UN “MONS” SI’ BELLO
maggio 15, 2011
Categoria: News
Dopo Montevergine, andiamo alla scoperta della seconda grande salita del Giro 2011 che il 15 maggio 2011 si arrampicherà verso i quasi 2000 metri del Rifugio Sapienza. L’Etna tornerà così ad essere gran protagonista del Giro d’Italia, al termine d’una frazione che potrebbe far cancellare il tiepido ricordo dei due precedenti del 1967 e del 1989. L’ascesa in sé non è durissima, ma sicuramente farà cambiare registro al Giro, più per il chilometraggio complessivo – che rasenterà i 30 Km – che per le pendenze, mai estreme.
Bello e terribile. Convivono assieme queste due caratteristiche nei 3.340 metri dell’Etna, il più alto vulcano attivo del continente europeo e massima elevazione della regione Sicilia. Da sempre ha funto da intrigante attrattiva per gli abitanti e i visitatori di queste terre, un po’ per le prerogative prettamente vulcaniche, un po’ per la sua maestosità e anche per quella sua cima fumante e nel contempo incappucciata di neve, presenza inconsueta a queste latitudini. La crudeltà va, invece, inevitabilmente letta nelle centinaia di eruzioni che han da sempre provocato morte e distruzioni e le cui lave, in alcune occasioni, scesero fino a Catania.
Forse per “addomesticarlo”, i locali arrivarono a coniargli un soprannome vezzeggiativo, quel Mongibello che, in realtà, altro non è che una crasi tra il toponimo latino “mons” e il suo sinonimo arabo jebel (va ricordato che i mori dominarono la regione per oltre due secoli): insomme, il monte monte, il monte per antanomasia o, per chiamarlo alla sicula, “a Muntagna”. Tra l’altro, questa genesi toponomastica accomuna l’Etna ad un altro gigante terribile d’Europa, il Mont Ventoux, il cui nome secondo alcuni studiosi non avrebbe a che fare con il vento ma con il termine “Ven-topp”, che significa cima innevata. Come quella del Mongibello.
LA SALITA DA NICOLOSI
La bellezza dell’Etna non colpisce solo l’occhio, ma la si avverte anche sotto le ruote. Salendo verso il Rifugio Sapienza da ciascuno dei cinque versanti possibili mai s’incontrano, infatti, pendenze impossibili anche se – per il considerevole chilometraggio da superare – l’impegno che richiede l’Etna non è indifferente. Il versante che sarà affrontato dai “girini”, tra l’altro, è il meno improbo, come sembrano voler confermare i precedenti della corsa rosa sul Mongibello ma, per com’è stata progettata la nona frazione del Giro 2011, rischierà per qualcuno di trasformarsi in un calvario.
La strada inizia a salire fin dal centro di Catania, situato a quasi 35 Km dal rifugio, ma la presenza lungo la “Via Etnea” (l’asse Catania-Nicolosi) di numerosi centri intermedi consente ai cicloamatori di scegliere il luogo di partenza in base alla loro provenienza, al tempo a disposizione e al livello d’allenamento. È dunque una salita che, contrariamente al solito (salendo al Pordoi dal bellunese, per esempio, si può solo partire da Arabba, non avrebbe senso mettersi in sella dopo i primi tornanti), può essere recitata a soggetto, con la maggior parte degli “attori” che preferisce entrare in scena nell’ultimo centro possibile, quella Nicolosi che, comunque, già si trova ad una distanza considerevole dalla cima (19,4 Km secondo le cartine del Giro, circa mezzo chilometro in meno rispetto ai dolomitici passi di Monte Giovo e di Valles).
Per i partecipanti alla corsa rosa la salita misurerà complessivamente 28,6 Km poiché si è scelto come località di partenza il centro di San Giovanni la Punta, il cui nome fa riferimento proprio ad una delle eruzioni dell’Etna, il cui fronte si arrestò miracolosamente proprio sotto la statua del santo patrono.
