RE MATHIEU PER UN MONDIALE MATTO
Mondiale memorabile, anche se forse un filo troppo folle, che esalta una generazione di campioni
Un’infinita facezia, un’infinita pazzia. Impossibile raccontare questo Mondiale, impossibile ridurlo a cronaca. Correte subito a cercarne una replica e guardatevelo assolutamente. Anche tutto. Certo, in una posizione comoda e avvisando amici e parenti affinché vi assistano in caso di deliri, infarti o svenimenti. Se proiettato in sala, richiederebbe un disclaimer: astenersi se soffrite di 3D sickness o mal di mare da riprese impazzite, astenersi se amate razionalizzare gli eventi in un filo narrativo prevedibile o anche solo minimamente afferrabile.
Roberto Bolaño riporta nel suo romanzo “Los detectives salvajes” il componimento visivo, assolutamente enigmatico, di un’immaginaria poeta messicana, Cesárea Tinajero: un quadratino, forse una barchetta, forse un cursore, si situa dapprima su una linea retta, quindi su una linea regolarmente ondulata, infine su una linea spezzata violentemente irregolare. Ecco, il Mondiale scozzese trova il proprio corrispettivo e apice in quest’ultimo “verso visuale”. La linea retta è quella che porta da Edinburgo alla fermata imposta da una manifestazione di protesta contro l’assoluta follia di continuare ad estrarre combustibili fossili. C’è da essere grati al lucido pazzesco azzardo di chi si è cementato o incatenato in mezzo alla strada (con conseguenze poliziesche e legali accluse) per ricordarci che continuano ad accadere cose più mondiali, grandi e pazze di questo pazzo, grande Mondiale di ciclismo. 50 minuti del nostro tempo valgono bene il promemoria sull’avidità di chi non si stanca di mettere il mondo a ferro e fuoco in nome del profitto.
E poi, chi lo sa, magari proprio questo stop è stato la scintilla o la brace sotto la cenere in cui si è covato l’inesausto incendio, questo sì solo metaforico, sportivo e godibile, della gara che ne è seguita. Il buon van der Poel ha chiesto educatamente accesso al bagno di una casa privata per espletare una necessità alchemica che sicuramente avrà alleggerito la parte terrosa e acquea del suo corpo per renderlo più volatile e infine fiammeggiante sui trampolini verso l’arcobaleno che sono stati gli strappi di Glasgow. Altre alchimie si saranno cucinate nella lunga attesa: strategie, accordi, pianificazioni di squadra, forgiate e plasmate, e di nuovo limate al dettaglio; altrimenti, più complicate da richiamare alla mente in una gara senza radioline. Fors’anche il semplice effetto di vedersi caricati come molle, fremendo con le gambe frizzanti di impazienza.
Cominciano così, all’avvicinarsi a Glasgow, e poi entrando nel circuito conclusivo, le ondulazioni del secondo “verso” della poesia di Tinajero, crescenti e via via più impetuose, come ondate di marea: sono i grandi sommovimenti di squadra. Ancora in modo ritmato e blando, prima di approdare a Glasgow, con turni alternati delle squadre dei favoriti, Belgio e Olanda soprattutto, ma con già le prime cadute a limitare la formazione orange. Arrivando in città, tuttavia, subentra la marea danese, con un’onda oceanica di altissima velocità che immediatamente allunga e frammenta il gruppo, dettando fin dai 140 (centoquaranta!) chilometri al traguardo quel che sarà lo spartito vorticoso di tutta quanta la gara. Non ci sono praticamente lunghi rettilinei, non c’è vera salita ma neppure discesa, e a ben vedere nemmeno pianura!
Un allungo di Alaphilippe, marcato ovviamente da un danese, Kragh Andersen, attiva la linea sincopata, spezzata, impazzita appunto, diremmo quasi “da sismografo” che dominerà per intero le ultime tre ore e mezza di competizione, e accende al contempo la centrifuga cognitiva in cui si ritrova precipitato lo spettatore. Il gruppo si stira, si ricompatta, si spacca, gli elicotteri della televisione non possono destreggiarsi con piena libertà fra gli edifici, le curve continue, a gomito o peggio, interrompono le prospettive. Chi c’è davanti? Chi è rimasto dietro?
Concettualmente a metà fra queste due fasi di gara si situa l’iniziativa collettiva della squadra italiana, che nonostante una formazione non proprio di punta a livello individuale, decide comunque di cavalcare il susseguirsi di ondate e scosse telluriche per dire la propria e farsi protagonista del proprio destino. Prima un allungo di Bettiol, poi un forcing tremendo e concertato di Velasco e Bagioli: il risultato è un onda che si fa tsunami, e il gruppo di colpo non c’è più quando alla meta mancano oltre cento km. Da duecento a venti, e fra quei venti Trentin e Bettiol.
