A SORPRESA DA HUY SPUNTA DANI MORENO

aprile 17, 2013 by Redazione  
Filed under 6) FRECCIA VALLONE, News

Grazie ad una potente azione di forza, il corridore della Katusha Dani Moreno è risultato essere il più forte in corsa quest’oggi alla Freccia Vallone, andando così a trionfare sulla salita simbolo della corsa, quel Muro di Huy che tutti credevano potesse ospitare la bagarre tra uomini più quotati, come ad esempio Gilbert e Sagan.

Foto copertina: Dani Moreno torreggia sul muro di Huy (foto AFP)

Il primo tentativo di fuga è ad opera di Cedric Pineau dopo 7 km, ma il gruppo rinviene presto su di lui. Dopo altri scatti in testa al gruppo, alla fine riescono ad evadere Pirmin Lang e Gilles Devillers, al loro inseguimento Jurgen Van Goolen riesce a raggiungere il duo di testa intorno al km 35. Sono ora tre i ciclisti al comando che continuano ad accumulare vantaggio sul gruppo racimolando un vantaggio massimo che sfiora i nove minuti. L’andatura si fa man mano più sostenuta ed al primo passaggio sul muro di Huy il gruppo si allunga grazie al forcing della Vacansoleil. Ai meno 46, dopo oltre 100 km di fuga, i tre fuggitivi vengono ripresi dal gruppo, che già da qualche km aveva nettamente aumentato l’andatura favorita anche dal susseguirsi di molti scatti in testa al plotone. Subito dopo provano l’allungo sia Bardet che Ten Dam. Dopo il secondo passaggio sul muro di Huy, a circa 27 km dall’arrivo, Simon Geschke subentra a Bardet e si unisce a Ten Dam, ma la fuga è tenuta sotto controllo dagli uomini BMC. Il duo di testa viene definitivamente ripreso ai meno 9. In vista del traguardo si alternano in testa BMC, Katusha, Saxo Bank, preannunciando l’azione buona di un proprio capitano. Il gruppo, in vista dell’ultimo km è ora compatto. Il primo ciclista a scattare è Betancur che regge bene. Dietro la bagarre vede tra i migliori Daniel Moreno, Gilbert ed Henao. Ai meno 80 Dani Moreno allunga e il suo allungo è micidiale, lascia sul posto Gilbert e va all’inseguimento di Betancur. Moreno taglia il traguardo e vince la sua prima Freccia vallone. Secondo successo consecutivo per la squadra russa dopo il trionfo di Joaquim Rodriguez lo scorso anno. Al secondo posto il colombiano Sergio Henao mentre chiude il podio il suo connazionale Betancur. Primo degli italiani Nocentini al 10° posto. Freccia quindi che si chiude un po’ a sorpresa con la vittoria di Dani Moreno ma che in realtà, in corsa è sembrato davvero essere l’uomo da battere.

Antonio Scarfone

NON LO SLOVACCO, MA IL CECO: AMSTEL A KREUZIGER

aprile 14, 2013 by Redazione  
Filed under 5) AMSTEL GOLD RACE, News

Anticipando i big con un’azione ad una ventina di chilometri dal traguardo, Roman Kreuziger conquista l’Amstel Gold Race 2013, la prima dopo un decennio senza traguardo in cima al Cauberg. Inutile il pur notevole contrattacco di Gilbert nell’ultimo giro, neppure premiato con la piazza d’onore. Sul podio salgono Valverde e Gerrans. Fra gli italiani, nei 10 Gasparotto e Caruso. Da segnalare un attacco solitario di Cunego a 25 km dal traguardo.

Foto copertina: Roman Kreuziger alza le braccia al termine della sua vittoriosa fuga solitaria (foto Roberto Bettini)

Non è ancora chiaro se il nuovo tracciato dell’Amstel Gold Race, con arrivo non più in cima al Cauberg, come avvenuto dal 2003 all’anno passato, ma 2 km oltre, sia più o meno impegnativo del precedente; e neppure basta una singola verifica per affermare che, quanto meno, il diverso disegno favorisce copioni di gara meno scontati di quello usuale, con gruppo pressoché compatto ai piedi dell’ultima scalata, prima di una volata di qualche centinaio di metri. Di certo, però, l’edizione 2013 della classica olandese è stata la meno prevedibile da parecchi anni a questa parte, e non soltanto perché il nome del vincitore non è uscito dalla rosa dei favoriti della vigilia, e forse nemmeno da quella dei principali outsider.
Il nome in questione è quello di Roman Kreuziger, leader Saxo Bank in contumacia di Alberto Contador, che già aveva saputo chiudere nei cinque sulle stesse strade nel 2010 (5°), ed era stato addirittura quarto alla Liegi di due anni fa, senza però mai fugare con ciò la sensazione che il suo terreno ideale restassero le corse a tappe, brevi e non. A lanciare il ceco verso il successo, nonché verso una nuova dimensione di corridore da classiche, è stata l’azione promossa da Marco Marcato ad una ventina di chilometri dal termine, al penultimo transito sulle rampe del Cauberg, poco dopo l’esaurimento di un breve tentativo solitario di Cunego. Kreuziger e Caruso sono stati i soli ad accodarsi in tempo utile, per poi dar man forte all’alfiere Vacansoleil nell’inseguimento a chi ancora resisteva al ritorno del gruppo.
Davanti a tutti, a quel punto, resisteva ancora Mikel Astarloza, ultimo superstite di una fuga della prima ora che comprendeva anche De Troyer, Pliuschin, Van Overberghe, Vansummeren, Vogondy e Sys; sospesi fra il basco e il drappello del futuro vincitore, galleggiavano invece Weening, Tanner, Nordhaug e Grivko, evasi in rapida successione una quindicina di chilometri prima, e il già menzionato Pliuschin, altro reduce del mattino. Gli otto corridori si sono compattati a 17 km dal termine, potendo però contare su un margine di appena una ventina di secondi nei confronti del plotone.
Divario facilmente colmabile da un gruppo collaborativo, ma sensibile in assenza di squadre in grado di prendere in mano la situazione, prima fra tutte la Cannondale di Sagan, sfinita da un lungo lavoro nella fase centrale di gara, comunque non tale da giustificare il totale isolamento dello slovacco nel finale. Qualcuno ha provato a mettersi in proprio (Leukemans il più deciso), ma senza guadagnare più di un centinaio di metri su un plotone che, riassorbiti i contrattaccanti, non riusciva però a dare continuità al proprio inseguimento.
L’accordo fra i battistrada, rimasti nel mentre orfani di Tanner, ha retto fino al Bemelerberg, quando gli scatti di Nordhaug e Kreuziger hanno eliminato dalla contesa Astarloza e Marcato, e soprattutto preparato la situazione di stallo della quale ha saputo approfittare il quasi 27enne di Moravska Trebova, andatosene in un tratto pianeggiante, ai 7 dal traguardo. Gli ormai ex compagni d’avventura non hanno mai dato l’impressione di poter ricucire, sensazione suffragata dal rientro su di loro di Ryder Hesjedal, uscito solitario dal gruppo quasi in concomitanza con lo scatto decisivo del leader.
Con una gara sostanzialmente già chiusa ai piedi dell’ultima ascesa al Cauberg, l’ultimo ad arrendersi è stato Philippe Gilbert, autore di un sparata di straordinaria potenza che ha ben presto messo in croce Sagan, alla quale soltanto Gerrans e Valverde hanno saputo resistere, non senza patemi. I 39’’ che separavano il gruppo da Kreuziger all’imbocco della salita si sono tuttavia prevedibilmente rivelati troppi per il terzetto, i cui indugi nell’ultima sezione pianeggiante hanno lasciato spazio anche al ritorno di un secondo e più nutrito drappello.
Quando Kreuziger già era sfilato sotto lo striscione d’arrivo a braccia alzate, i tre sono comunque riusciti a difendersi per questione di centimetri dal recupero degli avversari, con Valverde e Gerrans giunti, nell’ordine, davanti a Gilbert, la cui prova di forza, combinata con la débacle di Sagan, vale i galloni di favorito per Freccia e Liegi. Meersman, Weening, Leukemans, Gasparotto, Caruso e Wegmann hanno completato una top 10 difficilmente pronosticabile, destinata a modificarsi con ogni probabilità mercoledì, quando il Muro di Huy sarà arbitro della 77a Freccia Vallone.