Con un approccio morbido – nei primi 2700 metri si dovranno superare appena una cinquantina di metri di dislivello – ci si porta ad imboccare la “Via Etnea” (oggi strada provinciale n°10) alle porte di Mascalucia, uno dei principali centri della cosiddetta “Mezzamontagna”, conosciuto in particolare per il vino “Ombra”, prodotto nell’omonima contrada e caratterizzato da un’elevata gradazione alcolica e da una particolare colorazione rossa.
Senza entrare in Mascalucia si procede sulla Via Etnea, percorrendo la quale la pendenza prende a farsi più sostenuta, seppur sempre pedalabile. Si aggira la frazione di Massa Annunziata, presso la quale si trova il Santuario dell’Addolorata, costruito dai padri passionisti tra il 1954 al 1989 e il cui monastero oggi offre accoglienza ai turisti, anche per pernottare: un’opportunità da non perdere per chi vorrà soggiornare in zona, in occasione del Giro o delle vacanze, senza spendere molto… e con l’unica accortenza di non “sforare” l’orario di chiusura serale dei cancelli.
Il tratto successivo si svolge ad est del Mompilieri, cono vulcanico formatosi nel 693 a.C. in seguito ad un’eruzione e ai cui piedi si trova un altro santu ario gestito dai passionisti, dedicato alla Madonna delle Grazie e consacrato nel 1923 in sostituzione dell’originale, andato distrutto due volte a causa delle intemperanze dell’Etna, che nel 1669 lo seppellì sotto una devastante colata alta ben 11 metri: miracolosamente si salvò solo la venerata effigie della Madonna, attorno alla quale la lava, solidificandosi, costituì una sorta di cupola, nicchia dalla quale si riuscirà ad estrarla solo vent’anni dopo il cataclisma.
Seguitando in direzione nord, a 5,8 Km da Mascalucia si giunge nella centralissima piazza Vittorio Emanuele di Nicolosi, dopo aver affrontato fin qui, sul tratto della provinciale, una pendenza media del 5% mentre la massima non andrà oltre il 9%.
Da qui in avanti si pedalerà sempre sull’asfalto di una strada provinciale, lasciando però la n° 10 per la n° 92, compagna di viaggio fino al termine dell’ascesa.
Si esce da Nicolosi sempre seguendo Via Etnea e, mentre la pendenza media cresce, si costeggia il piede dei Monti Rossi, tra i principali coni avventizi dell’Etna, venutisi a formare proprio dopo la violenta eruzione del 1669. La stessa strada – realizzata nel tratto dopo Nicolosi in epoca fascista e compiuta in tre anni, portando a compimento il progetto nato nel 1835 da un’idea del principe di Manganelli Don Alvaro Paternò Castello, Intendente della Val di Catania – taglia a più riprese le colate che nei secoli si sono riversate a valle dai crateri, all’inizio con tratti piuttosto rettilinei che poi lasciano il passo ad altri più tortuosi. Al termine del primo di questi ultimi, una serie di 7 curve ampissime, si taglia nel mezzo il vasto piazzale del Piano Bottara, dove fu allestito il traguardo della tappa terminata sull’Etna nel 1989. Da Nicolosi si saranno affrontati fin qui 9,5 Km di strada (media del 6,2%), gli stessi che costituiscono il tracciato di gara della cronoscalata automobilistica Catania – Etna, competizione organizzata per la prima volta l’8 giugno 1924 sotto l’egida dell’Unione Sportiva Catanese (l’attuale Calcio Catania S.p.A.) e disputata sull’attuale percorso dal 1995.