Da qui in poi è letteralmente impossibile ricondurre la gara a un resoconto lineare. Si può al massimo provare a scomporla in temi ricorrenti. Ad esempio notando che quando alla fine mancano ancora due ore, una selezione di forza riduce la competizione a un quintetto: Bettiol, van der Poel, Van Aert, Pedersen e Pogacar. Saranno gli uomini più forti di oggi, anche se Bettiol chiuderà decimo per una scommessa da tutto o niente a 50 km dalla meta.
Si può osservare che van der Poel è molto isolato perché le cadute mutilano una parte della sua formazione, e poi van Baarle, unico sopravvissuto fra gli olandesi, non sembra godere della stessa forma stratosferica vista al Tour, o forse più o meno consapevolmente è roso dal tarlo dell’obbedienza alla fedeltà di squadra “commerciale” (la Jumbo di Van Aert) piuttosto che non di casacca nazionale. E allora Mathieu risparmia e rischia, facendosi trovare a volte dietro, ricucendo chirurgicamente in extremis quando tocca, operando allunghi e attacchi in funzione più strategica che non necessariamente selettiva. Una volta ancora, in questa stagione, una gara perfetta, sul crinale (inesistente) che congiunge e comprende tanto il moderarsi quanto lo strabordare, tanto il rischiare quanto il conservare.
A proposito di squadre e di quadrature del cerchio impossibili, il Belgio si disintegra nella tensione fra Van Aert ed Evenepoel. Remco è in difficoltà su un tracciato tecnico dal punto di vista della guida e poco amico delle più protratte ma in qualche modo regolari erogazioni di potenza per le quali brilla il campione uscente. Ma Van Aert ogni volta che si ritrova davanti in uno degli innumerevoli frazionamenti, inevitabilmente partecipa dei turni con solide trenate se viceversa Evenepoel è rimasto staccato dietro. Ed Evenepoel deve spesso e volentieri ricucire lui stesso in prima persona. Lo stesso Belgio a volte si spende per riportarlo sotto, ma altre volte lo lascia naufragare in terra di nessuno, a sfogare la sua furia e frustrazione in solitudine. Prima di cedere definitivamente, Remco stesso proporrà una serie di allunghi inutili e rabbiosi con i quali senz’altro onora il titolo e il proprio ruolo, ma che forse avrebbero potuti essere incanalati in altro tipo di lavoro in funzione dei compagni. Certo che però a quel punto, vistosi eliminato in casa propria, la motivazione al sacrificio per Van Aert non sarà stata delle più forti!
La cosa paradossale è che il team belga sarà sostanzialmente l’unico, quando si ricoagula, a provare a dare ordine e razionalità a una corsa assurda. Dilaniato dalla proprie contraddizioni, diventa un esempio da manuale di come l’iperrazionalità sconfini senza accorgersi nella pazzia.
Al contrario la Danimarca brilla per sforzo collettivo e abnegazione, con corridori di peso come il già citato Kragh Andersen a spendersi come mere pedine tattiche. L’incudine e il martello della formazione danese saranno tuttavia un colossale Mads Pedersen e un inesauribile Skjelmose. I due alternano forcing insistiti e veri e propri attacchi con una furia da berserk. Saranno senz’altro coloro che susciteranno l’impressione fisico-atletica globalmente più travolgente, anche se il risultato finale sarà dei più beffardi, con Pedersen (il giustiziere del nostro Trentin nel pure durissimo e zuppo mondiale inglese), lui quasi velocista puro, oltreché uomo da classiche che non smette di raccogliere piazzamenti di lusso e prestazioni brillanti, ecco, lui forte, astuto e veloce, bellamente freddato nello sprint a due per l’ultima medaglia rimasta, quella di bronzo, da quel vero e proprio fenomeno che risponde al nome di Pogacar.
Pogacar come van der Poel corre da isolato, nel suo caso fin dal via. Si espone molto di più di van der Poel, e al contempo rischia ancor meno: è sempre nelle primissime posizioni, attentissimo, lestissimo. In comune con van der Poel ha gli attacchi ben dosati, contati, mirati, pensati. Attacchi che scremano, ritagliano, selezionano degli avversari e un tipo di gara a propria misura, anche se un terreno che è tutt’altro che adatto al buon Tadej, visibilmente il più leggerino anche come corporatura fra i contendenti.
Infine l’Italia, l’Italia a metà strada, a metà strada fra la volontà di razionalizzare la gara e l’istinto da schegge impazzite. L’Italia che in una corsa in cui (tolto il Belgio) le squadre hanno due uomini in testa, oppure uno solo, apparteneva deliberatamente al primo gruppo, ma per via di una delle sorprendentemente poche cadute perde Trentin e salta al secondo, con Bettiol isolato. E Bettiol che prova il tutto o niente: a oltre 50 km dalla fine se ne va da solo, e arriva a guadagnare fino a quaranta secondi, mentre un’altra di quelle pochissime cadute, pochissime ma significative sempre, riporta all’eterno numero di quattro fantastici i suoi inseguitori. Van der Poel. Van Aert. Pogacar. Pedersen.
