ECCO IL TOUR 2024 SENZA PARIGI: PARTENZA DA FIRENZE, ARRIVO A NIZZA
Come ormai annunciato da tempo, il Tour 2024 partirà con tra tappe italiane e finirà con una cronometro a Nizza. Per la prima volta, la Grande Boucle non finirà a Parigi, sfrattata dalla capitale dalla rassegna a cinque cerchi. La crono finale manca dal 1989 quando, proprio all’atto conclusivo, Greg Lemond superò Laurent Fignon, vincendo il Tour con un vantaggio di soli 8 secondi.
La partenza in Italia era già stata svelata ed anche il fatto che la Grande Boucle non sarebbe finita a Parigi, per evitare la paralisi della città che sarà già invasa per l’imminenza dei giochi olimpici, e che si sarebbe conclusa con una tappa a cronometro era un’informazione già in possesso degli appassionati.
Oggi, con la presentazione del tracciato integrale, si possono fare le valutazioni vere e proprie sul percorso.
Innanzitutto va detto che ci sono 5 tappe oltre i 200 Km a fronte di 3 sotto i 150 (escluse ovviamente le prove contro il tempo). Questo, a prima vista, può rappresentare un fatto positivo, tuttavia ad uno sguardo più attent si può notare che le tre tappe sotto i 150 Km siano proprio le tappe di montagna più dure. Neppure quest’anno, quindi, ci saranno i tapponi che uniscono distanze over 200 alla presenza di 5 o 6 colli.
Il secondo dato è che, a fronte di un discreto numero di tappe di montagna, mancano le tappe intermedie. L’inizio in Italia presenta due tappe insidiose ma poi, dopo la tappa con il rientro in Francia e il Galibier, ci sarà una girandola di tappe per velocisti intervallate da una cronometro e da una tappa con 14 settori di sterrato a concludere la prima settimana.
Nella seconda ci sarà un arrivo sul Massiccio centrale e due tappe sui Pirenei, mentre le altre tre tappe saranno dedicate alle ruote veloci.
Nella terza settimana avremo tre tappe sulle Alpi Marittime, una cronometro e due tappe interlocutorie, una per velocisti e una più adatta alle fughe.
Certamente positiva la presenza di due cronometro, anche se il collocamento della seconda cronometro all’ultima tappa, seppur disegnata molto bene, rovina un po’ l’interesse. La crono della settima tappa, che sarebbe stata perfetta per dare vantaggio a un buono cronoman come Evenepoel, che si sarebbe poi potuto difendere in salita, è di soli 25 km, anche se va detto che se ci si ritrova un Vingagaard che infligge enormi distacchi a tutti anche la questione del collocamento delle cronometro perde un po’ la sua importanza. In ogni caso, 59 Km a cronometro tornano ad essere una distanza accettabile.
Andando nel dettaglio della tappe, non si può che accogliere positivamente la prima tappa, che è una cavalcata di oltre 200 Km nell’appennino tosco-emiliano per finire sulla costa romagnola. Dopo 48 chilometri dal via da Firenze il Tour va già a sfiorare i 1000 metri di altitudine sul Colle dei Tre Faggi e poi si affronteranno i colli delle Forche, di Spinello, del Barbotto, di San Leo, di Montemaggio e di San Marino. L’ultima salita termina a 26 chilometri dall’arrivo di Rimini ed è la meno difficile, ma attenzione anche alla discesa di 9 Km: la tappa è per attaccanti e non per uomini di classifica, tuttavia una tappa di 206 chilometri con 7 salite al primo giorno di corsa potrebbe risultare indigesta anche a qualche uomo che nutre speranze in classifica generale. Il giorno successivo, il Tour renderà omaggio a Marco Pantani, partendo da Cesenatico, quello stesso Tour che, negli ultimi anni di carriera del Pirata, gli fece un grave sgarbo non invitando lui, che era un recente vincitore della corsa, preferendo squadre meno consistenti della Mercatone. La tappa, lunga 200 Km, sarà caratterizzata da strappi brevi, a bassa quota, ma attenzione alle pendenze perché già la salita di Gallisterna a metà frazione presenta inclinazioni in doppia cifra e soprattutto nel finale si scalerà due volte il San Luca, con pendenze severissime, specie sulla proverbiale Curva delle Orfanelle. Il secondo passaggio sarà a soli dodici chilometri dall’arrivo di Bologna , con un percorso piuttosto movimentato prima di rientrare in città. Qui, viste le pendenze, sarà possibile vedere anche la stoccata di un uomo di classifica. Pogacar è l’uomo che più di tutti predilige questo tipo di attacchi ed è in grado di portarli a termine positivamente.
La terza tappa da Piacenza a Torino sarà la prima occasione per le ruote veloci e la frazione più lunga del Tour con i sui 230 Km.
La quarta tappa ripartirà da Pinerolo in ricordo di quella che molti considerano la più grande impresa ciclistica della storia, la leggendaria Cuneo – Pinerolo del 1949 con la vittoria di Fausto Coppi dopo un attacco sferrato sulla prima salita. Si tratta di una tappa di montagna con la salita del Sestriere da Pinerolo lunga ben 40 km, quindi Monginevro e Galibier. Questa leggendaria salita sarà affrontata dal versante meno duro, pedalabile fino al Colle di Lautaret, decisamente più duro negli ultimi 9 Km fino ai 2627 metri della cima. Complessa è anche la discesa tecnica verso il traguardo di Valloire. La vetta dista 20 Km dall’arrivo ma l’attacco è possibile, anche perché la tappa presenta 70 Km di salita su 138 totali. Pensando a ciò che abbiamo visto nell’edizione 2023 si può sperare in una battaglia totale tra i big già in questa frazione, anche perché per le prossime occasioni ci sarà da aspettare.
