tour, che oggi predilige altre mete e raramente attraversa queste zone. Questa la trappola, un percorso che, pur non essendo durissimo, agevola più chi sta all’attacco rispetto agli inseguitori. Ora sta ai corridori saperla farla scattare, imbastendo attacchi che non siano scriteriati e nemmeno troppo tardivi. La strategia migliore per sorprendere (o meglio, tentare di sorprendere) sarebbe quella di far muovere qualche compagno di squadra, allo scopo di saggiare gli avversari e magari di farli reagire, sul colle della Schlucht e poi di cercare di sfruttare al meglio il successivo colle di Platzerwasel, il più impegnativo di giornata e non solo per la pronuncia del nome. L’ascesa è molto lunga, quasi 16 Km, e presenta tutta la prima parte in falsopiano, un tratto ideale per continuare l’operazione di sfiancamento dei rivali; solamente negli ultimi 6 Km il capitano si potrà muovere con sicurezza ed in prima persona, per sfruttare appieno una pendenza media che, in quel finale, si annuncia particolarmente interessante (8,8%). Dovesse fallire l’attacco, si sarà, però, riusciti a stancare gli avversari e quindi si potrebbe far leva sulla fatica altrui per un nuovo tentativo sul Firstplan, che non è proprio un colle di primo piano come lascerebbe intuire il nome (sono appena 7 Km al 5,5%), ma che, a quel punto, potrebbe rivelarsi più tosto delle previsioni. E la pioggia, attesa lungo tutto l’itinerario, potrebbe rivelarsi benvenuta, un’alleata davvero preziosa.

SOUVENIRS DU TOUR 1
Quest’anno Colmar accoglierà il suo settimo traguardo del Tour, a 78 anni di distanza dalla prima volta: correva l’anno 1931 quando il francese Leducq vinse la Belfort – Colmar, frazione di media montagna che portava la carovana sul colle della Schlucht, previsto anche nella tappa odierna, e sul quale transitò il gruppo compatto (all’epoca non si usava ancora stilare gli ordini di passaggio, la classifica del GPM verrà istituita due anni dopo, mentre la maglia a pois è un’invenzione del 1975). Nessun italiano è mai riuscito a mettere la propria firma in quel di Colmar; chi andò più vicino al successo fu Giovanni Ausenda che nel 1949 si piazzò quarto nella Losanna – Colmar, vinta da francese d’origine italiana Geminiani. Magra consolazione, ma italiani lo stesso contenti: vestiva la maglia gialla Fausto Coppi che l’indomani si impose nella crono Colmar – Nancy (137 Km!) e , 48 ore più tardi, conseguirà la prima, storica doppietta Giro – Tour.

Colmar, uno scorcio della Piccola Venezia (www.crociereonline.net)

Colmar, uno scorcio della Piccola Venezia (www.crociereonline.net)

SOUVENIRS DU TOUR 2
Col mar non c’entra niente (perdonateci l’orrido gioco di parole), ma girare per le vie della terza città dell’Alsazia potrebbe, ad un certo punto, dare l’illusione di trovarsi tra le calli e i rii di Venezia. Uno dei quartieri più affascinati di Colmar, infatti, è quello definito “Petite Venise”, per le pittoresche abitazioni affacciate sulla Lauch, fiume che ha le sue sorgenti sui Vosgi e conclude il suo breve cammino (42 Km) proprio in questo centro, alla confluenza con l’Ill, a sua volta affluente del Reno. Ovviamente, non c’è solo questo da vedere a Colmar: il capoluogo del dipartimento dell’Alto Reno conserva diversi edifici eretti tra il XV ed il XVI secolo – periodo di massima fioritura artistica per questo centro – tra i quali spiccano la collegiata di San Martino e la Maison Pfister, uno dei simboli della città vecchia. Da non perdere l’interessante Museo di Unterlinden che, ospitato in un convento domenicano duecentesco (tra 300 e 400 fu un celebre centro culturale), espone pregevoli capolavori della pittura alto-renana, come il polittico di Insenheim e il dossale di Jean d’Orlier.
“Colmariens” celebri sono il pittore – incisore Martin Schongauer (noto in Italia come “Martino d’Anversa”), Jean-François Reubell (importante protagonista della Rivoluzione Francese), il generale Jean Rapp, l’ex allenatore dell’Auxerre (che ha guidato per ben 44 anni) Guy Roux e lo scultore Frédéric Auguste Bartholdi. Passato alla storia per aver realizzato, assieme al più celebre Gustave Eiffel, la Statua della Libertà di New York, è meno noto come simpatizzante dei garibaldini: non solo vestiva comunemente la giubba rossa, ma affiancò anche le truppe impegnate nella Guerra Franco – Prussiana (1870), operando anche come aiutante di campo dell’”Eroe dei due mondi”.

