PIOMBO ROVENTE: FACCE DA NORD PER IL MONDIALE DI PRIMAVERA
marzo 20, 2010 by Redazione
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Tripla Sanremo per il triplo campione mondiale: Freire lavora di lima ed è il più brillante e bruciante in fondo a una gara tirata, col gruppo stiracchiato e spezzato ma infine ricomposto per una volata quasi ristretta. Smorfie infangate, vento in faccia, trionfa il più forte.
Foto copertina: il tris di Freire alla classicissima (foto Bettini)
Gara bagnata, anche se non inzuppata come previsto: la primavera di Sanremo sembra belga, dalla nebbia del Turchino sbucano tre attaccanti: Caccia per la ISD che intuisce di non potersi fidare di Visconti, squagliato nel finale; Piemontesi per la Androni che cerca la gara dura; Ratti per una Carmiooro che cerca qui – come può – di giustificare la propria presenza in corsa. Vantaggio massimo di venti minuti, e nessuna speranza, ma tanto basta per un avvio veloce e cattivo nel quale Freire racconterà di aver intravisto le premesse del proprio successo.
Giù dal Turchino l’Acqua & Sapone pesta sull’acceleratore coadiuvata dalla Katusha, chiarendo subito che non sarà una giornata amena e amica allo sbocciare di giovani virgulti come fu l’anno scorso. Il gruppo si spacca in due tronconi, e dietro resta subito Cavendish, appesantito, con un Cunego abbastanza provato. Cade Fischer, ed è una pessima notizia per la Garmin che con un Farrar smarrito svanisce completamente dalla competizione. Sulle Mànie la Katusha lavora di prepotenza con Ivanov e Kolobnev, i velocisti più quotati reggono bene, premurandosi di presidiare le prime posizioni (Petacchi, Boonen, Bennati) ma le tossine si accumulano. In fondo alle Mànie, però, la collaborazione resta troppa ridotta, l’Acqua & Sapone ha il solo Failli da giocare e Pozzato ordina di ammainare le vele: il gruppo si ricompone, e ha spazio una nuova azione interlocutoria pressoché esclusivamente televisiva nei propri fini in attesa della Cipressa, dentro la quale segnaliamo Bouet (Ag2R) che la inizia, Grabovsky (ISD) che la protrae più a lungo, e Monfort (HTC) come nome “di spicco”, se così lo possiamo ancora definire. Mori e Mazzanti bravissimi stopper per Lampre e Katusha.
La stanchezza pesa, sfianca e viene a galla lungo la Cipressa su visi straniti, sporchi, tesi, l’Androni alza il ritmo con uno scalpitante Ginanni, la Liquigas fa rullare a tutto ritmo Kreuziger; in fondo alla discesa, disegnata tutta camminando sulle corde da Ginanni, il gruppo sembra rompersi ma si opta invece per il ricompattamento: Offredo della FdJ riempie la casella obbligatoria dell’attaccante alla cieca, mentre dietro si va a pieni giri in un peloton che arriva a stento alle quaranta unità.
Le energie sono quindi al lumicino non solo nei serbatoi dei singoli, ma anche in quelli delle squadre, decimate. Il Poggio è macinato da un encomiabile Garzelli, in un estremo tentativo della A&S che però non finalizzerà con un Paolini non in vena. Si fan vedere davanti anche Gilbert e Pozzato, inevitabilmente, ma il vento fortissimo è andato ad aggiungersi al cocktail da Fiandre di questa giornataccia: la dimostrazione più evidente ne è il tentativo di Rogers, letteralmente schiantatosi contro una muraglia di aria che lo schiaffeggia e lo inchioda. Impressionante, letteralmente impressionante, un Petacchi che non sente la catena e non molla mai le prime quattro posizioni del gruppo allineato e in apnea. Giù dal Poggio è Nibali che prova le proprie doti da discesista, in compagnia del solito Ginanni e di Hushovd.
Si arriva all’ultimo paio di chilometri, l’adrenalina è alle stelle e Nibali allunga ancora, Pozzato lo aggancia e lo salta, ma la muta sparuta di mastini inseguitori non molla. Il finale è all’insegna di un monumentale Oss, che col suo fisico statuario rompe il vento per tutti i sopravvissuti trascinando coi denti Bennati fino agli ultimi duecento metri. Bennati però, nonostante l’impresa del compagno, è decisamente troppo avanti: una volata così interminabile sarebbe anche nelle sue corde, ma non certo dopo una gara così che lo aveva visto al gancio già lungo il Poggio.
Alla ruota di Bennati è comparso Freire. Senza squadra, mai in vista per tutta la gara: è vero, con tre vittorie in questo avvio di stagione, ma parse arrivare così, quasi per caso; tant’è che la stampa specializzata non lo metteva nemmeno sul podio dei favoriti. Ma questo è Freire, questa è da sempre la sua storia. Un assassino da delitto perfetto, l’ennesimo capolavoro del 34enne che si conferma uno dei pochi grandi veri campioni dell’ultimo decennio: per lui una Sanremo ogni tre anni. Freire vince praticamente per distacco, con uno scatto al fosforo che incenerisce Boonen, il quale peraltro era perfettamente piazzato alla sua ruota ed era parso pimpante e a proprio agio su ogni salita. Petacchi è buon terzo, quarto il vispo e giovanissimo Modolo, l’unica baby-face in un ordine d’arrivo per gente ruvida “da barba incolta”. Bennati scivola al numero cinque, seguito da Hushovd e Ginanni.
Bella Sanremo, grigia come il piombo nei cromatismi climatici ma arroventata da un’alta tensione costante: la vince un fenomenale proiettile arancione. Bene Petacchi, forse tradito dalle proprie ottime sensazioni: stare in terza o quarta posizione quando il vento è contrario comunque logora. Bene Boonen, gara perfetta, ma la Sanremo assume per il belga sempre più il connotato di “classica maledetta”. Eccellente Modolo; grande protagonista l’arrembante Ginanni, forse non abbastanza supportato da Scarponi e dalla squadra in generale: chissà se non avrebbe potuto raccogliere di più con un’azione singola al 110%. La Liquigas come spesso le accade fa e disfa, presente, attiva, competitiva, ma le tante idee sono confuse… con Nibali che a posteriori sarebbe stato meglio impiegato come vagone supplementare del treno: il messinese sta sbagliando spesso i tempi, e se non mette a punto il proprio “orologio interiore” di gara rischia, mancando di spunto veloce, di vedersi limitato nelle corse in linea (l’attiva partecipazione alle quali è di per sé titolo di merito per un atleta da GT). Pozzato forse l’uomo più in gamba oggi, la sua formazione l’ha appoggiato più che degnamente, ma lui pure ha forse pagato il medesimo dazio che Petacchi: in queste condizioni l’essere sempre in prima linea comporta dei costi che quando si sta bene non si avvertono… fino a che non sia troppo tardi. Comunque il vicentino è stato punito oltremisura, soprattutto a causa dell’impossibilità di agire sul Poggio a causa del vento. Buona prestazione collettiva dell’A&S, smussata dalla giornata no di Paolini. Delude Gasparotto per l’Astana, si conferma sveglio e attento Iglinsky. Disperso Boasson Hagen, solo Flecha ammicca qua e là per un impalpabile Sky (in volata lo spagnolo fa perfino involontariamente “il buco” a danno di Petacchi), Garmin a zero, Columbia a zero virgola uno con Cavendish che c’è giusto per onor di firma – e qualcosa è – più un volenteroso (ma solo quello) Rogers; galleggiano ma senza incisività alcuna Cancellara e Breschel per la Saxo; ridicolo se non vergognoso a questo punto l’invito alla RadioShack (team fantasma anche BMC, BBox, Euskaltel, Caisse: per una delle gare con più partecipata del calendario – non solo la più lunga – qualche riflessione sugli inviti si impone).