Nella quinta frazione, da Saint-Jean-de-Maurienne a Saint-Vulbas, si abbandonano le Alpi e ci sarà spazio per le ruote veloci, visto che le due salite del percorso non saranno tali da eliminare gli sprinter. Ancor più adatta ai velocisti la sesta tappa da Mâcon a Digione , 163 chilometri totalmente pianeggiante a parte una sparuta collinetta dopo 10 km dal via.
La prima prova contro il tempo sarà collocata alla settima tappa, 25 Km da Nuits-Saint-Georges a Gevrey-Chambertin, complessivamente per specialisti ma con la parte centrale mossa.
Ottava tappa da Semur-en-Auxois a Colombey-les-Deux-Églises mossa con vari mangia e bevi, ma complessivamente per velocisti.
La nona tappa sarà un anello con arrivo e partenza a Troyes e 14 tratti di sterrato per un totale di 32 chilometri da percorrere su strade bianche con l’ultimo settore a 10 Km dalla conclusione. Questa tappa è disegnata molto bene, perché è lunga 200 Km e presenta tanti settori si sterrato distribuiti uniformemente sul tracciato ed è certamente superiore a quella proposta al Giro, nella quale i settori di sterrato probabilmente non incideranno minimamente. Qui, in caso di problemi, si può perdere contatto dai migliori anche molto lontano dal traguardo e a quel punto il rischio è quello di naufragare. Del resto, questo timore traspare dalle parole del manager della Jumbo Richard Plugge, che ha criticato la scelta proprio per il rischio di incorrere in incidenti meccanici che potrebbero rivelarsi decisivi. Questa critica mostra come le squadre più ricche che puntano forte al Tour abbiano una visione distorta e monotona del ciclismo. Gli imprevisti, i trabocchetti, le insidie, i rischi sono il sale del ciclismo, sono gli elementi che lo rendono uno sport imprevedibile e affascinante, mentre per costoro questi sono solo ostacoli fastidiosi che possono scombinare i loro piani precostituiti e preconfezionati di tappe da controllare con lo squadrone.
Dopo il giorno di riposo ad Orléans e una tappa per velocisti diretta a Saint-Amand-Montrond cco il primo arrivo in salita, sul Massiccio Centrale. In realtà, la vetta dell’ultimo GPM è a 2 km e mezzo dal traguardo, ma comunque si arriva in quota ai 1242 metri di Le Lioran. La tappa è lunga (211 Km) e gli ultimi 50 Km sono molto complicati: la prima salita, il Col de Neronne, è molto breve (3,8 Km) ma la pendenza media è del 9%; il Puy Mary sarà la salita più dura di giornata con i suoi 5,4 Km all’8,1% medio per arrivare ai 1589 metri del Pas de Peyrol; dopo la discesa non ci sarà alcun tratto interlocutorio e si attaccherà subito il Col du Pertus (4,4 Km al 7,9%) e quindi l’ultima salita, che è la meno difficile, verso il Col de Font-de-Cère (3,3 Km al 5,8%). Il finale propone diverse opzioni tattiche e le seconde linee potrebbero provare l’attacco di lungo respiro già dal Puy Mary, mentre i big potrebbero aspettare anche il Col du Pertus, che scollina ai -15.
Dopo due tappe per velocisti (Aurillac – Villeneuve sur Lot e Agen – Pau), ecco i Pirenei, dove si affronteranno due tappe con arrivo in salita. La prima sarà piuttosto corta, 152 Km da Pau a Pla d’Adet con il Tourmalet, l’Horquette d’Ancizan e la salita finale di 10 Km al 7,9% di pendenza media: sembra la classica tappa in cui fare grande ritmo sulle prime due salite per poi sferrare l’attacco nel finale.
La seconda tappa pirenaica presenta la salite distanti tra loro, però misura quasi 200 Km e le salite da superare saranno sei e tutte difficili: sono previsti il Peyresourde subito dopo la partenza da Loudenvielle, il Menté, il Portet d’Aspet (in ricordo di Fabio Casartelli) e, dopo un lungo tratto interlocutorio, il Col d’Agnès con il quasi contiguo Port de Lers e, dopo un altro tratto pianeggiante, la salita finale di Plateau de Beille, che gli italiani associano alla vittoria del Pirata che qui guadagnò quasi due minuti su Jan Ullrich nell’indimenticabile Tour de France del 1998.
Visto il lungo tratto che separa la vetta del Col d’Agnès dall’inizio della salita finale, che è anche molto lunga e difficile da gestire, è lecito aspettarsi attacchi solo nel finale, ma la fatica del chilometraggio elevato e delle tante salite unite a quelle del giorno precedente si farà sentire, specie se, come accade spesso sui Pirenei, il caldo si farà asfissiante.