LA MÉTÉO
Bollettini meteo della vigilia rispettati ma, fortunatamente per i corridori, la pioggia dovrebbe limitarsi a bagnare solo le fasi di partenza, dopo aver perversato per tutto il mattino ed in previsione di riprendere nelle ore serali, a tappa conclusa. Al via da Vittel le precipitazioni dovrebbe alternarsi alle schiarite, con tassi d’umidità più bassi (86%) rispetto a quelli registrati nelle ore precedenti, temperature sui 18°C e, principale insidia, vento moderato (fino a 32-33 Km/h). Al passaggio per Gérardmer (Km° 88), la località dove inizieranno le principali difficoltà altimetriche, il cielo si aprirà e potrebbe anche tornare a splendere il sole, pur rimanendo stabile la temperatura. Nelle ore successive il cielo tornerà coperto e tale rimarrà quasi certamente fino alle 17.00, ora prevista per l’arrivo. In quel momento la temperarura sarà assestata sui 19° C, sarà aumentato il livello dell’umidità (80%, dopo che nel pomeriggio la situazione si era asciugata, scendendo al 62%), mentre si attenueranno i venti, che spireranno ad un massimo di 15 Km/h.
Ci sarà più probabilità d’inzupparsi domani, andando verso Besançon.

BOULE DE CRISTAL
Tappa di montagna. Questa volta potremo vedere un attacco da parte di gente di classifica. L’ultima salita non è lontanissima dall’arrivo e sicuramente i corridori che stazionano attorno la 10a posizione in classifica non aspetteranno i tapponi, ma approfitteranno di quest’occasione per guadagnare posizioni e secondi. Non escludo attachi di alta classifica.

LA TERNA SECCA DI LUCA ZANASCA
1° Sastre
2° Armstrong
3° A. Schleck

Mauro Facoltosi & Luca Zanasca

UN DIABLO AL GIORNO

luglio 16, 2009 by Redazione  
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Un Chiappucci leggermente rivitalizzato dopo due giorni di noia mortale, commenta con noi la dodicesima tappa, quella che porta la carovana da Tonnerre a Vittel, una tappa tutta mangia bevi animata dalla lotta per la maglia a pois, peccato per Pellizzotti, ma finalmente vediamo qualche movimento in più.

A cura di Andrea Mastrangelo

In attesa dei big mi trovo a commentare una tappa abbastanza movimentata, in cui lo spettacolo è stato offerto soprattutto dai pretendenti alla maglia a pois del miglior scalatore. Quando correvo io era uno stimolo per primeggiare nella generale, ora sembra una corsa parallela, così il consiglio che darei a Pellizzotti per conquistarla è quello di marcare esclusivamente i suoi avversari diretti per il titolo, il più agguerrito è Egoi Martinez che attualmente veste la casacca di leader della speciale classifica, tentando magari di anticiparlo su qualche salita oppure cercando di bruciarlo nei brevi sprint prima dei traguardi di giornata. Non deve assolutamente più spendere energie in fughe sterili, che portano pochi punti, deve mirare alle grandi salite, fare bottino pieno, tralasciando poi i successi parziali. Questo ovviamente se il suo obiettivo è la pois, se vuole una vittoria deve invece provarci più che può, cercando di inserirsi nelle fughe più importanti.
Dopo averlo visto in gran condizione negli sprint GPM, oggi, speravo Franco potesse tagliare a braccia alzate il traguardo di Vittel, Sorensen, però, è stato più bravo tatticamente e anche superiore di gambe, si è davvero meritato la vittoria nella frazione odierna, è rientrato da solo sulla fuga e poi ha anticipato tutti, l’unico a seguirlo è stato Calzati che però non ne aveva e appena il danese se n’è avveduto lo ha staccato con una facilità disarmante, in solitaria poi è andato meglio che col compagno di fuga e questo dato da solo ci fa capire come fosse superiore a tutti quest’oggi. Tutti tranne Cavendish ovviamente. L’inglese oggi non si sobbarcato l’onere di fare la gara, lasciando ai suoi compagni una giornata di meritato riposo sperando che le squadre degli altri velocisti lo riportassero sotto nel finale. Gli altri hanno però avuto paura di lavorare per nulla, compattare il gruppo per servire la vittoria a Cavendish non valeva la pena e così hanno preferito lasciar andare la fuga. Quella dei Columbia, a mio modo di vedere, non è stata certa una tattica volta a difendere la maglia verde, anzi, vedendo come sprintava nei traguardi intermedi e alla luce della vittoria nella volata di gruppo per l’ottavo posto avrebbe anche incrementato il suo vantaggio, semplicemente il team dell’inglesino ha deciso di prendersi una giornata di riposo, dopotutto fino ad oggi è stata l’unica a lavorare veramente.
Nonostante l’arrivo della fuga con 6’ di vantaggio Nocentini conserva il primato in classifica per il sesto giorno, eguagliando il record di Pantani è vero, ma credo che certi paragoni siano improponibili, il romagnolo ha vinto la corsa, quest’anno invece il Tour deve ancora iniziare, gli uomini di classifica aspettano le montagne che arriveranno domani e domani, sempre che non decidano di prendersi l’ennesimo giorno di vacanza in gruppo, Rinaldo dirà addio alla maglia gialla.
Per Comar mi aspetto gli Schleck, vorrei proprio vedere i lussemburghesi all’attacco, sarebbe davvero un ottimo inizio, ma bisogna stare attenti a Sastre, fino ad oggi è rimasto lì, sornione, nessuno ne parla, ma anche lo scorso anno ha vinto un Tour mettendosi in mostra in un’unica tappa, e che tappa: l’Alpe d’Huez. Quindi non lo darei per spacciato come Menchov anche se finora non ha fatto vedere nulla di soddisfacente, per il russo invece non vedo alcun miglioramento e credo che la Grande Boucle per lui non dirà più nulla, non ha stimoli ne condizione e diventa difficile correre così, sperando di essere smentito dai fatti a favore dello spettacolo, ma credo proprio non sia uomo da classifica quest’anno.
Per l’Italia una giornata sufficiente, Pellizzotti ci ha provato senza riuscirci, Nocentini mantiene il primato nella generale, per il resto ancora calma piatta per gli azzurri, la Lampre è data per dispersa, non si capisce cos’abbia, forse ha preparato male il Tour, ma è da troppo che vanno avanti con errori di preparazione, non so che dire, spero ancora in Ballan che magari negli ultimi giorni può tentare qualcosa se cresce di condizione, Bruseghin invece è stata veramente una delusione. Oggi il giovane Bandiera ha salavto un po’ la baracca col decimo posto, ma nulla di che visto l’organico del team blufucsia.
Speriamo domani di avere qualche cosa in più da commentare, una tappa più interessante. Sono convinto che sarà così, ma dopo giorni di noia spero non abbiano preso la brutta abitudine di fare vacanza…

