MOHORIC CONSOLA LA SLOVENIA, DOMANI LE ULTIME MONTAGNE
Matej Mohoric (Bahrain–Victorious) conquista la sua terza prestigiosa vittoria al Tour de France 2023 battendo in volata Kasper Asgreen (Soudal – QuickStep) e Ben O’Connor (Ag2r Citroën), terzetto che ha piazzato lo scatto decisivo da un gruppo numeroso che ha contraddistinto la fuga di giornata.
Tappa la 19ma che fa gola a tanti perchè è l’ultima vera occasione di vincere una tappa soprattutto per quelle formazioni a secco di vittorie, appena transitati dal chilometro zero è subito bagarre con il solito Victor Campenaerts (Lotto Dstny) che tutto solo prova ad allungare, il belga viene ripreso dal gruppo che in avvio è in forze per tenere una velocità elevata nell’approccio del primo gpm di giornata. Il nuovo tentativo di allungo è piazzato da Peter Sagan (TotalEnergies) a cui si accodano poco dopo Mads Pedersen (Lidl – Trek) e Alexey Lutsenko (Astana Qazaqstan Team) questi due tirano diritto e restano per circa 12 chilometri da soli al comando con un vantaggio massimo di 22”. La coppia al comando non guadagna, dietro infatti dal gruppo si susseguono altri scatti con Bryan Coquard (Cofidis), Matteo Trentin (UAE Team Emirates), Michal Kwiatkowski (Ineos Grenadiers) e Julian Alaphilippe (Soudal-QuickStep). In cima al gpm Pedersen transita per primo e prova a forzare in discesa tanto che spesso si toglie da ruota Lutsenko costretto a riportarsi più volte sotto il danese, intanto, a causa anche della strada stretta e tortuosa il gruppo si spezza ed a farne le spese è Adam Yates (UAE Team Emirates) riuscendo successivamente a rientrare. Partenza ancora una volta velocissima con la fuga che non riesce ad andare, ripresa la coppia al comando prova ancora un eterno Alaphilippe ancora con Pedersen e Lutsenko ed anche Stefan Kung (Groupama-FDJ) a cui si accoda inizialmente Nils Politt (Bora-hangrohe) e successivamente Alberto Bettiol (EF Education – EasyPost). Questa volta davanti si viene a formare un drappello con dentro: Warren Barguil (Team Arkéa – Samsic), Tiesj Benoot (Jumbo-Visma), Jack Haig (Bahrain – Victorious), Julian Alaphilippe (Soudal – QuickStep), Georg Zimmermann (Intermarché – Circus – Wanty), Nils Politt (BORA – hansgrohe), Victor Campenaerts (Lotto Dstny), Mads Pedersen (Lidl – Trek) e Matteo Trentin (UAE Team Emirates). Dopo 60 chilometri il loro vantaggio sale a 33” sul gruppo, sembra fatta, pare che la fuga possa andare via ed invece no perche dal gruppo c’è chi non ci sta e sono gli uomini di tre squadre Israel – Premier Tech, Uno-X Pro Cycling ed EF Education – EasyPost. Il gruppetto dei quindici raggiunge un vantaggio massimo di 1:16” e la situazione di corsa resta incerta fino a quando Politt è costretto a mettere piede a terra per la rottura della catena. Da questo istante in poi è un continuo recupero di tempo per chi insegue fino ad arrivare a 22”, gap che si riduce in prossimità del traguardo volante con la volata vinta da Jasper Philipsen (Alpecin-Deceuninck). Per effetto della volata le carte dietro vanno a rimescolarsi e la fuga guadagna una decina di secondi su un gruppetto di ben 29 uomini. Il ricongiungimento non tarda così ad arrivare, ma è ancora Campenaerts a trovarsi tutto solo al comando ma per poco perchè il belga si pianta letteralmente nell’ascesa al secondo gpm di giornata. La situazione di corse quindi vede un folto gruppo in avanscoperta così composto: Thomas Pidcock (INEOS Grenadiers), Ben O’Connor (AG2R Citroën Team), Hugo Houle (Israel – Premier Tech), Ion Izagirre (Cofidis), Krists Neilands (Israel – Premier Tech), Neilson Powless (EF Education-Easypost), Matej Mohorič (Bahrain – Victorious), Oliver Naesen (AG2R Citroën Team), Jonas Abrahamsen (Uno-X Pro Cycling Team), Marco Haller (BORA – hansgrohe), Kasper Asgreen (Soudal – QuickStep), Alberto Bettiol (EF Education-Easypost), Christophe Laporte (Jumbo-Visma), Daniel Oss (TotalEnergies), Anthony Turgis (TotalEnergies), Fred Wright (Bahrain – Victorious), Jasper Philipsen (Alpecin-Deceuninck), Simon Clarke (Israel – Premier Tech), Rasmus Tiller (Uno-X Pro Cycling Team), Luka Mezgec (Team Jayco – AlUla), Luke Durbridge (Team Jayco – AlUla), Søren Wærenskjold (Uno-X Pro Cycling Team), Dylan Groenewegen (Team Jayco – AlUla) e Jordi Meeus (BORA – hansgrohe). Dietro inizialmente la Intermachè, senza uomini davanti, ha provato a riportarsi sotto ma gli uomini di Biniam Ghirmay hanno dovuto alzare bandiera bianca con la Jumbo – Visma a questo punto a far tornare la definitiva quiete dopo la tempesta, andatura di controllo e fuga lasciata andare. Davanti infatti il gap si dilata subito, al gpm intanto scollina un terzetto sono Asgreen, Mohoric e O’Connor, a circa 20” grazie ad un gran lavoro di Pedersen transitano Pidcock, Barguil, Haig, Izagirre, Zimmermann, Van Der Poel, Naesen, Bettiol, Laporte, Strong, Pedersen e Mezge. Poco dopo finita la discesa si rifanno sotto Benoot, Alaphilippe, Houle, Neilands, Van Den Berg, Haller, Turgis, Wright, Philipsen, Trentin, Tiller e Groenewegen. Al terzetto in testa restano 15” di vantaggio ma dietro non c’è collaborazione, riescono ad allungare soltanto Laporte, Pedersen, Trentin, Bettiol, Pidcock, Mezgec, Zimmermann, Philipsen e Van Der Poel. Questi nove uomini hanno 25” da recuperare ai battistrada a dieci chilometri dalla conclusione, mentre dietro uno sfortunato Barguil, vittima di una foratura resta tagliato fuori dal possibile rientro. Davanti Asgreen, Mohoric e O’Connor viaggiano di comune accordo e vedono il gap salire a 30” a 5 chilometri dall’arrivo e così entrano anche nell’ultimo chilometro, dietro non c’è più possibilità di rientrare. Piccolissima fase di studio tra i tre con O’Connor in terza posizione che si fa sfilare per partire poi in volata a 400 metri dal traguardo, riparte Asgreen con Mohoric che gli si francobolla alla ruota lo affinca a sinistra e grazia al colpo di reni la passa per pochissimo tanto che nessuno dei due esulta in attesa del fotofinish! Tappa allo sloveno che scoppia in lacrime ricordando Gino Mader. Domani ultime montagne con le salite di prima categoria il Petit Ballon (9.3 km al 8.1%) e infine il Col du Platzerwasel (7.1 km al 8.4%) decreteranno le posizioni esatte in classifica generale e nella speciale classifica della maglia a pois.