Matteo Novarini

PAGELLE 2013: PROMOSSI E BOCCIATI DELLA PARIGI – ROUBAIX

aprile 9, 2013 by Redazione  
Filed under 4) PARIGI - ROUBAIX, Approfondimenti

Superlativo Cancellara che firma la tripletta, Vanmarcke sorpresa del giorno. Altra delusione da parte di Pozzato e anche un indomito Paolini lontano dalle prime posizioni.

Foto copertina: Fabian Cancellara, promosso con lode (foto Bettini)

Fabian Cancellara: senz’altro la più bella tra le Classiche del Nord conquistate in carriera dallo svizzero perché la più sofferta, complice la doppia caduta patita nell’ultima settimana. Benché non in perfette condizioni fisiche e nonostante tutti gli altri favoriti gli abbiano corso contro sin dalle prime battute di gara, è stato molto intelligente nel gestire la squadra per poi, arrivato il suo momento, infilzare uno dopo l’altro gli avversari con cambi di ritmo “spezza gambe”. La guerra di nervi vinta all’interno del velodromo di Roubaix giunge a coronamento di una gara perfetta, condotta da autentico maestro del pavè: forse il più grande specialista degli ultimi vent’anni. Voto: 10 e lode

Sep Vanmarcke: sorpresa, sì, ma solo parzialmente se è vero che il giovane belga è stato capace di battere Boonen nell’unica gara sul pavè persa da quest’ultimo nella passata stagione. E’ necessario avere tante energie e anche tanto coraggio per non lesinare cambi regolari ad un fenomeno come Cancellara. La freddezza mostrata in volata l’anno scorso contro Boonen, questa volta è mancata, complice anche lo sforzo profuso per contenere le trenate di Cancellara nel finale. Voto: 9,5

Niki Terpstra, Greg Van Avermaet: entrambi partiti come spalle dei rispettivi capitani (Chavanel e Hushovd) si sono ritrovati, per via delle scarse prestazioni dei propri leader, a gestire una situazione di corsa inaspettata ma estremamente favorevole. Il risultato finale premia senz’altro i loro sforzi e rappresenta una giusta misura delle loro potenzialità. Voto: 8

Damien Gaudin: dopo aver tirato come un forsennato tutta la gara, rilanciando continuamente l’andatura dei vari gruppetti in cui riusciva regolarmente ad infilarsi, il tutto per agevolare un eventuale attacco di capitan Turgot (che lo scorso anno meravigliò tutti gli appassionati con le sue progressioni sul pavè che porta a Roubaix), si è trovato infine a giocarsi in prima persona il podio. Voto: 8

Zdenek Stybar: eccelso ciclocrossista, da quest’anno ha deciso di dedicarsi totalmente al ciclismo su strada. Solo la sfortuna lo ha messo fuori dai giochi per la vittoria quando appariva ancora più fresco del compagno di fuga Vanmarcke. Le acrobazie di cui si è reso protagonista nel finale per riuscire a non cadere sono state la testimonianza di una lucidità non ancora appannata dalla fatica. Voto: 8

Juan Antonio Flecha: questo navigato specialista del pavè non ha mai corso nell’anonimato la corsa che più ama e questa edizione non ha fatto eccezione. Lo spagnolo ha tentato più volte di anticipare le mosse degli altri favoriti ed è stato anche uno dei pochi temerari ad azzardarsi a concedere qualche cambio a Cancellara. Nel finale ha colto l’ennesimo piazzamento nei dieci. Voto: 7

Luca Paolini: non ha mai amato particolarmente “L’inferno del Nord” anche per via della sua minuta costituzione che non lo aiuta di certo ad affrontare la ‘corsa delle pietre’. Ciononostante anche quest’anno si è dimostrato tra i più attivi e sebbene abbia interpretato con la giusta lucidità le varie fasi della gara, la sfortuna di una foratura in un momento cruciale lo ha relegato al ventunesimo posto. Voto: 6,5

Lars Boom: capitano e tra i più attesi della corsa, ha dimostrato di non possedere il fondo necessario per competere con i migliori. Al di là di qualche sparata fatta senza troppa convinzione, non si è mai visto. Voto: 4

Thor Hushovd: nonostante tutta la BMC fosse a sua disposizione (in particolare Phinney: voto 7), anche questa gara, dopo il Giro delle Fiandre, si è conclusa nell’anonimato. A parziale discolpa si possono ricordare gli incidenti subiti in corsa che, tuttavia, sono spesso i segnali di un non perfetto stato di forma. Voto: 4

Sylvain Chavanel: dopo la defezione di Boonen, si è trovato capitano unico della Quick-Step. Tuttavia, invece di sfruttare l’occasione della vita data anche la non più giovane età, non ha avuto le gambe e la testa per competere con i primi. Voto: 3

Edvald Boasson Hagen: promessa del ciclismo mondiale ormai da qualche stagione, il polivalente ciclista norvegese in grado teoricamente di vincere tutte le gare in linea, anche in questa occasione è stato respinto e, a 26 anni, deve ancora riuscire a vincere una Grande Classica. Voto: 3

Filippo Pozzato: doveva essere l’anti-Cancellara ma, anche questa volta, Pippo non riesce ad arrivare competitivo, come lui potrebbe esserlo, agli appuntamenti stagionali più congeniali alle sue caratteristiche tecniche. Un inizio di stagione del tutto insufficiente per un atleta dalle sue potenzialità. Voto: 3

Francesco Gandolfi

gandolfi.francesco@libero.it

IL CAPOLAVORO TATTICO DI CANCELLARA A ROUBAIX

aprile 8, 2013 by Redazione  
Filed under 4) PARIGI - ROUBAIX, Approfondimenti

Non solo gambe: nel terzo trionfo a Roubaix c’è più testa che cuore. L’analisi tattica del “tutti contro Cancellara”. La sua vittoria più bella?

Foto copertina: la smorfia di Cancellara sul traguardo della Roubaix (foto AFP)

Nel velodromo di Roubaix, Fabian Cancellara è tra lo stremato e lo stupito. “Pure fighting”, ripete per tre volte all’intervistatore. “Pura battaglia”. Conquistare la sua terza Roubaix, dopo 2006 e 2010, nonché 76esima perla in carriera è stata, ammette la Locomotiva svizzera, “la più grande battaglia da quando vado in bici”. Alla fine di un inferno di polvere e pietre, Cancellara si chiede: “Come ho fatto?”. Te lo spieghiamo noi, Fabian: di testa, più che di gambe.

Certo, le gambe non le possiamo dimenticare. Perché quando per 5h45’33” mulini i pedali alla media di 44,02km/h su quelle mulattiere di porfido e chiudi la seconda Roubaix più veloce della storia (dietro solo a quella di Peter Post del ’64 a 45,13km/h), vuol dire che cosce e polpacci hanno fatto il loro lavoro. Eppure, proprio dal dato della velocità media conviene iniziare per spiegare come Cancellara la Roubaix l’abbia portata a casa a colpi di calcoli più che di pedali, di sangue freddo più che di cuore.

Partire da favorito non è cosa semplice. E Cancellara lo ricorda bene: proprio su queste strade nel 2011, il suo strapotere convinse i suoi avversari – o, meglio, i diesse dei suoi avversari – a far attaccare le seconde linee da lontanissimo. Rammentiamo tutti come andò: a nulla valse il feroce inseguimento di un Cancellara a cui Ballan e Hushvod non davano mezzo cambio per recuperare Vansummeren, in fuga dal mattino, che trionfò con appena 19” sullo svizzero.