Finalmente sembra che l’equazione sia stata semplificata ai suoi minimi termini. Quattro campioni da Fiandre, per l’esattezza i primi quattro del Fiandre 2023 (più uno davanti, ex vincitore del Fiandre pure lui, a ben vedere). Muri e muretti, curve strette, sprazzi di sole e acqua. Visto dalla fine tutto sembra così chiaro. Visto da qui, visto così, nonostante le magie di Pogi, il re delle Fiandre è sostanzialmente uno. L’uomo dallo scatto secco e breve più fulminante del mondo, il vivo ritratto dei versi di Silvio Rodríguez: “qualcosa che ti cancella di colpo, una luce accecante, uno scoppio di neve”. Mathieu van der Poel. Mathieu van der Poel spara il suo sparo di neve su uno strappo, uno a caso, sicuramente non quello che tutti si aspettano, non all’ultimo giro, non quando tutto torna, ma quando la meta è lontana, più di 20 km, con dietro tre lepri, e che lepri, ma non importa, è il tipo di scatto che cancella tutto e tutti. Van Aert prova a tenerlo e scoppia. Pedersen e Pogacar cercano di regolarsi, e scoppiano comunque. Bettiol viene obliterato e lasciato quinto a inseguire pazzamente in solitudine, finché proprio alla fine lo travolgeranno i resti di comuni mortali che, stretti in solidarietà tacita e tiepida da sconfitti, lo passano e relegano a un comunque bel decimo posto.
Gara finita?
A meno che van der Poel cada. E cade.
Cade e si rialza. Abrasioni. Bici? (la prima domanda del ciclista caduto, qualunque ciclista). Bici a posto. Scarpa rotta. Scarpa rotta eppur bisogna andare. Dove sono gli altri? Non si sa. In questo circuito non si capisce niente. Non ci sono radio. Nessuno sa niente. Ma van der Poel è già da solo da un pezzo. La luce accecante ha cancellato tutto e tutti. Riparte. Strappa a mani nude il pezzo di BOA della scarpetta che penzola e rischia di finire nelle corone (è un cavo d’acciaio).
Van der Poel è il campione del mondo di ciclismo maschile su strada a Glasgow 2023 (nel cross già lo era, e sabato corre per l’iride in MTB, in realtà per cercare la qualificazione olimpica diciamo pure).
Per l’olandese: Sanremo 2023. Roubaix 2023. Mondiale 2023. Le tre pazzie del ciclismo. I tre veri Monumenti, perché la Liegi e il Fiandre, con tutto il rispetto, furono a lungo gare domestiche del pur indiscutibile movimento belga. Ma Sanremo, Roubaix e – per definizione – Mondiale sono le gare di un giorno che fin da subito richiamarono contendenti da tutte le nazioni ciclistiche. E oggi sono le tre gare più assurde. Quelle in cui pare che possa capitare qualsiasi cosa. Quelle dove non è affatto detto che vinca il più forte. Quelle che non somigliano allo spirito dei tempi (qualsiasi cosa ciò significhi) di ciò che volta in volta si chiama “il ciclismo moderno”. La Sanremo e il suo nulla infinito per cinque minuti di pazzia. La Roubaix e la sua pazzia fatta strada e pietre rotte. Il Mondiale per nazionali, col corridore della Città del Vaticano, quello di Monaco (principato di), quello di Malta…
Gare che a volte “così non vale”, “ma guarda come ha vinto”. Ciclismo allo stato puro. E oggi ciclismo, oltre che pazzo, anche incontestabile. Van der Poel, Van Aert, Pogacar. Per trovare un podio di qualità simile bisogna andare a un’altra gara pazza, quella del deserto, con Sagan-Cavendish-Boonen. O la follia colombiana di Olano-Indurain-Pantani a Duitama. Nel ciclismo, grandezza e pazzia vanno mano nella mano: la vena di pazzia scozzese ci ha regalato un mondiale per la Storia.