Antonio Scarfone
ASGREEN BEFFA I VELOCISTI DOPO LO “SGARBO” DI PHILIPSEN
Doveva essere una tappa votata all’arrivo in volata e invece i “voti” migliori se li sono presi i fuggitivi di giornata, capaci di resistere per un amen all’affannosa rincorsa del gruppo. La tappa passerà alla storia anche per un deprecabile gesto intimidatorio del quale si è macchiato il leader della classifica a punti Jasper Philipsen nei confronti del collega Pascal Eenkhoorn
Dopo la scorpacciata di tappe alpine che hanno determinato la superiorità di Jonas Vingegaard (Team Jumbo Visma) su Tadej Pogacar (UAE Team Emirates) e con le quali il ciclista danese ha ipotecato la vittoria del suo secondo Tour consecutivo, la diciottesima tappa da Moûtiers a Bourg-en-Bresse di 185 km dovrebbe sorridere ai velocisti, a meno che una fuga numerosa riesca ad evadere e ad avere la meglio sul gruppo. Alla partenza da Moûtiers non si presentava Wout van Aert (Team Jumbo Visma), rientrato a casa per la nascita del figlio. Un Tour sicuramente discreto per il campione belga, sempre a servizio di Vingegaard, anche se gli è mancato l’acuto della vittoria di tappa (solo due secondi e due terzi posti). Nei primi chilometri della tappa si formava la fuga di giornata grazie all’azione di tre ciclisti: Victor Campenaerts (Team Lotto Dstny), Kasper Asgreen (Team Soudal Quick Step) e Jonas Abrahamsen (Uno X Pro Cycling Team). Il ciclista danese scollinava in prima posizione su entrambi i GPM che caratterizzavano la tappa: la Côte de Chambery-le-Haut posta al km 62.1 e la Côte de Boissieu posta al km 105.2. Intorno al km 120 Pascal Eenkhoorn (Team Lotto Dstny) ecadeva dal gruppo maglia gialla e raggiungeva la testa della corsa. A 55 km dalla conclusione i quattro uomini di testa avevano 50 secondi di vantaggio sul gruppo maglia gialla. Abrahamsen completava il personale ‘triplete’ di tappa aggiudicandosi anche il traguardo volante di Saint-Rambert-en-Bugey posto al km 132.9. Le squadre più attive all’inseguimento dei quattro fuggitivi erano la Jayco-AlUla, la Lidl Trek, la Bora Hansgrohe e naturalmente l’Alpecin Deceuninck, tutta a disposizione per la maglia verde Jasper Philipsen. Le trenate a più riprese di un inesauribile Campenaerts consentivano al quartetto di testa di passare sotto lo striscione dell’ultimo chilometri con un avantaggio di 6 secondi sul gruppo. Alcune curve e semicurve posizionate proprio negli ultimi 1000 metri avvantaggiavano i quattro di testa che riuscivano a mantenere un vantaggio sufficiente per giocarsi la vittoria di tappa. Era Asgreen ad imporsi davanti a Eenkhoorn ed Abrahamsen, mentre in quarta posizione si piazzava Philipsen e chiudeva la top five Mads Pedersen (Lidl – Trek). Nella top ten si segnalava l’ottavo posto di Matteo Trentin (UAE Team Emirates) e il decimo posto di Luca Mozzato (Team Arkea Samsic). Asgreen ottiene così la prima vittoria stagionale dopo essersi imposto nella prova a cronometro dei campionati nazionali danesi. In classifica generale resta tutto invariato con Vingegaard nettamente primo davanti a Tadej Pogacar (UAE Team Emirates). La tappa è stata caratterizzata anche da un bruttissimo gesto compiuto da Philipsen nei confronti di Eenkhoorn, quando quest’ultimo aveva tentato – e successivamente ci riproverà con successo – di uscire dal gruppo per raggiungere i fuggitivi e il titolare della maglia verde lo aveva quasi stretto al ciglio della strada, orribile gesto intimidatorio al fine di convincere il corridore olandese a desistere nel suo tentativo. Domani è in programma la diciannovesima tappa da Moirans-en-Montagne a Poligny di 172.8 km. Il percorso è sicuramente più vallonato di quello della tappa di oggi e non è da escludere che questa volta la fuga possa avere chances più concrete di successo. I ciclisti dovranno affrontare due GPM , il primo di quarta categoria dopo circa 20 km dalla partenza ed il secondo di terza categoria a 28 Km dall’arrivo.
Giuseppe Scarfone
LA CRESTA DEL GALL A COURCHEVEL, DEFINITIVO CROLLO DI POGACAR
L’ultimo tappone alpino vede il netto crollo di Tadej Pogacar, già apparso in sofferenza ieri nella crono di Combloux. Il danese Vingegaard attacca ed estende il suo dominio, mentre in testa alla corsa si mette in luce l’austriaco Felix Gall
Il “gallo” Felix Gall (AG2R Citroën Team) canta nella tappa regina del Tour de France, la diciassettesima da Saint-Gervais Mont-Blanc a Couchevel di 165,7 chilometri. Dietro il corridore austriaco un mai domo Simon Yates (Team Jayco AlUla) chiude secondo all’arrivo a 34″ dal vincitore e recupera un sacco di posizioni in classifica generale. Il merito della vittoria è quasi tutto del lavoro fatto dal compagno di squadra di Gall, Ben O’ Connor.
La giornata segna, inoltre, il definitoivo crollo di Tadej Pogacar (UAE Team Emirates), il quale – tra l’altro coinvolto in una caduta a inzio tappa – ha perso contatto dai migliori e dalla maglia gialla Jonas Vingegaard (Jumbo-Visma) all’inizio del tratto più duro del Col de la Loze. Già ieri nella crono il danese aveva inflitto quasi due minuti allo sloveno e con la frazione di oggi Vingegaard blinda il simbolo del primato.
La prima fuga vede protagonisti Giulio Ciccone e Mads Pedersen (Lidl – Trek), Neilson Powless (EF Education-EasyPost), Luka Mezgec (Team Jayco AlUla) e Jonas Gregaard (Uno-X Pro Cycling Team), con l’abruzzese punta a conquistare i GPM per dilatare il suo vantaggio nella classifica della maglia a pois di miglior scalatore.
Ad un certo punto Pogacar cade, ma riesce a rientrare nel gruppo maglia gialla. Il campione sloveno ha, però, una ferita al ginocchio sinistro. Powless perde le ruote del gruppo di testa, mentre Ciccone guadagna altri punti nella classifica dei “grimpeur”-
La bagarre vera e propria si scatena sul tremendo Col de La Loze, la vetta più alta del Tour 2023: scollinamento a 2304 metri di altitudine al termine di un’arrampicata lunga 28,1 km al 6% di media, ma con punte anche al 24%.
Per Pogacar questa ascesa si trasforma in un vero e proprio calvario, va in crisi appena le pendenza si fanno aspre e perde oltre tre minuti da Vingegaard.
Ad un certo punto la macchina della giuria si inchioda in salita dietro una moto rimasta bloccata a causa della folla e delle pendenze elevate. Non c’è spazio per passare e così Vingegaard e il suo compagno di squadra Wilco Kelderman sono costretti a ripartire praticamente da fermi.
Gall continua nella sua progressione verso la vetta dell’ultima salita odierna: ha 20” su Simon Yates, 1’45” su Vingegaard (che nel frattempo ha “salutato” Kelderman) e 5’33” su Pogacar.
Gall passa per primo sul Col de La Loze, seguito da Yates e dalla maglia gialla, che ha raggiunto Pello Bilbao (Bahrain Victorius) e David Gaudu (Groupama-FDJ). In discesa il britannico prova una disperata rimonta su Gall, mentre il distacco di Pogacar supera i 6’.
Ma c’è ancora l’ultimo ripido strappo, quella che porta all’arrivo di Courchevel con punte al 18%. Gall resiste e trionfa in solitaria, conquistando la sua seconda vittoria stagionale dopo il successo nella quarta tappa del Giro della Svizzera. Sul gradino più basso del podio si piazza Bilbao a 1’38”, pochi secondi più tardi Vingegaard termina la tappa 1’52” dopo l’arrivo di Gall.
La nuova classifica generale vede il danese incrementare il proprio vantaggio e ora ha 7’35” su Pogacar, 10’45” su Adam Yates (UAE Team Emirates), 12’01” su Carlos Rodriguez (INEOS Grenadiers) e 12’19” su Simon Yates.
La nuova classifica dei GPM ha il suo leader in Giulio Ciccone, al comando con 88 punti seguito da Gall a 82 e Vingegaard a 77.
Domani 18a frazione da Moûtiers a Bourg-en-Bresse con due ma di quarta categoria. L’occasione pare buona per i cacciatori di tappe oppure torneranno protagoniste le ruote veloci.
Vito Sansone
VINGEGAARD, LE MANI SUL TOUR DE FRANCE
La maglia gialla conquista l’unica prova contro il tempo di questo Tour de France con distacchi abissali su tutti gli altri, rischiando anche di andare a riprendere il grande rivale Tadej Pogacar, che a sua volta era quasi andato a riprendere Carlos Rodriguez, terzo in classifica generale. Ormai solo una crisi può togliere la vittoria al danese.