Oggi come due anni fa, l’avvicinamento all’Inferno del Nord era stato dominato da una sola parola: “anticipare”. Che tradotto dal gergo ciclistico significava: isolare Cancellara dalla sua squadra. La stessa che sette giorni fa al Fiandre aveva dato dimostrazione di avere i corridori per tenere cucita una corsa (Devolder, Popovych, Rast, Irizar ma anche un campione che verrà, Bob Jungels). E per isolare la Radio Shack una e una sola cosa bisognava fare: attaccare a ripetizione.

Ne esce una corsa fulminea, con la prima ora inghiottita a 49,9km/h. Nessuna fuga a prendere un discreto vantaggio. Addirittura Thomas e Boasson Hagen che a meno 135km provano a portar via un’azione di una quindicina di uomini. Niente da fare: la Radio Shack non lascia andar via nessuno. Tirare per così tanti chilometri ha un costo: prima o poi ti squagli. E il punto di ebollizione la Radio Shack lo raggiunge a meno 58km, quando le sue casacche scompaiono dalla testa del gruppo. Da questo momento, Cancellara dovrà far da solo.

E da solo Cancellara fa. O almeno ci prova. 46 chilometri all’arrivo. Pavé di Mons-en-Pévèle. La Locomotiva di Berna apre il gas. Quando terminano pietre e accelerazione, Cancellara resta con gli 11 che si giocheranno la corsa. Qui cambia la Roubaix. E nasce una situazione che manda in solluchero gli amanti della tattica.

Cancellara ha di fronte un dilemma. “Siamo in dodici, non ho compagni di squadra ma l’Omega ha 3 uomini e la Blanco 2. Ho le gambe migliori della truppa ma non dei giorni migliori. Sono caduto, sia allo Scheldeprijs che in ricognizione. Le botte si fanno sentire. Posso fare il vuoto ma poi non ho la continuità per portare l’azione all’arrivo. Di riprovare azioni stile Harelbeke e partire a qualche decina di chilometri dall’arrivo non se ne parla”.

Continua il ragionamento: “Ora si gioca a tutti contro Cancellara. Mi attaccheranno di qui al velodromo. Se li rincorro tutti, mi spremo e il destino mi restituisce lo scherzetto che ho fatto ha Sagan alla Sanremo, dove ha dovuto chiudere su tutti per poi perdere in volata da Ciolek”.

Cancellara tenta l’azzardo. Lasciare andare quelli che suppone essere i gregari per evitare di dover rintuzzare tutti gli allunghi. Tenersi a fianco i più quotati, leggi Terpstra e Boom. E poi, capolavoro, staccarli con un allungo a sorpresa in un tratto insignificante di asfalto a 31 dall’arrivo.

Piano perfetto, non fosse per la forza della Omega. Pur senza Boonen (e una sua costola), alla squadra belga quasi riesce l’altro capolavoro tattico della Roubaix. Perché quando Cancellara sta per rientrare davanti, via radio arriva l’ordine a Vanderbergh di attaccare, portandosi dietro l’apparentemente innocuo Vanmarcke. Di modo da tenere in testa un uomo quando si formerà la fuga decisiva. E addirittura, quando sul pavé di Bourghelles, Cancellara riaccelera, è l’altro Omega Stybar a portarsi sulla ruota dello svizzero. Così, alle porte del Carrefour de l’Arbre, nella fuga a quattro decisiva, ci sono comunque due pedine della squadra belga.

Dicevamo capolavoro quasi riuscito? Già, perché dei due Omega uno capitombola e l’altro si salva solo con un miracolo funambolico ma perdendo l’aggancio del pedale e, di conseguenza, il treno buono. Sfortuna, si dirà. Certo, quando uno spettatore decide di sporgersi proprio quando passi tu si può citofonare solo alla iella. Eppure, entrambi gli Omega sono caduti (uno metaforicamente, l’altro meno) cercando quella sottile linea (non rossa ma) gialla di terra. Se ne hai davvero, il pavé lo puoi anche affrontare a muso duro.

Chiusa la parentesi tattica della Omega, torniamo a quella di Cancellara. Il quale, senza gambe immensamente superiori a quelle dei rivali, è comunque riuscito a portare a casa la Roubaix. Che non fosse il miglior Cancellara di sempre lo si è visto quando ha provato per tre volte a fare il vuoto (alla Cancellara) sul pavé, senza successo. Decisiva per trionfare è stata dunque la lettura della corsa, la capacità di mantenere freddo il sangue nei momenti più frenetici.

Così come la gestione della fuga a due con Vanmarcke. Cancellara la chiamerà “pure fighting”, per noi è “esperienza e mestiere, capitolo uno”. Lo svizzero ha fatto un eccellente uso del proprio carisma nei confronti del giovane belga, costringendolo a dare qualche cambio di troppo, a rincorrere uno scatto a 4,1km dall’arrivo, a ingobbirsi (da spavaldo che era) in vista dello sprint, dove il portacolori della Blanco è comunque partito con troppo anticipo, quei 15 metri in più che le sue gambe non hanno retto.

Quando lo incontrai una mattina di primavera del 2009 in un bar vicino a Bologna, di Fabian Cancellara mi colpì una cosa. Alla domanda se puntasse a vincere la cronosquadre d’apertura del Giro del centenario a Venezia, mi rispose che sì, ci teneva, soprattutto perché era a Venezia e nel Giro del centenario e perché lui cerca sempre di dare un valore aggiunto ai suoi successi. Oggi, a Roubaix nel sacco, lo svizzero ha commentato: “E’ bello arrivare da solo, per lo spettacolo. Stavolta invece è stata una lotta fino all’ultimo millimetro”. Non mi stupirei se, nelle sue memorie, Cancellara ricordasse questa come la sua vittoria più bella. Io, nella mia, ne sono già convinto.

Federico Petroni

Continua l’omaggio delle firme storiche di ilciclismo.it in occasione del decennale della testata. Oggi è tornato a scrivere per noi l’ex condirettore Federico Petroni, che ringraziamo.

La redazione

SEMPRE CANCELLARA: A ROUBAIX PIEGA UN IMMENSO VANMARCKE

aprile 7, 2013 by Redazione  
Filed under 4) PARIGI - ROUBAIX, News

Dopo il pezzo di bravura del Giro delle Fiandre, lo svizzero bissa alla Parigi – Roubaix, sia pur faticando più del previsto per spezzare la resistenza di uno strepitoso Sep Vanmarcke, battuto allo sprint. Tagliati fuori da due contatti con i tifosi a bordo strada Vandenbergh e Stybar, giunti al Carrefour de l’Arbre in compagnia dei due. Male gli italiani, con Paolini messo fuori causa da una foratura e Pozzato mai in corsa per le posizioni di testa.

Foto copertina: Uno stremato Fabian Cancellara al termine della Parigi – Roubaix (foto AFP)

