GOCCE DI GLORIA PER GOSS: RICOMINCIAMO DALLA “A” DI AUSTRALIA
marzo 19, 2011 by Redazione
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La prima vittoria per un corridore australiano in una Sanremo selettiva come poche negli ultimi anni. L’unico velocista a sopravvivere fino alla fine, in un ristrettissimo gruppetto di otto atleti tra i quali – non a caso e a suo merito – è di gran lunga il più veloce. Decisive le cadute attorno alle Manie.
Foto copertina: soddisfazione sanremese per Matthew Harley Goss (foto Bettini)
La Pompeiana può aspettare. La Sanremo così com’è si dimostra una gara ancora in grado di regalare emozioni per ore ed ore, già a cento chilometri dall’arrivo, come poche altre competizioni nel ciclismo moderno. Il tempo magico della Sanremo, con il suo precipitare a spirale verso unità di tempo sempre più frammentate e decisive, riesce ancora ad avvolgerci in un incantesimo unico.
Il caso, si dirà. Il caso la fa da padrone, scombina i piani meglio intessuti, riscrive una storia già scritta. Ma il caso è il ciclismo, uno sport che nella sua versione “su strada” è aria e asfalto e cambiamento senza fine: specialmente in una corsa verso l’infinito, dal cuore profondo della pianura che non sa che cosa sia il mare alla salsedine che impregna le colline.
Così anche oggi il caso si concreta etimologicamente in caduta, e proprio mentre la tradizionale fuga del primo mattino – il campione giapponese Miyazawa a ricambiare l’omaggio che il mondo del ciclismo offre oggi al popolo nipponico, Sjimens, De Marchi, poi bravo a tenere duro in gruppo, Ignatiev, nel seguito utile al servizio di Pozzato – si trova col fiato corto sulle Manie, dietro l’altrettanto leggendario nervosismo della Sanremo miete vittime. Ci si accalca per trovare la collocazione migliore in vista di questa asperità, che raramente emette verdetti senza appello, ma che ben più spesso scrive con inchiostro simpatico la propria sentenza sui muscoli di chi deve recuperare: un inchiostro che ricompare spietato a siglare “fine” solo più tardi, sul Poggio, o perfino all’ultimo chilometro. Finisce per terra Hushovd, e più o meno la sua Sanremo finisce qui. Rientrerà, ma a giochi fatti.
Sulle rampe della salita è la Liquigas che come da programma impone un ritmo infernale, ulteriormente stuzzicato dalle stilettate di Grivko, Pozzovivo, Txurruka che improvvisano un’evasione di breve durata. Ma la ruota della sorte ha in programma un altro giro quando dalle Manie si scende: una spruzzata di pioggia, appena accennata (la più pericolosa come è ormai ritornello televisivo d’ordinanza), e Freire finisce a terra, quindi nel medesimo luogo abbandona ogni speranza anche Allan Davis. Ogni errore, alla Sanremo, è fatale. Il debito d’ossigeno in salita e ancor più nel successivo falsopiano, la tensione, i rivoli d’acqua che rigano qui e là la strada. Semplicemente la sfortuna? Quel tornante destrorso è la svolta di questa Sanremo.
Sì, perché il destino è solo per metà in mano alla sorte, l’altra metà spetta al nostro coraggio: e la Katusha e la BMC ne hanno da vendere. I quarantaquattro uomini rimasti a combattere in prima linea non si mettono “in fila per tre”, ma in fila per uno e sul filo dei sessanta all’ora. Pozzato e Ballan, scortato dall’ottimo Van Avermaet, capiscono che l’attimo è giunto, ed è questo. C’è la Liquigas, che esibisce ottimamente Nibali e Sagan. Anche l’Omega Pharma Lotto di Gilbert dopo qualche esitazione si mette all’opera: e l’esitazione è paradossalmente dettata dalla presenza di un Greipel, pedina potenzialmente vincente, ma anche colosso dai piedi d’argilla se la corsa si fa dura, come inevitabilmente deve essere se non si vuole consentire il ritorno della massa che insegue. Un pur piccolo aiuto viene offerto – anche col buon Malacarne – pure dalla Quickstep di Boonen: il belga non sta bene, e si vede, ma è un campione che non sa e non vuole opporre mai alcun diniego alla responsabilità. Sornione invece il team Leopard, che pure schiera entrambi i capitani Cancellara e Bennati accanto a due pezzi da novanta come Gerdemann e O’Grady.
Non mancano altri nomi di rilievo, come Boasson Hagen e Goss, tuttavia praticamente isolati, le due ruote veloci della Movistar, Rojas e Ventoso; e ancora Haussler che fa tantissima paura ma si scioglierà come neve al sole, forse avendo curato troppo, nella propria preparazione, proprio lo spunto veloce.
Per l’Italia, oltre ai già citati assi da gare in linea, è d’obbligo segnalare Petacchi e Modolo, meritevoli anche solo di esserci, l’uno per la salute traballante, l’altro per la comunque giovanissima età.
I nomi che invece mancano eccome sono nomi pesanti, pesantissimi: ad esempio Cavendish con Renshaw e Farrar, oltre ai già citati portatori dell’iride (attuale e triplice) franati al suolo.
Dietro ci si mette un po’ ad organizzarsi, anche perché prima di partire in quarta bisogna accertarsi di non stroncare gli stessi atleti che si vorrebbe riportare in prima fila. Cosicché davanti il vantaggio lievita fino a sorpassare abbondantemente i due minuti. L’inseguimento però prende piede, e viene condotto con grinta dalla Rabobank prima e più di tutti – anche se Freire sa che in questa gara non ci sono seconde opportunità –, poi anche dall’Androni per Ferrari, dalla Farnese per Gatto e Visconti (un Visconti che scalpita, ma qui non è mai arrivato nei primi trenta, e quest’anno non migliore le cose), a tratti dalla Garmin, parecchio invece dalla Saxo probabilmente per Haedo. Tira parecchio anche la Lampre, alla faccia di Petacchi: o meglio, perché Petacchi, come diremo, sente di stare soffrendo.
Progressivamente in effetti il distacco cala e cala e cala, ma là dietro si nota una certa inerzia da parte dell’HTC, evidentemente non così ansiosa di riportarsi sotto. Qualcuno in ammiraglia si deve essere accorto che l’uomo con il migliore assetto per una gara così impostata è già in prima linea, si chiama Goss, e nessuno potrà mai rimproverargli di non tirare un metro e anzi stare ben coperto e tranquillo nella pancia della strana, corposa fuga.