Dopo il giorno di riposo ed una tappa interlocutoria da Gruissan a Nîmes ecco la prima delle tre tappe sulle Alpi Marittime, la numero 17 che da porterà da Saint-Paul-Trois-Châteaux alla stazione sciistica di SuperDévoluy. La salita finale non è per nulla difficile ed è anche breve, ma attenzione alla penultima salita, il Col du Noyer (1664 metri), che prevede 7,5 Km all’8,4% con scollinamento a 8 km dall’arrivo, e non si dovrà sottovalutare nemmeno il precedente Col Bayard (6,8 Km al 7,3%). Il Noyer sarà certamente teatro di attacchi, perché qui si può riuscire a fare la differenza tra i big e, nella successiva discesa e negli ultimi 3,8 km, si può puntare ad aumentare il gap.
L’ultima tappa interlocutoria porterà i corridori da Gap a Barcelonnette. Sarà una frazione da fughe con diverse salite, mentre per i big dovrebbe essere una giornata d’attesa prima del terribile trittico finale.
La tappa numero 19, nonostante il ridotto chilometraggio (solo 145 Km) è davvero tosta. Si va da Embrun a Isola 2000 con tre GPM tutti sopra i 2000 metri. Dopo il Col de Vars quasi in partenza ecco il valico automobilistico asfaltato più alto d’Europa, i 2802 metri del Col de la Bonette: sappiamo bene che quando si superano i 2000 metri molti corridori perdono brillantezza e in questo caso ci si avvicina addirittura ai tremila ed i chilometri percorsi a quote elevate con ossigeno ridotto saranno davvero tanti. La salita misura 23 chilometri e presenta pendenze regolari, ma che al tempo stesso non danno occasione di tirare il fiato. La salita finale è quella del Colle della Lombarda, anche se non si arriverà lassù. Si affronteranno comunque i primi 16 Km sino alla stazione invernale di Isola 2000, che presentano una pendenza media del 7%. In questa tappa, s percorreranno 54 chilometri in salita e si andrà sopra i duemila per ben tre volte, ci sarà sicuramente grande battaglia anche perché a questo punto le energie cominceranno ad essere scarse e verranno fuori i fondisti.
L’ultima tappa di montagna sarà molto breve solo 133 Km, ma ci saranno quattro salite di tutto rispetto, anche se non terribili come quelle della frazione appena passata.
Dopo la partenza da Nizza in rapida successione e senza tratti interlocutori si affronteranno il Col de Braus (1000 m, 10 Km 6,6%), il Col de Turini (1607 m, 20,7 Km al 5,7%), il Col de la Colmiane (1500 m, 7,5 Km al 7,1%) e la salita finale verso il Col de la Couillole (1678 m, 15,7 Km al 7,1%.) Qui ci si può sbizzarrire. Chi deve recuperare molto tempo può anche tentare l’azzardo e partire nei chilometri finali del Turini, dopo aver fatto fuori i gregari con la squadra sul Braus, oppure provare ad avvantaggiarsi nelle discese. Per le posizioni in bilico, invece, la battaglia si vedrà sulla salita finale, ma attenzione a non prosciugare del tutto il serbatoio perché l’ultima tappa stavolta non sarà la passerella parigina ma una novità assoluta: una crono 34 Km con partenza a Monaco e arrivo a Nizza. e due salite da superare. La prima (La Turbie) è molto pedalabile, ma misura comunque 8 km ed è tortuosa, mentre la seconda, il Col d’Èze, (un classico della Parigi. Nizza), è breve ma presenta un chilometro in doppia cifra, un vero e proprio muro. Giunti in vetta si incontreranno due chilometri pianeggianti e poi una lunga discesa verso gli ultimi 6 km, nuovamente piatti.
Spesso la cronometro dell’ultimo giorno vede i corridori stanchi e può essere difficile fare la differenza, ma si tratta di una prova difficile che potrebbe comunque ribaltare le sorti di una classifica non ancora blindata.
Insomma, nel complesso si tratta di un buon tour con tante salite inedite o comunque poco frequentate, le difficoltà ben distribuite e un discreto chilometraggio. Di margini di miglioramento ce ne sono ancora e forse qualche tappa con trabocchetti in più non avrebbe guastato.
In ogni caso, non manca il terreno per attaccare o per orchestrare imboscate e sarà interessante capire come vorranno muoversi le squadre su un percorso molto esigente sin da subito e negli ultimi tre giorni.
Benedetto Ciccarone
GOCCE DI PINOT: A CRONO ANCHE AL ROMANDIA
Le affermazioni al campionato nazionale del 2015 e il mese precedente al Critérium International non sono state un caso e la conferma arriva a fine aprile, quando Thibaut Pinot vince la tappa di Sion al Giro di Romandia
Dopo essersi aggiudicato la crono del Critérium International il francese della FDJ, di fronte a una concorrenza molto più qualificata, fa il bis in quella del Giro di Romandia imponendosi in quel di Sion con 2” sullo specialista Tom Dumoulin e balzando al secondo posto in classifica generale alle spalle del colombiano che, chiudendo buon 6° a 9” alle spalle di Bob Jungels, di un ritrovato Chris Froome e di Jérôme Coppel, allunga su Ilnur Zakarin e Ion Izagirre, suoi più diretti inseguitori, e ipoteca il successo finale. Miglior azzurro di giornata Manuele Boaro, 10° a 25”, mentre perde molto terreno Davide Formolo che cede la maglia bianca di miglior giovane a Damien Howson.
