EUROPEI, JOSHUA TARLING SI PRENDE IL TRONO CONTINENTALE A CRONOMETRO

settembre 20, 2023 by Redazione  
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A 19 anni il corridore gallese, oro Juniores ai Mondiali di Wollongong 2022 e bronzo Elite lo scorso agosto a Stirling, si è laureato campione d’Europa nella prova contro il tempo con il tempo di 31′30”02. Argento allo svizzero Stefan Bissegger e bronzo al belga Wout Van Aert, grande favorito alla vigilia, mentre il migliore italiano è Mattia Cattaneo, quinto.

Sono partiti oggi nei Paesi Bassi i Campionati Europei 2023 con le prove a cronometro individuali ed è iniziato sotto i migliori auspici per i colori azzurri grazie all’oro di Federica Venturelli nella gara junior femminile. Successivamente hanno gareggiato i ragazzi della medesima categoria, dominati da Albert Philipsen (Danimarca), e gli Under 23, che hanno visto imporsi Alec Segaert (Belgio) tra i maschi e Zoe Backstedt (Gran Bretagna) tra le donne. La prova femminile elite, invece, è stata appannaggio per la terza volta consecutiva da Marlen Reusser (Svizzera).

Tra i professionisti il nome nuovo è sicuramente quello del britannico Joshua Tarling, medaglia d’oro a soli 19 anni e portacolori della Ineos-Grenadiers, che l’ha ingaggiato alla fine della scorsa stagione. Il fortissimo e giovanissimo gallese ha timbrato la vittoria con il tempo spaziale di 31′30”02” (media di 56,762 km/h) sul percorso di Emmen, staccando di netto l’elvetico Stefan Bissegger, 2° a 42”, e il belga Wout Van Aert, grande favorito della vigilia grazie anche all’assenza di Filippo Ganna e giunto 3° a 43”. Nella lotta per il podio si era inserito anche l’altro elveticop Stefan Küng, ma lo svizzero è caduto malamente nei chilometri finali ed è arrivato al traguardo con il l casco rotto e il volto ridotto ad una maschera di sangue. Il corridore, già due volte campione europeo a cronometro, è stato immediatamente visitato ma verrà con ogni probabilità trasportato in ospedale per valutare i traumi subiti.

L’Italia può sorridere grazie al quinto posto di Mattia Cattaneo, staccata di 1′13″, mentre Matteo Sobrero ha terminato in ventesima posizione con un passivo di 2′14″. Domani è in programma la cronosquadre mista nella quale Cattaneo e Sobrero gareggeranno con Edoardo Affini, Elena Cecchini, Vittoria Guazzini e Soraya Paladin.

Andrea Giorgini

Sprizza gioia da tutti i pori Joshua Tarling dopo aver vinto la cronometro ai campionati europei (foto Alex Whitehead / SWpix.com)

Sprizza gioia da tutti i pori Joshua Tarling dopo aver vinto la cronometro ai campionati europei (foto Alex Whitehead / SWpix.com)

TRE PICCOLI GRANDI GIRI (…A VUOTO!)

settembre 18, 2023 by Redazione  
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Con la Vuelta finisce in farsa una stagione delle grandi corse a tappe logorata da seri problemi strutturali.