Anche perché, e questa è una chiave tattica cruciale della gara odierna, con ritmi così elevati, dettati da una dinamica di fuga/gruppo in cui sia la preda sia il cacciatore sono forti di moltissimi uomini, ed in cui entrambe le parti sono decise a dare l’anima per raggiungere l’obiettivo, ebbene in circostanze simili anche i Capi diventano bestie minute ma velenosissime, che mordono i polpacci e inoculano tossine. Per cui anche a riportare sotto i vari Cavendish & C. il rischio sarebbe stato quello di una sonora delusione.
La riprova è anche nella prima trincea, dove Petacchi, Boonen, Bennati, Boasson Hagen e Greipel sono accomunati non solo da una salute malcerta, ma anche dal fatto di vedere il contagiri del loro motore schizzare alla stelle a ripetizione già prima della Cipressa.
Alla Cipressa il distacco è suppergiù intorno al minuto. La gara è decisa. La frattura è incolmabile. La fuga da adesso si chiama “gruppo” e incomincia a giostrare per il trionfo, con gli allunghi di Ballan e Popovych ad esempio.
La frattura è incolmabile tranne che per un corridore.
Michele Scarponi, che deve amare molto questa precisa salita, si produce in una progressione sconvolgente, chiarendo così le intenzioni tattiche della propria formazione. Tutto questo non ha molto senso, sapendo che comunque non esiste uno scenario in cui Scarponi potrà poi vincere. Non ha senso, ma resterà nella storia della Sanremo per straordinarietà. Come abbiamo avuto modo di scrivere appena ieri a proposito di Cunego, in questa gara si può lasciare i tifosi straniti, a bocca aperta, anche finendo sesti.
Visconti prova a resistere, ma finisce per scollarsi di ruota. Quello di Scarponi non è uno scatto, ma un’accelerazione infinita. Duque, disperso dal gruppo di testa, riesce ad esempio ad accordarsi, ma per pochi istanti. In solitaria, Scarponi sale a soli quindici secondi dal record assoluto della salita, e divora 45” agli uomini di testa.
Non è finita, perché il marchigiano si è tenuto qualcosa per non mollare in discesa e sul piano.
Metà dell’esito dipende dal coraggio da leone e dall’astuzia da volpe dell’uomo, l’altra metà è nelle mani della sorte.
La sorte aiuta Scarponi. Il gruppo – ormai è ufficiale che tale sia la quarantina scarsa di sopravvissuti – si studia, rallenta. Così entra Scarponi, mentre davanti scappa qualcun altro. Se ne vanno in quattro, sulla scia di una bella azione concertata di marca FdJ, con Chainel che allunga per favorire l’evasione di Offredo che salta sulla ruota degli accorrenti O’Grady e Van Avermaet. Bei nomi, e dietro si lascia fare. Non c’è più paura di rientri alle spalle, ma la corsa di rischia di scappare sul lato opposto, perché il distacco in poco tempo oltrepassa i 30”, una bella dote da gestire sul Poggio. Gilbert sacrifica Greipel, onorevolissimo gregario d’eccezione che “salva” la gara con una trenata paurosa fino all’imbocco del Poggio: senza questa mossa oggi avrebbe vinto uno di quei quattro.
Quel che è peggio per gli inseguitori è la struttura tattica assunta dalla gara: Ballan e Cancellara hanno un uomo davanti, quindi non solo non si muoveranno per primi, ma oltretutto costituiscono una pesante minaccia per chi volesse condurre un recupero, condannato a trovarsi quei due come zavorra – e che zavorra – pronti a rilanciare e salutare appena l’avversario contrattaccante cedesse appena. Ma non solo: Scarponi e Nibali hanno un “velocista” da salvaguardare, ma né Petacchi né Sagan stanno bene, non paiono in grado di poter reggere accelerazioni veementi. Stessa cosa per i compagni di Boonen, che non han motivo di stroncare il proprio capitano. Pozzato ha esaurito i suoi uomini prima, Gilbert ha giocato con Greipel l’estrema cartuccia.
Offredo e Greg Van Avermaet sono assai in palla, il secondo in particolare se ne va alla grande, rilancia come un assatanato. Proprio lui, la ruota veloce, fa una mossa “alla Ballan”, lascia lì il resto del quartetto. E col passare dei minuti tutto lascia credere che potrà andare a vincere in solitaria.
Il giro di vite, l’ennesimo rivolgimento della sorte, viene innescato però da Nibali. Il siciliano scatena un crescendo strepitoso, il gruppo esplode. Gilbert prova a reagire ma non ce la fa. O meglio, ha innestato un “limitatore di velocità” perché non può evitare di pensare alla volata. Nibali invece ha in mente che per farcela deve fare tutto da solo, qui e in discesa. I fuggitivi sono divorati uno dopo l’altro, Van Avermaet scollina con meno di 10”.
Dietro però si è svegliata la Movistar, che solo ora, inspiegabilmente, ha attivato Lastras per consentire il rientro delle proprie “mezze punte” Ventoso e Rojas: destinati poi a piazzarsi “primo” e “quarto”, con in mezzo Petacchi e Bennati, in quella che sarà la volata di gruppo (quindici atleti!); peccato che ci sia una “decina” di troppo a retrocederli nell’ordine d’arrivo, si lotta per le posizioni dalla undici in giù.
In discesa e in pianura è un susseguirsi di accelerazioni. Su Nibali si riportano altri sei atleti, sancendo chi siano oggi i Magnifici Sette con gambe da vendere – a cui aggiungere i tre fuggitivi del dopo Cipressa, Offredo, O’Grady e Van Avermaet per avere la top ten –.
Dicevamo, si riportano sul povero Greg: Goss, Cancellara, Gilbert, Ballan, Pozzato, Scarponi, Nibali. Questo è anche l’ordine con cui taglieranno il traguardo, anche se non sarà un ordine scontato. Nessuno di loro è disposto a rinunciare a una briciola delle proprie speranze di vittoria. Ci provano tutti, ma nessuno è disposto a lasciare spazio ai tentativi altrui. Goss stoppa Cancellara. Pozzato stoppa Gilbert. Perfino Scarponi e Nibali provano a inventarsi, con ben poche chance, finisseur. Gli ultimi due km sono fuochi d’artificio continui.