Contariamente a quanto avvenuto nelle edizioni precedenti del Giro di Romandia, in cui una prova contro il tempo di analoga lunghezza veniva posta alla conclusione della corsa, gli organizzatori hanno scelto di posizionare una cronometro di 15,5 km con partenza e arrivo a Sion nel quarto giorno di gara, inframezzata tra la tappa con arrivo in salita a Morgins e la frazione regina che si concluderà a Villars-sur-Ollon, ma comunque fondamentale per dare un’ulteriore impronta a una classifica generale rivoluzionata nella giornata precedente con la salda leadership di Nairo Quintana (Movistar).
Ad aggiudicarsi la prova è stato Thibaut Pinot (Fdj), che ha fatto la differenza nel tratto in salita, con una pendenza media intorno al 6%, posto tra il km 5 e il km 9 di gara, in cima al quale è transitato con 8” di margine su Quintana e 10″ sullo specialista Tom Dumoulin (Giant-Shimano), per poi conservarne 2″ sull’olandese sotto la linea del traguardo. E’ vero che il percorso gli si addiceva e che il francese aveva già dimostrato grandi progressi in questa stagione contro il tic-tac, aggiudicandosi ad esempio la breve crono di Porto-Vecchio al Critérium International (dove però il campo partenti era molto meno qualificato rispetto a quello del Romandia), ma il suo successo rimane comunque stupefacente anche alla luce della sua prestazione a Morgins, dove non era riuscito a fare la differenza, e gli ha consentito di balzare al secondo posto nella classifica generale. Un altro che ha compiuto un bel passo avanti nella graduatoria dopo aver sofferto nell’ascesa del giorno prima è stato proprio Dumoulin, che ha preceduto quattro corridori che hanno fatto tutti segnare un tempo superiore di 9” a quello di Pinot. Per il gioco dei centesimi 3° si è piazzato Bob Jungels (Etixx-QuickStep), atteso da molti come possibile sorpresa anche in chiave classifica generale al Giro d’Italia, 4° il redivivo Chris Froome (Team Sky), tornato a buoni livelli dopo il clamoroso crollo di Morgins, 5° Jérôme Coppel (Iam Cycling), che nelle ultime stagioni ha abbandonato le velleità di aggiudicarsi una grande corsa a tappe specializzandosi nelle prove contro il tempo, e 6° Quintana che ha così allungato sui suoi due più diretti contendenti per la maglia gialla, ovvero Ilnur Zakarin (Katusha) e il suo compagno della Movistar Ion Izagirre, rispettivamente 7° a 17” e 8° a 18” dal vincitore; hanno chiuso la top ten Steve Morabito (Fdj) – 9° a 22” e che insieme ad Alexandre Geniez, 12° a 26”, e Sébastien Reichenbach, 15° a 33”, ha completato l’ottima giornata per la compagine di Marc Madiot – e il nostro Samuele Boaro (Tinkoff), che è stato in assoluto il più veloce dopo Dumoulin nei 6 km conclusivi a lui più congeniali, portandosi al 10° posto finale con un distacco di 25”. Per quanto riguarda gli altri uomini di classifica, senza infamia e senza lode sono state le prestazioni di Tejay Van Garderen (Bmc), 11° anch’egli a 25”, e Mathias Frank (Iam Cycling), 19° a 38” appena dietro Moreno Moser (Cannondale), mentre hanno abbastanza deluso Simon Spilak (Katusha), 17° sempre con 38” di ritardo, e Rui Costa (Lampre-Merida), 24° a 45”, stesso tempo di un atleta meno quotato di lui in questo format di gara come Rafal Majka (Tinkoff), che a questo punto difficilmente saliranno sul podio finale come avevano fatto entrambi nelle ultime tre edizioni del Giro di Romandia. Ancor peggio è andata a Wilco Kelderman (Lotto-Jumbo) e Geraint Thomas (Team Sky), già apparsi spenti nella tappa di Morgins, rispettivamente 31° a 54” e 36° a 59”, a Rigoberto Urán (Cannondale), che non ha dato seguito ai buoni segnali del giorno precedente chiudendo 69° a 1′32”, e al nostro Davide Formolo (Cannondale), tutt’altro che uno specialista ma che con il suo 91° posto a 1′50” ha dovuto cedere la leadership nella classifica dei giovani a Damien Howson (Orica-GreenEdge).
Per quanto riguarda la lotta per la maglia gialla Quintana, anche alla luce di una Movistar molto competitiva a suo sostegno, sembra aver messo un’ipoteca pressochè definitiva sul successo finale, dal momento che ha portato il suo vantaggio a 23” su Pinot, a 26” su Zakarin e a 29” su Izagirre, mentre ben più staccati sono Dumoulin (5° a 50”), Frank (6° a 1′06”), Spilak, (7° a 1′11”) e Rui Costa (8° a 1′12”). Ci sarà comunque il terreno per provare a ribaltare la situazione nella quarta tappa, 172,7 km da Conthey a Villars-sur-Ollon con cinque gran premi della montagna tra cui spiccano il Col des Planches, forse in assoluto la salita più dura del giorno (posta però a metà percorso), e l’ascesa che porta al traguardo che sarà ripetuta per due volte, con il primo scollinamento posto ai -32 e che è lunga circa 10 km con pendenze talvolta anche in doppia cifra nei primi 7 per poi spianare decisamente nei 3 conclusivi.