Alla vigilia si parlava di lotta serrata, di questione di pochi secondi, si analizzava ogni metro della prova contro il tempo andata in scena oggi per capire quali fossero i tratti più favorevoli all’uno o all’altro.
Alla fine, invece, non c’è stata storia e questo è vero su un doppio piano perché i due contendenti di questo Tour de France hanno dato enormi distacchi agli avversari. Tadej Pogacar (UAE Team Emirates) ha dato oltre un minuto ad uno specialista come Wout Van Aert (Jumbo-Visma), che era anche accreditato per una possibile vittoria, ed è andato a riprendere Carlos Rodriguez (INEOS Grenadiers) che non è uno specialista, ma è pur sempre terzo in classifica generale. Jonas Vingegaard (Jumbo-Visma) ha però offerto una prova straordinaria dando quasi 4 secondi al chilometro a Pogacar, un distacco che era quello che gli scalatori leggeri come Pantani prendevano negli anni 90 da specialisti come Indurain o Ullrich.
Alcuni segnali c’erano indubbiamente stati, perché lo sloveno – dopo aver comunque distanziato il danese anche se per pochi secondi sia a Cauterets, sia sul Puy de Dome – non era sembrato brillante sul Grand Colombier e soprattutto due giorni fa Saint Gervais Mont Blanc, quando si era avuta addirittura l’impressione che la maglia gialla avrebbe potuto partire e staccarlo.
Indubbiamente la preparazione del campione nazionale sloveno non è stata delle migliori, visto che si è dovuto fermare diversi mesi a causa dell’incidente alla Liegi, ma i più pensavano che questo avrebbe potuto portare grattacapi nella prima settimana, difficoltà che ci sono state avendo lo sloveno perso un minuto nella prima tappa pirenaica, ma che sono sembrate più legate ad una giornata storta piuttosto che ad una condizione scarsa.
Ora rimane da capire se lo sloveno abbia accusato il giorno di riposo oppure se i valori contro il tempo siano questi perché, come già si è detto, Pogacar ha dato comunque oltre un minuto a tutti gli altri avversari, specialisti compresi, quindi forse sono più i meriti di Vingegaard che i demeriti di Pogacar, anche se il capitano della UAE non aveva una pedalata brillantissima, soprattutto sulla salita di Domancy, tratto di percorso nel quale ha continuato a perdere da Vingegaard, che non aveva cambiato la bicicletta e quindi percorreva il tratto con un mezzo decisamente più pesante e meno adatto al tracciato.
Nel tratto finale, invece il distacco si è dilatato, in quanto la bicicletta da cronometro offre un certo vantaggio su pendenze dolci.
Dopo i primi tre si è piazzato Pello Bilbao (Bahrain – Victorious) seguito dai fratelli Yates separati da Remi Cavagna (Soudal – Quick Step): il ritardo di questi atleti è stato intorno ai 3 minuti. Il distacco di Rodriguez, giunto dodicesimo a 3′36″ ha permesso a Adam Yates (UAE Team Emirates) di risalire sul podio virtuale. Buona la prova di Giulio Ciccone (Lidl-Trek), che ha preso 6 minuti ma per le sue caratteristiche non è un cattivo risultato.
Va detto che, in effetti, è statp un Tour senza storia con i primi due semplicemente su un altro livello rispetto a tutti gli altri, con il terzo a oltre 8 minuti quando mancano ancora due tappe di montagna da affrontare. Vingegaard ha dato oltre 8 secondi al chilometro ai corridori in lotta per il podio.
La considerazione più immediata è che, se uno di questi corridori dovesse fare il Giro d’Italia oppure se uno dovesse essere costretto a saltare il Tour per qualche motivo, si avrebbe una corsa a tappe senza storia, un monologo degno del periodo Armstrong.
Ora solo una crisi potrà rimettere tutto in discussione, però siamo alla terza settimana e le crisi possono sempre venire. Purtroppo le tappe di montagna ancora da affrontare, seppur dure, non presentano un chilometraggio degno e quindi anche provocare crisi diventa difficile. Analogamente la preparazione scientifica che vige in casa Jumbo rende difficile pensare che possano capitare crisi di fame o dovute a cattiva gestione dello sforzo.
Conosciamo il carattere di Pogacar, corridore che non si arrende, e lo sloveno cercherà probabilmente un attacco da lontano, però il problema sarà staccare un Vingegaard che sembra in condizione di rispondere colpo su colpo.
La punta di velocità dimostrata da Pogacar a Cauterets è superiore a quella del danese, ma ora si tratta di recuperare un distacco importante e dopo aver speso parecchie energie sulle strade di questo Tour.
Benedetto Ciccarone
POELS SUL MONTE BIANCO. TADEJ E JONAS ARRIVANO INSIEME. DANESE SEMPRE IN GIALLO
Wout Poels è uno di quegli scalatori che quando becca la giornata giusta può essere micidiale e lo ha dimostrato oggi vincendo la 15 tappa del Tour de France. L’olandese in forza alla Bahrain-Victorius ha avuto la meglio sui numerosi compagni di fuga, battendo nettamente lungo la salita finale Wout Van Aert (Jumbo-Visma) condannto all’ennesimo piazzamento di una Grand Boucle in cui proprio non riesce ad alzare le braccia al cielo. Poels ha staccato il fenomeno belga poco dopo i -10 lungo le rampe più dure del Col des Amerands ed è giunto al traguardo con oltre 2 minuti sul corridore della Jumbo. Terza piazza per il transalpino Mathieu Burgaudeau (TotalEnergies) bravo nel finale ad emergere dal gruppetto degli inseguitori.
La lotta per la maglia gialla ha invece sortito un nulla di fatto. Dopo lo spettacolo delle ultime due tappe, oggi Tadej Pogacar (UAE Team Emirates) e Jonas Vingegaard (Jumbo-Visma) si sono controllati a lungo. Lo sloveno ha attaccato solo nell’ultimo km, ma il fuoriclasse danese non ha dato nessun segno di cedimento e non ha perso neanche un metro dal rivale, che ha affiancato poco prima della linea d’arrivo lasciando intendere ancora una volta che non ha nessuna intenzione d’abdicare.
La 15a tappa, da Les Gets Les Ports du Soleil a Saint-Gervais Mont-Blanc per un totale di 179 km, era posta al termine di un fine settimana di alta montagna e proponeva l’ultimo vero arrivo in salita della Gran Boucle 2023. Dopo la partenza all’insù, i corridori erano attesi da un primo tratto di circa 30 km pianeggiante che anticipava la prima ascesa di giornta, il Col de Fleuries (8,9 km al 4,6%; non classificato come gpm) posto al km 40. Quindi, un tratto di saliscendi e lo sprint intermedio di Bluffy (km 72) facevano da prologo al primo gpm di 1a categoria di giornata, il Col de la Forclaz de Montmin (7,2 km al 7,4%) la cui cima si trovava ai -96. Al termine della successiva discesa vi erano un’altra salita non segnalata come gpm, il Col du Marais (10,2 km al 3,2%), e un altro gpm di 1a categoria, il Col de la Croix Fry (11,4 km al 7,1%) ai -57. Dopo una breve discesa, la strada tornava a salire con il Col de Aravis (4,4 km al 6,2%), gpm di 3a categoria posto ai -45. A questo punto i corridori dovevano affrontare una prima discesa, un tratto di falsopiano e un’ultima discesa prima delle ultime due salite: la Cote des Amerands (2,7 km al 10,1%) ai -8,4 e dopo un brevissimo tratto all’ingiù l’ascesa che portava a Saint-Gervais (7 km al 7,7%).