Poi l’arrivo, col vincitore più “scontato”.
Un velocista, “come sempre alla Sanremo”.
Ma se dobbiamo misurare questo velocista, il meno titolato finora di quel lotto, dal gruppetto che ha regolato, un brivido ci percorre la schiena.
Due dei migliori attuali interpreti italiani per le gare in linea, tra cui un campione del mondo. Due dei migliori attuali interpreti di corse a tappe, che illuminano di classe la meno “adatta” delle gare in linea. I due attuali capifila delle gare in linea “dure”, rispettivamente delle pietre e delle côte: probabilmente due atleti che già fin da oggi hanno prenotato un biglietto per accomodarsi a fine carriera tra i grandi di tutti i tempi.
Il resto del mondo è dietro.
Tra loro, davanti a loro, un velocista.
Perché la Sanremo alla fine la vince sempre un velocista… ma quando la vince così, dobbiamo ammettere che non ci dispiace proprio per niente.
Gabriele Bugada.
DOMINIO DANESE A COPENAGHEN
febbraio 9, 2011 by Redazione
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I beniamini di casa, gli ex campioni del mondo Rasmussen e Mørkøv, si impongono nella seigiorni di Copenaghen davanti a due arrembanti connazionali Hester e Madsen, sfruttando il fattore campo per precedere coppie ben più quotate.
Foto copertina: Rasmussen e Mørkøv in azione nella serata finale (http://www.6-dages.dk)
Anche se con qualche difficoltà in più del previsto, i due favoriti della vigilia, i danesi Alex Rasmussen e Michael Mørkøv, sono riusciti a conquistare il successo finale nella penultima seigiorni della stagione.
A loro favore ha sicuramente giocato la starting list, di modesto livello rispetto ad altre seigiorni di questa stagione, oltre al fatto di correre in casa.
I favoriti della vigilia assieme alla coppia danese erano i tedeschi Bartko e Bengsch, capaci a Brema di dominare in lungo e in largo. Forse a causa del fattore sorpresa di cui ormai non godono più, i due hanno deluso le aspettative e non hanno mai impensierito i leader della classifica, terminando al 4° posto con un giro e oltre 100 punti di ritardo.
A far sudare la vittoria a Rasmussen e Mørkøv ci hanno pensato, invece, i giovani Hester E Madsen, danesi che da un po’ di tempo fanno parte del circuito delle seigiorni, ma che mai erano riusciti ad arrivare così vicini ad una vittoria. I due sfidanti, dopo essere stati leader della generale al termine della prima sera, hanno fin dal secondo giorno dovuto cedere alla supremazia dei connazionali più blasonati, perdendo anche un giro durante l’ultima serata, ma hanno dimostrato di essere in fase di maturazione e di avere molta grinta. Fra i due merita attenzione soprattutto Hester, per la gradualità dei suoi progressi. Hanno completato il podio gli esperti olandesi Stam e Van Bon.
La stagione si prenderà adesso una pausa, in attesa degli ultimi tre appuntamenti importanti, la quarta prova di coppa del mondo, la seigiorni di Tilburg e i campionati del mondo, che si disputeranno a Marzo ad Apeldoorn in Olanda.
Matteo Colosio
UN BOBRIDGE DA RECORD
febbraio 3, 2011 by Redazione
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Nella notte in cui si concludeva la seigiorni di Berlino numero 100 con il successo di Bartko e Kluge, dall’altra parte del mondo, in Australia, l’inseguitore della Garmin ha stabilito il nuovo primato sui 4000 metri, battendo il record di Bordman che durava da 15 anni.
Foto copertina: Jack Bobridge in azione nella gara dei 4000 metri da record (foto Cycling Australia / Regallo)
La seigiorni di Berlino, giunta alla centesima edizione, ha presentato una starting list davvero eccezionale, con tutti i migliori seigiornisti al via e con la ciliegina sulla torta dei campioni del mondo del madison, per la prima volta assieme in una seigiorni.
Nè è risultata una corsa combattuta e molte coppie hanno avuto l’opportunità di giocarsi il successo sino alla fine, ma ad avere la meglio sono i padroni di casa Bartko e Kluge che fanno valere la loro esperienza per superare i canguri campioni del mondo e i danesi Rasmussen e Morkov. Il successo sembra netto, più di 100 punti sui secondi, ma è stato ottenuto dopo una rimonta che ha portato a conquistare il giro di ritardo che separava i tedeschi dai campioni del mondo.
Contemporaneamente, in Australia si stavano svolgendo i campionati nazionali su pista (tuttora in corso, conclusione prevista il 6 febbraio), dove nelle qualificazioni Rohan Dennis aveva fatto segnare un tempo vicino ai 4′e13”, la miglior prestazione sui 4 km da quando l’UCI ha bandito le biciclette speciali con le quali Boardman e Obree avevano stupito il mondo durante gli anni ‘90. Ciò che sembrava impossibile doveva però ancora accadere: Jack Bobridge, neoprofessionista della Garmin che non rinuncia alla pista, ha infranto il muro che sembrava insuperabile del record di Boardman e ha fatto fermare il cronometro sui 4′10”534. La performance è di altissimo livello tecnico e viene dopo mesi di “digiuno”, durante i quali Bobridge aveva abbandonato la pista per dedicarsi alla strada – correndo il Tour Down Under e vincendo il titolo australiano su strada – a dimostrazione che le due attività possono essere complementari.
Il prossimo mese di marzo offrirà parecchie occasiono per divertirsi se tutti gli atleti che possono ambire alla vittoria parteciperanno alla gara dell’inseguimento individuale. Forse mai nella storia ci sono stati così tanti atleti di qualità in questa disciplina che UCI e CIO hanno deciso di togliere dal programma olimpico. Provate ad immaginare che gara sarebbe quella di Londra 2012 se al via ci fossero i già citati Dennis e Bobridge, gli inglesi capitanati da Wiggins, l’americano Phinney, il neozelandese Sergent…..