Marco Salonna
GOCCE DI PINOT: DOPPIETTA AL CRITERIUM
Nel 2016 Thibaut Pinot dimostra di non essere dotato solo in salita. A giugno si imporrà, infatti, nei campionati nazionali a cronometro ma qualche mese prima aveva dimostrato di aver frecce al suo arco nelle gare contro il tempo al Critérium International, breve corsa a tappe disputata in Corsica. Vince la seconda semitappa della frazione d’apertura, la breve crono di Porto Vecchio, e il giorno dopo si impone su un traguardo per lui più “tradizionale”, quello dell’arrivo in quota al Col de l’Ospedale
CRITERIUM: BENNET E PINOT SI AGGIUDICANO LE SEMITAPPE IN ATTESA DELLA SALITA
Come da tradizione l’ultimo week end di Marzo si disputa il Critérium International, inserito nel World Tour nel 2005 e disputato per molte edizioni nella Francia “continentale” prima che nel 2009 fosse adottato dalla Corsica e più precisamente dalla città di Porto-Vecchio. Nelle ultime due edizioni ha visto trionfare il francese Péraud che quest’anno va alla caccia della tripletta.
Anche per questa edizione la prima giornata è caratterizzata da due semitappe: 90 km di pianura al mattino e una breve cronometro di 7 km al pomeriggio, prima della tappa regina di 171,5km che terminerà in salita al Col de l’Ospedale.
Al mattino ad imporsi nella volata è stato Sam Bennet (Bora-Argon 18), nonostante un imprevisto che a 15 km dall’arrivo lo ha fatto finire in fondo al plotone. Perfetti i suoi compagni di squadra, come lui stesso dichiarerà al termine della frazione, che lo hanno riportato in testa al gruppo e nel momento decisivo l’irlandese ha piazzato la zampata che gli è valsa la prima maglia di leader. Alle sue spalle Rudy Barbier (Roubaix Lille Métropole) e Romain Feillu (HP BTP – Auber93).
Classifica ribaltata, come prevedibile, nel pomeriggio grazie alla cronometro: in testa si è portato Pinot (FDJ), vincitore della prova contro il tempo, seguito da Coppel (IAM Cycling) a 2”, Geniez (FDJ) a 3” e Moser (Cannondale), migliore degli italiani, a 4”. Il leader della mattina, invece, è scivolato fino alla nona posizione dopo aver pagato 22” nella cronometro, chiusa al 15° posto.
Andrea Mastrangelo
CRITERIUM: ULTIMA TAPPA ANCORA A PINOT
Apoteosi per il corridore francese Thibaut Pinot che, dopo aver conquistato il successo sabato nella breve frazione a cronometro di Porto-Vecchio, ha concesso il bis nella tappa regina del Critérium International, imponendosi in vetta al Col de l’Ospedale con 7″ sul connazionale Latour e 12″ su un altro transalpino, Jeannesson. Rimane in terapia intensiva il belga Daan Myngheer, colpito da un infarto dopo aver accusato un malore ieri mattina, nel finale della prima semitappa.
E’ di nuovo Thibaut Pinot ad imporsi nell’ultima frazione del Critérium International nella tappa che da Porto Vecchio portava i corridori a Col de l’Ospedale, 170 km con arrivo in salita, il portacolori della Française des Jeux è giunto al traguardo in solitaria. Podio di giornata interamente composto da atleti transalpini con Latour (Ag2r) e Jeannesson (Cofidis) giunti con 7 e 12 secondi di ritardo.
A tenere alti i colori azzurri sono stati il giovane Villella (Cannondale), nono al traguardo staccato di 1’44, e il compagno di squadra Moser, che dopo l’ottimo piazzamento nella semitappa a cronometro si è inserito nella fuga di giornata assieme a Gautier (Ag2r), Voeckler (Direct Energie), Chetout (Cofidis), Di Gregorio e Pacher (Delko Marseille).
Il sestetto percorre gran parte della corsa in testa e viene raggiunto solo lungo le prime rampe della salita conclusiva, quando si scatena la bagarre. Ci prova dapprima Jeandesboz (Direct Energie) senza grande fortuna, poi a circa cinque chilometri dall’arrivo è stato il turno di Latour. Dietro la squadra del leader della generale Pinot controlla agevolmente la situazione con Geniez e Reichenbach a fare l’andatura tenendo i battistrada a bagnomaria.
Il buco viene colmato in prima persona da Pinot che parte quando all’arrivo mancano due chilometri, producendosi in uno scatto bruciante al quale nessuno dei superstiti riesce a rispondere. Il corridore della FDJ recupera così sul battistrada e lo passa senza apparente difficoltà andando a vincere in solitaria: 7” i secondi che lo separano dalla giovane promessa della Ag2r. Dodici, come detto, sono i secondi distacco del terzo, Jeannesson, 23 quelli di Vuillermoz (Ag2r), mentre il primo corridore non francese giunge al quinto posto: si tratta dell’olandese Oomen (Giant) che grazie al piazzamento riesce a issarsi sul podio della generale dietro a Pinot e Latour.
Notizie ambigue, invece, sulle condizioni di Daan Myngheer, colpito da un infarto ieri durante il trasporto in ambulanza all’ospedale, dopo che il corridore belga si era fermato per un malore a 25 km dal traguardo della prima semitappa e le sue condizioni era parse subito molto gravi, tanto che si era reso necessario intubare il paziente. In serata Prudhomme, direttore delle corse ASO, dichiarava che le condizioni di Myngheer erano meno preoccupanti rispetto alla mattina. Il corridore belga rimane comunque ricoverato in terapia intensiva mentre la gendarmeria ha aperto un’inchiesta perquisendo le stanze della squadra.