Claudio Chiappucci

ClaudioChiappucci

SORENSEN SE LI BEVE TUTTI

luglio 16, 2009 by Redazione  
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A Vittel, città di acque termali e minerali, il danese della Saxo Bank conquista il primo successo di tappa in carriera al Tour de France, grazie ad una lunga fuga. L’azione decisiva ai -22, quando Sorensen si avvantaggia assieme a Calzati, prima di staccarlo a 5 km dal traguardo. La piazza d’onore va a Lefévre, che anticipa Pellizzotti. Il gruppo, regolato da Cavendish, giunge a 6’ e mezzo. Cade nel finale Cadel Evans.

Non sarà stata una girandola di emozioni senza precedenti, ma dopo due giorni da caraffe di caffè ci si può accontentare. A Vittel, città termale nota soprattutto per la sua acqua minerale (indovinello: quale nota marca francese di acqua sponsorizza il Tour de France, comparendo sugli striscioni che indicano i -20, i -15, i -10 e via discorrendo?), la Danimarca è entrata a far parte della ristretta cerchia di paesi che hanno potuto festeggiare una vittoria di tappa in questo Tour (cerchia in cui si nota una quanto mai inusuale prevalenza monarchica: Inghilterra, Norvegia, Danimarca, Spagna), dopo 211 km piuttosto nervosi.
In una tappa in cui già al via da Tonnerre si sapeva che l’unica valida alternativa alla cinquina di Mark Cavendish sarebbe stata una fuga da lontano, tutte le squadre che in questi giorni avevano tutto sommato oziato a centro gruppo si sono mobilitate, dando vita a 70 km di battaglia furibonda per entrare nella fuga buona. A prevalere, quasi per caso, andandosene sull’inerzia di uno sprint per un GPM, sono stati il nostro Franco Pellizotti, unico italiano che finora abbia avuto l’ardire di andare in fuga, Markus Fothen, Egoi Martinez, e la classica batteria di francesi, quest’oggi rappresentata da Lefevre, Calzati e Pauriol. A questi si è unito poco dopo Nicki Sorensen, e il drappello ha preso il largo, lungo i rimanenti tre GPM, su cui Pellizotti e l’attuale detentore Egoi Martinez si sono sfidati per punti per la maglia a pois (pochi, per la verità).
Superato l’ultimo GPM, il più duro con i suoi 800 metri all’11% di media, con oltre 4’ di vantaggio sul gruppo, e quindi con la pressoché totale certezza di potersi giocare la tappa, il drappello dei fuggitivi si è spaccato a 22 km dal traguardo, quando proprio Sorensen, l’ultimo ad unirsi alla compagnia, è stato il primo ad abbandonarla. L’unico con la prontezza di gambe e spirito per accodarsi al danese è stato Sylvain Calzati, già vincitore di una tappa alla Grande Boucle, a Lorient nel 2006, grazie anche al provvidenziale aiuto di qualche motocicletta patriota. I due hanno acquisito una ventina di secondi di margine, che sono però scesi addirittura sotto quota 10 poco prima dei 5 km al traguardo. Sorensen, rendendosi conto di portarsi a spasso un peso morto, che quando passava a condurre rallentava nettamente l’andatura della coppia, ha allora deciso di giocarsi le proprie carte in solitudine, piazzando un secondo e questa volta risolutivo scatto.