Matteo Colosio
KEISSE LASCIA PISTA A BENGSCH
gennaio 19, 2011 by Redazione
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La mancanza di Keisse, fermato dagli organizzatori su sprone dell’UCI, ha permesso di scoprire agli appassionati della pista un nome nuovo, quello del tedesco Bengsch. In coppia col più navigato connazionale Bartko e contro tutti i pronostici, è riuscito ad imporsi con ampio distacco nella Sei Giorni di Brema, vinta dalla coppia teutonica con ben 2 giri di vantaggi sugli elvetici Marvulli e Aescbach
Foto copertina: il podio della seigiorni di Brema (sechs-tage-rennen.de)
Il caso Keisse condiziona ancora una volta il mondo della pista. La starting list della seigiorni di Brema, infatti, prevedeve il ritorno in coppia del corridore belga col compagno di sempre Bartko, coppia che era scoppiata dopo il caso doping che aveva coinvolto Keisse e le dure dichiarazioni del compagno tedesco.
All’ultimo momento, però, l’UCI è riuscita a convincere gli organizzatori a non far partire Keisse e si è così formata la coppia Bartko-Bengsch, ritenuta debole rispetto ad altre coppie più blasonate.
La coppia tedesca parte, però, subito alla grande e dopo la prima sera comanda già la classifica con 20 punti sui connazionali Mohs e Barth. Il vantaggio aumenta tutte le sere e anche se alle loro spalle gli inseguitori più blasonati se le suonano di santa ragione, loro non abbandonano la vetta, anzi continuano ad aumentare il loro vantaggio, sia in termini di giri che di punti.
Al termine della quinta serata i giochi sono ormai fatti, con i due tedeschi che hanno 1 giro e molti punti di vantaggio sugli svizzeri Marvulli e Aescbach. Nell’ultima serata riescono addirittura a guadagnare un altro giro e a concludere la manifestazione con 2 giri e 33 punti di vantaggio sui secondi.
Sul terzo gradino del podio salgono i giovani danesi Hester e Madsen, coppia che fa già da un po’ parte del mondo delle seigiorni e che può rivelarsi molto interessante in previsione futura.
Brema, intanto, ci regala un volto nuovo, quello del ventisettenne Bengsch, che speriamo non resti chiuso dalla grande concorrenza fra i tedeschi, perché il ragazzo di Francoforte sembra avere le carte in regola per ben figurare anche nelle manifestazioni più importanti.
Matteo Colosio
PISTA, SI RIPARTE DA ROTTERDAM (CON QUALCHE ACCIACCO)
gennaio 12, 2011 by Redazione
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Il 2011 comincia con una delle seigiorni più caratteristiche del circuito, quella di Rotterdam.
Protagonisti della manifestazione sono stati gli acciacchi che hanno colpito diversi big, condizionando il risultato finale della gara. Intanto il caso Keisse, che sembrava risolto, presenta un nuovo capitolo.
Foto copertina: la passerella trionfale di Stam e Van Bon (www.uiv.dk)
I primi giorni del nuovo anno sono stati intensi per Keisse e i suoi legali, con il corridore belga che pensava di aver ormai finito di pagare i conti con la giustizia, forte di una sentenza emessa da un tribunale belga. Ma l’UCI informava con un comunicato che il caso era ancora aperto e che il corridore della Quick Step non poteva correre al di fuori del territorio belga, dove aveva valore la sentenza di cui si è parlato.
Keisse, che risultava fra gli iscritti alla seigiorni di Rotterdam, rischiava dunque di non poter partire e i giudici di gara il giorno prima dell’inizio della manifestazione erano stati informati che, se avesse preso il via, nessuno dei suoi risultati avrebbe dovuto essere registrato.
Gli organizzatori e il corridore hanno però trovato una soluzione e, rivolgendosi ad un tribunale olandese, hanno ottenuto per Keisse il permesso di correre la seigiorni.
Dopo l’ennesima puntata della telenovela belga, che siamo certi presenterà altri colpi di scena, la seigiorni è potuta partire, con 14 coppie di buon livello e soprattutto ben assortite, per poter offrire uno spettacolo veramente equilibrato.
Partenza a razzo proprio per Keisse che, in coppia col connazionale De Ketele, balza subito al comando della classifica, tallonato dalle coppie Lampater – Stroetinga e Schep – Bos.
Salta subito all’occhio l’assenza di Marvulli e Terpstra dal vertice della classifica, causata da una forma influenzale che ha colpito il corridore elvetico durante i primi giorni di corsa e l’ha costretto al ritiro.
Durante la terza sera il belga Stroetinga, prima secondo in classifica, cade e si frattura la clavicola; al comando balza la coppia Stam – Van bon che conquista un giro di vantaggio sugli inseguitori.
La quarta sera porta alla ribalta Schep e Bos, i due idoli di casa, che prendono le redini della corsa e si presentano favoritissimi per la vittoria finale.
Buon velocista su strada, Bos si stava rivelando anche forte seigiornista, ma ha dovuto rinunciare all’ultima serata di gare per un problema fisico Questo spiana la strada a Stam e Van Bon che si impongono sulle coppie De Ketele – Keisse e Bartko – Ligthart .
Nel frattempo, è iniziata a Montichiari la “3 Sere del Garda”, manifestazione che coinvolgerà i migliori atleti italiani, dagli esordienti agli open. La starting list è di alto livello e in campo femminile spiccano i nomi di Bronzini e Guderzo. Spiace che fra gli open uomini siano assenti i corridori della nostra nazionale, impegnati in un ritiro a Valencia.
Matteo Colosio
COPPA DEL MONDO A CALI’: SOLO LA BRONZINI CI SALVA
dicembre 21, 2010 by Redazione
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Il secondo appuntamento della rassegna mondiale si dimostra per l’ennesima volta una delle tappe di più basso profilo della manifestazione. La posizione nel calendario è sfavorevole, mentre anche la location e il velodromo non sono dei più accattivanti. L’Italia, grazie alla sua campionessa Bronzini, rialza la testa, ma il futuro è ancora molto scuro.
Si è conclusa Domenica la seconda tappa della Coppa del mondo di ciclismo su pista. Ad ospitare la rassegna è stato il velodromo di Calì, in Colombia, che un mese fa aveva annunciato la rinuncia ad ospitare la prova. Poi, di fronte alla minaccia dell’UCI di non considerare la candidatura della Colombia per un futuro campionato del mondo su strada, il comitato organizzatore ha trovato le forze per fa disputare la prova.
Per una volta iniziamo parlando degli azzurri; la cosa ci inorgoglisce, ma non ci permette di dormire sonni tranquilli…
La spedizione italiana era abbastanza consistente, contrariamente a quella di molte altre nazioni, ma fin da subito abbiamo capito che le nostre speranze erano tutte riposte in Giorgia Bronzini, la campionessa del mondo di Melbourne 2010, maestra della corsa a punti in pista.