Come d’abitudine, la frazione è stata supemeggiante sin dalla partenza vista la lotta furibonda che si consumata nei primi 30 km per entrare nella fuga di giornata. Dopo una lunga serie di tentativi, l’azione buona è partita sul Col de Fleuries quando un gruppo piuttosto folto (circa un quarantina di corridori) si è man mano formato al termine di una serie di attacchi e contrattacchi. Il gruppo inizialmente non ha lasciato molto margine ai fuggitivi. Poi, intorno al km 50, un improvvido spettatore poco attento alla corsa ha letteralmente tirato giù Sepp Kuss (Jumbo-Visma) e quindi il compagno di squadra Nathan Van Hooydonck. I due colossi in lotta per la corsa, Jonas Vingegaard (Jumbo-Visma) e Tadej Pogacar (UAE Team Emirates), hanno schivato il pericolo ma praticamente mezzo gruppo maglia gialla è finito a terra e di conseguenza il plotone ha immediatamente rallentato per consentire il rientro dei tanti atleti caduti. La fuga ha così avuto il definitivo via libera aumentando rapidamente il vantaggio che di lì a poco ha superato gli 8 minuti.
Davanti nel frattempo i fuggitivi avevano già iniziato a frazionarsi, grazie all’azione di Julian Alaphilippe (Soudal-Quick Step) e Alexey Lutsenko (Astana Qazaqstan Team) partiti intorno al km 40. Alle loro spalle a poco più di mezzo minuto si trovavano 37 corridori: Nans Peters (AG2R Citroën Team), Mathieu van der Poel e Søren Kragh Andersen (Alpecin-Deceuninck), Mikel Landa e Wout Poels (Bahrain-Victorious), Marco Haller, Patrick Konrad e Nils Politt (BORA-hansgrohe), Guillame Martin e Ion Izagirre (Cofidis), Andrey Amador, Magnus Cort Nielsen, Neilson Powless e Rigoberto Urán (EF Education-EasyPost), Olivier Le Gac e Thibaut Pinot (Groupama-FDJ), Omar Fraile (INEOS Grenadiers), Rui Costa (Intermarché-Circus-Wanty), Michael Woods, Hugo Houle, Krists Neilands e Dylan Teuns (Israel-Premier Tech), Wout van Aert (Jumbo-Visma), Giulio Ciccone, Mattias Skjelmose Jensen e Juan Pedro López (Lidl-Trek), Alex Aranburu (Movistar), Warren Barguil e Simon Guglielmi (Team Arkéa-Samsic), Chris Hamilton (Team DSM-firmenich), Lawson Craddock, Christopher Juul-Jensen e Luka Mezgec (Team Jayco-Alula), Mathieu Burgadeau (TotalEnergies), Marc Soler (UAE Emirates), Jonas Abrahamsen e Torstein Træen (Uno-X Pro Cycling Team).
I due battistrada sono rimasti in testa a lungo col kazako che è passato in testa sul primo gpm di giornata, il Col de la Forclaz de Montmin, davanti ad ad Alaphilippe. A circa 40″ è transitato un gruppetto regolato da Ciccone che ha preceduto Powless recuperdando così 2 punti nella classifica per la maglia a pois. Il gruppo maglia gialla, tirato da Christophe Laporte (Jumbo-Visma) navigava ad 8′25″ (massimo vantaggio). La situazione in testa alla corsa era però fluida: Alaphilippe e Lutsenko sono stati ripresi nel tratto successivo alla discesa, mentre poco dopo dal gruppetto degli attaccanti è partito tutto solo Marco Haller. Il passista austriaco è rimasto in testa diversi chilometri, imboccando il Col de la Croix Fry con 45″ sugli insguitori e circa 7 minuti sul gruppo maglia gialla che nel frattempo aveva leggermente aumentato l’andatura. Lungo le prime rampe della salita, dal plotone di testa è partito Rui Costa. Il portoghese ha rapidamente ripreso Haller e lo ha poi agevolmente saltato restando tutto solo ai -60. L’azione del lusitano ha però risvegliato anche gli ex compagni di fuga, in particolar modo i corridori della Lidl-Trek che hanno iniziato a tirare per Ciccone, deciso a fare incetta di punti nei gpm e a rubare la maglia a pois a Neilson Powless. L’aumento di andatura messo in opera da Lopez e Skjelmose è riuscito a scremare il drappello degli attaccanti, facendo staccare tra gli altri proprio lo statuniteste. Una volta ripreso Rui Costa, Ciccone ha avuto vita facile nel transitare per primo sul gpm guadagnando i 10 punti necessari ad affiancare Powless in testa alla graduatoria dei gpm. Il gruppo, ancora in leggero recupero, è transitato con un gap di poco superiore ai 6 minuti.
Dopo una breve discesa, la strada è tornata a salire lungo le rampe del Col de Aravis. Ciccone ha provato a tenere compatto il drappello di testa anche lungo il terzultimo gpm di giornata, ma a metà salita è partito secco Marc Soler. Il Catalano ha guadangato una decina di secondi avviandosi allo scollinamento solitario. Ai -500, avvertito il pericolo, Wout Van Aert ha messo in atto una delle sue micidiali progressioni per lanciarsi all’inseguimento di Soler. Alla sua ruota si è immediatamente posto un lucidissimo Wout Poels, imitato di lì a poco da Krists Neilands. Il terzetto così formato è transitato sul gpm a pochi secondi da Soler che è stato poi ripreso lungo la discesa. Il nuovo quartetto di testa ha spinto a fondo lungo la discesa guadagnando subito un margine di poco meno di mezzo minuto sugli immediati inseguitori. Ai -36 Neilands è malamente caduto nel tentativo di recuperare una borraccia d’acqua da una moto dell’organizzazione. Il lettone si è poi rialzato e ha ripreso la corsa nononostante avesse colpito un muretto in cemento. Van Aert, Soler e Poels hanno invece proseguito la loro calvalcata continuando a guadagnare anche nel tratto in falspiano, al temine del quale avevano un vantaggio di ben 1′15″ sul drappello degli inseguitori composto da: Landa, Ciccone, Uran, Pinot, Skjelmose, Konrad, Aramburu, Martin, Houle, Teuns, Guglielmi, Barguil, Craddock e Burgaudeau. Il gap è ulteriormente aumentato nel tratto di discesa successivo e così il drappello inseguitore ha imboccato la Cote des Amerands con 1′30″ di ritardo dai battistrada.
Poels e Van Aert hanno approcciato la dura salita (2,7 km al 10,9%) con qualche metro di vantaggio su Soler che aveva perso le ruote dei due compagni d’avverntura lungo le ultime centinaia di metri della discesa. Lo spagnolo ha provato a rientrare ad inizio salita ma, proprio mentre stava per riaccodarsi a Poels e Van Aert, l’olandese ha piazzato il suo scatto secco. Van Aert non ha reagito e anzi ha perso contatto anche da Soler. Il belga e lo spagnolo hanno poi scollinato insieme con 30″ di ritardo dallo scatenato Poels. Gli immediati inseguitori nel frattempo avevano alzato bandiera bianca e ora solo Guillaume Martin continuava ad imporre un’andatura interessante al fine di recuperare tempo e posizioni in classifica generale. Nel gruppo maglia gialla invece, gli uomini della UAE avevano decisamente preso la testa, scalzando i rivali della Jumbo. In particolare rilievo Rafal Majka che ha imposto un ritmo talmente alto da far staccare uno alla volta i vari Pello Bilbao (Bahrain-Victorius), Simon Yates (Team Jayco-AlUla) e Jai Hindley (Bora-Hansgrohe). E così il drappello dei big si è rapidamente ridotto ad appena 7 unità: Vingegaard e Kuss della Jumbo-Visma, Pogacar, Majka e Adam Yates per la UAE, David Gaudu (Groupama-FDJ) e Carlos Rodriguez (Ineos Grenadiers).
Lungo la salita finale Van Aert ha staccato Soler, ma non è riuscito minimamente ad avvicinarsi a Poels. Anzi, l’olandese ha continuato a guadagnare su tutti gli inseguitori più immediati coronando l’attacco con una vittoria in grande stile. Alle sue spalle, staccato di oltre 2 minuti un ottimo Wout Van Aert che si è dovuto accontentare però dell’ennesimo piazzamento. Terza piazza per Burgaudeau, bravo a staccare gli altri inseguitori e a ripredere e staccare Soler nel finale.