Alle sue spalle, infatti, le gambe e la collaborazione iniziavano a venir meno, e il vantaggio del corridore della Saxo Bank ha sfondato rapidamente il muro dei 30’’, sotto il quale è sceso solamente nel finale, quando già Sorensen era intento a festeggiare. La volata dei battuti è andata a Lefevre, che ha anticipato con relativa facilità un comunque brillante Pellizotti, che si è avvicinato, sia pur di poco, alla maglia a pois. Il gruppo, che nel finale se l’è presa decisamente comoda, ha tagliato a 6’25’’, regolato da Mark Cavendish, che ha rafforzato la sua leadership nella classifica a punti. Per il meno giovane dei due Sorensen in forza alla Saxo Bank, la risposta ciclistica ai due Strobl dello sci alpino (cioè stesso cognome e stessa nazionalità ma nessun rapporto di parentela), si tratta del primo successo al Tour de France, nonché del settimo in una carriera in cui spiccano i due titoli nazionali danesi conquistati nel 2003 e nel 2008.
A 34 anni suonati, questa era forse per Sorensen l’ultima grande opportunità per poter entrare nell’albo d’oro dei vincitori alla Grande Boucle, anche perché, da domani, la Saxo dovrebbe essere interamente a disposizione di Frank e Andy Schleck, che sulle strade dei Vosgi avranno terreno adatto per portare forse il primo vero attacco alla corazzata Astana. Peraltro, il percorso, con il Platzerwasel a 62 km dal traguardo, seguito da altre asperità meno impegnative ma comunque rilevanti, si presta molto ad azioni da lontano. Corridori come Sastre, Evans (che quest’oggi è caduto nel finale, ma il cui distacco è stato neutralizzato), Menchov e, appunto, i fratelli Schleck, troveranno forse domani la tappa che più si addice ad un’imboscata o ad un attacco a sorpresa, forse anche più di qualunque tappa alpina.
E parlando di imboscate e attacchi a sorpresa, non si può non fare un cenno alla questione delle radioline, che l’UCI ha consentito per la tappa di domani, originariamente da disputarsi senza. Se si considera che la maggioranza dei corridori, a quanto pare, non avrebbe nulla in contrario a correre senza oreillettes, appare chiaro che il problema è stato sollevato soprattutto dai direttori sportivi. Evidentemente, senza poter sbraitare tutto il giorno nelle orecchie dei loro corridori, senza poter comandare i loro atleti come automi, i DS non si sentono sicuri. Non siamo tra coloro che pensano che una tappa senza auricolare, se corsa per davvero (cioè non come quella di Issoudun), risulterebbe spettacolare a prescindere, ma una giornata di ciclismo un po’ meno automatizzato, in cui sia il corridore a decidere se è il caso di attaccare o meno, anziché sentirselo urlare nelle orecchie, di sicuro, male non farebbe.

Matteo Novarini

Sorensen vince a Vittel (foto AFP)

Sorensen vince a Vittel (foto AFP)

L’ÉTAPE DU JOUR: TONNERRE – VITTEL

luglio 16, 2009 by Redazione  
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Terza occasione consecutiva per i velocisti, che stavolta si troveranno sotto le ruote un finale meno “vellutato” rispetto alle tappe precedenti. C’è un muro di stampo fiammingo che potrebbe far passar loro cinque minuti d’inferno: se lo supereranno indenni non dovrebbero esserci più problemi, ma se le pendenze li respingeranno, allora sarà notte fonda. Davanti “meneranno” a tutta e rientrare sarà un’impresa. E nel caso si riesca a portarla a termine, poi potrebbero mancare le gambe al momento dello sprint.

.:nella foto copertina, il parco termale di Vittel (www.globeplanter.com)