In una riscrittura della calviniana trilogia degli antenati: quest’anno abbiamo assistito al Giro inesistente, al Tour dimezzato e alla Vuelta… ripugnante. Il bicchiere mezzo pieno è naturalmente quello del Tour de France, che per la prima metà ha offerto uno spettacolo roboante, riportando alla mente gli epici duelli uno contro uno che han fatto grande la storia del ciclismo. Purtroppo la stravolgente cronometro espressa da un vampiresco Vingegaard, con differenze sostanzialmente mai viste in oltre un secolo di sport a pedali, ha risucchiato ogni linfa vitale dal suo avversario Pogacar per quel che restava del Tour, e di conseguenza ha prosciugato d’un sorso tutto l’interesse agonistico e tecnico che sarebbe potuto rimanere alla competizione. La grande sfida è comunque valsa ascolti eccellenti, soprattutto in Francia. Tuttavia il trapasso da una lotta acerrima, con un apparente leggero vantaggio per lo sloveno, alla brutale imposizione di una superiorità fisica indiscutibile ha trasmesso un’impressione di falsità e dubbio su quanto visto fin lì, anche senza trascendere in sospetti farmacologici o motoristici che sono impazzati nel vespaio delle reti (ancor più dopo la Vuelta, come vedremo), ma sui quali non è d’uopo far leva in assenza di altri e più probanti elementi. Basta la semplice e sgradevole sensazione del fatto che il duello capace di appassionarci tanto non foss’altro che un gioco del gatto col topo, un mero teatrino, o una sofisticata strategia, se vogliamo essere più elogiativi: lo sloveno si spremeva – e noi fremevamo – con un presunto confronto alla morte sul filo dei secondi, ma intanto il danese, con un ulteriore passo da gigante sul piano atletico rispetto al 2022, dopo quello già colossale dell’anno prima, stava in realtà cincischiando e risparmiandosi, obbedendo ai magnificenti e meticolosi piani Jumbo-Visma.
Per un caso, o forse non per un caso, anche il Giro si è esaurito nel breve volgere di una corta cronometro. Tutta l’emozione si è concentrata sul Lussari, in cui Roglic, alfiere anch’egli della Jumbo-Visma, ha ribaltato la classifica al termine di un Giro per lui decisamente sottotono, complici i postumi di una caduta e forse anche qualche malanno di salute. Va detto però che la possibilità di un Roglic sornione non era così imprevedibile, e non ha quindi trasmesso la stessa sensazione di imperscrutabilità degli autentici valori in campo che sarebbe stata prodotta dal Tour. Il problema del Giro è stato tuttavia ben altro: la noia e inazione assolute nel corso delle intere tre settimane, fatta salva, appunto la cronoscalata conclusiva. L’uscita di scena per covid di un Remco Evenepoel in maglia rosa non ha certo migliorato la situazione. Senza dubbio possiamo parlare di contingenze sfortunate, come nel caso del maltempo che, altrove tragico, sul Giro è stato comunque esasperante, anche se mai di per sé davvero compromettente. La questione, grave, è stata come la situazione sia stata sfruttata con un certo grado di cinismo per imbastire l’ennesima e già logorata retorica relativa alla “sicurezza”, termine che qui va usato fra doverose virgolette perché i vari partecipanti alla discussione hanno ben dimostrato di avere un interesse modesto nei confronti di più autentici e radicali attacchi alla sicurezza di chi pedala, ad esempio in allenamento su strade inevitabilmente condivise col traffico veicolare normale.
Nella stantia riproposizione di un film già visto troppe volte, una parte nemmeno maggioritaria del gruppo ha fatto leva su un cocktail letale di reti sociali informali e formalismi rappresentativi, il tutto con l’obiettivo di mutilare una tappa chiave del Giro. C’era chi aveva o credeva di avere interessi propri nel perseguire questo obiettivo, come INEOS, che a queste pratiche distorsive o ad altre simili è ben avvezza. Il karma ha poi castigato questi protagonisti, che con una tappa vera avrebbero (forse) potuto lasciar più attardato Roglic. Ma, ripetiamo, è una prassi invalsa e come tale automatica, in cui paradossalmente colludono tutte le super squadre che invece dovrebbero vedersi mutuamente quali rivali con interessi divergenti. Invece fanno oligopolio e blindano così una linea comune, quella di ridurre al massimo grado l’imprevedibilità e la variabilità in corsa. Certo, preferiscono giocarsela in tre o quattro piuttosto che immaginare un campo di competitori più esteso. Peccato che questa visione da bigino di economia aziendale sia la risultanza di una sostanziale incomprensione del ciclismo, nonostante le vittorie degli anni precedenti (spesso prodotte soprattutto dalla leva economica sproporzionata e da altre connivenze, più che da una vera abilità tecnica differenziale). Infatti la compresenza di rivali minori capaci di interagire sullo scacchiere o l’apertura di scenari poco controllabili può rivelarsi l’unica occasione di riaprire un minimo di competizione per i vecchi team colosso, oggigiorno ormai relegati a un secondo gradino dallo strapotere Jumbo. Sotto il secondo gradino, va da sé, come a Fontamara, non c’è niente, poi ancora niente, poi ancora niente, poi arrivano le altre squadre. Fuor di elucubrazione o calcolo, la nuda realtà è che nelle gare a tappe, tutte, ad oggi praticamente vince quasi esclusivamente un solo team. Un esito brutto e storicamente inedito.
Al di là di queste dinamiche, i due dati di fondo sono, anzitutto, il manifestarsi di scontri di potere relativi a chi controlla il ciclismo, chi decide il percorso, chi fa le regole, chi modifica il campo da gioco pur da giocatore. Un UCI divenuta più apparentemente rispettosa, dialogica e non interventista (i maligni direbbero in coincidenza con l’esautorazione operata dalla WADA in campo gestione antidoping) ha creato un vuoto di potere in cui si lanciano soggetti multipli, imponendo però alla fin fine una legge del più forte o spregiudicato: non che il viceversa fosse tanto meglio, ma bisogna forse prendere coscienza della situazione per arginarla.
Il secondo dato di fondo, stavolta tecnico, è la consapevolezza del fatto che un Grande Giro sia una struttura complessa e articolata, come minimo già in termini di percorso. Mutilare tappe chiave altera in ultima analisi l’intero sviluppo della competizione, non solo l’aritmetica dei minuti.
Il panorama globale del Giro è quello di una corsa che, dopo anni di veemente crescita dalla metà dei Duemila, è entrato in un ciclo di declino, per ora ancora di breve periodo, ma potenzialmente strutturale, purtroppo. Il rischio, se già non è una realtà, è che si attivi un circolo vizioso di disaffezione e screditamento. L’evento Giro, a differenza di quanto accada col Tour in Francia, è sempre meno rispettato e amato a livello di società circostante, soprattutto su scala politica, mediatica e istituzionale, ma anche con gravi ricadute sull’interesse e il coinvolgimento popolari. Sentendosi debole e insicura, la dirigenza del Giro tende a giocare al ribasso con qualsiasi controparte, ma questo non fa altro che ridurre l’autorevolezza e l’aura popolar-sacrale dell’evento. Fra il pubblico e dentro lo sport stesso, con atteggiamenti sempre più lesivi o sminuenti da parte delle squadre, uniti al disinteresse o a uno stretto utilitarismo di troppi atleti. Per fortuna con le dovute eccezioni, sia quelle ovvie come Ganna, sia quelle meno ovvie anche se puntuali del van der Poel 2022.
Alla Vuelta si è ripetuta, in ben altri termini, la storia degli altri grandi giri, ma in questo caso trasformata in farsa. Difficile definire altrimenti la telenovela dei Jumbo che non sapevano come comportarsi per decidere chi far vincere, in cui tutto era un potrei anche non vincere io, ma purché non vinca lui, e allora che vinca l’altro. Commento in breve dello spettatore o spettatrice sull’orlo di una crisi di nervi: il triangolo no!
Insomma, un evento di per sé unico ed eccezionale nella storia del ciclismo (frase che si ripete oggi più volte: di eventi unici ed eccezionali stiamo facendo collezione…), vale a dire che un’unica squadra vinca nella stessa stagione i tre Grandi Giri, viene esponenzialmente esasperato dal fatto che addirittura il terzo GT si “disputi” fra tre compagni dello stesso team (grandi virgolette pure qui, in un ciclismo sempre più fra virgolette). Pure qui c’è come al Giro un dato circostanziale, nella fattispecie l’uscita di scena, qui solo per la classifica generale, di un Remco Evenepoel rivale potenziale. Poi la Vuelta in quanto spettacolo in realtà ne ha goduto, poiché l’unico sollazzo per il pubblico è stato lo show di un Remco sempre lanciato a bomba contro l’ingiustizia in una profusione di fughe fluviali e kamikaze, a volte terminate in gloria, altre volte in sconfitte di misura: premio di consolazione per gli appassionati dello sport, e maglia di miglior scalatore quale premio di consolazione per Remco. Ma sono elementi di contorno. Quel che ha tenuto banco è stata la manfrina di sceneggiate, furbate, fagianate, esibizioni che ha gravitato attorno al trio Jumbo. Cattivo segno se siamo ridotti a parlare di questo. Però forse preferiamo parlare di questo invece di interrogarci sul fatto che Kuss non abbia nessun cedimento serio, fino a poter ratificare senza sforzo la maglia roja finale concessagli dal team, dopo aver corso ad altissimo livello tutti e tre i GT. Unico, eccezionale. Nessun capitano avversario, né i valori non stratosferici ma solidi di un Mas, né il talento di un Ayuso, entrambi focalizzati sulla Vuelta, possono avvicinarsi al livello atletico di un gregario, benché d’eccezione, che ha corso al massimo tre grandi giri filati.
Umiliante e simbolica la neutralizzazione de facto dell’ultima splendida tappa seria attorno a Madrid, una piccola Liegi adatta ai ribaltoni. Ma prima c’erano state altre neutralizzazioni ufficiali, come a Barcellona, un’assurdità che ripeteva tal quale, anzi lo clonava, lo sproposito del Giro.
Nel complesso, la sensazione è di stare assistendo a una gravissima crisi di agonismo e competitività. Se però talvolta sono fasi che il ciclismo vive per naturali alternanze e ricambi, come potrebbe essere ora la povertà generale nella specialità dello sprint, o l’epoca di transizione nelle Classiche dopo i picchi dell’era Boonen-Gilbert-Cancellara-Bettini prima dell’avvento di van der Poel-Pogacar-Van Aert-Pedersen-Alaphilippe (finché è durato), con l’eterno Valverde a far da ponte. Qui il discorso tuttavia sembra un po’ diverso, perché su una effettiva fase di transizione è precipitata come un meteorite la “strabordanza” made in Jumbo-Visma. Il risultato è un ciclismo che sembra avere, oltreché diverse velocità, anche diverse quinte teatrali, un ciclismo in cui quel che si vede succedere è il prodotto di una sceneggiatura redatta da qualche testa d’uovo del marketing. Una sceneggiatura peraltro e purtroppo mediocre, un ciclismo Netflix buono solo per chi vuole rimanere stupito mezzora e poi passare ad altro. Essendo però questa l’antitesi strutturale del concetto di Grande Giro, sarà da capire se non solo lo sport ma anche “il prodotto” sopravviverà a questa atroce contraddizione interna. Svilirsi o morire? Oppure svilirsi, e quindi morire?