Gabriele Bugada
A CRACOVIA MERLIER CONCEDE IL BIS. MOHORIC VINCE IL GIRO DI POLONIA 2023
La settima ed ultima tappa di Cracovia non sfugge ai velocisti che si giocano la vittoria in volata E’ Tim Merlier (Team Soudal Quick Step) a vincere, bissando così la vittoria della prima tappa di Poznan. Matej Mohoric (Team Bahrain Victorious) mette il sigillo sul Giro di Polonia 2023 vincendo lo sprint intermedio contro Joao Almeida (UAE Team Emirates)
Dopo la strenua resistenza nella tappa a cronometro di ieri, Matej Mohoric (Team Bahrain Victorious) è ad un passo dalla vittoria del Giro di Polonia ma avendo lo stesso tempo di Joao Almeida (UAE Team Emirates) in classifica generale dovrà tenere gli occhi aperti nella settima ed ultima tappa da Zabrze a Cracovia di 166.6 km. Saranno comunque i velocisti a sfidarsi per la vittoria di tappa visto che il percorso è quasi completamente pianeggiante soprattutto negli ultimi 35 km ed il gruppo potrà organizzarsi al meglio per annullare eventuali fughe. Dopo la partenza da Zabrze la UAE Team Emirates provava subito ad accelerare e ad imporre un ritmo elevato alla corsa con il gruppo che si spezzava in più tronconi. Era proprio Mohoric a restare invischiato nelle retrovie, anche a causa di uno stop più lungo del solito per esigenze fisiologiche. Ma lo sloveno grazie alla sua squadra rientrava prontamente in gruppo e si preparava a sprintare insieme ad Almeida per gli abbuoni al traguardo intermedio di Wilamowice posto al km 67.5. Lo sloveno metteva la sua ruota davanti a quella di Almeida aumentando così ad un secondo il vantaggio in cg sul portoghese. Soltanto intorno al km 70 si formava la fuga di giornata grazie all’azione di Dorian Godon (Team AG2R Citroen), Marcin Budzinski (Nazionale Polacca) e Christian Scaroni (Team Astana Qazaqstan). Scaroni scollinava in prima posizione sul primo gpm di Witanowice posto al km 104.4. Era invece Godon ad aggiudicarsi il secondo gpm di Kaszow posto al km 129.4. Nonostante gli sforzi dei tre ciclisti di testa, il gruppo maglia gialla controllava la situazione e la fuga veniva annullata a 16 km dalla conclusione. A poco meno di 8 km dalla conclusione una caduta di sette ciclisti coinvolgeva tra gli altri anche Michal Kwiatkowski (Team INEOS Grenadiers), terzo in classifica generale. Il ciclista polacco riusciva a rientrare in gruppo nei successivi km scortato dai compagni di squadra. Tra le squadre dei velocisti era molto attiva la Soudal Quick Step con Tim Merlier pronto a sprintare per la vittoria. Era proprio il ciclista belga ad imporsi in volata davanti ad Arvid de Kleijn (Tudor Pro Cycling Team) e Fernando Gaviria (Team Movistar). Chiudevano la top five Gerben Thijssen (Team Intermarchè Circus Wanty) in quarta posizione e Paul Penhoet (Team Groupama FDJ) in quinta posizione. Nella top ten si segnalava anche la nona posizione di Matteo Moschetti (Q36.5 Pro Cycling Team) e la decima posizione di Andrea Pasqualon (Team Bahrain Victorious). Merlier ottiene la seconda vittoria al Giro di Polonia dopo quella nella prima tappa di Poznan. Mohoric vince il Giro di Polonia 2023 con 1 secondo di vantaggio su Almeida e 17 secondi di vantaggio su Kwiatkowski. Per quanto riguarda le altre classifiche, Mohoric vince quella a punti, Markus Hoelgaard (Team Lidl Trek) quella GPM ed infine l’UAE Team Emirates vince la classifica a squadre. Adesso l’attenzione di tifosi e appassionati si sposta in Scozia dove – insieme ad altre discipline ciclistiche come pista, bmx, eccetera, si disputeranno i mondiali di ciclismo su strada e sabato saranno subito di scena gli uomini elite con la prova su strada.
Antonio Scarfone
MATTIA CATTANEO VINCE LA CRONOMETRO DEL GIRO DI POLONIA
Mattia Cattaneo (Soudal – QuickStep) vince la cronometro del Giro di Polonia 2023 chiudendo la prova dei 16,6 Km in un tempo di 19’10”, secondo si piazza a 13” secondi Joao Almeida (UAE Team Emirates) mentre terzo a 14” arriva Geraint Thomas (Ineos Grenadiers). Il leader della corsa Matej Mohoric (Bahrain-Victorious), autore di una buona crono chiude in undicesima posizione a 25”. Una vittoria importante per l’azzurro che prenderà parte proprio della selezione italiana, insieme a Filippo Ganna, al prossimo mondiale di Glasgow.
Bella affermazione di Mattia Cattaneo nella prova a cronometro di Katowice al Giro di Polonia 2023, il portacolori della (Soudal – QuickStep) vince nettamente con ben 13” su Joao Almeida (UAE Team Emirates) e 14” su Geraint Thomas (Ineos Grenadiers) a completare il podio odierno. In ottica di classifica generale il portoghese non riesce a sopravanzare Matej Mohoric (Bahrain-Victorious) che seppur recupera il gap che aveva in partenza del leader si trova allo stesso tempo di Mohoric che conserva il primato per una questione di millesimi; terzo in classifica generale Michal Kwiatkowski (Ineos Grenadiers) a 14”, quinto a 19” Ilan Van Wilder (Saudal – passo rapido), quinto a 38” grazie alla prova odierna proprio Mattia Cattaneo. Domani l’ultima tappa, appannaggio dei velocisti, ma che potrà riservare sorprese nei traguardi per i bonus intermedi.