Andrea Mastrangelo
GOCCE DI PINOT: CONSACRAZIONE ALL’ALPE D’HUEZ
Che Thibaut Pinot fosse uno scalatore di razza lo si era già capito, la consacrazione avviene a luglio 2015 quando il corridore francese vince il tappone del Tour con l’arrivo sulla salita più celebre della Grande Boucle, l’Alpe d’Huez.
QUINTANA, QUANTI RIMPIANTI!
Il colombiano stacca nuovamente Froome sull’Alpe d’Huez, rifilandogli 1’20’’, ma non basta per spodestare il britannico, troppo presto dato per invincibile dopo i Pirenei. Per Quintana non arriva neanche la consolazione della vittoria sull’Alpe d’Huez, soffiatagli per 18’’ da Thibaut Pinot, avvantaggiatosi nella discesa della Croix-de-Fer. Vano l’attacco da lontano finalmente provato dalla Movistar, a 55 km dal traguardo. Sfortunatissimo Nibali, che fora ai piedi dell’Alpe d’Huez e dice addio al podio.
Caso mai la tappa di La Toussuire avesse lasciato sopravvivere qualche dubbio, la frazione dell’Alpe d’Huez ha fugato le residue incertezze: Nairo Quintana avrebbe potuto vincere il Tour de France, se solo avesse corso per il primo posto anziché per difendere il doppio podio Movistar. Dopo aver distanziato Froome di mezzo minuto negli ultimi (non proibitivi) 6 km di La Toussuire, sull’Alpe il divario è quasi triplicato, a dispetto di un chilometraggio da Under 23 (110 km) e di una Sky ben più compatta rispetto a quella vista ieri, che aveva lasciato la maglia gialla in compagnia del solo Wout Poels a metà della Croix-de-Fer.
Proprio gli scudieri di Froome – Porte e lo stesso Poels in particolare – hanno giocato oggi un ruolo fondamentale, quando per la prima volta la formazione di Unzue ha trovato il coraggio di provare a far valere la superiorità numerica. Teatro dell’attacco è stata ancora la Croxi-de-Fer, purtroppo affrontata oggi dal versante meno esigente di Saint-Jean-de-Maurienne, ed in particolare l’ultima sezione impegnativa di un’ascesa molto irregolare. A quel punto, con ancora 5 km circa di salita da percorrere, in testa pedalava solitario Alexandre Geniez, capace di rientrare dopo una foratura sui tre compagni d’avventura della prima ora (Navardauskas, Edet e Bak) e di staccarli con apparente facilità; dietro, dopo un inizio sonnecchiante di scalata, animato solo dalla poco intrigante offensiva di Grivko, Plaza, Barguil, Majka, Anacona, Huzarski, Kruijswijk, Jungels, Sicard e van Baarle, era stata la Ag2r, in caccia di punti per la maglia a pois di Bardet, a muovere le acque, grazie soprattutto ad un redivivo Jean-Christophe Péraud. Al francese sono quindi subentrate in forze Movistar e Astana, poco prima che Valverde scardinasse una delle poche certezze su cui gli appassionati di ciclismo pensavano di poter contare, attaccando da lontano.
Il trenino nero non si è scomposto, ma un paio di chilometri più tardi dal plotone è uscita come una scheggia anche la sagoma bianca di Nairo Quintana, ben presto ricongiuntosi con il compagno di squadra ufficiale (Valverde, appunto), dopo aver approfittato per qualche istante del traino di uno ufficioso (Serpa, suo connazionale, appositamente avvantaggiatosi poco prima). Froome, a quel punto, non ha potuto far altro che spedire la sua truppa all’inseguimento, e, per sua fortuna, dall’anonimato degli ultimi giorni è rispuntato un Richie Porte quasi in formato Pierre-Saint-Martin. Il tasmaniano ha tenuto a lungo intorno ai 10’’ il distacco del capoclassifica dal duo Movistar, distanziando nel mentre tutto il gruppo meno il suo capitano e Nibali, permettendo così alla maglia gialla di rientrare con una progressione delle sue proprio in vetta.
I primi quattro della generale non hanno ovviamente proseguito lo ostilità lungo la discesa, dando spazio al recupero di una trentina di uomini. Tra questi, Plaza, Hesjedal, Serpa, Anacona, Rolland e Pinot, che senza indugio, sotto l’impulso del canadese, si sono lanciati al contrattacco. Nessuno dei favoriti è parso eccessivamente interessato all’inseguimento e alla conseguente opportunità di giocarsi la tappa, chi per mancanza di condizione (Contador), chi perché già vincitore ieri e forse affaticato (Nibali), chi per mancanza di interesse a provocare la corsa (Froome), chi perché corre nella Movistar. Tutti, perciò, si sono adeguati al passo non troppo spedito di Geraint Thomas, che ha dato modo a Geniez di approcciare l’ascesa finale con quattro minuti sui favoriti, e soprattutto al drappello inseguitore di presentarsi a Le Bourg-d’Oisans con 2’30’’ circa da gestire. Proprio lì, di fatto, si sono esaurite le speranze di podio – ed eventualmente di successo di tappa – di Vincenzo Nibali, vittima della più intempestiva delle forature, che lo ha costretto ad imboccare la salita con una quarantina di secondi di distacco dai migliori.