Nel frattempo il drappello maglia gialla il ritmo è continuato a restare molto alto. Ai -4,5 Majka ha esaurito il suo lavoro, lasciando le redini della corsa ad Adam Yates. Il ritmo del britannico, ancora più asfissiante, ha fatto si che nel giro di pochi metri gli restassero a ruota solo Pogacar e Vingegaard. E’ così iniziata una fase di controllo con lo sloveno più volte impegnato a controllare il danese. Proprio a margine di uno di questi momenti di studio, Pogacar ha lasciato andare via il compagno Yates e così i due fuoriclasse che lottano per la maglia gialla si sono ritrovati impegnati nell’ennesimo duello. Vingegaard, evidentemente capito il gioco tattico, si è messo a ruota dello Sloveno consentendo il rientro del solito Rodriguez che si è immediatamente messo davanti a tirare col fine di limitare il gap da Yates. Proprio sotto lo striscione dell’ultimo km, Pogacar ha provato la sua irresistibile accelerazione, ma a differenza delle ultime volte, Vingegaard gli è stato facilmente a ruota. In men che non si dica i due hanno ripreso Yates e Soler. Pogacar ha provato nuovamente a staccare il rivale negli ultimi 300 metri ma anche stavolta lo scatto è stato vano, tanto che il danese ha voluto rimarcare la sua leadership affiancando lo sloveno sul traguardo. Il duo è giunto al traguardo con 6′04″ da Poels, precedendo Adam Yates (6′24″), Carlos Rodrigue (6′42″), Sepp Kuss e Marc Soler (7′05″), un tenace Gaudu (7′15″), Pello Bilbao (7′24″), Rafal Majka (7′52″) e un Jai Hindley in difficoltà (7′58″).
In classifica generale la maglia gialla Vingegaard mantiente 10″ su Pogacar, mentre Rodriguez è ora a 5′21″ dal Danese. Lo spagnolo della Ineos deve difendere il podio dallo scatenato Adam Yates, 4° a 5′40″. Perde terreno invece Jay Hindley, ora 5° a 6′38 e un pò lontano dal 3° posto. Segue Sepp Kuss, 6° a 9′16″ dal compagno di squadra, quindi troviamo Pello Bilbao a 10′11″ che oggi ha scavalcato Simon Yates, 8° a 10′48″. Completano la top ten provvisoria David Gaudu, 9° a 14′07″, e Guillaume Martin, 10° a 14′18″ dopo aver scavalcato Felix Gall (Ag2r Citroen Team) grazie alla fuga odierna.
Dopo il trittico alpino, domani i corridori potranno recuperare qualche energia grazie al secondo giorno di riposo della Grand Boucle in attesa della crono di martedì che potrebbe risultare decisiva ai fini della classifica generale. Vingegaard e Pogacar si sfideranno in una prova contro il tempo breve (appena 22,4 km) ma resa complicata dalla presenza di due strappi: la Cote de la Cascade de Coeur (1,3 km al 8,5) posta poco dopo la partenza e quindi la famigerata Cote de Domancy (2,8 km al 8,5%) ai -4. Gli ultimi 4000 metri saranno praticamente tutti in salita. Una prova che potrà rompere l’equilibrio visto nelle ultime giornate.
Pierpaolo Gnisci
FANTASMI DA MORZINE: POGACAR EYES WIDE SHUT
Una sola salita lottata, un solo secondo fra i duellanti. Tappa ridotta all’essenziale, ma ciclismo spaziale.
Kasparov ebbe a dire che gli scacchi sono lo sport più violento che esista. Il ciclismo in giornate come quella di Morzine può esibire solide credenziali quale pretendente al titolo. La tappa, micragnosamente breve ma infarcita di dislivello, si riduce al suo totem finale, il Joux Plane. Prima il tutto si riassume in una sebaldiana storia naturale della distruzione: i bombardieri Jumbo radono al suolo qualunque cosa si ritorca sulla vacua superficie della terra, in una pioggia di fuoco che rende ancor più rovente una giornata corsa tutta fin troppo sopra i trenta gradi (e fin troppo al di sotto dei duemila metri). Il sudore frigge come olio bollente, le borracce si sprecano, e i gialloneri pregustano un match point decisivo. Pogacar, pare assodato dai guru, tende a soffrire il caldo; il cumulo di dislivelli a passo ossessivo ne ottunde lo spunto; le salite vere favoriscono Vingegaard. L’accidentale Ventoux 2021 trasformato in protocollo, la scienza coglie il caso prototipico e si predispone a farne sistema.
Note al margine: Ciccone all’arrembaggio, si inserisce di forza nella lotta per la maglia a pois, anche se, come gli anni scorsi, con le tappe di gran montagna vi irrompono pure i fenomeni della generale, che potrebbero finire per portarsela via quasi per caso. Di Ciccone ci piace ricordare la sorta di muta protesta, la fronda, la resistenza, con cui, pur essendo ormai segnato il destino della fuga, allunga in solitaria un pugno di secondi davanti al gruppo trenato prima da Van Hooydonck poi da Benoot sulle rampe della Ramaz. Un gesto senza senso proprio, senza speranza, solo un granello di sabbia negli ingranaggi Jumbo che lo stritoleranno senza pietà. E proprio quando il gruppo lo deglutisce e tritura, passando di fianco a Pogacar, uno scambio di battute, un sorriso dello sloveno (un sorriso a 6 watt per kg). L’esibizione Jumbo scoccia. I terzi in causa per obiettivi minori cominciano a tifare contro. Travolte con Ciccone tutte le storie che si erano intrecciate nel conformarsi della fuga, le sportellate con Dani Martínez e Powless ai GPM, il coraggio di Pinot, l’ambizione e la voglia di bis di Woods o Kwiatko, le malinconie di Landa o Alaphilippe, e tanto altro per tanti altri ancora.
Ma la Jumbo ha deciso che oggi Morzine sarà Megiddo, il luogo della battaglia atomica finale, e non c’è spazio per altri fili narrativi.
Emergono allora prepotenti dalla memoria le altre storie recenti che hanno reso iconico questo arrivo. Pantani in fuga, inevitabilmente in fuga, il 18 luglio 2000, compleanno di Gino Bartali. Di nuovo all’assalto dopo il Ventoux in cattiva compagnia, dopo la prova di forza solitaria di Courchevel. Nonostante un fisico già minato, nonostante un mondo sportivo e non solo violentemente ostile. Lungo la strada per Morzine, i problemi di alimentazione (altri tempi, altra scienza). La scarsa collaborazione e quasi il boicottaggio dei compagni di fuga, poco predisposti al magnicidio contro il Re Americano, pur di ricevere qualche briciola e una vernice di redenzione. Virenque, emblema di questo atteggiamento, a vincere la tappa. Pantani ritirato. Ma anche. Ma anche Armstrong nel panico, che telefona, sì, telefona in diretta in piena corsa al suo spirito guida, il Dottor Ferrari. Armstrong telefona alla scienza, e la scienza rassicura: Pantani non può arrivare. L’economia delle entrate e uscite energetiche non può tornare, lo sperpero, l’azzardo, la diarrea, la solitudine consumeranno il Pirata. Il dubbio però rode, Courchevel rode. E Armstrong fa crac. L’arcirivale Ullrich gli rifila quasi due minuti. Lo lasciano indietro anche Heras o Escartín, i compagni di merende che lo avevano salvato dal naufragio verso Courchevel, facendogli da gregari pur appartenendo ad altro team, quel Kelme che fu di Fuentes. Il Tour de France era già deciso, ampiamente deciso, da molte tappe, o da molti mesi. Non cambierà nulla. Scienza e fantasmi. Il fantasma di Pantani contro la scienza dello sport, o Pantani contro il fantasma della scienza sportiva (Ferrari la chiamava arte: l’arte è lunga, la vita breve, diceva Ippocrate).