Antonio Scarfone
MARIJN VAN DEN BERG VITTORIA DI PREGIO AL GIRO DI POLONIA
Vittoria a sorpresa di Marijn Van Den Berg nella quinta tappa del Giro di Polonia 2023, il ciclista della EF Education-EasyPost regola in volata Matej Mohoric (Bahrain Victorious) e João Almeida (UAE Team Emirates) su un arrivo in leggera salita.
Nella quinta tappa del Giro di Polonia 2023 la fuga si concretizza poco dopo il trentesimo chilometro di gara, ad evadere con successo dal gruppo sono: Mick Van Dijke (Jumbo-Visma), Bert Van Lerberghe (Soudal-QuickStep), Thomas De Gendt (Lotto Dstny), Markus Hoelgaard (Lidl-Trek) e Tobias Lund Andresen (Team dsm-firmenich). La fuga guadagna subito fino a 2’ e dietro gli uomini della maglia gialla i (Bahrain Victorious) tengono la corsa sotto controllo. Verso metà tappa le prime salite più ostiche sono approcciate dai fuggitivi con il vantaggio massimo di 5’:20”, i due GPM iniziali di seconda e prima categoria sono vinti da Hoelgaard che grazie ai punti in palio conquista la maglia a a pois a discapito del compagno di squadra Jacopo Mosca. Verso la salita di prima categoria di Salmopol in testa al gruppo si mette a tirare l’UAE Team Emirates riuscendo a guadagnare ben 2’ sulla testa della corsa e portare poi il gruppo ad un solo minuto dai fuggitivi il cui destino appare inesorabilmente segnato. Resta da percorrere il circuito di Bielsko-Biala, da affrontare per quattro volte, la fuga è riassorbita al secondo passaggio a 13 chilometri dal traguardo grazie al lavoro di Bahrain Victorious, Team Jayco AlUla e che portano i propri capitani in testa, a lanciarsi n un allungo con la strada leggermente all’insù è Michal Kwiatkowski (Ineos Grenadiers) con alla ruota Marijn Van Den Berg (EF Education-EasyPost) che si incolla alla ruota del polacco e lo sorpassa in vista del traguardo. Il neerlandese alla sua terza vittoria stagionale si mette alle spalle nomi importanti secondo e terzo sono infatti Matej Mohoric (Bahrain Victoriouse) e João Almeida (UAE Team Emirates). Grazie agli abbuoni presi al traguardo, lo sloveno arriva così alla cronometro di domani con 12″ di vantaggio sul portoghese e 16″ su Rafal Majka (UAE Team Emirates).
Antonio Scarfone
OLAV KOOIJ VINCE IN VOLATA LA QUARTA TAPPA DEL GIRO DI POLONIA
Olav Kooij velocista della Jumbo – Visma questa volta va a segno e, dopo il secondo posto della prima tappa, alza le braccia al cielo vincendo la quarta tappa destinata ai velocisti, possono solo accontentarsi delle posizioni di rincalzo Marjin Van Den Berg (EF Education – EasyPost), con Matteo Moschetti (Q36.5 Pro Cycling).
La quarta tappa del giro di Polonia 2023 è stata caratterizzata da una fuga con dentro Jacopo Mosca (Lidl-Trek) detentore della maglia a pois, Yevgeniy Gidich (Astana Qazaqstan), Sebastian Schonberger (Human Powered Health), Norbert Banaszek e Patryk Stosz della nazionale polacca. Dopo aver conquistato il GPM di terza categoria e rafforzato il primato della maglia a pois Mosca si sfila dalla fuga facendosi riprendere dal gruppo. I quattro al comando non riescono mai ad impensiere il gruppo che viene tirato dalla Jumbo – Visma e dalla Soudal – QuickStep. L’azione viene annullata subito dopo il cartello dei meno 25 Km al traguardo con Stosz ad essere l’ultimo corridore ad arrendersi. Vanno ora in scena i treni per i velocisti, andatura alta e nessuna possibilità di evadere dal gruppo lanciatissimo verso il traguardo. Nel rettilineo di arrivo Tim Merlier (Soudal Quick – Step) vine pilotato dai suoi compagni di squadra ma questa volta la Jumbo Visma interpreta meglio il finale e con forza mette davanti Olav Kooij che appare nettamente il più forte e va a vincere la tappa, a nulla è valso il tentativo di Marijn van den Berg (EF Education – EasyPost) e Matteo Moschetti (Q36.5 Pro Cycling) di sorpassare il neerlandese. In classifica generale si registrano alcuni cambi dati dalla somma delle posizioni ottenute con João Almeida (UAE Team Emirates) che sale in seconda posizione scavalcando il compagno di squadra Rafal Majka, mentre al comando della corsa resta Matej Mohoric. Domani si torna a salire con la quinta tappa in arrivo al circuito finale di Bilesko-Biala caratterizzato da uno strappo nel finale.