In assenza di Sagan e Boonen, la 111a Parigi – Roubaix poteva essere poco più di una passerella per Fabian Cancellara, ingiocabile per chiunque appena una settimana fa, sulle strade del Giro delle Fiandre. Proprio lo status di stra-favorito, combinato forse con un paio di cadute nei giorni scorsi, ha invece rischiato di mandare all’aria i propositi di trionfo dello svizzero, costretto a chiudere in prima persona su qualsiasi tentativo negli ultimi 50 km di gara, e non straripante come al Fiandre quando ha preso l’iniziativa e ha tentato di involarsi in solitaria verso il Velodromo, come in occasione dei due precedenti successi sulle pietre.
Che la giornata di Spartacus potesse rivelarsi meno rilassante del previsto – per rilassante che possa essere una Roubaix – lo si era capito già prima di metà gara, quando, dopo quasi tre ore di gara a medie da prima settimana di Tour de France, BMC e Team Sky avevano provato a stuzzicarlo con un’azione a sorpresa, con l’arrivo distante ancora 135 km: Phinney, Boasson Hagen e Thomas si sono intrufolati in un drappello di dodici uomini, costringendo la Radioshack ad un inseguimento di una decina di chilometri che ha contribuito ad isolarne il leader prima del giusto.
Poco più avanti, ad avvantaggiarsi sono stati Hayman (sempre Team Sky), Koretzky, O’Grady e Steegmans (Omega Pharma, formazione che strada facendo sarebbe diventata la principale minaccia per Cancellara), capaci di acquisire un vantaggio massimo prossimo ai due minuti, calato però drasticamente durante l’attraversamento della Foresta di Arenberg. A pilotare il gruppo attraverso il passaggio simbolo della Roubaix è stato ancora Phinney, il cui ritmo non ha prodotto la selezione vista in altre edizioni, ma è stato sufficiente a dimezzare il plotone, generando sufficiente confusione da consentire la sequenza di attacchi dei chilometri immediatamente successivi.
A trovare l’attimo buono per evadere sono stati Michael Schär (ancora BMC) – costretto però ad un inseguimento di una ventina di chilometri prima di agguantare il drappello di testa, nel frattempo ridottosi ai soli Hayman e Steegmans – e Damien Gaudin, tanto scomposto in bicicletta quanto attivo nell’ultimo quarto di gara. Non altrettanto fortunati i tentativi di Koren, Boom, Stannard, Guarnieri, Bonnet, Breschel, Elmiger, Sinkeldam, Vansummeren, Terpstra e Paolini, che hanno tuttavia contribuito a vario titolo ad animare un frangente potenzialmente interlocutorio, e soprattutto a falcidiare un fronte Radioshack a lungo rimasto compatto, ma dissoltosi improvvisamente con l’avvicinarsi della fase calda.
Per assistere alla prima vera selezione si è dovuto attendere il tratto di Mons-en-Pévèle, dove a dare la scossa è stata la Omega Pharma, con Vandenbergh e Terpstra. Ai due si sono uniti il compagno Stybar, le coppie Vanmarcke – Boom (Team Blanco) e Gaudin – Turgot (Europcar), e gli indipendenti Langeveld, Flecha, Paolini, Van Avermaet ed Eisel, oltre all’ovvio Cancellara.
Vandenbergh ha confermato la gran vena nel tratto di Pont-Thibaut à Ennevelin, portando una nuova accelerazione cui hanno replicato soltanto Vanmarcke, Langeveld e Gaudin, orfano del compagno, vittima di una foratura. Flecha, Paolini, Van Avermaet e Stybar sono tornati sotto a 31 km dal termine, mentre Cancellara, rimasto per un attimo attardato insieme agli altri componenti del gruppetto di testa, è stato costretto ad impegnarsi in una trenata delle sue per rientrare, evitando che la situazione di otto contro quattro potesse tagliarlo fuori.
In contemporanea con il recupero dello svizzero è nata – tanto per cambiare sotto l’impulso di Vandenbergh – l’azione che avrebbe deciso la gara: Vanmarcke è stato l’unico ad accodarsi al tarantolato belga della Omega Pharma, mentre Cancellara, perso di nuovo l’attimo, si è lanciato al contrattacco nel settore di Bourghelles à Wannehain, seguito dal solo Stybar, mentre Paolini veniva estromesso dai giochi da una foratura.
La progressione con cui l’elvetico aveva recuperato 40’’ in un pugno di chilometri ai due fuggitivi, senza ricevere cambi da Stybar, pareva il prologo all’ennesima dimostrazione di forza, salvo poi rivelarsi invece il suo massimo exploit di giornata. Nemmeno sul Carrefour de l’Arbre è giunto il tanto atteso affondo del bernese, cui ha però semplificato la vita il più che riuscito tentativo della Omega Pharma di battere il record del mondo di sfiga in corsa ciclistica: Vandenbergh (per la verità già in affanno) è stramazzato a terra dopo pochi metri di pavé, in seguito al contatto con uno spettatore che ha assimilato troppo letteralmente il concetto di “dentro la gara”, mentre Stybar, ancora pienamente in lizza per il successo, ha atteso gli ultimi metri del settore per urtare un altro tifoso, ebbro di entusiasmo e forse non solo (ma la scena è poco chiara, causa riprese solo dall’alto), e perdere la pedalata quanto bastava per veder scappare i compagni d’avventura.
Vanmarcke, per la prima volta in un condizione di giocarsi una grande classica, ha mostrato una personalità non da neofita, affrontando in testa gli ultimi tratti sulle pietre e collaborando quasi alla pari con Cancellara, perfino dopo l’ultimo scatto ai -4 dello svizzero. La maggiore esperienza ha però consentito a Spartacus di intraprendere lo sprint doveva voleva, partendo alla ruota del belga, per poi sfilarlo sul rettilineo d’arrivo.
31’’ più tardi, recuperando quasi un minuto per via del quasi-surplace inscenato dai leader all’interno del velodromo, Terpstra ha regolato Van Avermaet e Gaudin, salvando quantomeno il podio per la Omega. Stybar, Langeveld e Flecha, giunti nell’ordine a 39’’, sono riusciti a resistere per 11’’ al ritorno di quello che era stato a lungo il terzo gruppetto, comprendente, fra gli altri, Chavanel e gli sfortunati Paolini e Vandenbergh.
Cancellara ha così affiancato il suo nome a quelli di Lapize, Rebry, Van Looy, Merckx, Moser e Museeuw, grazie ad un successo paradossalmente ancor più prezioso e significativo in quanto non frutto della solita, schiacciante superiorità: per la prima volta in carriera, Fabian ha saputo prevalere su un rivale per un giorno alla sua altezza, trovato sorprendentemente in Vanmarcke. È forse proprio il ragazzo di Kotrijk l’eroe di giornata, nonché il nome attorno al quale i belgi, ormai prossimi al tramonto dell’era Boonen, possono pensare di costruire il futuro nelle corse a loro più care.

Matteo Novarini

PAGELLE 2013: PROMOSSI E BOCCIATI DEL GIRO DELLE FIANDRE

Insuperabile Cancellara, bravo Sagan ma ancora una volta battuto. Prova opaca degli italiani, ad esclusione dell’ottima prestazione di Mirko Selvaggi.

Foto copertina: il podio del Giro delle Fiandre 2013 (foto Bettini)

Fabian Cancellara: nelle pagelle della Milano – Sanremo avevo scritto che l’elvetico sembrava aver perso parte della sua eccezionale potenza. Dopo le fenomenali progressioni viste sul vecchio Kwaremont e sul Paterberg devo con piacere rivedere la mia tesi precedente. Tutti, non solo Sagan, sono stati demoliti dal ritmo asfissiante imposto alla corsa da Cancellara e dai suoi gregari. Questa vittoria lo inserisce di diritto tra i più grandi interpreti di corse sul pavè della storia, perché vincere in solitaria dopo aver fatto il vuoto sui muri è una impresa d’altri tempi. Voto: 10

Peter Sagan: l’età è dalla sua ma per il momento deve ancora inchinarsi di fronte alla potenza incontenibile del ‘ treno di Berna’. Sperava di restare agganciato alle ruote dello svizzero, ma dapprima il Kwaremont e successivamente le accelerate sul Paterberg da parte di Cancellara lo hanno piegato. Il Fiandre è la seconda grande classica che sfugge allo slovacco il quale, per il momento, si consola con la Gand – Wevelgem. Voto: 8

Jurgen Roelandts: prima classica corsa da capitano, il forte belga della Lotto è stato capace di centrare subito un podio prestigioso. Molto bravo nell’anticipare l’azione dei favoriti, ha dimostrato di possedere delle notevoli doti di fondo grazie alle quali potrà togliersi diverse soddisfazioni in futuro. Voto: 7,5

Alexander Kristoff: dopo il bronzo conquistato alle Olimpiadi del 2012, coglie un quarto posto che risolleva in parte il bilancio della squadra. Voto: 6,5

Mirko Selvaggi: l’unica nota positiva per gli italiani l’ha rappresentata questo giovane passista della Vacansoleil che, in fuga per molti chilometri, ha dimostrato di trovarsi a proprio agio sulle pietre del Fiandre. Voto: 7

Luca Paolini: sorretto da un buono stato di forma, sempre tra i primi fino alle battute decisive, ha provato sino all’ultimo di ottenere un posto nei primi cinque quando ormai l’esito della corsa era già segnato. Voto: 6