L’azione di Geniez è parsa subito troppo pesante per lasciare speranze al coraggioso francese, mentre alle sue spalle Pinot ed Hesjedal non hanno tardato a mostrare una brillantezza ben diversa dalla compagnia, cominciando un elastico che ha portato alternativamente l’uno a distanziare l’altro e poi ad esserne a sua volta staccato. Soprattutto, Quintana ha provato questa volta alla base della salita, trovando tuttavia più volte Poels e Porte pronti a trascinare Froome alla ruota del colombiano.
La Movistar ha quindi sganciato Valverde, al quale gli Sky non hanno opposto resistenza, e poco dopo Quintana ha tentato di nuovo, riuscendo finalmente ad aver ragione delle sagome nere. Il secondo e il terzo della generale si sono ben presto ricongiunti, acquisendo un vantaggio di circa 30’’ prima che il murciano dovesse capitolare e lasciarsi raggiungere da Froome.
In quel frangente, intorno a metà salita, l’azione di Quintana ha vissuto il suo momento di massimo splendore, almeno fino a quando la maglia bianca si è riportata su Anacona. Quello che sembrava dover essere un traino buono per qualche centinaio di metri, per concedere un momento di respiro a Nairo, è invece diventata una locomotiva da sfruttare per quasi 3 km, mettendo di certo in luce la generosità del colombiano meno blasonato, ma permettendo a Froome di stabilizzare il ritardo fino ai -5, quando lo spazio per ribaltare il Tour era ormai evidentemente esaurito.
A discolpa di Quintana, questa volta, va detto che la sua azione, dopo una fiammata tra i 5 e i 4 km all’arrivo, si è fatta via via meno incisiva, tanto che il ritardo nei confronti di Pinot, finalmente uscito vincitore dal duello rusticano con Hesjedal, non è sceso al di sotto del mezzo minuto fino ai -2, quando ormai la salita prendeva ad addolcirsi prima della spianata finale e anche il traguardo più prestigioso poteva dirsi sfumato per il miglior giovane del Tour.
In coda ad una Grande Boucle partita malissimo per i colori francesi, raddrizzata strada facendo a suon di successi di tappa e rimonte in classifica, il 25enne di Mélisey ha forse regalato ai padroni di casa la soddisfazione più grande. A Quintana rimane invece una coppia di secondi posti, parziale (a 18’’) e finale (a 1’12’’), entrambi carichi di rammarico, pensando a cosa sarebbe stato con un pizzico di coraggio in più e un compagno di squadra ingombrante in meno. Froome, arrivato a 1’38’’ da Pinot e a 1’20’’ dal diretto rivale, in compagnia di Valverde, e salvato nella parte centrale di scalata da Poels prima e Porte poi, è il giusto vincitore di una corsa che solo negli ultimi due giorni ha ritrovato pathos, dopo che il dominio della prima frazione pirenaica aveva prematuramente portato a concludere che si sarebbe potuto gareggiare al più per il secondo posto. Gli unici a non assoggettarsi alla logica dell’accontentarsi, Nibali e Contador, sono giunti al traguardo insieme, a 3’30’’, 4° e 5° alla fine in classifica, dopo aver passato il Tour a fare i conti con una condizione deficitaria e una fortuna che esprimeva chiaramente altre preferenze. Almeno uno dei due si sarebbe meritato il podio, anche solo su quel terzo gradino su cui domani salirà invece Valverde, riuscito a coronare un sogno inseguito da un decennio, sia pur, forse, al prezzo della vittoria del compagno.
Matteo Novarini
GOCCE DI PINOT: ANCORA SVIZZERA FELIX PER THIBAUT
Un mese dopo la vittoria di tappa al Romandia Pinot coglie un’altra perla in terra elvetica imponendosi nella tappa regina del Giro di Svizzera, quella caratterizzata dal difficilissimo arrivo in salita ai ghiacciai di Sölden, in Austria. La vittoria gli consente di issarsi al vertice della classifica generale, anche se poi quattro giorni più tardi la conclusiva cronometro di Berna ridisegnerà la gerarchia a favore dello sloveno Simon Špilak, con Pinot relegato al quarto posto finale con 45 secondi di ritardo
PINOT DI PINOT: TAPPA E MAGLIA AI GHIACCIAI PER IL CAPITANO FDJ
Thibaut Pinot, da superfavorito, vince la tappa regina del Giro di Svizzera 2015, imponendosi sul traguardo ai piedi dei ghiacciai di Solden e prendendosi la maglia di leader. L’azione, lanciata a circa 2 Km dalla conclusione, è stata molto decisa ed ha lasciato sui pedali tutti i componenti del drappello dei migliori, compreso Pozzivivo che era sembrato più brillante del francese nei precedenti chilometri.
Il responso finale di questa edizione del Giro di Svizzera lo darà la cronometro di Berna, ma la tappa di oggi ha offerto molte indicazioni importanti ed ha offerto la cartina al tornasole dei valori in salita tra gli uomini che hanno scelto di prendere parte a questa corsa invece che al Delfinato.
Tra coloro che aspirano al podio del Tour de France, l’unico presente a questa corsa è Thibaut Pinot, che oggi era chiamato a mostrare la propria condizione di forma in vista di una Grande Boucle che, come percorso, sorride decisamente al transalpino, che si trova a proprio agio sulle dure rampe, piuttosto che sui rettilinei contro il tempo.