Antonio Scarfone
RAFAL MAJKA PADRONE DI CASA AL GIRO DI POLONIA, SUA LA TERZA TAPPA
Rafal Majka (UAE Team Emirates) regala il gruppo dei migliori sullo strappo di Duszniki-Zdrój davanti a Matej Mohoric (Bahrain Victorious), che resta leader della corsa, e Michal Kwiatkowski (Ineos Grenadiers). Il polacco guadagna ben otto posizioni in classifica generale e si porta così in seconda posizione alle spalle de Mohoric.
Terza tappa del Giro di Polonia 2023 con oltre tremila metri di dislivello caratterizzata da un percorso tortuoso fin dai primi chilometri e così già dalla prima ora di corsa sono diversi gli allunghi in testa al gruppo, a provarci è Andreas Kron (Lotto Dsnty), a cui si accoda Jacopo Mosca (Lidl-Trek), al due in testa provano a agganciarsi anche Bastien Tronchon (Ag2r Citroen), Antonio Tiberi (Bahrain Victorious) e Rick Pluimers (Tudor Pro Cycling Team) ma il gruppo non lascia spazio e vengono ripresi dal gruppo. Non si arrende Tronchon che insieme a Mick Van Dijke (Jumbo-Visma) prova a raggiungere la coppia al comando, questa volta l’esito è positive e vede un quartetto in testa con poco più di 2’ sul gruppo che diventeranno a metà gara 4’:20 vantaggio massimo concesso. A questo punto è la Bahrain Victorious a prendere in mano la corsa iniziando a recuperare sui battistrada, la squadra di Matej Mohoric riporta lo svantaggio a soli 2’ quando restano da percorrere 60 chilometri finali. Verso la penultima asperità di giornata la salita verso Zielenec i quattro uomini in fuga vengono ripresi dal gruppo tirato dall’UAE Team Emirates, gli emiratini impongono un gran ritmo che non consente scappi, al GPM il gruppo scollina compatto ridotto ad una quarantina di unità con dentro tutti i migliori. Dopo la discesa resta da affrontare lo strappo di Duszniki-Zdrój, in testa si riporta la Bahrain Victorious con gli uomini della Ineos Grenadiers rispettivamente per tenere protetti i propri capitani Matej Mohoric e Michal Kwiatkowski.A 300 metri dalla linea d’arrivo parte Rafal Majka (UAE Team Emirates) la progressione del polacco è efficace e nessuno riesce a sopravanzarlo, secondo Mohoric, terzo Kwiatkowski. In classifica generale grazie all’abbuono Matej Mohoric resta al comando seguito a 10” da Rafal Majka, terzo a 12” è João Almeida quarto con lo stesso tempo Michal Kwiatkowski. Domani quarta tappa e seconda occasione per i velocisti presenti di disputare un arrivo in volata.
Antonio Scarfone
MATEJ MOHORIC VINCE A KARPACZ; PER LO SLOVENO TAPPA E MAGLIA
Sul primo arrivo in salita del Giro di Polonia 2023 Matej Mohoric (Bahrain Victorious) dà conferma del grande stato di forma e fa sua la vittoria di tappa che gli consente di vestire la maglia da leader della classifica generale, lo sloveno respinge João Almeida (UAE Team Emirates) secondo e Michal Kwiatkowski (Ineos Grenadiers) in terza posizione.
La seconda tappa del Giro di Polonia 2023 è caratterizzata dal primo arrivo in salita sulle rampe di Karpacz, in partenza va subito via la fuga della prima ora con dentro Sam Brand (Team Novo Nordisk), Lorenzo Milesi (Team dsm-firmenich) e Jacopo Mosca (Lidl-Trek) a cui il gruppo concede un vantaggio massimo di circa 10’. A quel punto in testa al gruppo le squadre degli uomini attesi per la vitoria di tappa iniziano a ricucire, in particolare a dividersi il lavoro sono la Ineos Grenadiers e la UAE Team Emirates con anche la Bora-hansgrohe; dal chilometro 40 in poi il vantaggio è più che dimezzato ed a 60 chilometri dall’arrivo si stabilizza intorno ai 4’ vista anche l’orografia del territorio favorevole a chi insegue. Le cose cambiano ancora nella seconda parte della tappa con le prima asperità di giornata ad indurire la gambe di chi è in testa, infatti il primo a perdere contatto è Brand risucchiato subito dal gruppo. Per i fuggitivi restano soltanto 2’ da gestire, Milesi e Mosca scollinano insieme al GPM di Przełęcz pod Średnicą, l’avventura dei due termina ai meno 25 chilometri dal traguardo grazie ad un incessante lavoro della Ineos Grenadiers, gruppo compatto, ridotto ad una quarantina di corridori, e salita di Sosnówka fatta a ritmo regolare dagli uomini del Team Jayco AlUla. Si arriva così ai piedi dell’ultima salita di giornata, quella verso Karpacz in cui nella seconda parte, quella con le rampe con punte di pendenza in doppia cifra il primo a muoversi è Tim Wellens (UAE Team Emirates) ma, nuovamente sono gli Ineos Granadiers ad entrare in scena con Pavel Sivakov che riporta il gruppo compatto, poco dopo ci prova Sam Oomen (Jumbo-Visma) ma l’attacco più deciso è sferrato daRafal Majka (UAE Team Emirates), il polacco riesce a guadagnare qualche secondo prima di essere raggiunto da Lennert Van Eetvelt (Lotto Dstny), i due transitano al cartello degli ultimo 2 chilometri con 10″ sui primi immediati inseguitori tra cui a 200 metri dall’arrivo Matej Mohoric (Bahrain Victorious) piazza l’allungo vincente a cui deve arrendersi João Almeida (UAE Team Emirates), più dietro Michal Kwiatkowski (Ineos Grenadiers) chiude a 4” con un gruppetto in cui segnaliamo italiani da l’ottima prova di (Samuele Battistella Astana Qazaqstan Team). La classifica generale rispecchia l’ordine di arrivo di tappa Matej Mohoric (Bahrain Victorious) va in testa seguito da Almeida e Kwiatkowski.