Gabriele Bugada
FAR FROM SANREMO: L’ULTIMA SPIAGGIA DEL MORALISMO
febbraio 26, 2010 by Redazione
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Sanremo di esclusioni, gli umoristi si sono già giocati la battuta: via dal festival canoro Morgan, fruitore confesso di droghe, e via dalla Milano-Sanremo Riccardo Riccò, fruitore confesso di doping. Che intanto avrebbe anche scontato la squalifica. Se non che…
Foto copertina: vista panoramica di San Remo (panoramio)
1- LA VICENDA
Di Riccardo Riccò ricorderemo sempre, comunque scorra il resto della sua carriera, quello scatto sul Poggio nel 2007: uno scatto letteralmente annunciato eppure irresistibile, uno scatto che il doping non sa regalare a nessuno che già non lo abbia nelle gambe e nell’animo; ovvietà che, se ce ne fosse bisogno, le ondulazioni rivierasche ci hanno dimostrato nel 2008 e soprattutto nell’ancora più torpido 2009, quando il gruppo – non certo più pulito – è tornato a “vegetare”, a sbrigare il compitino prescritto, al massimo a stiracchiarsi, non a esplodere in salita attacchi da “tutto o niente”. Attacchi che facciano male, e che proprio perciò suscitino qualche malumore: tanto più se sfrontatamente annunciati.
Sembrava allora una fausta ricorrenza che la squalifica – ridotta infine dal TAS nonostante l’accanimento nei ricorsi della procura CONI (che differenza con Sella, che si è visto dimezzare la pena per denunce se non false quantomeno confuse) – si esaurisse proprio un paio di giorni prima della Classicissima del prossimo 20 marzo. Il palcoscenico su cui si era celebrata la definitiva alba professionistica di Riccò (invero già assai in vista alla Tirreno-Adriatico 2007) sarebbe stato quello su cui ne riocchieggiasse l’astro dopo un inverno durato un paio di anni.
Ma come gli inverni peggiori, anche questo si inasprisce nel finale, in una coincidenza wertheriana tra l’inclemenza di una stagione meteorologica spesso sottozero e i rigori di una vicenda dai colpi di scena drammatici. Il 10 gennaio 2010, nel fango dell’Idroscalo di Milano, si tengono i campionati nazionali di ciclocross: in particolare Vania Rossi, compagna di Riccò e da pochi mesi madre del loro figlio Alberto, correrà per raggiungere un secondo posto quasi scontato (troppo il divario tra Lechner e lei, ma anche tra lei e tutte le altre); meno di tre settimane dopo, ecco la notizia di una sua positività al CERA, lo stesso prodotto costato a Riccò la lunga squalifica. Passano pochi giorni e il 10 febbraio RCS annuncia le squadre invitate alle proprie gare di inizio stagione, Strade Bianche, Tirreno-Adriatico, Milano-Sanremo. La Flaminia, squadrà di Riccò, non è invitata a nessuna di queste competizioni. Nel giro di quattro giorni, in un 14 febbraio evocativo di feste futili e amari anniversari, la Gazzetta dello Sport dà spazio alla scomposta reazione di un McEwen indignato perché i “curatori di immagine” di Riccò hanno rilasciato un comunicato stampa in cui si annuncia il distacco sentimentale tra Riccardo e Vania. Gli strepiti del funambolo australiano sono solo la punta dell’iceberg di un chiacchericcio serpeggiante per la rete e nell’ambiente, che copre l’intera gamma che va dal complottismo difensivista all’indignazione scandalizzata. Contro Vania Rossi, contro Riccardo Riccò, pro Vania, pro Riccardo… tutte le combinazioni sono sperimentate, nell’inevitabile ignoranza della vera storia di queste persone, tutti appigliandosi però alla natura intrinsecamente pubblica di quel comunicato.
Fin troppo facile ipotizzare, vista la tempistica, una mossa disperata per levare ai censori un “motivo etico” di esclusione di Riccò dalle gare: anche se la coppia non è sposata, ci pensa l’automatismo del pensiero qualunque ad accomunarli nella buona e nella cattiva sorte. Ma specialmente nella cattiva. E si finisce per ipotizzare “una strategia” anche perché altrimenti non si spiegherebbe tutta questa necessità di diramare comunicati stampa su fatti privati. O forse si può spiegare, questa necessità di Riccò, con la confusione imperante tra le due sfere, per cui il legame personale di una coppia diventa pretesto, mai dichiarato esplicitamente, per penalizzare in eventi pubblici e generali l’una persona per colpe (diciamo così, pur in attesa di controanalisi, pur in assenza di confessioni) che sono altrui, con buona pace del concetto giuridico di responsabilità personale.
Ma non vogliamo dilungarci su una faccenda in merito alla quale, come detto, di parole ne sono già state spese tante. Tornando indirettamente anche a Morgan, all’altro Sanremo, però qualche interrogativo che valga la pena di porsi rimane.
2- L’ARBITRIO DI BANDIRE
La prima domanda riguarda l’arbitrio del potere che ammette ed esclude. Gli organizzatori delle corse hanno condotto nel ciclismo una lunga battaglia politica per avocarsi maggior potere in direzione delle ammissioni e delle esclusioni per le gare. Questo sottointende, giustamente, la compresenza di diversi criteri, potenzialmente confliggenti a livello locale di contro al livello UCI: si può preferire una squadra della nazione in cui si gareggia, o internazionalizzare la competizione; si può puntare su giovani motivati di piccole squadre, o su sponsor grandi che hanno investito molto sul ciclismo, anche se poi non portano in gara i pezzi da novanta; si possono volere squadre complete, o squadre che “si specializzino” in volate, o fughe, o traguardi volanti. Quello che in ogni caso sarebbe apprezzabile è che il criterio della selezione fosse in qualche maniera sportivo, e almeno blandamente coerente, giustificabile; per evitare che il processo di selezione non serva soltanto a esprimere faide o ritorsioni. A premiare il “reality show” di una rete piuttosto che quello concorrente, se vogliamo parlare di Morgan… Purtroppo nel caso della Flaminia – di per sé squadra non trascendentale – riesce difficile capire perché essa sia stata esclusa, non diciamo da Strade Bianche (15 team) e Tirreno-Adriatico (22 team) ma perfino dalle 25 squadre della Milano-Sanremo, una selezione quasi onnicomprensiva che vede ammesse delle vere e proprie squadrette (senza offesa, anzi se vogliamo diciamolo come titolo di merito: ma in ciò non dissimili dalla Flaminia) come la Colnago o la Carmiooro; esempi che valgono anche a dire come non sia criterio vincolante una presunta “etica pregressa”. Non parliamo poi di formazioni straniere di dubbio spessore come la Bbox.