Gabriele Bugada

Roglic e Vingegaard festeggiano la vittoria di Kuss (Getty Images)

Roglic e Vingegaard festeggiano la vittoria di Kuss (Getty Images)

SUCCESSO ORANGE A PESCARA, IL MATTEOTTI È DI BAX

settembre 17, 2023 by Redazione  
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Successo storico, è la prima volta di un olandese, al Trofeo Matteotti. La corsa abruzzese è andata a Sjoerd Bax, che ha saputo resistere al sopraggiungere del plotone ed ha avuto la meglio su Simone Velasco e Lorenzo Rota, rispettivamente secondo e terzo.

L’olandese Sjoerd Bax (UAE Team Emirates) ritrova la vittoria in una corsa italiana dopo il successo della scorso anno nella Coppa Agostoni. Il ventisettenne di Groeningen si è imposto sul traguardo di Pescara battendo il campione italiano Simone Velasco (Astana-Qazaqstan) e Lorenzo Rota (Intermarché-Circus-Wanty).
La classica pescarese, tornata in calendario dopo la cancellazione dello scorso anno, non ha tradito le attese e fin dalle prime battute è stata interpretata nella giusta maniera dei partecipanti.
Dopo 20 Km dal via i primi a muoversi sono stati Mattia Bais (Eolo-Kometa) e Pierre Latour (TotalEnergies). Il gruppo lascia fare e i due mettono tra loro e chi insegue un gap superiore ai sei minuti. Questa situazione non soddisfa tutti e così Alessio Nieri (Green Project-Bardiani CSF-Faizanè), Maximilian Kabas (WSA KTM Graz) e Roberto Gonzalez (Mg.K Vis-Colors for Peace) provano senza successo il ricongiungimento con i battistrada.
La situazione di calma apparente cambia quando, nel corso dell’8° giro del circuito, la Jayco AlUla di Michael Matthews prova a prendere in mano la situazione. Questo fatto ha come dato il via ad “un’altro” Trofeo Matteotti. Tra i battistrada Bais si rialza solo a condurre il transalpino Latour. La sua solitudine durerà circa una ventina di chilometri, fin quando verrà poi raggiunto ai meno 40. Durante il terzultimo passaggio la discesa di Montesilvano ha visto il tentativo di Davide Formolo (UAE Team Emirates), raggiunto poco dopo da Andrii Ponomar (Team Corratec-Selle Italia), mentre il gruppo si riduce nel numero dei componenti. I due di testa vengono raggiunti durante l’ultimo giro del circuito da George Bennett (UAE Team Emirates). Si ha una specie di passaggio di testimone con Formolo, che desiste dal proseguire l’azione. La nuova coppia di battistrada viene raggiunta prima dell’ultimo passaggio di Montesilvano e la successiva discesa, come spesso in passato, si è dimostrata decisiva. Qui Rota ha forzato l’andatura, seguito dal solo Bax.
I due, forse sottovalutati dal plotone, guadagnano un po’ di vantaggio, non sufficiente ad un arrivo tranquillo. Le due volate, ovvero quella dei battistrada e quella degli inseguitori, partono quasi contemporaneamente. Bax riesce così a tagliare il traguardo per primo, mentre Rota, autore del guizzo decisivo che ha creato l’attacco giusto, si è visto superare sul traguardo da Velasco, salvando comunque il terzo gradino del podio. Con lo stesso tempo del vincitore completano la TopTen Matthews, Marc Hirschi (UAE Team Emirates), Julien Simon (TotalEnergies), Xabier Berasategi (Euskaltel – Euskadi), Gianluca Brambilla (Q36.5 Pro Cycling Team) e Filippo Fiorelli (Green Project-Bardiani CSF-Faizanè).
Dopo questo weekend le strade italiane torneranno ad essere teatro di una competizione ciclistica da venerdì 22 quando da Corropoli, sempre in Abruzzo, prenderà il via l’Adriatica Ionica Race. La corsa a tappe giunta alla sesta edizionbe che si dipanerà tra Abruzzo, Puglia e Calabria, dove terminerà domenica 24 a Crotone.

Mario Prato

Sjoerd Bax (foto Massimo Fulgenzi / SprintCyclingAgency)

Sjoerd Bax (foto Massimo Fulgenzi / SprintCyclingAgency)

LA LEGGE DI VAN DER POEL. VITTORIA DEL CAMPIONE DEL MONDO NELLA SUPER 8 CLASSIC

settembre 16, 2023 by Redazione  
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In un percorso fatto su misura per Van der Poel, con continui strappi, strappetti e cambi di ritmo, il campione del mondo non si lascia scappare l’opportunità di vincere la prima corsa in magli iridata battendo in una volata ristretta Anthony Turgis (Team TotalEnergies) e Florian Vermeersch (Team Lotto Dstny)

Nonostante i forfait dell’ultim’ora di Wout van Aert (Team Jumbo Visma) e di Arnaud de Lie (Team Lotto Dstny), la Super 8 Classic (ex Primus Classic) mantiene un livello molto alto tra i partenti e tra di loro spicca la presenza del campione del mondo Mathieu van der Poel (Team Alpecin Deceuninck) che dopo il quarto posto ottenuto qualche giorno fa al GP de Wallonie vorrebbe vincere per la prima volta in maglia iridata. Ed il terreno è favorevole per il fenomenale ciclista olandese visto che nei quasi 204 km da Brakel ad Haacht sono presenti moltissimi saliscendi, vere e proprie cotes con cui Van der Poel va a nozze. Gli avversari non mancano comunque e tra i più seri pretendenti alla vittoria finale citiamo Mads Pedersen (Team Lidl Trek), Christophe Laporte (Team Jumbo Visma), Ethan Vernon (Team Soudal Quick Step) ed Arnaud Demare (Team Arkea Samsic). Le speranze italiane sono affidate a Matteo Trentin (UAE Team Emirates). Proprio su iniziativa di Van der Poel le prime vere scaramucce all’interno del gruppo avvenivano a circa 80 km dalla conclusione, quando il gruppo iniziava ad allungarsi ed insieme a Van der Poel prendevano qualche metro di vantaggio Matteo Trentin e Lars Boven (Team Jumbo Visma). A questo primo attacco rispondeva un quartetto di uomini formato da Gianni Vermeersch (Team Alpecin Deceuninck), Frank van den Broek (Team DSM), Jakob Fuglsang (Team Israel Premier Tech) ed Anthony Turgis (Team TotalEnergies). Galvanizzato dalla presenza in testa del compagno di squadra Vermeersch, Van der Poel accelerava a sua volta trainando con sè Florian Vermeersh (Team Lotto Dstny). SI rifaceva sotto anche Boven mentre perdeva contatto Van den Broek. I sei ciclisti di testa non venivano più ripresi ed erano così loro a giocarsi la vittoria. Vermeersch tirava nell’ultimo km per Van der Poel il quale con un’accelerazione delle sue bruciava tutti in volata ve vinceva davanti a Turgis e Florian Vermeersh. Una vittoria fortemente voluta dal campione del mondo in carica, alla prima vittoria con la maglia iridata.