Il Tour si ferma ai piedi dei Vosgi, proponendo per il terzo giorno consecutivo un tracciato impostato sulle misure dei velocisti, anche se più complicato rispetto a quello delle giornate precedenti. Lungo l’itinere dovranno essere scavalcati sei traguardi della montagna, l’ultimo dei quali, piazzato ad una quarantina di chilometri dall’arrivo, è classificato di terza categoria. Vittel è praticamente a “distanza di sicurezza” ma la Côte de Bourmont potrebbe non rivelarsi innocuissima. Si tratta di un muro con tutti i crismi: sviluppo sotto il chilometro (800 metri, per l’esattezza), strada dritta come un fuso e pendenze da ribaltamento (media dell’11,1% e massima del 15%). Ad acuire le difficoltà di questo “sesto grado” interverrano due fattori, antecedenti e successivi l’ascesa. Per prima cosa, molto probabilmente il gruppo piomberà a tutta velocità sotto il muro, anche perché non si sarà ancora smorzata la bagarre nata in prossimità del traguardo volante di Saint-Thiebault, il cui striscione precederà di appena 400 metri il punto d’attacco della “côte”: molti patiranno il brusco cambio di ritmo, alcuni potrebbero anche essere costretti a mettere piede a terra, provocando fratture in seno al plotone. Finito il muro, nonostante lassù si transiti sotto il GPM, le fatiche non saranno concluse: settecento metri più avanti, infatti, la salita riprenderà, portandosi con un tratto non classificato di circa 2 Km al 5,2% (con un picco dell’11%) verso l’abitato di Graffigny-Chemin. Potrà questa difficoltà influenzare la volata finale? Viste le caratteristiche degli ultimi chilometri sovviene di dire sì. Innanzitutto, per chi avrà perso le ruote del gruppo le operazioni di rientro saranno sicuramente rese complicate dalla velocità che la testa della corsa imprimerà in quel frangente, sia perché sono quelle solite dei chilometri conclusivi, sia perché davanti saranno interessati a spingere a tutta, con lo scopo di togliere di mezzo qualche avversario scomodo (soprattutto se ad essere respinto dal muro sarà un velocista di primissimo piano). Nel caso di riaggancio, queste operazioni costituiranno però un notevole esborso energetico, che si pagherà in dirittura d’arrivo, dove l’altimetria segnala due lievi strappetti prospicienti il traguardo.
Prima di queste fasi, anche questa tappa vedrà il nascere, il crescere ed infine il declinare di una fuga a lunga gittata, come avvenuto nelle frazioni precedenti. Come nel giorno della festa nazionale, sicuramente vedremo tra i protagonisti del tentativo anche corridori di casa, che si lanceranno in avanscoperta principalmente per transitare in testa, anche se non ci sarà nessun traguardo a premio, al passaggio per Colombey-les-Deux-Eglises, il piccolo comune dell’Alta Marna nel quale riposano le spoglie del “padre della patria”, il generale Charles de Gaulle.

SOUVENIRS DU TOUR 1
Quarta partecipazione fattiva al Tour per Tonnerre, anche se questo centro in passato non è mai stato sede di tappa, né come partenza, né come arrivo. In due occasioni precedenti, l’attraversamento del paese era stato considerato come traguardo GPM di quarta categoria, conquistato dai francesi Duclos-Lassalle nel 1979 (tappa Digione – Auxerre, vinta dall’olandese Knetemann, campione del mondo in carica) e Finot nel 2003 (tappa Troyes – Nevers, vinta da Petacchi). Sempre nella tappa del 1979, nella stessa Tonnerre, poco prima del traguardo della montagna era previsto uno “sprint bonification”, conquistato dal belga Teirlinck.
Vittel è a quota 2, dopo aver debuttato nel 1968 ed aver bissato la presenza al Tour nel 1990 (con in mezzo, pure lei, un traguardo volante nell’edizione 1987, conquistato dall’olandese Van Poppel). La prima volta è di quelle che contano, perché accolse il “Grand Depart”, sotto forma d’una breve crono di 6 Km conquistata dal belga Grosskost, che quell’anno si era imposto anche nel prologo del Giro d’Italia. Nel 1990 l’arrivo fu in linea (successo allo sprint dell’olandese Nijdam), ma Vittel fu comunque coinvolta nell’organizzazione di un’altra prova contro il tempo, disputata il giorno successivo con arrivo ad Épinal (vittoria del messicano Alcala).

SOUVENIRS DU TOUR 2
Tonnerre è un centro del dipartimento dell’Yonne, attraversato dal Canale di Borgogna e situato tra i vigneti del Chablis. Quella che era “Tornodurum” all’epoca dei romani, offre al visitatore la “Fosse Dionne (una sorgente d’origine meteorica che in antichità era considerata magica, creata dai fulmini di Giove, ritenuto il mitico fondatore di Tonnerre), la casa natale del “Chevalier d’Eon” (di professione “spia”, ma noto anche come uno dei più celebri travestiti della storia) e l’Hôtel-Dieu. Con questo termine, lettaralmente “albergo di dio”, in passato s’intendevono gli ospedali: quello di Tonnerre, fondato nel 1293 da Margherita di Borgogna (seconda moglie di Carlo I d’Angiò, che fu – tra gli altri titoli – re di Sicilia, re di Napoli e principe di Taranto), è di grandiose dimensioni e presenta intatta la grande “sala dei malati”, lunga 90 metri, larga 18 ed alta 27.
“Tonnerrois” celebri, oltre al citato “Chevalier d’Eon” (all’anagrafe Charles-Geneviève-Louis-Auguste-André-Thimothée d’Éon de Beaumont) e Margherita di Borgogna, sono François Michel Le Tellier (marchese di Louvois, acquistò la contea di Tonnerre nel 1684 ed è sepolto, in una sontuosa tomba, nell’Hôtel-Dieu) ed Élie Wermelinger, giornalista e collaboratore di Jacques Goddet nella tracciatura dei percorsi del Tour dal 1958 al 1972.
Vittel è una delle più celebri località termali di Francia, molto apprezzata anche per la sua eleganza e non esclusivamente per le locali acque, toccasana nella cura delle malattie artritiche, renali ed intestinali (ed anche sponsor ufficiale del Tour). “Vittellois” celebri sono gli attori Darry Cowl e Robert Hossein.