La conferma, in questo caso, la danno gli stessi “selezionatori”: la Gazzetta dello Sport titola la propria notizia con cui segnala gli inviti “Niente Sanremo per la Flaminia di Riccò”. Inequivoco. Il centro della notizia è quello! Tanto più che ricordando, a fine pezzo, l’unica altra formazione italica di certo quale rilievo esclusa (peraltro non dotata di wild card, a differenza della Flaminia, cui invece l’UCI ha riconosciuto tale status), l’articolista ritiene di precisare: “Nessun invito per la Flaminia di Riccò e per la De Rosa, ex Lpr”. Come a dire, la De Rosa – ricordiamocelo – era la LPR (quella di Di Luca, Bosisio)… mentre la Colnago non viene affatto denominata come la “ex CSF”. E la Flaminia non è, che so io, la squadra di Noè, o di Anzà, o di Enrico Rossi, o di quel Caruso che ha scontato da innocente un esilio lunghissimo per OP, o magari la squadra diretta da Petito. O, più banalmente, più giustamente – come è per tutte le altre – solo “la Flaminia”. Deve essere “la Flaminia di Riccò”.
3- IL FILO DELLA MORALE
A questo punto si intravede la grande trappola della “morale”, quella ghigliottina armata di buon senso e affilata di battutine ipocrite al vetriolo.
La morale che suggerisce che Morgan non debba andare a Sanremo perché “sarebbe un cattivo esempio”. Ma sarebbe un cattivo esempio perché ha ammesso una pratica che dilaga nel mondo dello spettacolo (certo), in parlamento (certo), nella società tutta (lo dimostrano le analisi dei liquami fognari)? Ma allora il drogato Morgan è cattivo esempio perché “lo fa” o perché “ha detto” di farlo? Non si va a Sanremo in quanto si è un cattivo esempio, o invece perché si è meritata una punizione, per frasi avventate, fuori dalle convenzioni tacite? E soprattutto, cattivo esempio per chi? Per chi ancora non se ne è trovato uno da seguire, di cattivo esempio, magari in famiglia, o il capo sul lavoro, o il cantante preferito, il conduttore tanto seguito, il calciatore tifato, il politico votato sulla scheda elettorale? Il mondo è pieno di cattivi – anzi: pessimi – esempi, ma a Sanremo no, non ne vogliamo: niente cattivi esempi!, per fare spazio invece ai quanto buoni esempi di adolescenti (poco più che adolescenti, o nemmeno adolescenti) già abituati a prostituire integralmente la propria vita emozionale in un’esibizione non solo dei propri presunti talenti ma soprattutto dei propri sentimenti, facendo spettacolo e immediato mercimonio delle passioni, delle speranze, delle delusioni? I buoni esempi del nazionalismo ottuso e banale, il buon esempio di principi ballerini o quello di smerciatori di pacchi milionari? Il buon esempio di battute al sapor di provolone?
Su uno schermo improntato al rigore, all’onestà intellettuale, al decoro nel senso più alto del termine, siamo d’accordo, forse Morgan sfigurerebbe. Ma al contrario dentro questa cornice, in che cosa stona Morgan? Stona nell’essere della parte sbagliata, nell’essere appena appena anticonformista, ma anche quell’anticonformismo di facciata è già troppo. Solo che forse questi non sono difetti da gettare via, bensì da difendere, nel loro essere difetti, come una riserva indiana di diversità, di potenziale novità, non diciamo di rottura degli schemi (che sarebbe senz’altro dire troppo) ma per lo meno di rimescolamento delle carte.
4- BRUTTI, SPORCHI E CATTIVI
Torniamo allora a Riccò e alla Flaminia, per chiederci se il principio che li “condanna” e li esclude (almeno per adesso), faticando a identificarsi con un principio tecnico non sia piuttosto un principio “morale”, ma “morale” nel senso che abbiamo appena detto. Nel senso, cioè, che a essere definiti immorali in un mondo di radicale immoralità – ormai inghiottita intera e digerita – sono piuttosto i fastidiosi, non i “cattivi” in quanto tali. Non dico con questo che i fastidiosi siano buoni, anzi: possono essere buoni o cattivi, o – è il caso più comune – né buoni né cattivi ma umani come tanti altri; però sono fastidiosi al senso comune, antipatici, e questa antipatia invece che essere riconosciuta col suo nome diventa un marchio… quello lì è “immorale”, lui sì che è un “truffatore”, un “cheater”, lui non lo vogliamo più vedere. Nessuno chiede conto ad Andy Schleck delle gravi magagne in cui è incorso il fratellone (in verità nessuno ne chiede più conto nemmeno a Frank…), ma il conto per le magagne di Vania Rossi lo si presenta a Riccò, e quindi – quel che è peggio – alla Flaminia. Basso “si pente”, ed è subito grande ciclismo. Riccò agli occhi del pubblico non potrà mai “pentirsi”, al massimo potrà… “spergiurare di essersi pentito”; potrà porgere l’altra guancia dopo i ceffoni di Cavendish e Pinotti (tutta gente che corre per una formazione immacolata, vero?!), ma otterrà solo uno schiaffo ancora più duro da McEwen.
E non è tanto questione di comportamenti, badiamo bene: pochi in gruppo si sono comportati peggio di un Lance Armstrong, per dirne uno eclatante, che ne ha fatte di tutti i colori l’altroieri come oggi; ma Armstrong non è “antipatico”, non al gruppo, non all’UCI, non agli organizzatori, non a milioni di fans almeno (forse a qualche bastian contrario, ai francesi e a Contador). La simpatia, e quindi quella meravigliosa moralità che ti rende pulito e complimentato nonostante un hattrick di “infortuni” col doping, si misura con l’applausometro del potere e con l’organicità rispetto a una macchina ben oliata. Riccò non ha fatto in tempo a “comportarsi” davvero male, cioè a fare cose brutte come minacce, o insulti personali, o sottrarre vittorie beffando chi ha lavorato di più: ha fatto però in tempo ad ATTEGGIARSI male, molto molto male. Proprio come Morgan.
E nel nostro grande teatro, che ogni giorno è più abituato a ospitare una farsesca messinscena piuttosto che l’attenzione al sostanziale, il crimine peggiore, l’immoralità più grave, è esattamente questo: il CATTIVO ATTEGGIAMENTO. Si configura un delitto di immagine, e la pena a ciò relativa pare proprio che Riccò la debba ancora scontare.
(Morgan per conto suo sembra già più bravo a galleggiare: non ha bisogno, lui, di quei – peraltro pessimi – consulenti di immagine; i diavoli più poveri, tra i diavoli, son sempre ciclisti).