Antonio Scarfone

Mathieu van der Poel vince la Super 8 Classic (foto: Getty Images)

Mathieu van der Poel vince la Super 8 Classic (foto: Getty Images)

REMCO SFIORA IL POKER, ESULTA WOUT POELS. VUELTA NELLE MANI DI KUSS

settembre 16, 2023 by Redazione  
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Niente sorprese nell’ultima frazione della Vuelta che riservava difficoltà altimetriche. Sepp Kuss, già designato negli scorsi giorni come capitano della Jumbo-Visma, oggi non ha avuto nessun problema a difendere il primato in classifica e domani potrà festeggiare la sua prima vittoria in un grande giro, accompagnato sul podio finale dai suoi due storici capitani, Jonas Vingegaard e Primoz Roglic, regalando così alla Jumbo un risultato che ha del leggendario. I ‘calabroni’ oltre a festeggiare un incredibile podio monocolore, con questo risultato diventano la prima squadra nella storia a vincere tutti e tre i grandi giri nella stessa stagione, per giunta con tre di versi corridori.
La 20a tappa è andata ad un bravissimo Wout Poels (Bahrain-Victorius) abile ad anticipare nella volata finale gli ultimi compagni di fuga, tra i quali il solito, instancabile e generoso Remco Evenepoel (Soudal-Quick Step), oggi secondo d’un soffio e quindi costretto a rinunciare al poker di vittorie di tappa. Terza posizione per un bravo Pelayo Sanchez (Burgos-BH) che così ottiene il piazzamento più rilevante della sua giovane carriera.

La 20a e penultima tappa della Vuelta, la Manzanares El Real-Guadarrama (207,8 km), rappresentava l’ultima ghiotta occasione per i cacciatori di fughe nonchè, almeno sulla carta, l’ultima opportunità per i big di poter cambiare il volto della classifica. La frazione, la più lunga di quest’edizione della corsa iberica, si dipanava interamente all’interno della Sierra de Guaderrama, la piccola catena montuosa che si estende a nord-est di Madrid. Il percorso riservava ai corridori un continuo saliscendi caratterizzato da ben 10 gpm (se non un record, quasi): pronti via e subito iniziava il Collado del Portazgo (10,8 km al 3,4%) la cui cima era posta al km 12,8. Dopo la discesa, che portava i corridori per una prima volta a Guaderrama, e un brevissimo tratto di fondovalle, iniziava il Puerto de la Cruz Verde (7,1 km al 5%). Terminata la seconda discesa di giornata si passava per Robledo de Chavela (km 52) dove aveva inizio un circuito di 53,5 km da ripetere due volte e che presenteva una sequenza di ben 3 gpm: La Escondida (8,8 km al 4,2%), l’Alto de Santa Maria de Alameda (5 km al 5,6%) e quindi l’Alto de Robledondo (3,8 km al 6,4%). Una volta completata la seconda tornata (km 159) vi era uno strappo non classificato come gpm (2,6 km al 6,8%) e poco dopo la seconda scalata del Puerto de la Cruz Verde, questa volta da un alto versante (7,3 km al 3,9%), posto al km 181. Infine i corridori erano attesi dall’Alto de San Lorenzo de El Escorial (4,5 km al 6,6%). Dal gpm al traguardo vi erano 15 km, dei quali gli ultimi 10 sostanzialmente pianeggianti.

Come prevedibile, gli attacchi e i contrattacchi si sono sprecati già nei primissimi chilometri della corsa. I primi a muoversi sono stati Antonio Tiberi (Bahrain-Victorius) e Lennert Van Eetvelt (Lotto-Dstny) dopo un paio di chilometri dal via. Dietro i due giovani talenti, si sono aggiunti altri corridori, ma ben presto il tentativo è stato neutralizzato. A stretto giro di posta si sono mossi Wout Poels (Bahrain-Victorius), Marc Soler (UAE Team Emirates), Sean Quinn (EF Education-EasyPost), poi raggiunti anche dal solito Remco Evenepoel (Soudal-Quick Step) ma anche stavolta il gruppo è rapidamente rinvenuto
L’azione buona ha iniziato a prendere formo lungo la prima salita di giornata principalmente per iniziativa degli indomiti Soler ed Evenepoel, passati in testa al primo gpm. Lungo la discesa sono sopraggiunti man mano altri corridori andando a comporre un plotoncino di ben 31 corridori: Remco Evenepoel, Mattia Cattaneo, James Knox e Louis Vervaeke (Soudal-Quick Step), Finn Fisher-Black e Marc Soler (UAE Team Emirates), Wilco Kelderman (Jumbo-Visma), Geraint Thomas (INEOS Grenadiers), Wout Poels e Antonio Tiberi (Bahrain-Victorius), Lenny Martinez (Groupama-FDJ), Lennard Kamna e Ben Zwienhoff (Bora-Hansgrohe), Jimmy Janssens e Edward Planckaert (Alpecin-Deceuninck), Andreas Kron, Sylvain Moniquet e Lennert Van Eetvelt (Lotto-Dstny), Hugh Carthy (EF Education Easy Post), Dorian Godon, Andrea Vendrame e Nicolas Prodhomme (Ag2r Citroen Team), Matteo Sobrero (Team Jayco-Alula), Rui Costa (Intermarché-Circus-Wanty), Ivan Garcia Cortina e Einer Rubio (Movistar Team), Romain Bardet (Team dsm-firmenich), Elie Gesberg (Team Arkea-Samsic), Pelayo Sanchez (Burgos-BH), Fernando Barcelò e Joel Nicolau (Caja Rural-Seguros RGA).