Vittel, la "Mairie" (municipio) (panoramio)
Vittel, la “mairie” (municipio – foto panoramio)

LA MÉTÉO
Giornata torrida per il Tour de France, che prenderà il via da Tonnerre nelle ore più calde, quando il termometro segnalerà la bellezza di quasi 30° C, per nulla mitigati dal debole vento, max 4 nodi, che spirerà da est. Medi i livelli di umidità, attesta al 59%. A parte una lieve abbassemento della temperatura, circa 3 gradi in meno rispetto alla partenza, una situazione esattamente identica si verificherà nei momenti dell’arrivo a Vittel. Ma è questione di ore: nella notte il tempo si guasterà drasticamente.

BOULE DE CRISTAL

Tappa lunga senza troppe asperità. Sulla carta sembra un arrivo adatto ancora ai velocisti, ma bisogna vedere se le squadre sono in grado di contenere eventuali fughe e i velocisti hanno ancora nelle gambe la forza per sprintare. Credo ancora in un attacco da lontano, che potrebbe andare anche in porto visto la lunghezza della tappa. Si vedrà.

LA TERNA SECCA DI LUCA ZANASCA

1° Freire
2° Hushvod
3° Boonen

Mauro Facoltosi & Luca Zanasca

15-07-2009

luglio 16, 2009 by Redazione  
Filed under Ordini d'arrivo

TOUR DE FRANCE
Il britannico Mark Cavendish (Team Columbia – HTC) ha vinto l’undicesima tappa, Vatan – Saint-Fargeau, percorrendo 192 km in 4h17′55″, alla media di 44,665 Km/h. Ha preceduto allo sprint lo statunitense Farrar e il bielorusso Hutarovich. Miglior italiano Marco Bandiera (Lampre – NGC), 11°. L’italiano Rinaldo Nocentini (AG2R La Mondiale) conserva la testa della classifica con 6″ sullo spagnolo Contador Velasco e 8″ sull’americano Armstrong.

UN DIABLO AL GIORNO

luglio 15, 2009 by Redazione  
Filed under News

Anche a Saint Fargeau s’impone Cavendish che non ha rivali in questo Tour, Chaippucci non riesce a trovare tante parole per una tappa davvero noiosa e insignificante con la solita fuga ripresa nei chilometri finali.
Tour disegnato male e poco coraggio dei big le cause dell’assenza di emozioni secondo El Diablo.

a cura di Andrea Mastrangelo

Anche oggi mi trovo in difficoltà a commentare la tappa. Non succede nulla degno di nota, nulla di tecnico da analizzare: arrivo in volata, peraltro scontata con Cavendish padrone assoluto anche oggi che la strada s’impennava leggermente, l’inglesino ha fugato anche gli ultimi dubbi trionfando su un terreno che molti pronosticavano ostico per lui. I big stanno fermi, aspettano, dopotutto le tappe di questo Tour non permettono grandi fughe, le salite sono troppo distanti e tentativi importanti è difficile arrivino al traguardo, ma qualcosina di più me lo sarei aspettato. L’Astana ad esempio potrebbe lanciare Kloden, è difficile gli lascino spazio, ma almeno i kazaki potrebbero riposare costringendo gli avversari a sobbarcarsi l’onere di chiudere sui fuggitivi.
Anche il Tour come il Giro, però, è disegnato male, aspetterei la fine a dare un giudizio definitivo, però ora non raggiungerebbe di certo la sufficienza. Le montagne affrontate fino ad oggi sono state poche e sprecate piazzandole a troppi chilometri dall’aarivo e nessuno dei big ha avuto il coraggio di provare a far saltare la corsa. Sperando in qualcosa di più credo che anche domani partirà una fuga di seconde linee, la tappa leggermente più mossa a mio avviso permetterà agli attaccanti di arrivare, tra i componenti della fuga mi giocherei Van Den Broek e spero la Lampre possa inserire qualche uomo, a parte Sapa non ha fatto vedere nulla, a questo punto credo non si tratti più solo di tattica suicida, ma forse nessuno dei portacolori blufucsia ha la condizione per provare qualcosa. Mi auguro poi che qualche italiano dica la sua domani, a parte qualche giorno da leader per Nocentini non si è visto ancora nulla e tra un po’ la gialla tornerà sulle spalle dei pretendenti al titolo. Bennati anche oggi è rimasto chiuso, credo che per lui il Tour non abbia più nulla da dire, un grande velocista come l’aretino, se in condizione, non si fa mai trovare imbottigliato al momento della volata come accaduto oggi. Non resta che sperare in Pozzato e il suo tricolore!
Se poi la fuga non arriva neanche domani sarà ancora Cavendish a tagliare a braccia alzate il traguardo, non ha rivali, solo lui può perdere sbagliando la volata, l’unico in grado di tenere la sua ruota, non azzardo un “in grado di impensierirlo”, è Farrar, solo lo statunitende oggi non ha perso metri quando il ragazzino della Columbia ha sferrato lo scatto finale. Hushovd non ha perso metri per un errore, anche se a occhio può sembrare, semplicemente appena ha cercato di sporgere il naso dalla scia “c’è rimasto secco”, come tutti del resto. Davvero irriconoscibile invece Freire, già ieri ne avevo parlato, oggi posso dire con certezza che è entrato nella fase discendente della sua carriera, questo un tempo era il suo arrivo e non ce n’era per nessuno, oggi s’è fatto sfilare pure da Hutarovich.
Non mi resta che sperare in qualcosa di più emozionante domani e nei prossimi giorni, anche perché se no sarà davvero dura trovare qualcosa da dire sulla tappa, alla fine si continua a rigirare gli stessi discorsi, occupando appena poche righe con i commenti sulla tappa appena conclusa.

