L’AUSTRALIA SUL TETTO DEL MONDO
marzo 30, 2010
Categoria: Giro di pista, News
Si sono conclusi domenica i campionati del mondo su pista disputatisi a Copenaghen.
A far la parte del leone è stata l’Australia che ha strappato lo scettro del dominio alla Gran Bretagna.
Il 2010 è l’anno che segna il giro di boa fra due Olimpiadi e, per quanto riguarda la pista, questo dato è determinante.
Determinante perché le federazioni investono in base alle possibili medaglie che si possono racimolare ai giochi olimpici. Inoltre, i campioni in grande spolvero a Pechino stanno iniziando a perdere colpi mentre coloro che saranno protagonisti a Londra stanno iniziando a farsi conoscere al grande pubblico.
Degno di nota è il fatto che questi sono stati i primi mondiali disputati dopo l’ufficializzazione del nuovo programma olimpico, caratterizzato da notevoli e inappropriate modifiche rispetto al passato.
Le prove veloci, quelle privilegiate dal nuovo programma olimpico, sono state molto combattute e incerte. Fra gli uomini il riferimento degli ultimi anni era sir Cris Hoy, vincitore di 3 medaglie d’oro alle Olimpiadi di Pechino e dominatore della prima prova di Coppa del Mondo di quest’anno, che ci aveva fatto pensare a un suo regno di lunga durata. La sua “tirannia”, invece, si è infranta già nella prima prova veloce, la velocità a squadre, dove un’arrembante Germania ha superato nella finale la sorprendente Australia, relegando la Gran Bretagna alla finalina (poi vinta).
Il keirin sembrava rimettere le cose a posto perché Hoy ha corso da padrone mostrando potenza ed esperienza, ma la velocità è stata dura con il campione britannico: già agli ottavi è stato costretto ai ripescaggi e poi è stato definitivamente eliminato dalla prova dal francese Bauge ai quarti.
La prova della velocità è stata vinta dall’atleta transalpino Bauge che, dopo aver superato Hoy, passa anche Sireau (primatista del mondo sui 200 metri) e, in finale, l’australiano Perkins, confermandosi così campione del mondo. Il km da fermo, unica prova veloce non inclusa nel calendario olimpico e per questo snobbata da molti velocisti, è risultata lo stesso una prova di alto livello e alla fine l’ha spuntata l’olandese Teun Mulder col tempo di 1’00’’341.
Fra le donne Victoria Pendleton non sembrava essere nel pieno della forma, ma con la classe che la contraddistingue riesce comunque a vincere la velocità sulla cinese Guo, abbonata ai piazzamenti, e ad arrivare seconda dietro alla Krupeckaite nel keirin. L’Australia vince, stabilendo il nuovo record del mondo, la velocità a squadre con Mc Culloch e Meares (con quest’ultima che si aggiudica anche l’oro nei 500 metri).
Nelle prove di resistenza la gara più attesa, in quanto inserita nel programma olimpico, è stata l’inseguimento a squadre. Anche qui ci sono state molte sorprese: fra le donne a spuntarla è l’Australia che ha superato la Gran Bretagna, nella finalina per il bronzo ha vinto la Nuova Zelanda stabilendo (forse era meglio farlo nella prova di qualificazione) il nuovo record del mondo sui 3000 m, mentre l’inseguimento individuale va alla statunitense Hammer che ha superato le avversarie di 4’’.
Fra gli uomini a spuntarla nell’inseguimento a squadre è l’Australia che ha superato sul filo dei millesimi una Gran Bretagna priva di due dei suoi migliori inseguitori (Gerain Thomas e Bradley Wiggins, che ormai sembra aver abbandonato la pista per dedicarsi alla strada). La prova individuale si rivela una sfida eccitante e incertissima: i due campioni più attesi erano Phinney e Bobridge, ma il neozelandese Sergeant, compagno di squadra di Phinney nella Treck Livestrong, facendo registrare un super tempo in qualifica ha escluso Bobridge dalla finale. A riconfermarsi campione del mondo è stato il ventenne Phinney.