POST SCRIPTUM
Con tutto ciò, chissà mai che il mancato invito alla Sanremo non fosse stato concordato in qualche modo con la Flaminia, ad esempio nell’impossibilità di avere un Riccò competitivo con i soli allenamenti fuori gara. Ipotesi peregrina, ma buona come altre in un ciclismo di accordi sottobanco più che mai. Mal si accorderebbe con le altre tensioni da “reality show”, ma forse tutto fa brodo per lo spettacolo; nel dubbio noi “facciamo finta” che le cose siano… più o meno come sembrano!
Gabriele Bugada
NIENTE DI NUOVO SOTTO IL SOLE
gennaio 21, 2010 by Redazione
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Risi e Marvulli non si smentiscono mai e riescono anche a imporsi a Brema, al termine di una combattutissima seigiorni, ancora apertissima a ventiquattore della conclusione. La gara decisiva è stata l’ultima americana, un continuo ping-pong tra la coppia elvetica e quella storica costituita da Keisse e Barko, che alla fine è stata sopravanzata di 8 punti. Intanto, arriva la notizia che la prossima stagione perderà la prestigiosa seigiorni di Monaco.
Eravamo rimasti alla scorsa settimana, quando Risi e Marvulli avevano perso sul filo del rasoio la seigiorni di Rotterdam a causa dello spunto veloce di Keisse. Ma i due svizzeri che sbagliano di rado non commettono lo stesso errore due volte di fila e nella seigiorni di Brema hanno colto il loro terzo successo stagionale.
Avvio col botto per i padroni di casa i tedeschi Lampater e Grassman che non hanno però i numeri per rimanere a lungo nelle posizioni alte della classifica, soprattutto a causa dei pochi punti che sono riusciti a racimolare nel corso delle giornate di corsa. La seconda sera vede la coppia olandese Stam – Van Bon assumere il comando, ma alle loro spalle le due coppie più accreditate per la vittoria si fanno sotto. Keisse e Barko, coppia storica che nel corso dell’ultimo anno non aveva più corso assieme a causa di alcune frasi forti di Bartko sulla positività (poi annullata) di Keisse, si portano al comando della generale al termine della terza serata e, alle loro spalle, Risi e Marvulli sono in agguato.
Fino all’ultima sera la corsa rimane molto aperta e al termine della quinta serata ci sono ancora quattro coppie che possono ambire alla vittoria finale.
L’ultima sera è un concentrato di emozioni. Prima perché c’è stato il saluto a Risi, cosa che in questa stagione si vive a ogni seigiorni, ma che stavolta è stata particolarmente toccante perché a Brema si è visto il pistard elvetico davvero in gran forma ed è un peccato che scenda dalla bicicletta. Poi perché l’ultima americana è stata un botta e risposta continuo fra Risi – Marvulli e Bartko – Keisse. I quattro sono riusciti a distanziare le altre coppie in lizza per la vittoria finale di due tornate e si sono giocati la vittoria ai punti negli ultimi sprint. Alla fine ha prevalso il duo elvetico con 8 punti di vantaggio su Keisse e Barko. Completano il podio i tedeschi Lampater e Grassman.
In questi giorni di festa è arrivata la triste notizia che nella prossima stagione non si correrà la seigiorni di Monaco, la più bella e prestigiosa di tutte. Gli organizzatori si aspettavano 62000 spettatori invece sono stati “solo” 54000.
Matteo Colosio
L’OLANDESE VOLANTE CONQUISTA ROTTERDAM
gennaio 13, 2010 by Redazione
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Il beniamino di casa Danny Stam, soprannominato l’olandese volante, si aggiudica assieme a Iljo Keisse la prima seigiorni del 2010. Per entrambi è il ritorno al successo dopo molti piazzamenti.
L’anno nuovo si apre con la splendida cornice della seigiorni di Rotterdam, caratterizzata da musica, spettacoli e uno speacker capace di far entusiasmare anche chi non capisce l’olandese.
La seigiorni è stata caratterizzata da molti cambi di leadership, evento non molto frequente nel primo scorcio di stagione.
Le prime due sere hanno visto al comando i campioni del mondo Morkov e Rasmussen che raramente hanno partecipato a prove su pista in questa stagione invernale e hanno probabilmente pagato durante le ultime serate lo scotto della poca abitudine alla pista.
La terza sera agguantano la vetta della classifica Risi e Marvulli, plurivincitori stagionali, e a questo punto il discorso per la vittoria finale pare limitato a loro e ai campioni del mondo, poiché la terza coppia in classifica ha un ritardo di 30 punti. Durante la serata cadono alcuni atleti, fra cui Morkov.
Le conseguenze della caduta si faranno sentire, nonostante il danese rientri in corsa la sera successiva, la quarta, che inizia a vedere la rimonta della coppia Stam-Keisse: i due riducono il distacco fino ad arrivare a un punto da Risi e Marvulli anche se perdono un giro dagli svizzeri. Con la quinta sera si completa la rimonta di Stam e Keisse che scavalcano gli svizzeri ai punti e recuperano la tornata di ritardo, mentre i campioni del mondo perdono definitivamente contatto dal duo di testa.
L’ultima serata sancisce la vittoria di Keisse e Stam e vede il recupero della terza piazza da parte dei campioni del mondo, che la agguantano con una prova di orgoglio superando Lampater e Van Bon.
In questi giorni si è disputato anche il Grand Prix di Vienna, prova internazionale cui ha partecipato la nazionale azzurra. Il livello dei partecipanti non era elevatissimo, ma gli azzurri l’hanno fatta da padroni: Francesco Ceci ha vinto la prova del keirin, Ciccone e Masotti si sono imposti nell’americana superando la coppia della repubblica ceca, Viviani è tornato al successo su pista vincendo la prova scratch e il quartetto dell’inseguimento (Ciccone, Viviani, Corbelli e Benfatto) ha vinto la sua prova, pur facendo segnare un tempo non eccezionale (4’18’’235; il record del mondo è inferiore ai 3’58’’).
La pista non si ferma e da domani riparte con la seigiorni di Brema, mentre gli azzurri andranno in ritiro a Montichiari per preparare la prova di Coppa del mondo di Pechino.
Matteo Colosio
Nella foto copertina, Stam e Keisse in azione sull’anello di Rotterdam (VOS, COR)
VINCE FACILMENTE CHI HA UNA MARCIA IN PIÙ!
dicembre 21, 2009 by Redazione
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L’Hallenstadion di Zurigo, gremito fino al limite, ha onorato per l’ultima volta Bruno Risi, quarantunenne fenomeno della pista, capace di vincere, contando anche quest’ultima, 60 seigiorni in carriera, di cui 11 conquistate proprio nella capitale finanziaria della Confederazione Elvetica.
La starting list non lasciava molto spazio alla fantasia, la superiorità della coppia elvetica Risi-Marvulli era evidente a tutti fin dall’inizio. Gli unici capaci, ma solo fino a un certo punto, di impensierire minimamente i beniamini del pubblico sono stati i tedeschi Lampater e Grassman, che sono riusciti a scalzare per una sola serata gli svizzeri dalla testa della corsa.