Giorgia non ha deluso le aspettative e, nonostante la febbre alta sofferta alla vigilia è riuscita ad imporsi nella sua prova, anche se fin dallo scorso marzo mancava da una gara di alto livello in pista. La gara di Giorgia è stata intelligente, non avendo conquistato punti nei primi sprint, dove ha studiato e curato le avversarie più pericolose. In seguito, ha vinto due volate consecutive e ha raccolto due punti nell’ultimo sprint, vincendo con 3 punti sulla belga Kelly Druyts e la bielorussa Askana Papko. La nota negativa di questa bella vittoria è che la corsa a punti è stata tolta dal programma olimpico, per cui Giorgia potrà incantarci in questa disciplina solo ai campionati del mondo e, una volta l’anno, nella prova di coppa del mondo che, a rotazione, ospita questa disciplina. Oltre a questo successo, da segnalare anche il settimo posto di Buttazzoni nello scratch.
Per il resto la spedizione azzurra è stata anonima e sempre più lontana dalla qualificazione a Londra, in qualsiasi disciplina. Le poche speranze residue sono riposte su Annalisa Cucinotta, che in questi giorni ha terminato i due anni di squalifica e sembra molto determinata a cimentarsi nell’omnium per puntare ad una medaglia a Londra. Le capacità non le mancano, la speranza è che i due anni di inattività non abbiano ingolfato il suo motore e che il tempo che le resta per accumulare i punti per qualificarsi sia sufficiente.
Il programma di corsa si è aperto con l’inseguimento a squadre femminile che è stato vinto dalla Nuova Zelanda, nazione che si dimostra sulla buona strada in vista delle prossime olimpiadi; al secondo posto si è piazzato il team statunitense Ouch Pro Cycling, al terzo posto la Gran Bretagna.
Nella velocità a squadre femminile torna al successo la britannica Pendleton che, con la compagna Varnish, approfitta delle molte assenze illustri e supera Germania e Francia.
Nella velocità a squadre maschile il livello è stato altissimo e la finale ha visto la sfida infinita fra Gran Bretagna e Francia (con quest’ultima rappresentata da D’Almeida, Sireau e Baugé) che ha avuto la meglio sugli inglesi (questi ultimi hanno iniziato a mostrare qualche segno di cedimento nel loro vagone più rappresentativo, sir Chris Hoy) e sull’onnipresente Nuova Zelanda.
Altra prova fuori dal programma olimpico è stato lo scratch maschile, vinto dal campione del mondo, il talentuosissimo Morgan Kneisky, che ha fatto sua la volata fra chi era riuscito a guadagnare un giro sul gruppo. Primo nella volata finale, ma settimo perché ad un giro di ritardo, si è imposto il nostro Alex Buttazzoni.
L’omnium maschile è stato conquistato dal britannico campione del mondo Ed Clancy, davanti al colombiano Arrango e Bell. Emozionante lo scontro fra primo e secondo che, dopo una serie di sorpassi e controsorpassi, si è deciso solo negli ultimi metri del chilometro da fermo.
La velocità individuale donne ha visto capitolare in finale la Pendleton, sopravanzata dalla giovane tedesca Vogel, mentre terza è arrivata la Clair. La Penldeton si è poi rifatta nel keirin, dove si dimostra ancora una volta la donna più veloce del mondo, lasciandosi alle spalle la coppia francese Clair-Cueff. Nel keirin maschile, un po’ sottotono a causa della starting list di qualità non elevata, vittoria del bravo malese Awang su Pervis e Spicka.
Nella velocità maschile si è rinnovato lo scontro Francia Gran Bretagna, con il campione britannico Hoy che ha eliminato il connazionale Kenny nei primi turni e il campione del mondo Baugè in semifinale; quindi lo sfidante Sireau ha avuto un cammino più semplice e ha superato in semifinale il giapponese Kitatsuru, poi relegato al quarto posto da Baugè. La finale esaltante fra il padrone delle specialità veloci e l’uomo più veloce del pianeta – in quanto detentore del record sui 200 metro – ha visto la vittoria del francese, favorito dal cammino più agevole nei turni precedenti, ma ha anche evidenziato come l’impero sterminato di Hoy stiano iniziando a mostrare qualche segno di cedimento.
Nell’inseguimento a squadre maschile vittoria facile per la Nuova Zelanda (Bewley, Sergent, Ryan e Gough) sui padroni di casa colombiani e sulla Spagna.
Nell’omnium femminile dominio dell’americana Sarah Hammer, che si è aggiudicata 3 delle cinque prove in programma ed ha evidenziato una superiorità mostruosa sulle rivali. Da segnalare l’assenza dell’iberica Olaberria, dominatrice della prova di Melbourne.
La pista si prende adesso una pausa, e ripartirà con l’anno nuovo: il 6 gennario prenderà il via la seigiorni di Rotterdam, mentre dal 21 al 23 a Pechino si disputerà la terza prova di Coppa del mondo.
Matteo Colosio
GLI AUSTRALIANI PROFETI IN PATRIA
dicembre 7, 2010 by Redazione
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La Coppa del mondo 2010-2011 è iniziata in Australia e i padroni di casa hanno saputo sfruttare a loro favore il “fattore campo”. Splendida in particolare Anna Meares, capace di dominare nelle prove veloci. I britannici sono apparti un po’ sottotono ma riescono comunque a tornare a casa con un discreto bottino. Per l’Italia, purtroppo, è notte fonda.
Foto copertina: il trionfo di Anna Meares (foto Shane Goss / www.licoricegallery.com)
La nuova versione della coppa del mondo ha preso il via lo scorso fine settimana dalla terra dei canguri dove, sulla non veloce pista di Sidney, si sono viste prestazioni di alto livello, nonostante la forma di molti atleti non sia ancora al meglio.
La nuova formula prevede che anche in coppa del mondo si disputino solo le competizioni olimpiche (omnium, inseguimento a squadre, velocità, velocità a squadre e keirin), con l’aggiunta di due altre prove che cambieranno a rotazione.
Molti big erano presenti all’appuntamento che assegna punti importanti per qualificarsi alle olimpiadi e, di conseguenza, le prove sono state di alto livello.