Sei anni e due giorni dopo siamo nel 2006, 20 luglio 2006, e Floyd Landis ha appena perso la maglia gialla. Altro yankee inventato in casa Bruyneel come gregario eccezzionale (con due “z”, minimo), ma messosi in proprio già nel 2005 con la sulfureissima Phonak (perché giallo-verdastra, non peraltro…). L’anno precedente non gli era andata così bene, top ten risicata a una dozzina di minuti. Ma nell’anno 2006 l’era Armstrong è finita. Tocca ai liberi imprenditori, così Floyd assurge alla gloria gialla sulla cima della mitica Alpe d’Huez. Verso la Toussuire tuttavia il giallo si è subito scolorito in dieci minuti di ritardo dal danese Rasmussen (e altri venti atleti). Però Landis non si arrende. A quasi 130 km dall’arrivo parte da solo a doppia velocità lasciando basiti gli inseguitori che pure provano a prendergli la ruota, ma senza alcuna chance. Proveranno poi collettivamente. Tutto inutile. I più vicini inseguitori arrivano a quasi 6 minuti. Il regno di Lance è finito, e tornerà a finire, in modo ancor più radicale, pochi anni dopo; ma la scienza frattanto ha imparato a farsi arte con Ferrari, e ora da arte si fa pura magia. Operation Witchcraft. Floyd però non aveva capito che la vera magia non è quella della scienza, né quella dell’arte: la vera magia è quella della politica. Non quella dei partiti, anche se può corrispondervi, né quella degli Stati, anche se vi si intreccia: bensì la politica generale e microscopica del potere, che impregna i corpi e se ne nutre, la biopolitica degli sponsor multinazionali, dei comitati olimpici, dei nuovi grandi racconti a cui vendersi quando li si compra. Floyd Landis non ha intercettato questa magia, e il gruppo storce il naso, sciopera platealmente, proliferano i sussurri dietro le quinte, e Landis sale in giallo sul podio parigino solo per esserne rimosso via antidoping. Troppo testosterone, Floyd, ma senza essere un maschio alfa, e soprattutto senza appartenere al branco giusto.
Finisce l’excursus e siamo ai piedi del Joux Plane. Il gruppo non c’è più. Ci sono solo i Jumbo contro gli UAE, il resto sono dettagli, Hindley penzolante, Carlos Rodríguez 22enne umile ed enorme per l’INEOS mentre Pidcock è scoppiato tempo prima. Simon Yates staccato da Van Aert nella discesa della Ramaz, rientrato sputando sangue con il sempre più sorprendente austriaco Felix Gall e con il filosofo che non ti aspetti, il buon Guillaume Martin. Una dozzina di uomini ma quel che conta è la partita a scacchi. La partita letale fra UAE e Jumbo.
Dettagli, fra i quali si annida il diavolo. Come negli scacchi. Mosse e contromosse. Pensiero anticipatorio. Congetture e interpretazioni. Trappole. Carlos Rodríguez, lo vedremo, è uno di questi dettagli.
Dettagli: Pogacar chiede a Majka di dare una trenata inattesa per scombussolare il treno Jumbo. Rompere il rullare dei tamburi di watt predefinit. Calcolo e intuizione contro scienza e misurazione. Funziona, il treno deraglia. Contromosse, sorprese: ad esempio, Van Aert. Van Aert che aveva tirato alla morte, scoppiato, piantatosi come spesso vediamo oggidì piantarsi i corridori-lavoratori spremuti dai superteam fino all’ultima goccia. Van Aert resuscita dai morti: scienza, arte, magia, pura forza di volontà, genio ciclistico, aberrazione atletica? Van Aert non solo riprende il gruppetto dopo essersi letteralmente fermato, ma passa tutti a doppia velocità e tira e tira fino a stroncare Majka. Il treno torna in corsa.
Dettagli: a Pogacar cade una borraccia. Sguardo di smarrimento. Gesti di panico, che appaiono invero sproporzionati. Ma oggi le calorie sono calcolate al minuto. Entrate e uscite. Economia del sudore. Economia contro entropia. Si avvicina sereno il compagno Adam Yates, ecco una borraccia. Sollievo. Yates non sta facendo quasi nulla, fin qui, per Pogi, basta paragonarlo con il lavoro di Kuss per Vinge. Ma oggi bastava la sua faccia. E la borraccia, certo.
Tira e salta Kuss, Pogacar potrebbe far leva sull’attendismo. Due contro uno, lui e Adam Yates appunto contro Vingegaard che ha esaurito l’intero team e non sembra pronto. Non è arrivato al metro esatto, al minuto esatto, dove avrebbe dovuto scatenare i watt. Qualcosa non quadra. Quei turni sfasati, forse. Quel Ciccone inutile come un granello di sabbia a spostare watt fuori luogo e fuori tempo tanti e tanti km fa. Chi lo sa. Vinge non agisce.
Ma Pogacar non è tipo da attendere. Fa tirare Yates, e poi.
Attacca. Allo scollinamento mancano quasi 4 km.
E subito se ne va. Stavolta Vingegaard non prova nemmeno la reazione immediata. Ha capito l’antifona. Sale del proprio passo, e fra i due la regia disegna un filo d’argento virtuale. Il filo d’argento infrangibile. 5 secondi di differenza che restano tali.
L’icona di questa tappa è il viso di Pogi, senza occhiali, con gli occhi enormi, ingenui, infantili, spalancati, persi nelle vastità senza limiti dello sforzo. Vede fantasmi, Pogacar? Certamente ne vede quando comincia a voltarsi, anche un po’ troppo spesso. Un fantasma danese.
Sono stati minuti ad altissima intensità, e di colpo si passa al surplace. I processori ricominciano a calcolare impazziti, ci vorrebbe un computer quantistico per gestire la deriva delle interpretazioni. Pogacar ha fallito, sta male, non è riuscito a fare il vuoto. E Vingegaard perché non scatta quando riprende Pogacar? È cotto pure lui? È al limite? Avrebbe dovuto insistere, Pogacar? Avrebbe – potuto – insistere? La scienza non ha più risposte. In cima alla salita c’è un abbuono in tempo, una delle novità strampalate che il Tour introduce di tanto in tanto. Ai 500 metri Pogacar lancia una prevedibilissima volata lunga, ma i muri di gente strozzano l’allungo e due moto, di fotografi e riprese, bloccano del tutto la strada. Stop and go. Non cambierà niente, ma la sensazione è che sia cambiato tutto. Si torna alla surplace, letteralmente, velocità da amatori, mentre da dietro si avvicinano Adam Yates e Carlos Rodríguez, che in un paio di km avevano incassato più di un minuto.
Da qui Pogacar sembra andare in confusione. Scacchi e ciclismo. Ciclismo e boxe. Il ciclismo è lo sport più violento che ci sia, con la differenza che il danno inflitto all’avversario, o meglio, come intendevano Kasparov, e Fisher, all’ego dell’avversario, passa per infliggere danni fisici a sé stessi. Una strategia scacchistica di sacrificio, ma perenne, costante, sistematica. Sempre sul limite. O appena oltre.
Al GPM Vingegaard pizzica Pogacar distratto, e gli strappa il passaggio sulla linea con una volata cortissima, quasi inesistente, tutta giocata sull’effetto sorpresa. Pogi incassa.
Il diavolo in rosso Carlos Rodríguez rientra e subito allunga, Yates non riesce a tallonarlo, Vinge neppure, men che meno Pogi. Ha scelto bene la curva e volerà via per tutta la discesa fino a vincere la tappa laggiù a Morzine. Come dirà Matxin, il DS spagnolo di Pogacar, oggi ha vinto l’alunno più studioso, il più intelligente, il più lucido. Calcola perfettamente il talento 22enne, e poi calcola perfettamente pure i rischi in discesa, perché “il leone di Almuñécar” ama anche l’azzardo, che è dopotutto l’altra faccia del calcolo, dove calcolo e arte s’incontrano. Vittoria in solitaria, a braccia alzate, e, molto provvisoriamente, terzo posto nella classifica generale. Per un secondo.