Nonostante l’assenza di molti big del mondo delle seigiorni, le varie prove sono state di alto livello e il fatto che anche i vincitori abbiano in diverse occasioni sbagliato a darsi il cambio, durante le varie americane, è segno del ritmo elevatissimo con cui la corsa è stata condotta.
Al via della prova c’erano anche gli italiani Angelo Ciccone e Fabio Masotti, che hanno terminato la prova all’ottavo posto con 15 giri di distacco e 102 punti totalizzati. Il risultato dei nostri atleti è stato condizionato da una caduta che ha coinvolto Ciccone nel corso della prima serata e ha fatto perdere diversi giri agli azzurri, i quali non avrebbero potuto, in ogni caso, lottare per le primissime posizioni della generale.
Palpabile l’emozione di Risi al termine della seigiorni e notevole l’attenzione che il pubblico e i media svizzeri hanno dedicato all’evento. Tutti i ciclisti hanno sottolineato la bellezza dell’impianto e della manifestazione, organizzata in modo ottimo. Ancora un po’ di delusione emergeva fra i corridori, con riferimento alla decisione dell’UCI di modificare il programma olimpico, che esclude molti di loro dalla possibilità di competere per una medaglia.
L’anno solare si concluderà con la seigiorni di Apeldoorn (attualmente in svolgimento, la serata finale si disputerà il 22 dicembre) che si corre a terzetti e non a coppie.
La seconda parte della stagione 2009 – 2010 della pista sarà inaugurata dalla seigiorni di Rotterdam (in programma dal 7 al 12 gennaio) e terminerà con l’evento più importante, i campionati del mondo di Copenaghen, previsti a fine marzo.
Matteo Colosio
BRONZINI AD UN PASSO DALLA GLORIA
dicembre 17, 2009 by Redazione
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Nella tappa colombiana della coppa del mondo Giorgia Bronzini si conferma una delle principali protagoniste del settore e si aggiudica un oro e un argento nella corsa a punti e nello scratch; è in testa alla classifica e difficilmente perderà la leadership, mancando una sola tappa per completare la challenge.
La tappa di Calì è stata snobbata da tante nazioni, Italia compresa, e ciò ha permesso ad alcuni atleti non di prima fascia di ottenere importanti vittorie. Trasferta da dimenticare per il marchigiano Luca Ceci, coinvolto – fortunatamente senza serie conseguenze – in una spaventosa caduta durante il keirin.
Nella foto copertina (Grazia Neri), Giorgia Bronzini.
Nei giorni in cui U.C.I. e C.I.O. decidevano definitivamente le modifiche al calendario olimpico della pista, togliendo dal programma la Madison, la corsa a punti e l’inseguimento individuale, a Calì si è corsa la terza prova della coppa del mondo.
La spedizione azzurra in Colombia è stata esigua – nessun azzurro ha partecipato alle prove endurance – probabilmente per motivi economici legati anche alla trasferta oltreoceano. Anche altre nazioni hanno deciso di snobbare la gara, ancora una volta la Gran Bretagna, nazione di riferimento del settore, è risultata latitante e con lei l’Australia, dominatrice della seconda prova di Coppa.
Nella prima giornata sono state assegnate sei medaglie d’oro.
Nel km da fermo vittoria del francese D’Almeida che, col tempo di 1’01’’171 (prestazione buona, tenuto conto della pista non velocissima), precede il connazionale Pervis e l’ucraino Bolibrukh. Solo decimo l’unico italiano in gara, Luca Ceci, figlio dell’accompagnatore della nazionale Vincenzo e cugino di Francesco, altro sprinter già piazzatosi nella prima prova della Coppa del mondo.
L’inseguimento individuale maschile è stato vinto dall’ucraino Popkov (4′24″537) davanti al colombiano Arango e al lituano Bagdonas, che ha superato colui che godeva del favore dei pronostici, il russo Kaikov.
Anche il keirin maschile è stato vinto da D’Almeida; evidentemente il francese gode di uno stato di forma eccezionale, in quanto è riuscito a fare doppietta e a mettersi alle spalle atleti ben più quotati di lui, del calibro dell’olandese Mulder, dell’ucraino Vynokurov (da non confondere col kazako Vinokourov) e dal tedesco Levy. Durante questa prova l’italiano Luca Ceci è stato coinvolto in una bruttissima caduta, che sarebbe potuto diventare tragedia: il ventunenne pistard marchigiano è stato violentemente sbalzato oltre la balaustra superiore ma l’impatto gli ha fortunatamente provocato solo contusioni e traumi.
La corsa a punti uomini è stata vinta con un buon margine di vantaggio dal greco Tamouridis, già piazzato a Melbourne nella seconda tappa, davanti al favorito Keisse (Belgio) e al tedesco Barth. Tamouridis è divenuto anche il leader della classifica generale di Coppa del Mondo.
La velocità femminile è stata conquistata dalla lituana Krupeckaite, atleta di alto livello e campionessa del mondo dei 500 metri con partenza da fermo; piazzate l’olandese Kanis e la cubana Guerra Rodriguez.
Nello scratch femminile a imporsi è stata la bielorussa Sharakova che è riuscita scaltramente a guadagnare un giro di vantaggio sul gruppo, regolato dalla favoritissima Giorgia Bronzini sulla Guerra Rodriguez. In virtù di questo secondo posto, Giorgia è ben posizionata in classifica generale e può puntare al traguardo massimo.
La seconda giornata di corse ha visto assegnare le medaglie maschili più “pesanti”.
La gara di velocità, condizionata significativamente dall’assenza della naizonale inglese, è stata vinta dal primatista del mondo dei 200 metri Kevin Sireau (Francia), che in finale ha superato il tedesco Forstemann; terzo posto per un altro tedesco, Levy, che ha superato il canadese Smith.
La Madison è stata vinta dalla coppia tedesca Barth – Mohs, capace di guadagnare un giro su altre 2 coppie e addirittura 2 giri sui favoriti della prova. Piazza d’onore per il team Lokomotiv (Ershov – Kaikov) e terzo posto per la Colombia (Ospina – Uran). Svizzera, Argentina e Belgio a causa della stretta marcatura non sono riuscite ad ottenere il risultato sperato. In questa specialità la Germania ha già matematicamente vinto la Coppa del mondo, bissando il successo ottenuto nella scorsa stagione.
I 500 metri da fermo sono stati vinti dalla campionessa e primatista del mondo lituana Krupeckaite (33″786) sull’olandese Kanis e la Guerra Rodriguez: il podio è la fotocopia di quello della velocità, segno della supremazia delle tre atlete sulle altre velociste presenti.
L’inseguimento individuale femminile è stato vinto dalla forte atleta statunitense Sarah Hammer, davanti alla canadese Whitten e alla lituana Serekaite.
La velocità a squadre femminile ha visto primeggiare, anche se con posizioni invertite, le atlete già protagoniste nelle prove veloci. A imporsi è stata l’Olanda (Hijgenaar – Kanis) in 33″956; superata in finale la Lituania (Gaivenyte – Krupeckaite), il terzo posto è andato alla Russia (Baranova – Streltsova) su Cuba (Guerra Rodriguez – Herrera).