Claudio Chiappucci

ClaudioChiappucci

CAVENDISH CALA IL POKER

luglio 15, 2009 by Redazione  
Filed under News

Il britannico vince l’11a tappa del Tour de France, 192 km da Vatan a Saint-Fargeau, precedendo Farrar, Hutarovic, Hushovd e Freire, malgrado un arrivo in leggera salita. Tappa poco movimentata, con una lunga fuga di Van Summeren e Sapa ripresa ai -5. Nocentini resta in giallo con 6’’ su Contador. Domani tappa nervosa da Tonnerre a Vittel.

Non c’è strappo che tenga: in uno sprint di gruppo, anche se in salita e benché lanciato meno bene del solito dal treno della Columbia, nessuno può pensare di battere Mark Cavendish. Il velocista britannico, dopo i due successi di fila di Brignoles e La Grande-Motte, ha completato oggi la seconda doppietta di questo Tour de France, per un bottino complessivo di quattro vittorie, che va già ad eguagliare, al giro di boa della Grande Boucle, quello dell’anno passato.
Guardando il menù della tappa di oggi, era abbastanza facile prevedere che Cannonball avrebbe quanto meno avuto la possibilità di giocarsi la tappa allo sprint, visto che le cotes di Allogny e Perreuse erano facili e non vicine al traguardo. Tuttavia, quei 500 metri finali al 5-6% di pendenza consentivano di sognare un epilogo meno scontato di quelli cui Cavendish ci ha abituati in questa prima metà di Tour, per quanto la facilità con cui Mark si era imposto ieri sul traguardo in leggera ascesa di Issoudun lo ponesse in testa alla lista dei favoriti. Sulla carta, Hushovd e Freire, su tutti, avrebbero comunque potuto giocarsi qualche carta in più rispetto alle volate precedenti, e la cabala consentiva anche a noi poveri italiani, che vestiamo il giallo da venerdì scorso ma che non vinciamo una tappa, Piepoli e Riccò a parte, dal gran finale 2007, di sognare. Vatan, prima della frazione odierna, aveva infatti ospitato solamente due partenze di gare ciclistiche: la 5a tappa del Tour de l’Avenir 2002 (arrivo a Saint-Amand-Montrond dopo 148 km vallonati) e la 2a della Parigi – Nizza 2007 (con un arrivo a Limoges non troppo dissimile da quello odierno). Vincitori: Pippo Pozzato nel primo caso, Franco Pellizotti nel secondo, entrambi in gara e a caccia di tappe in questo Tour.
Per capire che il copione di giornata (fuga che guadagna minuti, gruppo che si riavvicina, che controlla per decine di chilometri per poi chiudere nel finale e volata a ranghi compatti) sarebbe stato come al solito rispettato in pieno, in un Tour che dopo i fuochi d’artificio iniziali, tra ventagli e maglie gialle giocate sul filo dei secondi, negli ultimi giorni si sta afflosciando drammaticamente, sono bastati meno di 30 km. Il plotone ha infatti stabilito che Van Summeren e Sapa, evasi al chilometro 27, erano sufficientemente lontani in classifica e troppo pochi per destare preoccupazione, ed ha quindi concesso loro di guadagnare 5’, per poi lasciarli cuocere a fuoco lento intorno ai 2-3 minuti per tutta la seconda metà del percorso. Ci riesce onestamente difficile capire le ragioni di una combattività tanto scarsa, specie alla luce dell’egemonia di Cavendish negli sprint. A logica, una supremazia come quella del britannico dovrebbe spingere sempre più formazioni a tentare la fuga da lontano, e invece mai come quest’anno le fughe sono state poco corpose e pericolose.
Sapa, che ha fatto parte dell’unica fuga sin qui riuscita di questo Tour de France, quella che ha incoronato Voeckler a Perpignan, e Van Summeren si sono sforzati di crederci fino in fondo, ma sono stati riassorbiti ai -5 grazie al lavoro del solito Team Columbia. I vagoni del treno di Cavendish hanno svolto alla perfezione il loro compito fino ai 500 metri finali, quelli in salita, dove però le pendenze hanno reso meno efficace del solito il lavoro di apripista di Mark Renshaw, che ha lanciato il proprio capitano ad una velocità relativamente bassa. Hushovd e Farrar, cui va dato atto di provarci sempre, hanno intravisto uno spiraglio nell’impenetrabile fortino di sicurezze di Cavendish, e vi si sono gettati senza pensarci un istante, provando ad anticipare l’uomo dell’Isola di Man.
Cannonball si è girato ai 200 metri dall’arrivo, quasi fosse stupefatto nel vedersi accanto qualcuno, cosa che in questo Tour non gli era mai capitata (chi gli è partito a ruota non è mai riuscito ad uscire dalla sua scia). Cavendish, però, non si è scomposto, e, dopo aver preso atto del fatto che per una volta avrebbe dovuto faticare, è ripartito, con un cambio di ritmo più da scalatore che tenta di andarsene tutto solo che da sprinter che esce dalla scia del suo apripista. Hushovd, che pure è un mago di arrivi di questo genere, come ha ampiamente dimostrato anche in questo Tour, sul Montjuic, è rimbalzato indietro, incartandosi a centro strada, subendo la rimonta di un sorprendente Hutarovich e di un deludente Freire. L’unico a reggere il cambio di passo di Cavendish è stato il solito Tyler Farrar, sempre più un Poulidor dello sprint. Ancora una volta, infatti, l’americano si è dovuto accontentare della piazza d’onore, cosa che tra Giro e Tour, quest’anno, gli è già accaduta quattro volte, tre delle quali proprio alle spalle del vincitore odierno.