Pogacar si mette davanti e scende malissimo, Vingegaard gli si incolla alla ruota, altra scelta azzardata, da guerra psicologica, o forse solamente da confusione. Interpretazioni alla deriva. Pogi potrebbe aspettare Yates che fatica tantissimo a scendere, a sua volta, in modo accettabile, ma lo sloveno sembra ossessionato dal non perdere sulla testa della corsa. Ossessionato dagli abbuoni, ossessionato dal far tornare i conti, ma non abbastanza da pensare che se si fermasse, se facesse passare Yates, magari facendo lui stesso un po’ da tappo, poi Vingegaard dovrebbe inseguire e diventerebbe una facile ruota a cui agganciarsi. Se poi Yates arrivasse, fare terzo contro il danese quarto premierebbe comunque di più che fare secondo con il danese terzo. Non ci pensa Pogacar, né ci pensa l’ammiraglia. Qui non è questione di conti, è questione di sensazioni, di voglia di vincere, di trovarsi quasi a sorpresa ad emergere nello scenario che tutto avrebbe voluto più favorevole al rivale. Ma, allo stesso tempo, non riuscire a chiudere il break, schiantarsi quasi su quelle moto, non poter più far correre libero il proprio sguardo dagli occhi spalancati a un orizzonte ignoto, ma impegolarsi nei conti della serva, nel secondo più o secondo meno. E, sul terreno della lucidità, inaspettatamente stentare. Alla fine Pogi sarà secondo, Vinge terzo. Bilancio in secondi, uno guadagnato dal danese. Che cosa significherà tutto questo, alla fine del Tour? Alla fine delle carriere? O dopo altri vent’anni di ciclismo? Chi sarà divenuto un fantasma, chi sarà inseguito dai fantasmi? Non abbiamo una risposta oggi, anche se alla prima domanda ne avremo una fra una settimana. O fra qualche mese, o fra qualche anno. L’arte è lunga, la vita è breve.
Gabriele Bugada
KWIATKOWSKI DOMA IL GRAND COLOMBIER, POGACAR SGRANOCCHIA ANCORA QUALCHE SECONDO A VINGEGAARD
Il 14 luglio è una data speciale per i francesi, non poteva perciò mancare una tappa degna di tale ricorrenza. Tredicesima frazione che da Châtillon-Sur-Chalaronne terminava sulla mitica salita del Grand Colombier.
Giornata calda e afosa che non preoccupa i ciclisti, dopo quasi trenta chilometri la fuga di giornata prende il largo con diciannove corridori, tra i quali gli italiani Alberto Bettiol (EF Education-EasyPost) e Luca Mozzato (Team Arkéa Samsic). Gli altri fuggitivi sono Michał Kwiatkowski (INEOS Grenadiers), Adrien Petit, Mike Teunissen, Georg Zimmermann (Intermarché – Circus – Wanty), Cees Bol, Harold Tejada (Astana Qazaqstan Team ), Quentin Pacher (Groupama – FDJ), James Shaw (EF Education-EasyPost), Kasper Asgreen (Soudal – Quick Step), Matej Mohorič, Fred Wright (Bahrain – Victorious), Jasper Stuyven (Lidl – Trek ), Nelson Oliveira (Movistar Team), Hugo Houle (Israel – Premier Tech), Maxim Van Gils (Lotto Dstny), Anthon Charmig (Uno-X Pro Cycling Team) e Pierre-Roger Latour (TotalEnergies).
Il gruppo inseguitore condotto dalla UAE Team Emirates (e in particolare da Matteo Trentin), si pone subito al lavoro per tenere sotto controllo i fuggitivi, che a poco meno di sessanta chilometri dal traguardo perdono Petit e Bol mentre Teunissen, Mohorič e Charmig (Uno-X Pro Cycling Team) transitano nell’ordine al traguardo bolante di Hauteville-Lompnès.
Con l’avvicinarsi del Grand Colombier la velocità cresce per tutti tranne per Caleb Ewan (Lotto Dstny), che anzi si ritirerà poco prima dell’inizio della salita finale. Sulle prime rampe tra i battistrada attacca Pacher, mentre Bettiol si mette a al servizio del compagno di squadra Shaw. Il britannico, Van Gils e Tejada raggiungono e staccano il francese. Tutto sembra andar liscio per i battistrada fino a quando hanno dovuto assistere al sorpasso da parte di Kwiatkowski. Il polacco, con la classe che lo contraddistingueva, aveva gestito le energie nel miglior dei modi ed è così riuscito a raggiungere il traguardo prima di tutti.
Alle spalle dei fuggitivi va in scena la lotta per la maglia gialla. La UAE Emirates di Tadej Pogacar utilizza tutti gli uomini a sua disposizione per mettere in difficolta Jonas Vingegaard (Jumbo-Visma). Adam Yates (UAE Emirates) scatta a meno di due chilometri dal traguardo per rompere gli indugi, poi lo stesso Pogacar si muove in prima persona nelle ultime centinaia di metri e con uno scatto lunghissimo costringe Vingegaard a perdere ancora qualche metro. Lo sloveno rosicchia così 8 secondi all’avversario, quattro sulla strada e altrettanti per l’abbuono del terzo posto. Secondo posto per Maxim Van Gils, 23enne belga della Lotto Dstny.
Ora è arrivato il momento delle tappa alpine che cominceranno domani con una delle frazioni più impegnative dell’edizione 2023, disegnata per 152 Km tra Annemasse e il tradizionale traguardo di Morzine
Luigi Giglio
ION IZAGIRRE, FUGA VINCENTE A BELLEVILLE-EN-BEAUJOLAIS. VINGEGAARD CONSERVA LA MAGLIA GIALLA
Nella classica tappa da fuga di metà Tour, su un percorso molto vallonato con cinque GPM, ad avere la meglio è Ion Izagirre (Team Cofidis), che coglie l’attimo fuggente sull’ultima salita del Col de la Croix Rosier e distanzia i suoi ex compagni di fuga. Vingegaard resta in maglia gialla alla viglia di un trittico di tre tappe alpine che potrebbero indirizzare l’esito del Tour 2023
Il Massiccio Centrale è ancora protagonista nella dodicesima tappa da Roanne a Belleville-en-Beaujolais di quasi 169 km. Cinque gpm – tre di terza categoria e due di seconda categoria – attendono i ciclisti e soprattutto gi uomini da fuga, visto che quest’ultima è molto pronosticata anche in vista di un week end dove le Alpi saranno protagoniste incontrastate e sulle quali la battaglia tra Jonas Vingegaard (Team Jumbo Visma) e Tadej Pogacar (UAE Team Emirates) andrà avanti senza sosta. Oggi vedremo che tattiche adotteranno le squadre dei due contendenti alla maglia gialla ma come accennato la fuga sembra la soluzione più ovvia. Il clou della tappa, fuga o non fuga, si concentrerà quasi certamente tra il km 100 ed il km 140, quando si affronteranno in rapida successione i tre gpm del Col de la Casse Froide, del Col de la Croix Montmain e del Col de la Croix Rosier. Su quest’ultimo si assegneranno anche degli abbuoni temporali. Alla partenza da Roanne si segnalava il forfait di Fabio Jakobsen (Team Soudal Quick Step), ancora dolorante per i postimi della caduta occorsa nella quarta tappa. Com’era prevedibile, erano molteplici gli attacchi per portare via la fuga ed il primo di questi era portato da Matteo Jorgenson (Team Movistar), Mathieu van der Poel (Team Alpecin Deceuninck) e Krists Neilands (Team Israel Premier Tech). La tappa vedeva un continuo rimescolamento nelle prime posizioni del gruppo finchè la fuga buona riusciva ad evadere nella discesa e nel falsopiano che seguiva il Col des Ecorbans. Ad avvantaggiarsi sulla prima parte del gruppo maglia gialla erano in quindici: Tiesj Benoot (Team Jumbo Visma), Thibaut Pinot (Team Groupama FDJ), Andrey Amador (Team EF Education EasyPost), Julian Alaphilippe (Team Soudal Quick Step), Mads Pedersen e Jasper Stuyven (Team Lidl Segafredo), Mathieu van der Poel (Team Alpecin Deceuninck), Guillaume Martin e Ion Izagirre (Team Cofidis), Ruben Guerreiro e Matteo Jorgenson (Team Movistar), Dylan Teuns (Team Israel Premier Tech), Victor Campenaerts (Team Lotto Dstny), Tobias Halland Johannessen (Uno X Pro Cycling Team) e Mathieu Burgaudeau (Team TotalEnergies). All’inizio del gpm del Col de la Casse Froide i quindici uomini di testa avevano quasi 4 minuti di vantaggio sul gruppo maglia gialla. Dopo che il gruppo di testa scollinava unito sul suddetto gpm, era sul successivo Col de la Croix Montmain che le cose cambiavano e Mathieu van der Poel attaccava insieme ad Amador. Quest’ultimo riusciva a tenere le ruote dell’olandese per un paio di km dopodichè Van der Poel aumentava l’andatura e si involava da solo, scollinando in prima posizione con una trentina di secondi di vantaggio sul primo gruppo inseguitore. Il gruppo maglia gialla era invece segnalato a circa 3 minuti di ritardo. Sul successivo Col de la Croix Rosier l’azione di Van der Poel si esauriva ed il drappello di testa si ricompattava. Era Ion Izagirre a portare un nuovo attacco. Lo spagnolo della Cofidis scollinava con una ventina di secondi di vantaggio sul primo gruppo inseguitore, di cui facevano parte Benoot, Pinot, Martin, Jorgenson, Johannessen e Burgaudeau. Grazie anche al lavoro del compagno di squadra Martin, abile a chiudere scatti e controscatti alle spalle di Izagirre, lo spagnolo aumentava pian piano il vantaggio e andava a vincere in solitaria sul traguardo di Belleville-en-Beaujolais con 58 secondi di vantaggi su Burgaudeau e Jorgenson, mentre chiudevano la top five Benoot in quarta posizione e Johannessen in quinta posizione, rispettivamente con un ritardo di 1 minuto e 6 secondi e di 1 minuti e 11 secondi. Il gruppo maglia gialla, regolato da Maxim van Gils (Team Lotto Dstny) giungeva al traguardo con 4 minuti e 14 secondi di ritardo da Izagirre. Per Izagirre è la seconda vittoria stagionale, dopo la bella vittoria del GP Indurain lo scorso primo Aprile. In classifica generale resta tutto invariato nelle primissime posizioni con Vingegaard in maglia gialla davanti a Pogacar e jai Hindley (Team BORA Hansgrohe). Domani è in programma la tredicesima tappa da Châtillon-Sur-Chalaronne al Grand Colombier di 137.8 km. E’ un primo assaggio di Alpi con l’unico gpm posto all’arrivo, un hors categorie di quasi 18 km al 7%. Riprenderà la battaglia tra Pogacar e Vingegaard, con quest’ultimo che è ancora in maglia gialla ma che sembra meno brillante dello sloveno, che al contrario ha dato chiari segnali di crescita.