Filippo Pozzato: grande delusione di giornata, nonostante la pedalata sembrasse quella dei giorni migliori, non si fa trovare pronto nel momento cruciale della corsa. Lo aspettiamo fiduciosi la prossima settimana alla Roubaix. Voto: 4

Sylvain Chavanel: uscito con una grande condizione dalla Tre giorni di La Panne, poteva sfruttare i gradi di capitano dopo l’uscita di scena di uno sfortunato Tom Boonen. La squadra lo ha supportato al meglio, specialmente Kwiatkowski (voto: 7), ma le gambe del francese hanno mal digerito le trenate di Cancellara. Voto: 4

Thor Hushovd: data l’assenza di Gilbert, il norvegese era il capitano designato della BMC. Non è mai entrato nel vivo della corsa. Rimandato alla prossima Roubaix. Voto: 4

Francesco Gandolfi

gandolfi.francesco@libero.it

FIANDRE 2013, L’ARTE DELLA GUERRA. FABIAN FA BIS, SAGAN COLPITO E (NON) AFFONDATO

marzo 31, 2013 by Redazione  
Filed under 3) GIRO DELLE FIANDRE, News

Cancellara mette nel carniere il suo secondo Giro delle Fiandre. Nel 2010 l’impallinato era stato il campione di casa, Tom Boonen, oggi messo fuori gioco da una caduta e dunque impossibilitato a bissare il successo conseguito l’anno scorso. Stavolta a finire dietro all’elvetico è stato il non meno atteso Sagan, al quale va riconosciuto il fatto di esser riusciuto a tenere nella sconfitta e a non affondare. Tra gli italiani si salvano solo Selvaggi e Paolini, il primo in ordine d’arrivo è Oss mentre delude Pozzato.

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Foto copertina: Cancellara e Sagan sul Paterberg (foto AFP)

Qualcuno disse che il Giro delle Fiandre è un “gioco di guerra”. Una guerra che si può vincere con una singola giocata, anche se articolata in un uno-due pugilistico semplice e spietato. Così è stato per il Fiandre 2013, che si potrebbe riassumere in una sola azione implacabile: Cancellara che esegue puntualmente ciò che tutti sapevano avrebbe fatto, esponendosi al rischio di una reazione fatale da parte dell’unico rivale, altrettanto prevedibilmente Peter Sagan; ma il colpo di Cancellara è stato decisivo e perfetto.
Gli altri contendenti, a grandi linee, abdicano (con la sola eccezione della Lotto che raccoglie un meritato podio). Come in un apologo giapponese, le sorti della guerra vengono affidate interamente alla sfida tra due samurai. E dopo una lunga attesa la sfida si risolve in due soli colpi di katana: Cancellara sferra un poderoso fendente, Sagan para, Fabian lo trafigge con un affondo che coglie il bersaglio nell’ultimo istante disponibile.

La velocità, complice il bel tempo, è da subito sostenuta, e prestissimo comincia il computo delle vittime eccellenti di quella guerra di trincea che si combatte soprattutto nelle fasi interlocutorie, nella pancia del gruppo, o in mezzo alle ammiraglie: è la guerra delle rotture meccaniche, delle cadute, delle forature. Il caso ne è il sovrano assoluto, il proiettile vagante della malasorte può colpire il combattente più valoroso, anche se certo la distrazione e l’imprudenza espongono maggiormente al rischio. Dopo 19km, il campione in carica, l’eroe del pavé, Tom Boonen, cade malamente mentre si muove tra le ammiraglie, e le ferite lo costringono al ritiro.
Diciamo subito che l’assenza di Boonen si noterà. Gli assenti hanno sempre torto, e non c’è controprova, ma l’impressione è che Tom avrebbe introdotto una componente imprevista al duello tra i due campioni svizzero e slovacco. È più che probabile, diciamo pure quasi certo, che il più forte avrebbe vinto comunque, e perfino a maggior ragione: e il più forte, senza ombra di dubbio, era Fabian Cancellara. Nondimeno il campione in carica non avrebbe esitato a dar fuoco alle polveri ben prima della penultima ascesa.

L’elenco dei caduti, in senso metaforico o letterale, comprende tra i nomi illustri anche Sep Vanmarcke (peraltro non in formissima), ai 95km dalla fine; Geraint Thomas, formalmente capitano del Team Sky, a una trentina dall’arrivo, prima del penultimo Paterberg. Poco dopo, alle prime rampe di questo stesso muro, Flecha rompe la bicicletta e vede sfuggirgli la gara. Merita invece una menzione d’onore il soldato Kevin Hulsmans, che si improvvisa “medico di campo”, o meccanico fuori di metafora: quando Gatto fora in un momento critico, prima del secondo Oude Kwaremont, Hulsmans gli passa la propria ruota cambiandola a tempo di record. Collaborerà poi al rientro in gruppo, e il suo prezioso supporto cesserà nel finale solo per… una foratura!

La classica fuga del mattino non vede elementi di spicco, mentre sul Molenberg – poco prima di metà gara – prende consistenza un’azione che effettivamente connoterà il resto della gara. Poco più di una scaramuccia, una guerriglia di disturbo diciamo: visto che protagonista ne è un degnissimo André Greipel potremmo battezzarla “Gorilla Guerrilla”. La Lotto comincia la propria disperata battaglia, una carica di cavalleria contro i carri armati: ma oltre all’onore delle armi, raccoglieranno un riconoscimento concreto nell’affiancare sul podio i due fenomeni oggi protagonisti. Infatti dopo una ventina di minuti Sieberg raggiungerà Greipel, animando ulteriormente la fuga, i cui resti costituiranno più avanti il punto d’appoggio per l’attacco in anticipo di Roelandts.

In questa fuga, sulle piste di Greipel, si affacciano anche un paio di Europcar, ma in generale tutto il contributo francese alla gara è stato volenteroso quanto assolutamente velleitario. Entra qui nell’avanscoperta anche Kwiatkowski, la cui prestazione sarà invece tutt’altro che velleitaria, visto che il polacco resterà incredibile protagonista per i successivi 110-120km. Un “ultimo soldato” rintanato a difendere la sua buca nella giungla, mentre il suo esercito, la poderosa Omega-Quickstep, si lascia affondare tristemente.

Per chilometri e chilometri di muri e pavé non ci sarà praticamente più nulla da segnalare, se non il mostruoso lavoro della Radioshack, e nella fattispecie di Rast, Roulston, Devolder, Popovych – titanico. Andatura eclatante con lo sporadico contributo di una comunque ottima Cannondale, tenendo la fuga sempre a tiro, e ammazzando fino al momento chiave una gara tutt’altro che facile da controllare, presa qui in pugno e stritolata fino alla noia. Ma questo era esattamente quello che Cannondale e Radioshack dovevano fare. Le truppe schierate per poter inscenare il grande duello finale.

Si possono citare uno spunto di Offredo sul primo Kwaremont, un più concreto attacco di un ardito Selvaggi nei tratti in pavé dopo il Koppenberg (con Minard), che porterà l’italiano a condividere la testa della corsa con Kwiatkowski dopo il penultimo Paterberg… ma sono episodi. Gesta eroiche senza costrutto.
Più decisiva, ma solo per un uomo, la “sortita napoleonica” in corrispondenza del secondo Patersberg: ben tre francesi (Turgot, di nuovo Offredo e S. Hinault) a scortare Tjallingi e, quel che più conta, Roelandts, che andrà a – per così dire – rimpiazzare Selvaggi nel fare da testa di ponte, e testa della corsa, assieme a Kwiatkowski.

Quel che è davvero degno di nota è… l’assenza di altre azioni degne di nota. La robusta corazzata BMC, l’impressionante moloch Sky, anche se deprivato di Thomas, la stessa Omega che senza Boonen poteva vantare un Chavanel visto in grandissima forma, come anche Vanderbergh, e poi Langeveld della Orica, Boom della Blanco, Haussler della IAM, a quanto pare tornato competitivo. Tutti uomini in formissima, che arriveranno nei dieci o giusto a ridosso. È mai possibile che nessuno di loro abbia provato l’assalto all’arma bianca, l’aggiramento inatteso, l’imboscata? Tutti sapevano quel che sarebbe successo di lì a poco, ed è successo appunto quel che tutti quanti, indovini o strateghi, pronosticavano da tempo.