La prima giornata ha visto la Cina battere la Gran Bretagna nella velocità femminile, importante segnale che denota come anche nel ciclismo femminile sia entrato il meccanismo della globalizzazione. Questo ha fatto sì che le squadre di paesi ciclicamente ancora poco significativi potessero, in qualche circostanza, battere paesi storicamente vincenti nelle discipline della pista.
La velocità a squadre maschile è andata, invece, alla corazzata britannica composta dai fortissimi Hoy, Crampton e Kenny; al secondo posto si è piazzata una sorprendente e giovanissima Nuova Zelanda, costituita da atleti che in futuro potrebbero diventare molto competitivi nelle prove veloci.
Nella finale dell’inseguimento a squadre donne da registrare la bella vittoria dell’Australia con il tempo di 3′22″171, di pochi decimi di secondo inferiore al record del mondo; alle loro spalle si sono vista una bella Germania e la Nuova Zelanda nuovamente in mostra.
Il programma ha poi offerto la prima prova estranea al programma olimpico, la Madison, dominata dai padroni di casa e campioni del mondo in carica Mayer-Howard, che hanno vinto con un giro di vantaggio su Nuova Zelanda e Olanda. Solo 14 le coppie schieratesi al via, segno che se una disciplina non rientra nel programma olimpico le federazioni investono poco su di essa. Per fare un paragone lo scorso anno, quando non erano entrate in vigore le nuove modifiche, era necessario far svolgere delle batterie prima della finale della Madison per il gran numero di coppie che si iscrivevano.
La seconda giornata di corsa ha visto l’assegnazione delle medaglie dell’omnium maschile, vinto dal ventunenne neozelandese Shane Archbold, regolarissimo nelle varie prove che compongono questa gara e vincente solo in una di esse, l’inseguimento individuale. Alle sue spalle sono finiti il canadese Bell e il britannico Clancy.
La velocità femminile ha visto poi la beniamina di casa Anna Meares dominare la prova, stracciando in finale la campionessa del mondo in carica Pendleton 2 a 0. Alle loro spalle è giunta la tedesca Vogel, che non ha potuto disputare la finalina in quanto la sua avversaria, la cinese Guo, si era fratturata la clavicola durante la semifinale.
Il keirin maschile – prova che da oramai parecchio tempo sorride non tanto a chi ha una velocità di punta molto alta, ma a chi ha un mix di velocità e resistenza – ha riproposto alla grande sir Chris Hoy, il campione del mondo, che ha vinto con una prestazione superba la “sua” prova, sprigionando tutta la sua potenza in una volata molto lunga; alle sue spalle sono finiti l’olandese Mulder, campione del mondo del chilometro e il francese Bourgain.
La terza giornata di prove è stata contraddistinta dal dominio degli australiani che hanno conquistato 3 ori su 4.
Il primo è arrivato al termine dei 500 m da fermo (l’altra gara che non fa parte del calendario olimpico), dove Anna Meares ha vinto con il tempo straordinario di 33″593 davanti alla campionessa europea Clair.
Ma la Meares non è doma e dopo i due ori già conquistati vince anche il keirin davanti alla connazionale Mc Culloch e alla Sanchez. Anna si dimostra l’atleta più in forma del momento e un’avversaria da tener d’occhio nei prossimi appuntamenti che contano, considerate le qualità delle sue performance.
L’omnium femminile interrompe il dominio australiano nell’ultima giornata e è vinto dalla spagnola Olaberria che – come accaduto anche fra gli uomini – si impone più per la regolarità che per il fatto di aver gareggiato ad un livello superiore a quello delle altre atlete. Infatti, la spagnola è riuscita a vincere l’oro senza aver fatto sua nessuna delle prove previste nell’omnium, gara il cui regolamento necessita di una modifica, in modo da attribuire maggior peso alle vittorie rispetto ai piazzamenti: proseguendo su questa strada si corre il rischio di vedere divenire campione olimpico un corridore chi non eccelle in nessuna disciplina.
Fra gli uomini la velocità a squadre è finita nelle mani degli australiani che hanno fatto segnare un tempo molto buono (3′56″913), proponedoli fra i favoriti per le prove importanti del prossimo futuro. Delusione per la Gran Bretagna che, sopravanzata dalla Russia, non si è neppure qualificata per la finale.
Nella velocità maschile, vittoria ancora australiana ad opera di Perkins che supera in finale il britannico Kenny. La prova non ha visto al via il faro della disciplina Hoy che ha preferito lasciare ai suoi compagni della velocità a squadre il compito di fare punti in questa disciplina.
Avrete notato che durante il resoconto delle tre giornate non si è mai accennato agli atleti italiani, nonostante i nostri siano stati presenti in quasi tutte le discipline previste.
Purtroppo è con molto dispiacere che, ancora una volta, dobbiamo dire che la trasferta azzurra è stato un fiasco completo. Siamo stati inesistenti nelle prove veloci e al proposito molti appassionati del settore si stanno chiedendo come sia possibile continuare a convocare sempre gli stessi atleti, uomini che, oramai da parecchio tempo, non riescono mai neppure a qualificarsi per il secondo turno nelle varie discipline. L’ultimo risultato degno di nota nelle prove veloci è stato il sesto posto di Francesco Ceci nel keirin – conseguito lo scorso anno a Manchester nella prima prova di Coppa del mondo – ma si è trattato di un risultato isolato. Forse è il caso di non sperperare risorse con trasferte costose in giro per il mondo, mentre sarebbe meglio avere delle basi un po’ più solide ed investire sulla crescita della base del movimento, per poter poi ritrovarsi con atleti all’altezza del confronto a livello internazionale.
Anche nelle prove omnium e inseguimento non è andata meglio, con il tredicesimo posto di Ciccone nell’omnium quale miglior risultato.
In contemporanea alla prova di coppa del mondo si è corsa anche la seigiorni di Zurigo, vinta dai tedeschi Bartko-Hondo sugli svizzeri Aeschbach-Marvulli, rimasti in testa alla classifica dalla seconda serata fino all’ultima americana.
Matteo Colosio
IL RITORNO DI ILJIO
novembre 30, 2010 by Redazione
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La seigiorni delle Fiandre è la prima della nuova carriera di Iljo Keisse e, proprio come quella disputata due anni fa, finisce nel suo palmares. Le seigiorni del 2010 si dimostrano ancora una volta molto aperte e combattute, fino all’ultima sera.