La corsa a punti femminile è la gara nella quale l’azzurra Giorgia Bronzini è campionessa del mondo in carica. Nonostante tutte le atlete la considerino la favorita naturale e nonostante avesse già vinto la prova di Melbourne, l’azzurra è riuscita a conquistare la prova non vincendola all’ultimo sprint, ma dominandola in modo imbarazzante e terminandola con ben 9 punti di vantaggio sulla seconda, la canadese Tara Whitten, e 11 sulla tedesca Charlotte Becker. La vittoria è arrivata anche grazie alla splendida prestazione della campionessa del mondo su strada Tatiana Guderzo che, dopo essere riuscita a qualificarsi per la finale della prova, ha dimostrato grande generosità e umiltà correndo al servizio della Bronzini. Giorgia è leader della classifica di Coppa del Mondo e le basta pochissimo per conquistare questo prestigioso traguardo.
Nella terza giornata di corse si sono disputate 5 finali.
La velocità a squadre maschile è stata vinta dal Team Cofidis (Teun Mulder, François Pervis, Kévin Sireau), composto di atleti francesi e olandesi, di fatto i più forti del lotto. La piazza d’onore è andata alla Germania (Robert Forstemann, Maximilian Levy, Mathias Stumpf), mentre l’Ucraina (Yevhen Bolibrukh, Yuriy Tsyupyk, Andrii Vynokurov) ha superato nella finalina il Canada.
Lo scratch maschile si è rivelato molto difficile da interpretare, a causa dei parecchi tentativi di caccia inscenati, l’ultimo dei quali a opera del portacolori del Canada. La sua azione ha costretto i favoriti a prendere le redini della corsa con decisione e a giocarsi le possibilità di vittoria finale. Alla fine, la volata della vittoria è stata conquistata dal vicecampione del mondo, il velocissimo argentino Angel Dario Colla, sul tedesco Erik Mohs e il velocista colombiano Leonardo Duque.
Il tifo del pubblico casalingo ha giocato un ruolo importante nell’inseguimento a squadre maschile, che ha visto il successo (l’unico) della Colombia (Carvajal, Laverde, Vanegas, Ortiz) sul team Lokomotiv (Ershov, Kaikov, Shalunov, Sveshnikov). Piazzandosi terza, la Spagna (Bernal, Domene, Escobar, Bonet) ha superato la Francia.
L’ultima prova veloce per le donne, il keirin, ha visto la vittoria a sorpresa della tedesca Muche
sull’australiana Rosemond e sulla colombiana Garcia Orrego; “solo” quarta la lituana Krupeckaite.
L’ultima prova in programma è stata l’inseguimento a squadre femminile, vinto dal Canada (Brown, Roorda, Whitten) su Stati Uniti (Bausch, Hammer, Tamayo) e Lituania (Pikauskaite, Serekaite, Trebaite).
Come già detto, le tante assenze hanno caratterizzato questa tappa sudamericana della Coppa del mondo, ma nello sport gli assenti hanno sempre torto; quindi onore a chi è riuscito a mettersi in evidenza in queste giornate di corsa. Alcuni risultati interessanti sono venuti in campo femminile dalla nazionale lituana che ha saputo andare oltre la Krupeckaite, piazzandosi al terzo posto nell’inseguimento a squadre. Interessanti le vittorie di D’Almeida in campo maschile (indizio che la Francia sta tornando ad alti livelli nelle prove veloci?), costante il rendimento della Germania che riesce a riconfermare la vittoria nella Madison nonostante schierasse una coppia nuova. Anche nel settore veloce Levy e Fostermann tengono alta la bandiera, ma va notata in negativo l’assenza completa dei tedeschi in campo femminile.
La pista si prepara a chiudere il 2009 con l’importante seigiorni di Zurigo, in progrmma dal 15 al 20 Dicembre. La prossima tappa di Coppa del mondo, che sarà anche l’ultima, si disputerà dal 22 al 24 Gennaio a Pechino. Siamo certi che i partecipanti all’ultima sessione saranno qualitativamente superiori, poiché quella sarà, infatti, l’ultima occasione per rodarsi e qualificarsi ai Campionati del Mondo, in programma a fine marzo a Copenhagen.
Matteo Colosio
Fotogramma della caduta di Luca Ceci (dal video youtube)
Il video della caduta (cliccare)
AMERICANA 110 (ANNI) E LODE!
dicembre 9, 2009 by Redazione
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Compie 110 anni l’Americana, la prova più nota ed amata delle seigiorni, disputata per la prima volta nell’inverno del 1899 a New York, sul velodromo allestito all’interno del Madison Square Garden. È, infatti, nota con questo nome la gara che, nelle ultime stagioni, sta impreziosendo i palmares di corridori britannici, belgi, olandesi e tedeschi. L’Italia, dopo un periodo di crisi, guarda con ottimismo al futuro di questa specialità.
Il 4 dicembre 1899 al Madison Square Garden di New York si disputò per la prima volta una seigiorni a coppie.
Di fatto possiamo dire che sia stata quella la data di nascita della specialità regina delle seigiorni, l’Americana o “Madison”, chiamata così appunto per il luogo in cui fu disputata per la prima volta.
Nel corso dei secoli la prova è cambiata perché i corridori non stanno più in pista 24 ore filate e il modo di affrontare la gara (tipologia dei cambi, lettura della corsa…) è mutato. Non è però cambiato l’amore che tanti appassionati hanno per questa disciplina, nata sì negli States, ma sbarcata ben presto in Europa. A metà del XX secolo anche l’Italia subì il fascino dell’Americana, grazie alla seigiorni di Milano che annualmente proponeva agli sportivi uno spettacolo entusiasmante, animato dai maggiori esponenti del ciclismo mondiale (Sercù, Gimondi, Merck, ecc.).
Negli ultimi anni la passione per la Madison e per la pista in generale sembra aver lasciato l’Italia, ma non l’Europa. Paesi come Gran Bretagna o ancora di più Belgio, Olanda e Germania, propongono durante l’inverno numerose competizioni su pista, nelle quali la Madison ha sempre un ruolo da protagonista principe.
Guardando un’Americana, si potrebbe rischiare di non capirne molto sullo svolgimento, a causa dell’elevato numero di corridori in gara e della particolarità della prova, ma le regole non sono poi così complicate.
La prima prevede che la corsa si svolga a coppie, con i due ciclisti in pista contemporaneamente ma quello effettivamente in gara più vicino al centro dell’impianto, mentre l’altro gira in alto (la pista è inclinata), accanto alla balaustra del pubblico, in attesa di dare il cambio al compagno. Questo si compie ogniqualvolta i due compagni di gara s’incontrano, all’incirca ogni 3 giri: questo momento può, però, variare a seconda della lunghezza della pista e della velocità tenuta dal corridore a “riposo”.