La corsa a punti uomini è stata una di quelle prove da registrare e mostrare ai ragazzini che si recano in pista: il giovanissimo australiano Cameron Mayer, campione del mondo uscente, ha dominato la corsa, prima guadagnando con altri due atleti un giro (che significa 20 punti in classifica), poi ha accumulato 30 punti negli sprint e ha terminato la gara andandosi a prendere, questa volta da solo, un altro giro di vantaggio. A conti fatti Mayer ha vinto con 70 punti, più del doppio del secondo classificato, l’olandese Schep, che ne aveva totalizzati 32.
La Madison ha confermato la superiorità australiana e quella del talentuosissimo Mayer, il quale in coppia con il corridore del Team Columbya Howard (già vincitore di una volata fra i professionisti a inizio stagione in Qatar) ha vinto un altro iride superando la Francia e il Belgio e lasciando a un giro di distanza tutte le altre coppie favorite della vigilia, i padroni di casa danesi e i tedeschi recenti vincitori della Coppa del mondo.
Fra le donne non è riuscita la tripletta nella corsa a punti alla nostra esponente di spicco, Giorgia Bronzini che, complici una caduta nella prova scratch qualche giorno prima, qualche errore tattico e l’eccessivo controllo delle rivali, ha ottenuto un risultato sotto alle aspettative. A spuntarla è stata la canadese Whitten sulla neozelandese Ellis, al termine di una prova molto equilibrata.
Lo scratch, tra gli uomini si è rivelato una prova molto emozionante: il padrone di casa Rasmussen ha offerto una prova di forza e, guadagnando un giro assieme ad alcuni atleti di secondo piano, ha ipotecato la vittoria, arrivata puntuale su Carvajal e sul giapponese Mori.
Fra le donne l’ha spuntata la francese Jeuland, nome poco quotato, che ha superato Gonzales e Goss.
L’ultima prova presente nel programma dei mondiali è stata l’omnium, un minestrone dagli ingredienti variabili (gli ingredienti spesso sono avanzi, cioè altre prove mutilate) che sarà presente anche alle Olimpiadi, ma non con questa serie di prove.
Ogni commento a riguardo è superfluo e, per capire quanto la prova sia oscura anche agli addetti ai lavori, basta segnalare che neppure i commentatori tv avevano chiaro il meccanismo sottostante alla competizione e che, pochi minuti prima della diretta, cercavano chiarimenti dai colleghi, sperando di trovare qualcuno più ferrato a riguardo.
A spuntarla in questa strana e non soddisfacente disciplina è stato il britannico Clancy, su Howard e Phinney. Fra le donne si è imposta la Whitten sulla Armistead.
La spedizione italiana è tornata a casa con la conferma che c’è ancora molto da lavorare. Nella velocità, sia fra gli uomini quanto fra le donne, siamo praticamente inesistenti. Siamo riusciti a qualificare atleti fra gli uomini ma questi sono stati stritolati dai campioni stranieri, mentre fra le donne non abbiamo atlete da presentare, a parte una Frisoni non al top a causa di problemi nella preparazione. Nelle prove di resistenza le speranze erano alquanto fondate per la Bronzini, sfortunata nella prova scratch dove è caduta e un po’ deludente nella corsa a punti, dove però le perdoniamo volentieri il passaggio a vuoto dopo i successi degli anni scorsi e la Coppa del Mondo conquistata in questa stagione. Giorgia è uno dei perni del nostro movimento, è imprescindibile e in futuro ci darà altre soddisfazioni.
Fra gli uomini Viviani era molto atteso, e nonostante abbia corso una buona Madison, uno scratch e un omnium senza infamia e senza lode, mettendocela tutta, la speranza è che quest’ulteriore esperienza possa venirgli utile nel futuro, che gli auguriamo possa essere ancora in pista nonostante il passaggio al professionismo con la Liquigas.
Notizie positive dal quartetto dell’inseguimento maschile, che fino a pochi mesi fa fermava il cronometro a tempi attorno ai 4’ e 20’’, mentre stavolta ha fatto un’ottima prova in qualificazione, con 4’08’’512.
L’Australia è lontanissima, chilometricamente e come risultati, la Gran bretagna un po’ meno, chilometricamente, come risultati e anche temporalmente: nel 2012 le Olimpiadi saranno lì… C’è da lavorare.
Matteo Colosio
Foto copertina: parata delle medaglie australiane (www.cyclingworld.dk)
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