Il corposo gruppo di testa in breve è riuscito a raggiungere il minuto di vantaggio (km 18), distacco che è successivamente aumentato arrivando a 3′30″ quando si stava ancora scalando il secondo gpm, il Puerto de la Cruz Verde (km 43), in cui per primo è transitato Rui Costa. Dietro, il gruppo tirato dalla Jumbo-Visma (molto attivo Dylan Van Baarle) proseguiva con un ritmo non troppo elevato, evidentemente disinteressato a riprendere la fuga. La situazione non è quindi mutata una volta entrati nel circuito di 53 km che caratterizzava la parte centrale della corsa: in cima al gpm di Santa Maria de Alameda (vinto dal belga Van Eetvelt; in precedenza Thomas era passato per primo a la Escondida) il vantaggio del gruppo di testa, tirato principalmente dai compagni di Evenepoel, aveva raggiunto i 5 minuti esatti e ha poi toccato i 5′45 sull’Alto de Robledondo (km 94), vinto da Vervaeke. Terminato il primo giro del circuito, il distacco del gruppo si è finalmente stabilizzato intorno ai 6′.

Le prime scaramucce nel drappello dei battistrada sono arrivate ai -75, quando si stava iniziando a scalare per la seconda volta l’Alto de Santa Maria de Alameda: nel giro di pochi chilometri sono arrivati i tentativi di allungo di Zwienhoff, poi di Soler e infine di Sanchez. I vari attacchi sono stati però prontamente rintuzzati dagli uomini della Soudal, ovviamente interessati a tenere il drappello unito in vista del prevedibilissimo attacco di Evenepoel nel finale. Il gruppo dei 31 attaccanti ha così scollinato a ranghi compatti anche al secondo passaggio sull’Alto de Robledondo con un margine lievitato ad oltre 8 minuti sul gruppo, sempre tirato da Van Baarle. A questo punto sulla corsa è comparsa una variabile imprevista, la pioggia, che però non è stata particolaremnte insistente. Il canovaccio della corsa è cambiato una volta usciti dal circuito: nel gruppo di testa diversi corridori hanno perso irrimediabilmente contatto: prima Sobrero, Garcia Cortina, Nicolau, Planckaert e Fisher-Black, poi anche Kron, Janssen, Zwiehoff e Knox che però sono rimasti relativamente vicini. In testa sono così rimasti in 22, mentre nel frattempo il gruppo era scivolato ad oltre 10′.
Lungo la penultima salita il gruppo di testa non si sono verificati attacchi, complici le pendenze non certamente terribili dell’ascesa, ma comunque altri due corridori non sono riusciti a tenere le ruote degli altri fuggitivi: Gesbert e Vendrame. La corsa a quel punto era praticamente congelata e destinata a risolversi sul tratto più duro dell’Alto de San Lorenzo de El Escorial, ultima salita di giornata e dell’intera Vuelta.

I battistrada hanno imboccato l’ascesa con 11′20″ di ritardo (vantaggio massimo). Gli uomini della Soudal hanno da subito accelerato mettendo in difficoltà diversi corridori (primi a staccarsi Carthy e Godon), poi ai 2300 metri dallo scollinamento, quando si era nel tratto più duro della salita, è partito Wout Poels, immediatamente inseguito da Lennert Van Eetvelt. Alle loro spalle si sono lanciati poco dopo Marc Soler e Pelayo Sanchez. Ai 1100 dallo scollinamento, Soler ha accelerato andando a riprendere la coppia di testa. Contemporaneamente Evenepoel aveva lasciato la compagnia degli altri reduci della fuga, rientrando su Sanchez che ha poi addirittura avuto il coraggio di staccare il fenomeno belga negli ultimi 200 metri della salita. Poels, Van Eetvelt e Soler hanno scollinato tutti insieme, mentre poco dietro vi erano Sanchez e poi Evenepoel. I due inseguitori sono però rapidamente rientrati nelle prime centinaia di metri della discesa. Dietro di loro, staccati di una quindicina di secondi vi erano Cattaneo, Martinez, Kamna, Rui Costa, Rubio e Bardet. Nonostante qualche tentativo di allungo in discesa, il quintetto è rimasto compatto nel tratto finale collaborando per evitare il rientro del sestetto inseguitore. Il clima di collaborazione si è interrotto una volta entrati nell’ultimo chilometro. Poels, approfittando di una curva posta ai -400, ha giocato d’anticipo lanciando una volata lunghissima che gli ha consentito di guadagnre immediatamente un piccolo ma preziosissimo margine sugli altri quattro. Evenepoel, subito messo in testa al quartetto al disperato inseguimento del corridore olandese, è risucito ricucire il buco e ad affiancare Poels, ma non a superarlo. L’olandese ha tagliato il traguardo precedendo Evenepoel di neanche mezza ruota, quanto però bastava per poter esultare. Evenepoel, palesemente deluso per il poker sfiorato, ha chiuso al secondo posto, davanti al bravissimo e sorprendente Pelayo Sanchez e a Van Eetvelt. Quinta piazza per Soler a 5″. Il gruppetto inseguitore, giunto a 16″, è stato regolto d Rui Costa che ha preceduto Tiberi, Kamna, Bardet, Rubio e Lenny Martinez.

Il gruppo dei migliori, ridotto ad una decina di corridori grazie al forcing imposto dagli uomini della Movistar, è giunto a 10′21″ con i tre alfieri della Jumbo-Visma leggermente staccati per celebrare l’incredibile e storica vittoria di Sepp Kuss che lancia di diritto gli uomini gialloneri nella storia del ciclismo.
La classifica generale, destinata a non essere più cambiata nella passerella finale di Madrid, vede quindi il terzetto Jumbo davanti a tutti: Kuss domani celebrerà la sua prima vittora in un GT con 17″ di vantaggio su Jonas Vingegaard e 1′08″ su Primoz Roglic. Fuori dal podio Juan Ayuso (UAE Team Emirates) che chiude 4° a 3′08″, quindi troviamo Mikel Landa (Bahrain-Victorius) a 4′03″ e Enric Mas (Movistar Team) a 4′14″. Alexandre Vlasov (Bora-Hansgrohe) è 7° a 8′19″ dopo aver scavalcato il compagno Cian Uijtdebroeks che oggi non ha tenuto il passo dei migliori e si dovrà accontentare dell’ottava piazza a 8′26″ da Kuss. Chiudono la top ten Joao Almeida (UAE Team Emirates) a 10′08″ e Santiago Buitrago (Bahrain-Victorius) che invece paga 12′04″ al corridore statunitentse.

Domani è in programma l’ultima tappa, la classica passerella Madrilena. La frazione, lunga appena 101 km, prenderà il via all’Ippodromo di Zarzuela per poi giungere per la prima volta su traguardo posto a Paisaje de la Luz, nel pieno centro della capitale Iberica. A quel punti corridori dovranno affrontare un circuito cittadino di appena 5,8 km da ripetere per 9 volte. Una frazione che con ogni probabilità sorriderà ai velocisti.