Antonio Scarfone
MARLEN REUSSER LA PIÙ VELOCE NELLA CRONO FINALE. PRIMO TOUR PER DEMI VOLLERING
L’ultima tappa del Tour de France Femmes porta la firma di Marlen Reusser che ha fatto registrare il miglior tempo nella crono di Pau. Demi Vollering, seconda di giornata, conquista il suo primo Tour de France
Ultimo atto in quel di Pau per il Tour de France Femmes 2023. La più veloce lungo i 22,6 Km di gara è stata Marlen Reusser (Team SD Worx), che ha chiuso con il tempo di 29’15”. Il secondo miglior tempo è stato quello della maglia gialla Demi Vollering (Team SD Worx), che con un 29’25” ha tenuto a bada le più dirette avversarie in classifica generale, comunque già molto distanti a causa dei pesanti distacchi che ieri l’olandese aveva inferto sulla salita del Tourmalet. Terza di giornata è stata Lotte Kopecky (Team SD Worx) che con il tempo di 29’53” è anche riuscita a salire sul podio finale ai danni di Annemiek van Vleuten (Movistar Team), oggi solo dodicesima. La seconda in classifica Katarzyna Niewiadoma (Canyon//SRAM Racing) ha chiuso con il nono tempo che le ha comunque permesso di rimanere sul terzo gradino del podio finale, classificata con il medesimo distacco della Kopecky.
Con l’uscita di scena della campionessa italiana Elisa Longo Borghini (Lidl-Trek), che fino al ritiro di ieri albergava nelle parti nobili della classifica, l’onore italico è stato difeso da Vittoria Guazzini (FDJ – SUEZ) che ha chiuso la prova di oggi in ottava posizione. Per quanto riguarda la classifica, invece, la migliore delle nostre è stata Erica Magnaldi (UAE Team ADQ), che chiude 13a perdendo due posizioni dopo la prova odierna e precedendo la compagna di squadra Silvia Persico.
Come ogni Corsa a tappe oggi non si è assegnata solo la Maglia Gialla, ma anche le altre detentrici delle maglie delle classifiche accessorie hanno avuto l’onore di salire sul palco per la premiazione finale.
La classifica a punti è andata a Lotte Kopecky, che ha dimostrato una notevole continuità di risultati e, nonostante fosse una velocista, si è difesa molto bene anche in salita, piazzandosi sesta sul Tourmalet. La miglior scalatrice parla polacco e risponde al nome della Niewiadoma. La classifica dei giovani è, invece, della francesina del 2001 Cédrine Kerbaol (CERATIZIT-WNT Pro Cycling). Infine, la miglior squadra è il Team SD Worx, formazione sia della maglia gialla, sia della maglia verde.
Con la chiusura odierna del Tour de France Femmes il prossimo appuntamento di punta sarà il Campionato del Mondo di Glasgo che, per quanto riguarda le donne, prevede la gara a cronometro fissata il 10 agosto nella cittadina scozzese di Stirling, mentre rre giorni dopo andrà in scena la prova in linea che vedrà le ragazze impegnate nel tracciato disegnato tra Loch Lomond e Glasgow per 156 Km.
Mario Prato
DEMI VOLLERING NELLA LEGGENDA DEL TOURMALET, MAGLIA GIALLA E PESANTI DISTACCHI ALLE AVVERSARIE
Successo di Demi Vollering nella tappa regina del Tour femminile. La nuova maglia gialla nei cinque chilometri finali infligge alle dirette avversarie distacchi considerevoli. Seconda si è piazzata Katarzyna Niewiadoma, terza Annemiek van Vleuten, “sconfitta” sul suo terreno d’elezione, la salita.