Sull’ultimo Kwaremont Cancellara apre il gas. Restano in gara lui e Sagan. Timida e inconsistente la reazione dei nomi roboanti come Boasson Hagen o del cavallino Chavanel. Gatto si vedrà sullo sfondo a condurre l’inseguimento del gruppo, ma, in termini tattici, ormai il gruppo è solo uno stuolo di vittime di guerra. Per quanto riguarda la vittoria, morti che pedalano.
Qualche pallida chance solo per chi ha anticipato: il monumentale soldato Kwiatkowski, poi fermato ad aiutare capitan Chacha (i duri ordini dei generali che sacrificano gli eroi della trincea), e Roelandts, che si accoda al duo di campionissimi.

Sagan dà qualche cambio, ma con molta parsimonia. Patersberg. Cancellara apre il gas. Se Peter ne avesse, contrattacco e addio Fabian. Ma Peter è al gancio. Se Peter resistesse, chissà poi il finale. Ma Peter non resiste. Negli ultimi venti metri Cancellara sempre seduto spalanca un abisso. È il colpo del ko. Tutti sanno che Fabian tornerà in vista solo per ritirare il premio in cima al podio.
Qui il capolavoro di Sagan: non affondare. Si volta, vede Roelandts, si alleano. Il gruppo li tallona, ma i due stringono i denti all’impossibile, con corretta e inevitabile prevalenza di trenate dello slovacco. Paolini si danna tirando per portare a podio Kristoff, che infatti vincerà la volata dei battuti (il norvegese buono di oggi, dispersi Boasson e Hushovd).
È durissima lottare così quando la vittoria se n’è andata. Lottare con una katana infilata mortalmente tra le costole. Ma Sagan lo fa (e Roelandts pure).
È podio, un podio bellissimo per cui vale perfino la pena, con modestia, di esultare, come fa Peter alzando appena un pugno, ben lontano dall’amarezza di Sanremo. Sul podio indicherà Fabian: il più forte è lui. Il più forte ha vinto, e sembra incredibile che questo sia solo il suo secondo Fiandre.

Questa la top ten:
1 Fabian Cancellara (Swi) RadioShack Leopard 6:06:01
2 Peter Sagan (Svk) Cannondale Pro Cycling 0:01:27
3 Jurgen Roelandts (Bel) Lotto Belisol 0:01:29
4 Alexander Kristoff (Nor) Katusha 0:01:39
5 Matthieu Ladagnous (Fra) FDJ
6 Heinrich Haussler (Aus) IAM Cycling
7 Greg Van Avermaet (Bel) BMC Racing Team
8 Sébastien Turgot (Fra) Team Europcar
9 John Degenkolb (Ger) Team Argos-Shimano
10 Sebastian Langeveld (Ned) Orica-GreenEdge

Oss miglior italiano dodicesimo, poteva forse fare di più, ma Van Avermaet l’avrà voluto vicino (per fare settimo?). Gatto, altro ottimo italiano e comunque bravo, vista anche la sfortuna e la fatica del recupero, sarà quindicesimo. Pozzato impalpabile e deludente.

Gabriele Bugada

SPUNTINI DI GAND di Michele Tomasi – BUON COMPLEANNO ILCICLISMO.IT

marzo 26, 2013 by Redazione  
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Quest’anno ilciclismo.it compie 10 anni, un traguardo che festeggeremo richiamando per un giorno in redazione i nomi storici della redazione, ai quali abbiamo chiesto di commentare un grande appuntamento della stagione 2013. Comincerà il vicentino Michele Tomasi, vicedirettore del sito all’epoca della direzione Patrone: a lui il compito di proporci alcune stuzzicanti spunti di riflessioni sulla Gand-Wevelgem di domenica scorsa.

Foto copertina: Sagan sul Kemmelberg (demotix.com)

Anche questa Gand è andata, anche se il meteo sembrava ancora una volta contro il ciclismo su strada; la corsa difatti è stata accorciata e con punto di partenza spostata per evitare la neve caduta nella notte.
Comunque tornando a noi, cosa possiamo trarre da questa Gand?
Ecco alcuni spunti per riflessioni.

Sagan

Se ce ne fosse stato bisogno, Sagan ha dimostrato di saper vincere e che vittoria!
Non solo vince volate di gruppetto, di gruppo, ma facendo anche azioni in prima persona quando avrebbe potuto attendere con abbastanza sicurezza la volata finale di gruppetto.
Ma anche qui ha dimostrato la sua intelligenza tattica, oltre che fisica; quando ha visto la scarsa collaborazione dei suoi compagni di fuga ha preso di petto la corsa, portando a casa una vittoria di classe.
Oramai sono stati usati tutti gli aggettivi possibili per Peter, e non sorprende che già in questo periodo girino voci di squadre ProTour intenzionate a portarselo in casa propria per il 2014.
Ricordiamoci inoltre che ha solo 23 anni!

Omega Pharma

Come succede da alcuni anni, l’Omega Pharma è la squadra da battere nelle Classiche sul pavè.
Però anche oggi qualcosa è mancato.
Avevano davanti Vanderbergh, uno degli uomini della squadra in palla in questo periodo, ma dietro nel gruppo principale sono mancati quei gregari a dar supporto a Cavendish, che di solito ci sono.
Inoltre Cavendish ha fatto una volata nel gruppo principale al di sotto delle sue possibilità, forse dovuto al nervosismo che aveva dimostrato a circa 35-40 km dalla fine, quando ha visto che non c’era molta collaborazione e si era messo in prima persona a tirare.
Quindi come detto, l’Omega Pharma ha deluso in una delle corse di casa, dove partiva come pretendente alla vittoria finale con 2 carte importanti come Boonen e Cavendish da giocare.

Team Sky

La squadra inglese dopo la scorsa campagna acquisti aveva dimostrato lo scarso interesse per le Classiche del Nord lasciando Eisel praticamente da solo.
Eisel oggi si è fatto vedere davanti nella classica che più gli si addice e che aveva vinto nel 2010, ma il resto della squadra è risultata abbastanza anonima.
Da una formazione del calibro del Team Sky e della sua disponibilità economica quindi ci si aspetterebbe molto di più; ci sono molti buoni corridori per corse come la Gand, ma quello che manca è l’uomo di punta che faccia la differenza.

Amador

Questo ragazzo merita una citazione, perché veramente sta dimostrando doti di versatilità che di questi tempi stanno diventando veramente rari.
In pochi lo conoscono anche se corre da diversi anni nella Movistar, da quando si chiamava ancora Caisse d’Epargne.
Già l’anno scorso aveva fatto intravedere qualcosa, sia nelle corse a tappe che nelle Classiche.
Ma anche oggi sembrava a proprio agio, in una corsa che vedeva neve e freddo, il tutto non molto comune se vieni dalla Costa Rica.
Sicuramente sarà un nome che sentiremo ancora presto.

Italiani

Ed i nostri?
A parte Paolini che si è messo davanti al gruppo a dar cambi, probabilmente con in previsione il Fiandre, i nostri sono un po’ mancati.
Pozzato era nel gruppo principale, come molti altri big, ma almeno oggi non è apparso brillantissimo.
Quindi incrociamo le dita e speriamo che per le prossime corse del Nord le cose vadano meglio, con i nostri nelle posizioni che contano.