Cavendish vince a Saint Fargeau (foto panoramic)

Cavendish vince a Saint Fargeau (foto panoramic)

Anche se la questione è già stata dibattuta milioni di volte, alla luce della tappa odierna, non si può fare a meno di chiedersi se esista un modo per battere un Cavendish in condizione (modo che non si chiami Alessandro Petacchi, che in ogni caso al Giro, dopo l’affermazione di Trieste, ha accumulato tre nette sconfitte). La risposta probabilmente è “Sì, ma non in volata”. Per battere Cavendish, a nostro giudizio, è necessario anticiparlo. Per farlo servono però gamba e fantasia (oggi forse bastava la prima), e in questo momento non ci pare abbondino né l’una né l’altra. Come faceva notare qualche giorno fa Claudio Chiappucci, mancano i finisseur; o meglio, i finisseur ci sarebbero anche (Pozzato, Ballan, Cancellara, Haussler), ma non corrono come tali. Fino ad oggi, in 4 tappe conclusesi con sprint di gruppo classici (cioè tutte quelle vinte da Cavendish) l’unica azione degna di nota nei finali di gara è stata quella di Ignatiev verso Brignoles. Per il resto, nulla più completo, nessuno che abbia la forza o il coraggio di sfidare i treni.
Dopo una giornata in cui l’unica grossa novità è stata rappresentata dal ritorno alle medie classiche del Tour de France (oltre 44 km/h), oltre che dalla partenza e arrivo in località che mai avevano ospitato la Grande Boucle (e la cosa non stupisce, date le dimensioni dei due paesi: 2000 abitanti scarsi Vatan, 1800 Saint-Fargeau), domani il Tour tornerà ad assaggiare qualche pendenza, lungo i 211,5 km da Tonnerre a Vittel. Il tracciato presenta infatti 6 GPM e un numero imprecisato di altre salitelle; l’ultima asperità, in particolare, è molto interessante: 800 metri all’11% di pendenza media. Purtroppo, Prudhomme e soci non riuscirebbero a dormire la notte senza un congruo numero di chilometri pianeggianti dopo l’ultima cima, giusto per evitare che a qualcuno sorga la malsana idea di accendere la corsa. Così, dalla cima della suddetta asperità, la Cote de Bourmont, al traguardo, mancheranno 41 km, che fanno sì che la tappa lasci le porte aperte alle fughe ma le sbatta in faccia a finisseur e uomini da classiche. Da segnalare come anche l’arrivo sia in leggera salita; ma se Cavendish non si è fermato sul traguardo di oggi, pare impossibile che possano farlo quei 25 metri di dislivello negli ultimi 1500 metri.

Matteo Novarini

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