L’uscita dal Piano Bottara è in dolce pendenza, poi la strada s’impenna violentemente per 300 metri (media del 12% in quel tratto, il più ripido dell’intero versante) prima di tornare morbida in vista del Villino Platania, costruzione isolata nel bel mezzo di lande bruciate dai roventi flussi lavici succedutisi nei secoli (2,2 Km dal Bottara, media del 4,9%). Segue un altro troncone sinuoso – con 5 curve simili a quelle affrontate precedentemente, non si può parlare di tornanti in senso stretto – e molto panoramico, attrezzato con cinque piazzole aperte verso Catania e lo Ionio, l’ultima delle quali si trova all’altezza del primo bivio per il Grande Alberto Etna, dopo 2,9 Km di strada al 7%, con un’altra porzione al 12%. 2 Km, una curva e due piazzole più in alto si raggiunge il secondo bivio per l’albergo (presso il quale si trova una delle due sedi dell’Osservatorio Astrofisico di Catania), punto di congiunzione col versante che sale da Adrano e di partenza della “Pista Altomontana Etnea”, itinerario che compie il periplo della cima del vulcano ad ovest permettendo di arrivare – a piedi o in mountain bike, sino a Piano Provenzana e, quindi, alla Strada Mareneve. Giungendo a questo snodo si assisterà ad una nuova diminuzione della pendenza, che in questi 2000 metri sarà scesa nei valori medi al 5%. Mancano ancora 2700 metri alla cima, durante i quali si dovranno affrontare le ultime tre curve, ma non saranno tutti in salita. Questa, infatti, si concluderà a circa mezzo chilometro dal traguardo, dopo aver affrontato 2,2 Km al 6,2% ed essere giunti all’altezza dell’ultimo spiazzo panoramico. Qui la strada si sdoppia in due rami, entrambi diretti al parcheggio sommitale: evitando la variante di sinistra, più lunga e di poco più alta (si scollina attorno ai 1930 metri) i “girini” procederanno sul vecchio tracciato della provinciale, raggiungendo in lievissima discesa il Rifugio Sapienza.
GLI ALTRI VERSANTI
Ci sono ben cinque differenti strade d’accesso alla caserma realizzata nel periodo del fascismo, concepita per alloggiarvi le milizie volontarie, e trasformata nel dopoguerra nel più famoso dei rifugi etnei, il Sapienza, il “miracolato dell’Etna” perché le sue lave lo lambirono ma mai riuscirono a distruggere quello che oggi è divenuto un vero e proprio albergo.
La più occidentale, il vero e proprio versante “antagonista” di quello classico di Nicolosi, sale da Zafferana Etnea in 17,5 Km e, dopo aver affrontato una pendenza media del 7,5% si conclude all’altezza della Sella dei Monti Silvestri, dove la strada transita tra i due omonimi coni vulcanici, i più vicini al Sapienza (distante mezzo chilometro, strada pianeggiante) e i più gettonati dai turisti, perché facilmente raggiungibili e inattivi da parecchio tempo.
Proseguendo verso ovest incontriamo il “Salto del Cane”, com’è nota tra i cicloamatori locali la strada che sale da Pedara. Oltre ad essere la più impegnativa tra le cinque possibile, questa strada costituisce un irresistibile richiamo per i cacciatori di valichi poiché consente di inanellare, oltre alla Sella dei Silvestri, anche il Passo Cannelli, situato a circa 1250 metri. Da questa parte la salita misura 17,1 Km, presenta una pendenza media del 7,5% e va a confluire sul versante di Zafferana ad un chilometro dalla cima. Il punto più arduo è costituito dalla variante (Via della Regione) realizzata per tagliare il passaggio dalla località Tarderia: la strada è molto suggestiva perché letteralmente tagliata nella roccia ma presenta un picco del 20%, all’interno di una galleria di 100 metri che ha anche l’handicap di essere stretta, bassa e non illuminata.
Da Nicolosi non c’è soltanto la classica strada d’accesso ma un versante “ibrido”, che va a confluire prima sul versante di Pedara e poi sulla strada di Zafferana. In tutto sono 17,6 Kma al 6,8%, comprensivi degli scollinamenti al Cannelli e alla Sella dei Silvestri, mentre è saltato il tratto al 20% del “Salto del Cane”. Dal 1983, quando una colata distrusse la strada sopra Piano Bottara, fino al 1995 costituì la strada più comoda per chi volesse raggiungere il Sapienza da Catania.