Antonio Scarfone
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PHILIPSEN PORTA ANCORA L’ACQUA AL SUO MOULINS, QUARTA AFFERMAZIONE PER IL VELOCISTA BELGA AL TOUR 2023.
In Alvernia, nell’undicesima tappa è arrivato il poker servito per la maglia verde di questa Grand Boucle e portacolori della Alpecin – Deceuninck. Secondo posto per Dylan Groenewegen (Jayco – AlUla) davanti a Phil Bauhaus (Bahrain – Victorious) a completare il podio di tappa, con Jonas Vingegaard sempre leader della Classifica Generale.
In questa seconda settimana di Tour de France non ci sono tantissime chance per i velocisti, ma Jasper Philipsen (Alpecin – Deceuninck) ha saputo sfruttare alla grande quella capitatagli oggi per vincere la sua quarta tappa in volata nella edizione 2023. Il fiammingo l’ha finalizzata nel modo migliore e senza l’aiuto di Mathieu van der Poel, preziosissimo ultimo uomo nei precedenti sprint andati a segno: infatti, l’olandese non era in buone condizioni a causa di una probabile bronchite e ha alzato bandiera bianca nei chilometri finali. caratterizzati dalla pioggia e da alcune rotonde piuttosto pericolose.
Un po’ di Italia è stata protagonista nella fuga di oggi grazie a Daniel Oss. Il trentino della TotalEnergies ha vinto due dei GPM odierni ed era in compagnia di Andrey Amador (EF Education – EasyPost) e Matis Louvel (Arkea – Samsic). Con il costaricense ed il transalpino c’era anche Tony Gallopin, ma il francese della Lidl-Trek ha alzato presto bandiera bianca. Il terzetto è andato avanti con passo regolare e proprio Oss è stato l’ultimo a desistere, quando mancavano 13.5 chilometri all’arrivo, dove verrà premiato come il più combattivo di giornata.
Con il gruppo compatto le corazzate degli sprinter si sono messe in testa: la Soudal – Quickstep per Fabio Jakobsen, la Lotto – Dstny per Caleb Ewan, la Jumbo – Visma per Wout Van Aert (aiutato anche dalla maglia Gialla Jonas Vingegaard nel treno per la volata) e la Alpecin – Deceuninck per Philipsen. Sono state tante le sbandate e le spallate per prendere le posizioni migliori e il rischio cadute è rimasto alto fino alla fine. Nella volata Groenewegen pare avere la meglio, ma Philipsen – nonostante sia restato senza Van der Poel nel suo treno – riesce a fulminare l’olandese e fa poker.
Vingegaard è ancora il leader di questo Tour ma tutti dovranno fare attenzione alla tappa di domani: i 168 chilometri tra Roanne e Belleville-en-Beaujolais sono ostici e ci sono diverse salite che daranno fastidio. Si prospetta un arrivo per attaccanti o fughe, ma chi lotta per la classifica non deve sottovalutare questa tappa, che arriva alla vigilia delle Alpi.
Andrea Giorgini
TAPPA PAZZA AL TOUR; VINGEGAARD E POGACAR ATTACCANO IN PARTENZA, BILBAO VINCE A ISSOIRE E AVANZA IN CLASSIFICA
Decima tappa scoppiettante al Tour de France, una frazione di 167 chilometri piena di attacchi e contrattacchi, dove Pello Bilbao (Bahrain – Victorious) sul traguardo di Issoire batteva allo sprint Georg Zimmermann (Intermarché – Circus – Wanty) e Ben O’Connor (AG2R Citroën Team).
Subito dopo la partenza iniziavano gli attacchi nel gruppo con corridori pancia a terra pronti a scattare, compresi Jonas Vingegaard (Jumbo-Visma), Tadej Pogacar e Adam Yates (UAE Team Emirates) che hanno costretto la Ineos e la Bora ad inseguire con la lingua di fuori. E ancora attacchi, nuovi attacchi, ci prova almeno mezzo gruppo. E alla fine se ne vanno in 14: Michał Kwiatkowski (INEOS Grenadiers), Warren Barguil (Team Arkéa Samsic ), Esteban Chaves (EF Education-EasyPost), Julian Alaphilippe e Kasper Asgreen (Soudal – Quick Step), Pello Bilbao (Bahrain – Victorious), Mattias Skjelmose (Lidl – Trek), Ben O’Connor (AG2R Citroën Team), Georg Zimmermann (Intermarché – Circus – Wanty), Anthony Perez (Cofidi ), Antonio Pedrero (Movistar Team), Krists Neilands e Nick Schultz (Israel – Premier Tech) e Harold Tejada (Astana Qazaqstan Team).
Neilands a 30 km dal traguardo se ne va tutto solo attaccando sulla Côte de la Chapelle-Marcousse e facendo scoppiare il gruppo dei fuggitivi. Gli inseguitori si frazionano in vari gruppetti, il primo composto da Chaves, Bilbao, O’Connor, Zimmermann e Pedrero (Movistar Team). Più staccato è il gruppetto di Alaphilippe mentre il gruppo maglia gialla viaggia con circa tre minuti di distacco. Mentre quest’ultimo è tirato a tutta dalla Ineos per limitare il distacco da Bilbao in classifica generale, Neilands viene ripreso. Nel gruppetto di testa attacca prima O’Connor, poi Zimmermann e infine, Bilbao ma nessuno riesce a prendere il largo e si arriva così allo sprint, dove proprio lo spagnolo si impone con scioltezza. Il primo gruppetto inseguitore taglia il traguardo con trentadue secondi di ritardo, regolato da Skjelmose, mentre la maglia gialla concludeva i 167 chilometri di gara con un ritardo di 2′53″ da Bilbao, che termina la giornata facendo un balzo in avanti in classifica generale, portandosi a 4 minuti e 34 da Vingegaard.
Chi ha dovuto fare i conti con una giornata no è stato Fabio Jakobsen (Soudal Quick-Step), giunto al traguardo con quasi trenta minuti di ritardo. Domani il Tour de France vivrà la sua undicesima tappa pedalando da Clermont-Ferrand a Moulins; sarà una giornata di festa per Rémi Cavagna (Soudal Quick-Step) che pedalerà sulle strade di casa, ma soprattutto sarà una giornata di festa per i velocisti in gara.
Luigi Giglio