Pierpaolo Gnisci

Poels nega il poker a Remco (fonte:Getty Images)

Poels nega il poker a Remco (fonte:Getty Images)

MEMORIAL PANTANI 2023, LUTSENKO VINCE SU HIRSCHI E SIVAKOV

settembre 16, 2023 by Redazione  
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Alexey Lutsenko vince la classica di Cesenatico su Marc Hirchi e Pavel Sivakov

Edizione 2023 della classica di un giorno nelle terre dell’indimenticato e indimenticabile Marco Pantani: 194 km da Riccione a Cesenatico con al suo interno il circuito degli strappi di Longiano e Crocetta da ripetere due volte.
La corsa prende da subito una piega definita, con un frazionamento in due tronconi che porta al comando circa 30 unità con 1 minuto di margine massimo sulla seconda parte. Fra gli attardati però figura anche l’Astana che non ci sta e con un gran lavoro chiude il margine intorno ai -130 km dal traguardo.
Già nella prima tornata del circuito di Longiano il ritmo sale vertiginosamente creando allungamenti e frazionamenti anche fra i migliori, grazie soprattutto all’attacco di squadra a firma UAE Emirates. Ecco che allora si muovono i capitani in prima linea: a portarsi in testa alla corsa sono Alexey Lutsenko (Astana Qazaqstan), Guillaume Martin (Cofidis), Pavel Sivakov (Ineos Grenadiers), Simon Yates (Team Jayco – AlUla), Davide Formolo e Marc Hirschi (UAE Team Emirates).
Il vantaggio diventa da subito importante, e una volta terminate le asperità altimetriche in programma i battistrada procedono di buon accordo verso il traguardo di Cesenatico sempre più vicino. A nulla servono dietro i tentativi di rintuzzare l’avanzata dei fuggitivi: parte dunque la volata ristretta in testa, regolata da Alexey Lutsenko con relativa facilità su Marc Hirschi e Pavel Sivakov.

Lorenzo Alessandri

Lutsenko vince ledizione 2013 della corsa intitolata allindimenticato Marco Pantani (foto Roberto Bettini / SprintCyclingAgency)

Lutsenko vince l'edizione 2013 della corsa intitolata all'indimenticato Marco Pantani (foto Roberto Bettini / SprintCyclingAgency)

VUELTA, E’ FESTA TOTALE AZZURRA A ÍSCAR

settembre 15, 2023 by Redazione  
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Nella 19a tappa (La Bañeza – Íscar, 177 km) del Giro di Spagna è l’Italia l’assoluta protagonista della volata, grazie allo sprint vincente di Alberto Dainese (DSM – Firmenich) su Filippo Ganna (Ineos – Grenadiers). Sfiora il podio Davide Cimolai, che termina al quarto posto. Per il corridore padovano si tratta del terzo successo di tappa in un grande Giro: i due precedenti li aveva ottenuti a Reggio Emilia nel 2022 e a Caorle quest’anno, entrambi nella Corsa Rosa.

E’ un ottimo pomeriggio per i colori italiani del ciclismo su strada: a poche ore di distanza dalla vittoria di misura della vicentina Sofia Bertizzolo sulle strade svizzere del Tour de Romandie femminile e del valtellinese Andrea Bagioli al Giro di Slovacchia, tocca al veneto Alberto Dainese alzare le braccia al cielo in Spagna, nella terzultima tappa della Vuelta, regalando la seconda gioia italiana in terra iberica dopo la cronometro individuale andata all’inizio della seconda settimana a Pippo Ganna a Valladolid.

Non è partito da La Bañeza Damien Touzé (AG2R – Citroen) e sono quattro i corridori ad avvantaggiarsi sul gruppo principale: i francesi Clément Davy (Groupama – FDJ), Paul Lapeira (AG2R – Citroen) e Mathis Le Berre (Arkea – Samsic) con il ceco Michal Schlegel (Caja Rural – Seguros RGA). Il quartetto ha carta bianca (tutti i componenti sono ben lontani in classifica generale) e non ha problemi a guadagnare minuti di vantaggio, resistendo fino allo sprint intermedio vinto da Davy sulla maglia verde Kaden Groves (Alpecin – Deceuninck). Scatta poi Samuele Battistella (Astana Qazaqstan Team), che rimane in avanscoperta solitaria per circa sei chilometri. Sono le squadre dei velocisti a riacciuffare il corridore vicentino per poi concentrarsi sullo sprint previsto al traguardo di Íscar. Ineos- Grenadiers e Movistar Team sono i team più attivi, poi si portano in testa Alpecin-Deceunick ed EF Education – Easypost per Groves e Marijn Van den Berg, ma c’è un contatto in testa al gruppo e ne fanno le spese lo stesso Groves insieme al compagno di squadra Tobias Bayer e due corridori della DSM, tra i quali il giovane scalatore britannico Max Poole.

Senza il principale favorito allo sprint il gruppo è spezzato e a giocarsi la vittoria di tappa ci sono Filippo Ganna con Van den Berg, Cimolai e Dainese: il campione di Verbania sembra poter fare il bis ma con una rimonta prepotente viene scavalcato dallo sprinter padovano, che si prende la vittoria e si scioglie in un pianto di liberazione, abbracciato poco dopo dai compagni di squadra e congratulato da alcuni avversari.

Nulla accade in classifica generale e domani è previsto l’ultimo giorno importante in montagna per Sepp Kuss (Jumbo-Visma), vicino alla conquista del suo primo Grande Giro in carriera. Lo attendono i 207 chilometri da Manzanares el Real a Guadarrama, dove sono previsti 4300 metri di dislivello e ben dieci GPM di terza categoria. E’ terreno fertile per Remco Evenepoel (Soudal – Quick Step), pronto a chiudere definitivamente i conti per la maglia degli scalatori e per qualche contrattaccante che ha voglia di rivalsa dopo una Vuelta magari deludente a livello personale.

Andrea Giorgini

Dainese anticipa dun soffio Ganna sul traguardo di Íscar (Getty Images)

Dainese anticipa d'un soffio Ganna sul traguardo di Íscar (Getty Images)

HIRSCHI DOMA SIVAKOV ED IL MURO DI PECCIOLI. SUA LA COPPA SABATINI 2023

settembre 15, 2023 by Redazione  
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Sullo strappo finale che caratterizza la Coppa Sabatini, Marc Hirschi (UAE Team Emirates) fulmina Pavel Sivakov (Team INEOS Grenadiers), mentre Tadej Pogacar (UAE Team Emirates) si accontenta della terza posizione dopo il quarto posto al Giro della Toscana