Ultimo in ordine di apparizione è il versante che sale da ovest e che raggiunge il Sapienza partendo da Adrano e poi confluendo sulla “strada maestra” poco oltre il Grande Alberto Etna. Non ci sono valichi intermedi per quest’ascesa, apparentemente più appetibile delle altre a causa della bassa pendenza media complessiva (5,4%). L’impegno che richiede non è comunque indifferente poiché questo versante vince il confronto con gli altri sul piano del chilometraggio: sono ben 24 i Km da percorrere sino al Sapienza, con tratti piuttosto impegnativi nei primi 15 Km, fino alla località Milia.
Chi non ne avesse abbastanza può cimentarsi sull’ultimo tratto della strada verso l’Etna, per affrontare la quale sono necessarie mountain bike in ottimo stato e un elevato livello di allenamento. Ai disagi del fondo sterrato – sull’Etna non ci sono morbide “strade bianche” essendo i frammenti di pietra lavica neri e taglienti – si uniscono, infatti, quelli della quota e delle pendenze. La media è dell’11% nei 9 Km che conducono al rifugio Torre del Filosofo (2915 metri), così chiamato perché eretto nel luogo dove, secondo la leggenda, Empedocle si sarebbe gettato nel cratere dell’Etna per carpirne i segreti. Dopo il rifugio, la strada aggira i crateri sommitali poi inizia a scendere verso l’osservatorio vulcanologico dei Pizzi Deneri e quindi verso il Piano Provenzana.
L’ETNA E IL GIRO
Nell’inverno del 1966, tracciando il percorso del Giro dell’anno successivo Torriani non badò a spese. Dovendosi celebrare la 50a edizione della corsa rosa, pensò di solennizzare l’avvenimento mixando classico e novità e andando alla ricerca di tre ascese inedite, destinate a diventare negli anni successivi mete ricorrenti del Giro. Se ciò effettivamente accadde con il Block Haus e le Tre Cime di Lavaredo, l’Etna invece non lasciò una grande immagine di sé, per una svariata sede di motivi. Colpevoli furono l’infelice collocazione in calendario rispetto alle altre due salite, le pendenze non impossibili della strada verso il Rifugio Sapienza e po’ di “maretta” in gruppo, una sorta di non belligeranza quale segno di protesta verso lo stesso Torriani, reo d’aver disegnato un Giro eccessivamente duro negli “extra” (troppi trasferimenti, cene fuori orario, ore di sonno perdute). Di fatto si verificherà solo la naturale selezione delle salite che, a 7 Km della meta, ridurrà ad una quindicina di elementi il gruppo di testa, dal quale riuscirono ad evadere nel finale i quattro uomini che andranno a giocarsi la tappa. Ad imporsi, dopo 169 Km percorsi ad una media poco inferiore ai 29 Km/h, sarà “cuore matto” Franco Bitossi, con un manciati di secondi sullo spagnolo Gonzalez e gli italiani Schiavon e Carletto.
“Scottato” da questo non esaltante precedente, Torriani si dimenticherà subito dell’Etna e si dovranno attendere ben 22 anni per vedere ricomparire il nome del vulcano siciliano nella nomenclatura del Giro, inserito però in una posizione ancora più sfavorevole rispetto a quella del 1967. Essendo appena la seconda frazione, il 22 maggio del 1989 si affrontò solo la prima metà della salita, terminando la fatica giornaliera nel piazzale del Piano Bottara, dove la tappa si risolse allo sprint, con successo del portoghese Acacio Da Silva davanti al colombiano Herrera e allo svizzero Rominger.
Mauro Facoltosi
FOTOGALLERY
Foto copertina: l’Etna (www. 123rf.com)
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