Foto copertina: il podio della 6 giorni di Gand (www.uiv.dk)
Due anni fa, dopo il trionfo nella seigiorni di casa, quella più cara, in coppia col compagno di sempre Bartko, Iljio Keisse era stato trovato positivo ad un controllo antidoping.
Come sempre succede in queste situazioni, il corridore si dichiarò subito stupito della positività e giurò di non aver mai assunto alcuna sostanza.
La situazione si faceva intricata quando, nell’estate 2009, la seigiorni di Fiorenzuola lo accolse come se nulla fosse, dato che nessuno ancora lo aveva squalificato.
Di lì a pochi mesi tutto sembrava risolversi, la federazione belga – considerato che l’atleta aveva dimostrato di aver assunto accidentalmente il prodotto dopante attraverso del cibo – riteneva di non squalificarlo e la squadra belga più importante, la Quick Step, decideva di ingaggiarlo per affiancare Boonen in volata (qualcuno vociferava che questa fosse un’operazione atta anche ad accaparrarsi lo sponsor storico di Iljio, le biciclette Merckx).
Il calvario però non era finito e, dopo vari ricorsi Keisse, veniva nuovamente fermato, per una squalifica terminata pochi giorni fa.
Scontata definitivamente la squalifica Keisse è tornato con nuove motivazioni, con una nuova squadra e un nuovo compagno (Schep) dopo che i rapporti con Bartko si erano rotti a causa di alcune dichiarazioni del tedesco sulla positività del belga e.
Ad essere rimasta uguale è stata solo la determinazione, che ha portato Keisse a ricominciare da dove era rimasto, dalla vittoria nella seigiorni di casa.
Se guardiamo la classifica delle varie serate ci sembra tutto facile – la coppia belga-olandese prende il comando dopo la seconda serata e lo mantiene fino alla fine – ma se osserviamo l’evolversi dei risultati vediamo come ci sia stata vera bagarre dietro ai due vincitori.
Il campo dei partenti era eccellente e su tutti emergevano i danesi ex campioni del mondo Morkov-Rasmussen, i quali si sono dimostrati coppia solida e forte, ma un po’ in ritardo di condizione dopo un anno passato a fare le corse su strada. Poco male, hanno promesso che saranno presenti in diverse seigiorni e siamo sicuri che li rivedremo presto sul gradino più alto del podio.
La piazza d’onore è stata conquistata dal regolarissimo tedesco Lampater, in coppia col belga De Ketele mentre al terzo posto, molto staccati, si sono piazzati i tedeschi Bartko e Hondo.
Nella UIV Talent’s Cup, una speciale seigiorni riservata ai giovani più promettenti si sono messi in evidenza due atleti azzurri, Longo e Bonifazio, giunti settimi. A vincere la manifestazione sono, invece, stati gli svizzeri Imhof e Dillier, due astri nascenti del movimento. Il primo in particolare sembra avere doti fisiche straordinarie e una spregiudicatezza degna di un seigiornista navigato.
Il prossimo appuntamento sarà la prima prova della coppa del mondo, che proporrà la nuova formula delle sole discipline olimpiche (più altre due discipline a rotazione in ogni tappa). L’appuntamento è fissato a Melbourne, in Australia.
Matteo Colosio
EUROPEI 2010: INIZIA UNA NUOVA ERA PER LA PISTA
novembre 9, 2010 by Redazione
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I cambiamenti erano nell’aria ormai da diversi mesi, da quando CIO e UCI avevano deciso di modificare le discipline olimpiche, ma questo ha portato a degli scenari imprevedibili. Come se ciò non bastasse, agli europei di Pruszkòv si è visto un cambio anche fra gli atleti di punta, con i mostri britannici detronizzati in alcune delle loro discipline di punta.
Foto copertina: il podio della velocità maschile (foto British Cycling)
Gli europei appena conclusi a Pruszkòv in Polonia hanno segnato l’inizio di un nuovo corso, nel quale le discipline del ciclismo su pista muteranno notevolmente la loro importanza.
Un bel calcio alla tradizione e spazio alle discipline di squadra, questa la decisione presa da UCI e CIO quando hanno stilato il programma delle prossime olimpiadi; ciò, ovviamente, ha modificato anche il calendario dei campionati mondiali, degli europei e della coppa del mondo, attribuendo maggior spazio alle gare di inseguimento a squadre, velocità olimpica, velocità, keirin e omnium.
Quelli di Pruszkòv erano i primi eventi che permettevano di acquisire punti per le qualificazioni alle olimpiadi di Londra e questo ha fatto si che tutti i migliori atleti del continente fossero presenti (ad eccezione dei danesi, i quali avevano imprudentemente fissato per gli stessi giorni i campionati nazionali).
Il primo giorno di gare ha visto imporsi, secondo pronostico, la nazionale britannica sia nella prova maschile che in quella femminile dell’inseguimento a squadre. Nella velocità olimpica, dove i britannici erano ancora grandi favoriti, si è invece affermata la Germania in campo maschile e la Francia – grazie alla superficialità delle britanniche che si ritenevano superiori e hanno preso sottogamba la prova – sul versante femminile.
La seconda giornata di corsa prevedeva solo due finali, ma è ha offerto molto di cui parlare.
Nella velocità maschile il britannico Hoy si era qualificato col miglior tempo ma al turno successivo, dopo aver preso la testa della corsa, ha rallentato in modo significativo convinto di aver già vinto ed è stato così superato da uno sconosciuto irlandese (che uscirà al turno successivo): Hoy ha commesso un errore da principiante, forse sintomo che qualcosa non va più come una volta nella macchina da medaglie britannica.
In finale sono quindi arrivati il francese Sireau, che era fra i favoriti, e il semisconosciuto russo Dmitriev che conquista questa possibilità grazie a molta fortuna. Ma la fortuna ha aiutato il russo anche al momento della sfida decisiva, dove Sireau l’ha snobbato, gli ha permesso di lanciarsi e non l’ha raggiunti più; infine, nella seconda manche Sireau ha condotto ma si è fatto nfilare proprio sulla fettuccia del traguardo.
Fra le donne ha vinto la francese Sandie Clair, non una sorpresa ma quasi essendo in corsa la campionessa del mondo Krupeckaite e la bielorussa Panarina, date per favorite.