Michele Tomasi

CHIAMIAMOLA SAGAN(D) – WEVELGEM

marzo 26, 2013 by Redazione  
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Prima vittoria in carriera in una grande classica per il fuoriclasse slovacco che, ancora con il dente avvelenato dopo i secondi posti a Milano-Sanremo e Gp Harelbeke, conquista la corsa fiamminga disputata con temperature polari staccando a 4 km dal traguardo i nove compagni di fuga, tra cui il fondamentale gregario Maciej Bodnar, con Borut Bozic che conquista la piazza d’onore davanti a Greg Van Avermaet. Abbandonano Fabian Cancellara per scelta tecnica e il campione uscente Tom Boonen rimasto vittima di caduta, mai nel vivo della corsa gli azzurri primo dei quali è Viviani 15°.

Foto copertina: per Sagan un successo che punta verso l’alto (Photopress.be)

Dopo lo spettacolare Gp Harelbeke dominato da Fabian Cancellara (RadioShack) davanti a Peter Sagan (Cannondale) e a una settimana dal Giro delle Fiandre la stagione delle classiche del Nord è proseguita con la 75a edizione della Gand-Wevelgem, che nelle ultime stagioni ha trovato questa nuova collocazione nel calendario dopo che in passato veniva tradizionalmente disputata a metà della settimana che separa la Ronde dalla Parigi-Roubaix: per la verità si è rischiato a causa delle abbonanti nevicate che hanno colpito il Belgio nelle ultime giornate che questa edizione venisse spostata in avanti di un giorno oppure addirittura cancellata ma alla fine si è corso regolarmente, sia pure su un tracciato accorciato a 190 km rispetto ai 235 originariamente previsti con la partenza spostata in avanti in località Gistel. Grandi favoriti alla vigilia erano considerati ancora Sagan, secondo un anno fa, e Cancellara oltre al duo dell’Omega-QuickStep composto da Marc Cavendish, uomo da battere in caso di arrivo in volata, e un Tom Boonen vittorioso nelle ultime due edizioni oltre che in quella del 2004 a caccia di una rivincita dopo un Gp Harelbeke chiuso al 7° posto senza però riuscire a competere con i migliori: accanto a loro al via anche Edvald Boasson Hagen e Mathew Hayman (Team Sky), André Greipel e Jürgen Roelandts (Lotto-Belisol), Yauheni Hutarovich (Ag2r), Borut Bozic e Maxim Iglinskiy (Astana), Lars Boom e Marc Renshaw (Blanco), il campione del mondo Philippe Gilbert e Thor Hushovd (Bmc), Arnaud Démare (Fdj), Tyler Farrar e Johan Vansummeren (Garmin-Sharp), Matthew Goss (Orica-GreenEdge), Alexander Kristoff (Katusha), José Joaquín Rojas e Francisco Ventoso (Movistar), John Degenkolb (Argos-Shimano), Matti Breschel (Saxo-Tinkoff), Juan Antonio Flecha e Björn Leukemans (Vacansoleil) e Heinrich Haussler (Iam Cycling) con i nostri Daniel Oss (Bmc), splendido 3° al Gp Harelbeke, Filippo Pozzato e Alessandro Petacchi (Lampre-Merida), Elia Viviani (Cannondale), Luca Paolini (Katusha), Giacomo Nizzolo (RadioShack) e Daniele Bennati (Saxo-Tinkoff) pronti a dire la loro.
La corsa è stata disputata in condizioni atmosferiche difficilissime con temperature anche al di sotto dello zero e un forte vento che ha fatto sentire la propria presenza, facendo sì che dopo pochi km il gruppo già si spezzasse in cinque tronconi con Boonen, Cavendish, Greipel, Sagan, Oss e Paolini rimasti nel plotoncino di testa composto da 26 unità mentre Cancellara, Flecha, Goss, Hushovd e Gilbert tra gli altri sono stati costretti a inseguire per 60 km prima di chiudere un gap che era arrivato vicino ai 2′ grazie soprattutto al lavoro della RadioShack e Pozzato, che si era fatto sorprendere rimanendo nel terzo troncone, è riuscito a sua volta a rientrare grazie al rallentamento che è seguito al rientro del gruppo di Cancellara: la corsa dello svizzero è però finita pochi km dopo quando, a termine di un colloquio con il suo direttore sporivo Dirk Demol, ha scelto di salire in ammiraglia evidentemente per non compromettere la preparazione per Fiandre e Roubaix. Un attacco in forze della Bmc in un tratto di vento laterale ha nuovamente spezzato il plotone con Sagan tra coloro che hanno perso qualche decina di metri ma questa volta l’azione si è esaurita in breve e immediatamente dopo il ricompattamento Flecha è scattato seguito da Matthieu Ladagnous (Fdj) e Assan Bazayev (Astana) arrivando a guadagnare poco meno di 1′ sul gruppo tirato dalla Cannondale, che si è dimostrata molto più solida e compatta rispetto alle aspettative e ha saputo competere alla pari con corazzate come l’Omega-QuickStep e la Bmc, prima che iniziasse la parte del percorso più impegnativa con 9 muri, su tutti il Kemmelberg da scalare per due volte, da scalare tra i -97 e i -42 dal traguardo prima del finale completamente pianeggiante. Sullo strappo del Baneberg è stato Gilbert, piuttosto anonimo in questo inizio di 2013, a smuovere le acque con Sagan, Boasson Hagen e Boonen pronti incollarsi alla sua ruota seguiti ma la corsa del fuoriclasse fiammingo terminerà di lì a poco in seguito a una brutta caduta poco prima del secondo passaggio sul Kemmelberg in cui ha battuto il ginocchio sinistro, anche se la partecipazione ai prossimi appuntamenti per lui non sembra essere a rischio. L’azione decisiva è arrivata a 57 km ad opera di Haussler, atleta che sembra aver trovato una nuova giovinezza con il trasferimento alla Iam Cycling, sul quale si sono portati Jens Debusschere (Lotto-Belisol), Bernhard Eisel (Team Sky), il sempre presente Greg Van Avermaet (Bmc), uno Stijn Vandenbergh (Omega-QuickStep) costantemente con i migliori da quando è iniziata la campagna del Nord, il sempre più sorprendente Andrey Amador (Movistar), un Borut Bozic ancora protagonista dopo il recente secondo posto nella recente Dwars door Vlaanderen alle spalle del nostro Oscar Gatto, uno Jaroslav Popovych (RadioShack) che sembra aver trovato nelle classiche del Nord il suo terreno ideale dopo aver abbandonato i sogni di fare classifica nei grandi Giri che aveva coltivato a inizio carriera e soprattutto la coppia della Cannondale composta da Sagan e dal forte cronoman polacco Maciej Bodnar, che si è messo a completa disposizione dello slovacco e con le sue trenate sarà determinante nell’impedire il ritorno del gruppo: i contrattaccanti si sono riportati su Ladagnous, Bazayev e un inesauribile Flecha, che ha comunque forzato ancora l’andatura sul Kemmelberg provocando il cedimento del kazako e mettendo in leggera difficoltà anche Haussler e Popovych che comunque sono prontamente rientrati, mentre dietro Omega-QuickStep, Lotto-Belisol e Blanco hanno atteso che arrivasse il tratto finale in pianura prima di iniziare l’inseguimento per non mettere in difficoltà i rispettivi velocisti ma quando iniziato a farlo il distacco dalla testa era già di 1′30” e si è rivelato impossibile da colmare.
Gli undici uomini al comando, rimasti successivamente in dieci per via di una foratura di cui è rimasto vittima Debusschere che verrà ripreso dal gruppo, hanno proseguito di comune accordo fino a 5 km dal traguardo, quando Bodnar dopo aver svolto il grosso del lavoro si è fatto da parte. Il primo a muoversi è stato Vandenbergh immediatamente seguito da Flecha e Sagan che a quel punto, memore forse di quanto accaduto alla Milano-Sanremo quando in una situazione analoga aveva atteso la volata in cui era stato battuto da Gerald Ciolek, malgrado fosse nettamente il più veloce allo sprint è partito in contropiede e, approfittando anche di un attimo di esitazione degli inseguitori, ha fatto subito il vuoto e ha continuato ad incrementare il vantaggio fino al traguardo, in cui si è prodotto in una delle sue tipiche esultanze un po’ sopra le righe e non troppo gradite da alcuni colleghi, primo fra tutti Cancellara, impennando la bici nel momento di varcare la linea bianca: l’impressione è che però lo svizzero e tutti gli altri dovranno rassegnarsi nei prossimi anni a subire la supremazia del fenomeno di Zilina, che sembra aver compiuto in questo 2013 il definitivo salto di qualità e che con questo successo alla Gand-Wevelgem ha rotto il ghiaccio anche in una grande classica dopo gli innumerevoli piazzamenti negli ultimi anni. La volata dei battuti giunti a 23” da Sagan ha visto prevalere Bozic su Van Avermaet, Haussler, un Flecha che avrebbe forse meritato la piazza d’onore per quanto fatto in precedenza, Ladagnous, Eisel, Vandenbergh, Popovych e Amador mentre il gruppo ha chiuso a 40” regolato da Greipel su Démare, Breschel, Kristoff e un Viviani 15° che ha salvato in parte l’onore del tricolore in una corsa in cui gli azzurri sono stati nel complesso molto deludenti a partire da Pozzato, ancora una volta mai nel vivo della battaglia come già era accaduto al Gp Harelbeke. La campagna del Nord proseguirà ora con la Tre Giorni di La Panne in programma dal 26 al 28 marzo prima dell’attesissimo Giro delle Fiandre che si disputerà domenica 31.