Lo scopo dell’Americana è di conquistare più giri possibili sul gruppo, cercando la fuga (in gergo pistard si chiama “caccia”) e poi rientrando nel gruppo: infatti, la classifica sarà stilata in base al numero di giri ottenuti. In secondo luogo, a parità di giri si andrà a controllare i punti conquistati nei traguardi intermedi e su quello finale. In caso di ulteriore parità, si terrà conto del piazzamento nell’ultima volata.
Attualmente gli attori principali della Madison sono stranieri: i campioni del mondo sono i danesi Rasmussen e Markov, i campioni olimpici argentini J. Curuchet (ritirato dopo le Olimpiadi) e Perez, i campioni europei i tedeschi Kluge e Bartko. I seigiornisti più quotati sono gli svizzeri Risi, Marvulli e Aeschbach (Svizzera), i belgi Keisse e De Ketele, l’olandese Stam e il tedesco Lampater. I migliori italiani sono i vicecampioni Buttazzoni e Ciccone (Fiamme azzurre), mentre per il futuro si guarda con ottimisto a Guarnieri e Viviani.
Matteo Colosio
Foto copertina: la mitica pista del Madison Square Garden (spinwell.files.wordpress.com)
L’ARCOBALENO SPLENDE SU GAND
dicembre 1, 2009 by Redazione
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I campioni del mondo vincono la loro prima seigiorni stagionale, superando durante l’ultima serata le coppie Keisse-Kluge e Risi-Marvulli. La prossima settimana ci sarà la terza prova di coppa del mondo e, a seguire, la seigiorni di Zurigo.
Era stupefacente il fatto che la fortissima coppia danese, formata da Rasmusse e Morkov, non fosse ancora riuscita a lasciare alcun segno in questa prima parte di stagione, ma i campioni del mondo si sono rifatti alla grande conquistando una seigiorni “storica”, quella di Gand.
Caratteristica di questa seigiorni è la brevità della pista, un impianto lungo appena 166 metri. Questa peculiarità rende la corsa molto complicata, poiché è difficilissimo guadagnare un giro e, di conseguenza, raramente una coppia è lasciata andare in “caccia”.
I campioni del mondo partono subito col piede giusto e si portano al comando della classifica già dopo la prima serata di corsa, durante la quale è stato ricordato il seigiornista belga Dimitri De Fauw, tragicamente scomparso poche settimane fa.
I danesi restano al comando della classifica sino alla terza serata, quando passano in testa l’idolo del pubblico Keisse e Kluge, che guadagnano – assieme ai sempre attivissimi Risi e Marvulli – un giro di vantaggio su tutti.
I campioni del mondo riescono a recuperare il giro di svantaggio ma, nel corso della quinta serata, Risi e Marvulli riescono ancora a guadagnare un giro grazie alla loro grande esperienza e intelligenza tattica.
A questo punto la situazione è molto incerta, poiché Risi e Marvulli hanno un giro di vantaggio su tutti, ma i campioni del mondo e la coppia Keisse – Kluge hanno incamerato molti più punti degli elvetici.
Durante la sesta sera tutte e due le coppie attardate di un giro riescono a recuperare lo svantaggio, di fatto escludendo Marvulli e Risi dai giochi per la vittoria finale.
La seigiorni si decide all’ultimo sprint, nel quale i veloci danesi superano gli avversari e conquistano la vittoria con 3 punti di vantaggio sui secondi.
Terzo posto per Risi e Marvulli a 50 punti dai primi, quarta a pari giri (ma con quasi 200 punti di distacco) la coppia costituita da Stam e Lampater, corridori sempre piazzati ma raramente vincenti.
Matteo Colosio
Foto di copertina: l’arcobaleno svetta nel cielo di Gand (www.flickr.com)
AUSTRALIANI PADRONI IN CASA PROPRIA
novembre 24, 2009 by Redazione
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Come successo a Manchester, sono i padroni di casa a fare il bello e il cattivo tempo. L’Australia vince 8 dei 17 ori in palio. Buone notizie in casa azzurra arrivano da Giorgia Bronzini che vince la corsa a punti e arriva seconda nello scratch.
La seconda prova di coppa del mondo si è disputata a Melbourne, in Australia, da Giovedì 19 a Sabato 21 novembre. Molti dei protagonisti di Manchester erano assenti, primo fra tutti il velocista Chris Hoy, dominatore delle prove per gli sprinter. Questa defezione ha fatto sì che le competizioni siano risultate molto più combattute e imprevedibili. L’Italia ha raccolto poco, ma quel poco è di qualità: la vittoria nella corsa a punti lancia Giorgia Bronzini verso un molto probabile successo nella classifica generale della Coppa del Mondo.
La velocità individuale, priva appunto di Hoy e del campione del mondo in carica Bauge, è stata vinta dal ventitreenne australiano Shane Perkins, che ha battuto in due manches il detentore del primato del mondo sui 200 metri, il francese Kevin Sireau. Piazza d’onore per il britannico Crampton, davanti all’inglese Ross. Unico italiano in corsa, Francesco Ceci chiude 32° in terzultima posizione.
Vittoria australiana anche nel chilometro da fermo, dove Scott Sunderland ha fatto fermare il cronometro su 1’02’’171, alla media di 57 km/h, e ha superato il cinese Wang e l’olandese Mulder, campione del mondo di specialità. Decimo posto per Ceci, col tempo di 1’04’’679: una prestazione deludente rispetto a quella di Manchester (comunque non eccelsa) ma giustificabile dal fatto che la pista di Melbourne si è rivelata poco scorrevole.
La finale del keirin ha riservato molte sorprese poiché molti dei favoriti della vigilia ne sono stati esclusi e il grande favorito Perkins è incorso in una squalifica, dopo aver danneggiato volontariamente un avversario in rimonta. La prova ha così sorriso al tedesco Bergemann che ha regolato due malesi, Awang e Ng: due piazzamenti che testimoniano che lo stato asiatico stia lavorando molto bene nel settore maschile della velocità.
La velocità a squadre è stata vinta dal Team Jayco, compagine di casa composta di Ellis, Perkins e Sunderland. Per un decimo di secondo ha battuto la nazionale tedesca, mentre al terzo posto si piazza la Russia sull’Australia, con tempi significativamente più alti rispetto a quelli della finale per l’oro.
L’inseguimento individuale ha visto ai nastri di partenza solamente 14 atleti. Anche in questa gara è stato significativo il forfait di molti forti atleti europei e in particolare dei nazionali britannici. La vittoria è andata al forte neozelandese Jesse Sergent che ha percorso i 4000 metru in 4’23’’192, superando in finale l’australiano Dennis; al terzo posto l’ucraino Shchedov. È stata un’altra prova contraddistinta da tempi molto alti e ciò è riconducibile sia al campo partenti non di prim’ordine, sia alla pista estremamente lenta.
L’Australia è riuscita a vincere anche l’inseguimento a squadre e, trascinata dalla medaglia d’argento della prova individuale (Dennis), ha fatto segnare un ottimo 3’59’’599 superando la forte Gran Bretagna, formazione che sembrava non avere rivali in questa specialità. Evidentemente l’aver corso in casa ha dato agli australiani la spinta in più che ha permesso loro di ottenere questa vittoria con un tempo davvero eccellente. Medaglia di bronzo per la Nuova Zelanda che supera la Danimarca.