L’ultima giornata di corse ha visto uno strappo al programma con la Madison cup, campionato europeo dell’americana, che si è conclusa con la vittoria dei cechi Blaha-Hochmann, bravi a guadagnare un giro di vantaggio su tutti. Gli azzurri, in corsa con due coppie, dopo aver animato le prime fasi di corsa si sono spenti e hanno ottenuto il sesto posto finale con due sprint vinti.
La prova del keirn femminile ha visto al via tutte le migliori atlete continentali, ma la britannica Pendleton e la Krupeckaite favorite della vigilia sono battute dalla bielorussa Panarina.
In campo maschile la vittoria è andata al ventiduenne britannico Kenny, bravo a sfruttare la scia di un compagno di nazionale prima di sprigionare tutta la sua potenza in volata.
Si conclude l’ultimo giorno anche la nuova prova dell’Omnium, massacrante gara composta da 6 specialità e che non ha permesso agli atleti coinvolti di cimentarsi nelle altre specialità. A vincere sono stati il tedesco Kluge – che ha mostrato una superiorità imbarazzante sul resto dei concorrenti – e la trentatreenne spagnola Olaberria.
Abbiamo evitato di parlare troppo approfonditamente delle prove degli azzurri nelle varie discipline per non dover sempre evidenziare le pecche del nostro movimento. In campo maschile possiamo dire di essere fra gli ultimi in Europa e, a quanto sembra, il fatto di portare sempre gli stessi atleti nelle competizioni internazionali non li sta facendo crescere. Perché non puntare su altri giovani promettenti, magari sui campioni italiani in carica nella velocità a squadre? Il fatto che i convocati per le prove veloci corrano per una determinata squadra e abbiano in gran parte lo stesso cognome del vice CT (Ceci) ci induce a pensare che, forse, sarebbe il caso di cambiare il responsabile di settore per evitare un conflitto di interessi grande come una casa. Segnali positivi vengono da Elia Viviani, non tanto dal suo risultato (sesto posto nell’omnium) ma dal fatto che, nonostante stia facendo bene anche su strada, si voglia cimentare ancora in pista: lavorando si può arrivare in alto.
In campo femminile da segnalare che molte delle nostre atlete di punta erano assenti, su tutte la Bronzini e la Guderzo. La nostra unica velocista era febbricitante e le altre atlete non hanno fatto granchè….Da rivedere.
Il prossimo appuntamento importante sarà Coppa del mondo, anch’essa rinnovata con le discipline olimpiche, che si disputerà i primi di dicembre a Melbourne.
Matteo Colosio
KLUGE E BARTKO LANCIANO LA NUOVA STAGIONE DELLA PISTA
ottobre 26, 2010 by Redazione
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Dopo il lungo letargo estivo, interrotto solo dalla seigiorni delle rose e dal mondiale juniores corso a Montichiari, riprende la stagione della pista, come da tradizione inagurata nel velodromo di Amsterdam. Sull’anello olandese i miglior sono stati i tedeschi Kluge e Bartko, già vincitori di questa seigiorni nella scorsa edizione.
Fotocopertina: Kluge e Bartko in azione nel velodromo di Amsterdam (www.gva.be)
Come da tradizione il primo appuntamento stagionale è stata la seigiorni di Amsterdam, giunta alla decima edizione, che si è confermata degna apertura del calendario invernale.
Una starting list di primordine ha dimostrato ancora una volta come siano i Paesi Bassi il luogo dove il ciclismo su pista si trova più a suo agio.
A vincere questo primo appuntamento è stata la coppia tedesca formata da Roger Kluge e Robert Bartko, campioni europei del madison, che così hanno confermana la vittoria ottenuta lo scorso anno nella capitale olandese.
Alle spalle dei tedeschi si è piazzata la coppia di casa, costituita da Léon Van Bon – una vecchia conoscenza del ciclismo su strada, ormai trapiantato stabilmente in pista – e da Danny Stam; al terzo posto, dopo essere stati al comando per 2 sere, si sono piazzati lo svizzero Franco Marvulli e dall’olandese Niki Terpstra.
Diamo ora un occhio al calendario di specialità che si presenta impoverito dalla cancellazione di diverse seigiorni: su tutte quella di Monaco, una delle più significative e prestigiose, che ha chiuso i battenti l’anno scorso per mancanza di fondi.
Buone notizie arrivano per il movimento italiano, con il gradito ritorno, dopo un anno di stop, della seigiorni di Cremona. Infine, si appresta ad un grande inverno anche il nuovo velodromo di Montichiari, inaugurato nel 2009, che accoglierà i campionati del mondo di paraciclismo (11-13 marzo 2011) e gare minori riservati ai pistard più giovani.
Scendendo nel dettaglio la prossima seigiorni sarà quella di Grenoble, in Francia, in calendario dal 28 ottobre al 2 novembre. Un mese più tardi toccherà a Gand, seguita a ruota da Zurigo e Apeldoorn, che ospiterà l’ultima gara del 2010. L’Epifania tutte le feste si porterà via e proprio il 6 gennaio 2011 il circo della seigiorni ripartirà da Rotterdam, nuovamente nei Paesi Bassi. Toccherà quindi e Brema e poi alla citata Cremona, dove si gareggerà nelle serate tra il 20 e il 25 gennaio. In febbraio la seigiorni farà tappa prima a Berlino e poi a Copenaghen, mentre l’ultima prova si disputerà dal 14 al 19 marzo a Tilburg, sempre sul suolo olandese.
Contemporaneamente agli ultimi appuntamenti stagionali si svolgerà la coppa del mondo di pista, articolata nei quattro appuntamenti di Melbourne, Calì, Pechino e Manchester, compresi nel periodo che andrà dal 2 dicembre 2010 al 20 febbraio 2011.
I Paesi Bassi organizzerano anche i campionati del mondo, che si svolgeranno ad Apeldoorn dal 23 al 27 Marzo.
Di rilievo, infine, saranno i campionati europei che si terranno a Pruszkòw (Polonia) dal 5 al 7 Novembre, poiché vi parteciperanno tutti i migliori atleti del settore, con la prospettiva delle qualificazione per le Olimpiadi di Londra del 2012.
La stagione è dunque partita con i migliori propositi. Ci auguriamo che gli atleti italiani, assenti ad Amsterdam, possano crescere a livello internazionale: il movimento tutto ne avrebbe bisogno per continuare il rilancio che la federazione sta cercando di dare alla specialità.
Matteo Colosio