Sono bastati i 5 km conclusivi del Toutmalet per rivoluzionare la classifica fenerale del Tour de France femminile. La settima tappa passerà alla storia dello corsa a tappe francese come quello della “doppia abdicazione”. Doppia perché oltre al cambio al vertice della classifica generale, dove la vincitrice Demi Vollering (Team SD Worx – Protime) ha spodestato la compagna di squadra Lotte Kopecky (oggi sesta a 3’32”), la vincitrice odierna ha sconfitto proprio sul suo terreno preferito l’ultima vincitrice delle corsa francese, nonché fresca vincitrice del Giro d’Italia, Annemiek van Vleuten (Movistar Team). Ovvero colei che ha costruito tutti i suoi innumerevoli successi quando la strada si inerpicava verso l’altro: ditemi voi se non si tratta anche questa di una abdicazione a favore della connazionale più giovane di 14 anni.
La tappa odierna, orfana della quarta della classifica generale Elisa Longo Borghini (Lidl – Trek), ha vissuto la prima parte di gara sull’attesa delle due salite simbolo del Tour, il Col d’Aspin e il Tourmalet.
I tentativi di fuga, subito rintuzzati dal plotone, non hanno avuto molta fortuna. Le uniche che hanno avuto un po’ più di libertà d’azione sono state Susanne Andersen (Uno-X) e Margot Pompanon (St.Michel-Mavic-Auber93). Anche per loro la “libera uscita” è terminata in vista della prima salita di giornata.
La tappa si accende negli ultimi 6 Km del Col d’Aspin, quando un’azione della Van Vleuten ha visto la sola reazione di Katarzyna Niewiadoma (Canyon//SRAM Racing) e della Vollering, con quest’ultima più restia a collaborare. Un atteggiamento questo che ha non poco indispettito la campionessa del mondo e ha fatto sì che la polacca, ispirata forse dal detto comune “Tra i due litiganti il terzo gode”, abia provato l’azione solitaria in discesaraggiungendo un vantaggio di circa un minuto. Quest’azione è stata più volte sul punto di avere termine, ma a causa di condotta di corsa molto altalenante del plotone inseguitore, il vantaggio scendeva e saliva più per demerito di chi inseguiva che per merito di chi conduceva, tenendo la stessa andatura senza cercare un fuori giri che sarebbe stato letale. La guerra di nervi tra la SD Worx della Vollering e della Kopecky e la Movistar della Van Vleuten si è conclusa dopo che il plotone ridotto di unità ha superato il cartello dei meno sei all’arrivo. A quel punto la Vollering ha aperto il gas e in un amen ha raggiunto e superato la battistrada. La reazione d’orgoglio della campionessa del mondo non ha tardato, ma non è stata insufficiente nè a raggiungere la più giovane connazionale, nè la polacca che ha continuato cogliendo un più che onorevole secondo posto a 1’58”. Terza si è piazzata proprio la Van Vleuten, arrivata dopo 2’34”. L’ordine d’arrivo prosegue con Ashleigh Moolman (AG Insurance – Soudal Quick-Step) a 2′43″, Juliette Labous (Team dsm-firmenich) a 2′46″, Lotte Kopecky a 3′32″, Ane Santesteban (Team Jayco AlUla) a 5′24″, Marta Cavalli (FDJ – SUEZ) a 5′43″, Cecilie Uttrup Ludwig (FDJ – SUEZ) a 5′46″ e Ricarda Bauernfeind (Canyon//SRAM Racing) a 6′57″.
In classifica generale la vincitrice di ieri precede la Niewiadoma di 1’50” e la Van Vleuten di 2’28”, un vantaggio di tutto rispetto che le permette di potersi gestire nella cronometro odierna che metterà fine al Tour de France Femmes 2023.
Mario Prato
TIM MERLIER, VITTORIA SOTTO LA PIOGGIA AL GIRO DI POLONIA
Vittoria bagnata vittoria fortunata per il velocista Tim Merlier (Soudal Quick – Step), il belga vince in volata la tappa in linea di esordio della breve corsa a tappe polacca regolando Olav Kooij (Jumbo – Visma) e Fernando Gaviria (Movistar Team).
Prima tappa del Giro di Polonia 2023 sotto l’insegna della pioggia che condiziona fortemente il finale di tappa con alcune cadute tanto che gli Organizzatori decidono di neutralizzare la corsa accreditando quindi i ritardi allo stesso tempo del vincitore di giornata. La cronaca della tappa vede una fuga iniziale di Kamil Malecki (Q36.5 Pro Cycling), Filippo Ridolfo (Novo Nordisk), Norbert Banaszek e Patryk Stosz (Polonia) tenuti sempre a bada dal gruppo che è deciso di arrivare in volata. Nonostante ciò visto alcune cadute che hanno condizionato le fasi finali della corsa la Giuria decide di neutralizzare la corsa all’ingresso del circuito di Tor Poznan. Ripresi i fuggitivi si arriva così allo sprint ed a vincere è dunque Tim Merlier (Soudal-QuickStep), che sfrutta al meglio gli spazi per anticipare Olav Kooij (Jumbo-Visma) e Fernando Gaviria (Movistar), da segnalare in nona posizione Jakub Marecko (Alpcin – Deucenick). Domani seconda tappa e prime asperità con arrivo a Karpacz.
Antonio SCarfone