Lo scratch è stato caratterizzato dall’azione di 7 uomini che hanno guadagnato un giro sul resto del plotone. Fra questi si è segnalato il giovane azzurro Alex Buttazzoni che alla fine è riuscito a cogliere la quinta posizione finale, davanti al velocissimo britannico Newton. Un po’ a sorpresa, la vittoria è andata al neozelandese Scully, sul polacco Bujko e sul russo Shmalko. Quarto posto per il veloce greco Tamouridis.
La corsa a punti è stata vinta dal pupillo di casa, nonché campione del mondo di specialità, Cameron Meyer, atleta appena ventunenne. Anche in questa prova 6 atleti riescono a guadagnare un giro (nella corsa a punti questo equivale a un bonus di 20 punti) e Meyer batte Tamouridis, pur avendo lo stesso quantitativo di punti, per il miglior piazzamento nell’ultimo sprint. Al terzo posto si piazza il polacco Bujko. Notevole, ancora una volta, la prova dello specialista britannico Chris Newton: nonostante non abbia guadagnato il giro, è riuscito a sopravanzare molti atleti che vi erano riusciti, totalizzando alla fine 24 punti, frutto della vittoria in due sprint, di quattro secondi posti e di un terzo, segno evidente della sua superiorità ed esperienza in questa prova.
Di basso profilo il campo partenti della prova Madison: ad avere la meglio è stata la squadra neozelandese (Scully-Ryan) che ha superato Germania e Ucraina. Discreto il sesto posto della coppia italiana Ciccone – Braggion, giunti terzi fra le squadre che hanno concluso la gara con un giro di ritardo. Prestazioni deludenti per molte delle nazionali più quotate come la Svizzera (solo ottava) e l’Argentina, detentrice del titolo olimpico, giunta ultima. Anche in questa prova assente la Gran Bretagna.
In campo femminile si è dimostrato netto il dominio dell’australiana Anna Meares che è riuscita a vincere tutte le prove veloci. Nella finale della velocità individuale ha superato la sempre piazzata cinese Guo e l’olandese Kanis. Nei 500 metri da fermo ha avuto la meglio sulla connazionale McCulloch e sulla francese Claire. Nel keirin, infine, ha battuto ancora la Guo e la tedesca Muche. Nessuna atleta azzurra ha partecipato a queste prove.
La velocità a squadre è stata vinta dalla Cina (Guo, Junhong) sull’Olanda (Hjigenaar, Kanis) e sull’Australia (Meares, Rosemond).
La Gran Bretagna vince la prova dell’inseguimento individuale grazie a Wendi Houvenaghel che supera nell’ultimo chilometro la neozelandese Shanks; terzo posto per l’ucraina Kalitovska.
Oro nell’inseguimento a squadre per la nazionale neozelandese (Boyd, Ellis, Shanks) che supera la Gran Bretagna. Terzo posto per l’Australia sull’Ucraina.
La prova scratch regala la prima sorpresa all’Italia, grazie all’azzurra Giorgia Bronzini che, al rientro alle corse dopo un periodo di allenamento, coglie la seconda piazza alle spalle dalla russa Romanyuta e davanti alla statunitense Cliff-Ryan.
Il capolavoro della Bronzini avviene, però, nella corsa a punti, prova della quale è la campionessa del mondo in carica. Con una corsa superlativa Giorgia vince, anzi, domina la corsa e conquista la prima vittoria in coppa del mondo per l’Italia in questa stagione. Alle sue spalle, ma staccata di 5 punti (non pochi), si piazza la statunitense Olds; terza la tedesca Sandig. Il risultato è una mezza sorpresa perché, pur conoscendo la classe della Bronzini, la condizione di Giorgia non sembrava essere quella dei giorni migliori. Sicuramente potrà dire la sua nella classifica generale di coppa del mondo, che si concluderà a fine gennaio: attualmente occupa la seconda posizione, ma siamo certi che le sue possibilità di vittoria sono molto elevate.
Matteo Colosio
RISI & MARVULLI, LA COPPIA CHE INCANTO’ MONACO
novembre 19, 2009 by Redazione
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Bruno Risi e Franco Marvulli s’impongono nella seigiorni di Monaco, al termine di una corsa di alto livello e dal risultato incerto sino all’ultimo sprint; alle loro spalle si piazzano i campioni del mondo danesi Rasmussen-Markov e la coppia tedesca Lampater-Grasmann.
Meglio il Giro o meglio il Tour? Meglio la Sanremo o meglio la Roubaix?
E’ difficile scegliere quale sia la corsa più importante nel ricco panorama del ciclismo su strada.
Anche su pista la scelta è ardua, ma la mia personale scelta nell’ambito delle seigiorni cade sicuramente sulla gara bavarese. Monaco è una seigiorni storica con la prima edizione disputata nel 1933 e le ultime conquistate dai principali protagonisti della stagione.
Nonostante la grande passione dei tedeschi per il ciclismo su pista, l’edizione 2009 è stata caratterizzata da un notevole calo di pubblico, motivo per il quale gli organizzatori stanno riflettendo sull’opportunità di ridurre il budget o, addirittura, di non riproporre la manifestazione l’anno prossimo.
La corsa è stata incerta, con molte coppie in lizza per la vittoria fino all’ultima sera.
La prima sera di corsa vede balzare subito al comando della classifica i danesi campioni del mondo della madison, Rasmussen e Markov, e uscire di scena la coppia numero 1 composta dal vincitore della scorsa edizione Bartko e Kluge, a causa di una caduta del primo durante l’americana. La seconda sera assumono il comando Marvulli e Risi, quest’ultimo motivatissimo essendo la sua ultima apparizione su questa pista che lo ha visto trionfare ben 8 volte. La terza sera il duo olandese Stam – Schep riesce a guadagnare un giro durante l’americana e a balzare in testa alla classifica: la loro leadership dura poco perché durante la quarta giornata di corsa Risi e Marvulli recuperano il giro di svantaggio e si portano ancora al comando, grazie al quantitativo maggiore di punti rispetto alle altre coppie. La quinta sera la coppia in maglia iridata, che gareggia col dorsale numero 2, si riporta al comando e, data la loro velocità, sembra ormai essere la principale indiziata per la vittoria finale.
La classe, però, non è acqua: Bruno Risi – vincitore di 58 seigiorni e di 7 titoli mondiali – e Franco Marvulli – 26 seigiorni e 3 titoli mondiali – riescono ad ottenere l’insperabile, vale a dire vincere la seigiorni con 3 punti di vantaggio sui campioni del mondo.
Per Risi si tratta, quindi, della 59° seigiorni in carriera su 182 partecipazioni; tutto lascia pensare che la 60° perla possa arrivare in casa, nella seigiorni di Zurigo in programma a fine Dicembre.
Marvulli, 31 anni, è secondo nella classifica dei plurivittoriosi di seigiorni in attività (27), ma senza Risi al fianco siamo convinti che, nei prossimi anni, faticherà a incrementare significativamente il suo bottino.
Matteo Colosio