La Coppa Sabatini 2023 parte da Peccioli e si conclude come di consueto nella medesima località toscana, sullo strappo di circa 1 km e 300 metri che presenta pendenze tra il 5 ed il 6 %. Una corsa che può vincere un’ampia rosa di ciclisti, dai velocisti resistenti ai finisseur fino a uomini da GT. L’ultima vittoria di un ciclista italiano risale al 2017, quando Andrea Pasqualon, in maglia Wanty Groupe Gobert, ebbe la meglio su Sonny Colbrelli e Francesco Gavazzi. Da quell’anno si sono avute soltanto vittorie straniere e precisamente da parte di Juan José Lobato (2018), Alexey Lutsenko (2019), Dion Smith (2020), Michael Valgren (2021) e Daniel Martinez (2022). Grande attesa per l’UAE Team Emirates che parte con i favori del pronostico schierando tra le sue fila un terzetto di altissimo livello con Felix Grosssschartner, Marc Hirschi e Tadej Pogacar. La corsa ha visto per la prima metà una fuga composta da Ibai Azurmendi (Team Euskaltel Euskadi), Alessio Cialone e Lucas Grolier (Team TotalEnergies), Harold Tejada (Team Astana Qazaqstan), Luca Covili (Team Green Project – Bardiani CSF – Faizanè). Una volta ripresa dal gruppo, si sono avuti diversi attacchi e contrattacchi che hanno visto evadere, a circa 50 km dall’arrivo, un drappello di otto ciclisti che si sarebbe giocato la vittoria finale e che rispondeva ai nomi di Hirschi, Pogacar George Bennett e Davide Formolo (UAE Team Emirates), Alexey Lutsenko (Team Astana Qazaqstan), Pavel Sivakov (Team INEOS Grenadiers), Walter Calzoni (Q36.5 Pro Cycling Team), Michael Valgren e Richard Carapaz (Team EF Education EasyPost) e Guillaume Martin (Team Cofidis). A poco meno di 40 km dalla conclusione Hirschi e Sivakov allungavano in testa e nel giro di qualche km aumentavano il vantaggio sugli ex compagni di fuga ad oltre 30 secondi. La coppia di testa si dava cambi regolari ed arrivava allo strappo finale con una ventina di secondi di vantaggio sui diretti inseguitori. Nella volata conclusiva Hirschi vinceva nettamente su Sivakov, che si piazzava in seconda posizione a 2 secondi di ritardo dallo svizzero. Pogacar si piazzava in terza posizione a 18 secondi da Hirschi, precedendo Martin e Lutsenko mentre Calzoni, sesto, era l’unico italiano nella top ten. Hirschi conferma il buon stato di forma già palesato nelle corse in cui ha partecipato tra Luglio e Settembre e adesso punta con decisione al prossimo week end, quando si disputeranno il Memorial Marco Pantani (sabato 16 Settembre) ed il Trofeo Matteotti (domenica 17 Settembre).

Antonio Scarfone

Marc Hirschi vince la Coppa Sabatini 2023 (foto: Sprint Cycling Agency/Coppa Sabatini)

Marc Hirschi vince la Coppa Sabatini 2023 (foto: Sprint Cycling Agency/Coppa Sabatini)

EVENEPOEL SHOW SULLA CRUZ DE LINARES. KUSS RESTA IN MAGLIA ROSSA

settembre 14, 2023 by Redazione  
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La fuga ampiamente pronosticata della diciottesima tappa vede Remco Evenepoel (Team Soudal Quick Step) protagonista di un assolo irresistibile a circa 25 km dall’arrivo. Il belga saluta i compagni di fuga già sulla prima delle due ascese della salita finale ed ottiene la terza vittoria di tappa alla Vuelta 2023

Dopo il tappone di ieri con l’Altu de l’Angliru che ha visto ancora una volta la lotta (o la parvenza di lotta) tutta interna al Team Jumbo Visma con Kuss, Roglic e Vingegaard sugli scudi, la diciottesima tappa di oggi vede ancora protagoniste le Asturie con una frazione altrettanto impegnativa che parte da Pola de Allande e si conclude a La Cruz de Linares dopo circa 180 km. Oltre ai tre gpm dell’Alto de las Estacas, del Puerto de San Lorenzo e dell’Alto de Tenebredo, da affrontare nei primi 130 km, il finale di tappa prevede la doppia scalata della Cruz de Linares, salita di oltre 8 km con una pendenza media dell’8.5%. I primi quattro km sono i più impegnativi con tratti in doppia cifra. Ad una prima vista dell’altimetria, la fuga potrebbe avere notevoli chance di successo, purchè sia abbastanza numerosa e contenga al suo interno buoni passisti e ottimi scalatori. E la fuga, con il benestare del gruppo, partiva ufficialmente dopo una decina di km grazie all’azione di quattordici ciclisti, ovvero Remco Evenepoel (Team Soudal Quick Step), Egan Bernal (Team INEOS Grenadiers), Damiano Caruso (Team Bahrain Victorious), Julien Bernard (Team Lidl Trek), Lewis Askey e Lorenzo Germani (Team Groupama FDJ), Nico Denz (Team BORA Hansgrohe), Jarrad Drizners ed Andreas Kron (Team Lotto Dstny), Andrea Piccolo (Team EF Education EasyPost), Imanol Erviti (Team Movistar), Paul Ourselin (Team TotalEnergies), Hugo Hofstetter (Team Arkea Samsic) e Max Poole (Team DSM). Sull’Alto de las Estacas il vantaggio della fuga saliva progressivamente con Evenepoel primo a scollinare. Il gruppo inseguiva a quasi 9 minuti di ritardo. Evenepoel si ripeteva sul successivo Puerto de San Lorenzo, transitando nuovamente in prima posizione ed avendo così in pugno la vittoria nella classifica dei gpm. Il campion e belga scollinava per primo anche sul terzo gpm di giornata, l’Alto de Tenebredo posto al km 121.2 e sul quale Bernal e Piccolo perdevano qualche metro sul gruppo di testa. Il gruppo dei fuggitivi scoppiava definitivamente suol primo dei due passaggi sul Puerto de la Cruz de Linares, anche perché Evenepoel decideva di andarsene da solo a circa 3 km dallo scollinamento. Gli ultimi due ciclisti a reggere il ritmo dell’indiavolato belga erano Poole e Caruso. Evenepoel iniziava la seconda ed ultima scalata del Puerto de la Cruz de Linares con 2 minuti abbondanti di vantaggio sulla coppia formata da Poole e Caruso. Il belga manteneva un ritmo tale da non poter essere più impensierito alle sue spalle ed andava a vincere in solitaria come nella maggior parte delle sue affermazioni. Caruso era secondo a 4 minuti e 44 secondi di ritardo mentre Kron era terzo a 5 minuti e 10 secondi di ritardo. Al di là degli ex fuggitivi intercalati alle spalle di Evenepoel, la lotta per la maglia rossa tra i tre ciclisti della Jumbo Visma ed il resto degli avversari non sembrava sortire effetti rilevanti, visto che i primi sei in classifica generale restavano tutti insieme. Soltanto Juan Ayuso (UAE Team Emirates) cercava l’allungo a poco più di 1 km dalla conclusione e l’azione del giovane spagnolo metteva in difficoltà Jonas Vingegaard (Team Jumbo Visma) e Mikel Lada (Team Bahrain Victorious) che si staccavano leggermente. La classifica generale vedeva così Sepp Kuss (Team Jumbo Visma) rafforzare la sua maglia rossa, aumentando il suo vantaggio su Vingegaard a 19 secondi – curiosamente gli stessi secondi che separavano adesso Landa da Ayuso – mentre Primoz Roglic restava terzo a 1 minuto e 8 secondi di ritardo. Domani è in programma la diciannovesima tappa da La Bañeza a Íscar di 177 km. La totale assenza di gpm ed il percorso prevalentemente pianeggiante non possono che avvantaggiare i velocisti che torneranno a darsi battaglia per la vittoria.