Marco Salonna

PAGELLE 2013: PROMOSSI E BOCCIATI DELLA MILANO – SANREMO

marzo 19, 2013 by Redazione  
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Magistrale Ciolek, ottime prestazioni anche di Chavanel e Stannard. Male invece gli italiani Nibali e Pozzato, grandi attesi della vigilia.

Foto copertina: Ciolek giù dal Poggio (foto Bettini)

Gerald Ciolek: fino a qualche anno fa, dopo il ritiro di Zabel, contendeva insieme ad Haussler il titolo di miglior velocista di Germania. Il secondo fu battuto da Cavendish alla Classicissima 2009 per pochi millimetri, al termine di una volata tiratissima mentre Ciolek, erede designato di Zabel nonché suo pupillo, nelle ultime stagioni si era un po’ perso. Nelle volate di gruppo nei Grandi Giri risultava molto spesso piazzato e quasi mai vincente forse perché gli mancava la potenza necessaria per competere con gli sprinter puri più forti al mondo. La Sanremo ha dimostrato, infatti, che Gerald non può essere considerato solo un velocista ma un atleta completo capace, dopo tanti chilometri percorsi al freddo sotto la pioggia, di resistere agli allunghi degli scattisti sul Poggio. Nella volata finale, poi, è emerso il suo istinto da velocista che gli ha permesso di “saltare” agevolmente lo slovacco Sagan, autore di una volata totalmente sbagliata. Voto: 10 e lode

Peter Sagan: il secondo posto costituisce il meritato riconoscimento per chi, come lo slovacco, non dimostra rispetto per gli avversari in gara. Sempre smargiasso e un po’ arrogante, anche in questa Sanremo ha aspettato che altri ciclisti prendessero l’iniziativa per poi, eventualmente, batterli in volata. Molto lesto nel seguire Paolini e Cancellara sul Poggio, sperava che quest’ultimo si mettesse come suo solito in testa a tirare a tutta fin sul traguardo, per poi ripagare questa generosità bruciandolo sulla linea del traguardo. Invece, lo svizzero quest’anno (memore delle due passate edizioni) ha collaborato con il gruppetto degli attaccanti ma con meno foga e così lo slovacco ha dovuto esporsi maggiormente per riuscire a tenere compatto il drappello fin sull’arrivo. In volata, poi, ha incredibilmente sottovalutato le potenzialità di Ciolek (che, da bravo velocista, gli si era incollato a ruota) impostando un lungo sprint e partendo spavaldamente dalla testa del gruppo, nell’assoluta certezza di poter comunque battere tutti. Con questa sbruffoneria non si vincono le corse, né tantomeno una gara difficile e ambita come la Classicissima. Voto: 8

Fabian Cancellara: l’impressione è che nelle ultime due stagioni abbia perso parte della potenza che lo ha reso famoso e questo spiegherebbe la condotta di gara meno arrembante tenuta alla Sanremo. Oltre a questo aspetto è necessario, tuttavia, sottolineare il fatto che tra lo svizzero e Sagan non corre buon sangue e quindi per nessuna ragione Cancellara avrebbe favorito una vittoria dello slovacco. Inoltre, già nelle edizioni 2011 e 2012 la Locomotiva di Berna era stata beffata proprio sul traguardo da avversari che, in entrambe le occasioni, avevano sfruttato indecorosamente la sua generosità. Conquista comunque un podio prestigioso che non può non confortarlo in vista delle sue classiche preferite: Giro delle Fiandre e Parigi – Roubaix. Voto: 8

Luca Paolini: senza questa vecchia guardia del ciclismo molto probabilmente il drappello di uomini che è giunto a giocarsi la corsa non si sarebbe mai formato. Infatti è stato proprio il lombardo a dar fuoco alle polveri sul Poggio, e nel momento dello scatto abbiamo intravisto lo stesso corridore che risultò fondamentale per la conquista della Sanremo 2003 da parte di Bettini. Purtroppo gli anni passano e Luca ha perso parte dello spunto veloce che aveva un tempo e nella volata finale non è riuscito a cogliere un risultato migliore di un pur ottimo quinto posto. Voto: 7,5

Sylvain Chavanel: protagonista dell’azione più pericolosa condotta tra Cipressa e Poggio. Se si fosse risparmiato maggiormente, magari evitando di rispondere alla forte progressione di Stannard su quest’ultima salita, avrebbe potuto resistere al rientro degli inseguitori. Coglie comunque un onorevole quarto posto che fa ben sperare il francese in prospettiva delle classiche fiamminghe. Voto: 7,5

Ian Stannard: questo massiccio ciclista britannico è tra i promotori, insieme a Chavanel, di un’ottima azione fin sul Poggio. Nonostante abbia corso tutta la gara come punto di appoggio per il capitano Boasson Hagen, mette addirittura in difficoltà il transalpino su di un terreno, la salita, apparentemente sfavorevole alle sue caratteristiche fisiche. Stannard rappresenta l’ennesima sorpresa che ci ha riservato una formazione, quella del Team Sky, sempre più protagonista assoluta del ciclismo internazionale. Voto: 7,5

Vincenzo Nibali: sperava di correre la Sanremo sotto la pioggia così da veder esaltate le sue doti da discesista. Purtroppo per il siciliano, insieme alla pioggia, è sopraggiunto un freddo artico che lo ha costretto ad abdicare. Voto: 5

Philippe Gilbert: giunto all’appuntamento con la Classicissima ancora un po’ in sovrappeso, prova ad anticipare gli altri favoriti, promuovendo un’azione prima di affrontare la salita del Poggio. Purtroppo il suo tentativo è naufragato prima ancora di imboccare lo strappo. Voto: 5,5

Mark Cavendish: evidentemente a suo agio con pioggia e freddo, è tra i pochi velocisti (Petacchi, Goss – Voto: 4) a resistere fin sul Poggio. Il risultato finale non premia la sua tenacia ma la sua prova è comunque da apprezzare. Voto: 5,5

Filippo Pozzato: aveva dichiarato alla vigilia di essere in ottima forma, bisogna sperare che si sia sbagliato. Infatti, dopo essere riuscito a rientrare sul gruppetto degli attaccanti (fra cui Gilbert) lungo la discesa della Cipressa, speravamo di vederlo attaccare sul Poggio. Invece, non solo non ha promosso nessuna azione, ma non è stato nemmeno capace di reggere il ritmo imposto da Paolini. Voto: 4,5

Tom Boonen, Thor Hushovd, Edvald Boasson Hagen: questi imponenti ciclisti del nord, amanti delle condizioni estreme che si trovano spesso nelle Classiche fiamminghe, si sono arresi all’eccezionale ondata di maltempo che si è abbattuta sulla Milano – Sanremo. Voto: 3

Francesco Gandolfi
gandolfi.francesco@libero.it

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