Antonio Scarfone

Remco Evenepoel vince sul Puerto de la Cruz de Linares (foto: Alexander Hassenstein/Getty Images)

Remco Evenepoel vince sul Puerto de la Cruz de Linares (foto: Alexander Hassenstein/Getty Images)

JUMBO PIGLIATUTTO SULL’ANGLIRU, MA LA COMPATTEZZA SCRICCHIOLA

settembre 13, 2023 by Redazione  
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Nella minitappa con l’arrivo sulla salita più dura di Spagna, Kuss conserva la maglia rossa per soli 8 secondi. L’accelerazione dei due compagni di squadra nel finale lo manda in leggera difficoltà, ma bisogna dire che non c’era oggettivamente alcun bisogno di affondare il colpo, visto che tutti gli altri rivali erano decisamente staccati, eccetto Landa che non è certo un drago in volata.

Per diversi giorni gli opinionisti si sono chiesti se Primoz Roglic (Jumbo-Visma) e Jona Vingegaard (Jumbo-Visma), che quest’anno hanno vinto rispettivamente il Giro d’Italia e il Tour de France ben supportati da un ottimo Sepp Kuss, avrebbero lasciato a quest’ultimo la vittoria della Vuelta.
Ora, al di là della questione dei regali o dei ringraziamenti per il lavoro svolto dall’americano che si sta sciroppando ad alti livelli il terzo grande giro della stagione. va notato come, già alla partenza della frazione odierna, la classifica generale apparisse quasi blindata a livello podio.
Con il quarto a 2 minuti e mezzo non stava certo alla Jumbo il compito di attaccare.
Era quindi opinione prevalente che i Jumbo avrebbero mirato a gestire la corsa e, in caso di attacco da parte degli uomini di classifica della altre formazione e di eventuale crisi di Kuss, si sarebbero mossi per rispondere agli attacchi.
Durante la tappa la situazione si è poi assestata in modo ancor più favorevole alla Jumbo, tanto che a poco meno di 2 Km dall’arrivo si sono ritrovati davanti i tre alfieri della formazione olandese.
Quando a 1,7 Km dall’arrivo Kuss è andato in difficoltà gli altri due hanno proseguito nella azione, di fatto attaccando il loro compagno di squadra in maglia rossa benché non vi fosse nessun pericolo per la classifica generale ma neppure per la vittoria di tappa, visto che l’unico uomo non Jumbo abbastanza vicino era Mikel Landa (Bahrain – Victorious), che non è certo un asso in volata.
Vi erano anche gli opinionisti che auspicavano una lotta tra i tre uomini della Jumbo per avere più spettacolo.
A questo punto bisognerebbe capire perché l’attacco di Roche a Visentini nell’87 a Sappada fu considerato un imperdonabile tradimento, l’attacco di Simoni a Cunego nel 2011 sul Mortirolo fu considerato un gesto brutto e antisportivo dall’allora commentatore Rai Davide Cassani e da numerosi altri opinionisti, mentre invece, con una Jumbo che ha in mano la corsa da diversi giorni, si auspica una lotta dei due capitani contro colui che ha sacrificato le sue chances di podio, tutt’altro che peregrine, per aiutarli nella vittoria al Giro e al Tour.
Ora, per lo meno sulla carta, l’unica tappa per modificare la classifica appare quella di domani con la doppia ascesa al Puerto de la Cruz de Linares, che presenta numerosi tratti in cui l’inclinazione della strada è davvero severa. Gli 8 secondi che Kuss conserva sul compagno di squadra Vingegaard possono essere annullati anche solo in virtù di un abbuono e la condotta di gara che il danese ha avuto negli ultimi giorni lascia pensare che i piani siano quelli di andare a centrare la doppietta con il Tour.
Per quanto riguarda la corsa, anche oggi Remco Evenepoel (Soudal – Quick Step) si è lanciato all’attacco per cercare di lasciare il segno, ma questa volta è stata la Bahrain a chiudere con l’evidente intento di lanciare Landa, che ha dimostrato di avere una buona condizione di forma tanto che è riuscito a guadagnare due posizioni in classifica ed è ora quinto a soli 14 secondi da Juan Ayuso (UAE Team Emirates) che, nonostante le intenzioni bellicose, oggi ha accusato sul traguardo un ritardo di 1:42, molto peggio rispetto al compagno di squadra Joao Almeida che, con la sua solita caparbietà, è riuscito a tagliare la linea d’arrivo in sesta posizione a 58 secondi dalla coppia della Jumbo Visma.
Buona anche la prova di Wout Poels (Bahrain – Victorious), giunto quinto a 44 secondi dopo aver lavorato con Santiago Buitrago per lanciare Landa. Settimo il giovane belga Cian Uijtdebroeks (BORA – hansgrohe), che sta mostrando ottime capacità in questa Vuelta.
Dopo il formarsi di una fuga all’esito di vari tentativi, sono rimasti davanti Evenepoel ed il suo gregario Mattia Cattaneo, che ha fatto di tutto per aiutare il suo capitano finché non si è staccato, lasciando il belga in testa alla corsa.
Ai piedi della salita dell’Angliru il vantaggio del campione del mondo a cronometro era di poco più di un minuto e mezzo, mentre dietro la Bahrain alzava il ritmo con Antonio Tiberi e alla ruota i compagni Damiano Caruso, Buitrago e Poels a sostegno di Landa.
Il ritmo Bahrain ha fatto male a parecchi corridori, ma non ai Jumbo Visma, tanto che man mano si staccano tutti gli uomini di classifica davanti restano solo atleti della Bahrain (Buitrago, Landa e Poels) e della Jumbo (Kuss, Vingegaard e Roglic).
Dopo un allungo Roglic viene agganciato da Vingegaard e da Kuss che, però, poco dopo perde le ruote e viene raggiunto da Landa. I due vanno insieme dietro la coppia Roglic-Vingegaard, mentre dietro è un “si salvi chi può” generale, con ognuno che sale al proprio ritmo e continui capovolgimenti di fronte.
L’esito è comunque un massacro, con Ayuso ancora quarto che si trova però a 4 minuti dal leader.
Ora non c’è più davvero nessun pericolo per il podio, salvo crisi come quella patita da Evenepoel nella tappa del Tourmalet.
Rimane ora da capire se la Jumbo si limiterà a gestire nella tappa di domani o se Vingegaard vorrà andare a prendersi la maglia rossa, compiendo un brutto sgarbo verso un compagno che, per aiutarlo al Tour, non si è risparmiato e anzi ha lasciato passare in secondo piano le sue ambizioni in classifica generale.

Benedetto Ciccarone

Roglic e Vingegaard al traguardo dellAngliru (foto Miguel Riopa / AFP via Getty Images)

Roglic e Vingegaard al traguardo dell'Angliru (foto Miguel Riopa / AFP via Getty Images)

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