Il terzo classificato al Tour dello scorso anno non si è fatto pregare ed ha offerto la prova di forza che i suoi tifosi e i direttori sportivi si aspettavano, riuscendo a staccare tutti i migliori negli ultimi chilometri. Anche Domenico Pozzovivo, che oggi si è classificato secondo, ha offerto una buona prova e fa piacere vederlo nuovamente ad alti livelli, dopo la paura causata dalla terribile caduta nella seconda tappa del Giro d’Italia. Il leggero scalatore lucano ha anche tentato un allungo, che gli aveva dato qualche metro di vantaggio sul drappello dei migliori, ma è stato proprio Pinot, con una accelerata, a riportarsi con gli altri sulle ruote del nostro corridore.
Anche Pozzovivo, infatti, era chiamato ad una sorta di prova del nove della sua condizione ed ha quindi voluto mostrare come sulle pendenze che lui predilige possa effettivamente considerarsi all’80% della condizione, come lui stesso aveva dichiarato.
Dumoulin perde, come era prevedibile, la maglia gialla, ma non naufraga, sceglie di salire del proprio passo e gestisce molto bene le forze, riuscendo a cedere solo 1 minuto e 37, davvero un nonnulla se si pensa che l’ex leader si è staccato dal gruppo dei migliori quando mancavano ancora svariati chilometri al traguardo. Considerando le doti di passista dell’olandese e la cronometro di Berna i giochi non sono ancora fatti, anche se Geraint Thomas, secondo in generale a 47 secondi da Pinot, è veramente un avversario scomodissimo per tutti.
La frazione odierna vedeva in programma l’unico arrivo in salita di questa edizione. A circa metà percorso era posta la prima ascesa di giornata, quella che ha portato i corridori agli oltre 2000 metri di Bielerhöhe, GPM “Hors Catégorie”. Seguivano una lunghissima discesa, tecnica nella prima parte e da pedalare nella seconda, e 70 chilometri più o meno pianeggianti prima di iniziare la terribile erta finale verso il ghiacciaio di Rettenbachferner, a oltre 2600 metri di altitudine, in territorio austriaco.
La tappa è stata caratterizzata da una lughissima fuga che ha visto l’ultimo reduce cedere solo a1500 metri dalla conclusione, stremato dalla fatica. L’austriaco Denifl ha tentato di vincere la tappa in casa davanti ai suoi tifosi, anche se di pubblico sulla salita finale se n’è visto davvero poco, conferma della scarsa popolarità di questo meraviglioso sport in terra austriaca.
Gli scatti per portar via la fuga sono iniziati quasi subito, con un avvio veloce cui ha fatto seguito una media molto alta. Un primo tentativo di un drappello, con il campione del mondo Kwiatkowsky, non riesce a prendere il largo, mentre poco dopo la cosa riesce a Przemyslaw Niemiec (Lampre – Merida), Gregory Rast (Trek), Stefan Denifl e Matthias Brandle (IAM Cycling), Benjamin King (Cannondale – Garmin), Stefan Schumacher (CCC Sprandi), Mirko Selvaggi (Wanty – Groupe Gobert) ed il sempiterno Thomas De Gendt (Lotto Soudal) che, dopo la fuga di ieri, è di nuovo all’attacco e sarà il penultimo a cedere. Il gruppo lascia fare e i battistrada riescono ben presto a distanziare il plotone di ben dieci minuti. Sono gli Astana, supportati anche dai gregari di Pinot, a ridurre progressivamente il distacco che però, ai piedi della salita finale, è ancora vicino ai 5 minuti e quindi ad un ordine di grandezza tale da lasciare qualche speranza ai migliori scalatori presenti nella fuga. Infatti, già sulle prime arcigne rampe della salita finale Denifl cambia passo, lasciando sui pedali i compagni di avventura e sognando l’impresa in casa. Dietro, sono gli Astana che tentano di mettere alla frusta il gruppo, con Arredondo prima vittima illustre e Dumoulin che non reagisce affatto ai cambi di ritmo e tenta di tenere un ritmo regolare da alzare poco alla volta in progressione, evitando pericolosi fuori giri. Ai meno 8 parte bene Spilak, che riesce a guadagnare una quarantina di secondi sul gruppo dei migliori, in seno al quale è Henao che fa il ritmo per il suo capitano Thomas, che punta alla vittoria finale. Il ritmo di Henao miete diverse vittime, anche illustri, come Gesink e Moreno. Pinot, invece, che si era staccato, riesce a rientrare insieme ad altri corridori, mentre Spilak, raggiunto e staccato De Gendt, ha solo Denifl davanti a sè, con un vantaggio ancora molto consistente. Nei chilometri successivi perdono contatto dal gruppo di Pozzovivo e Pinot anche Majka, Reichenbach, Barguil e Chaves.
Dopo una fase tranquilla, Pozzovivo, con una progressione riesce a staccare tutti, compreso Pinot, che sembra in affanno. Il francese, però, riesce a recuperare ed a riportarsi su Pozzovivo che, nel frattempo, aveva messo nel mirino Spilak. Tutto da rifare ai – 3, mentre Denifl continua la sua marcia davanti a tutti con un distacco che cala ancora lentamente. Spilak non ci sta e prova a ripartire seguito da Pinot, mentre davanti a Denifl finisce improvvisamente la benzina e il corridore tirolese si pianta letteralmente. Pinot, a quel punto, decide di dare l’accelerata vera e propria e riesce agevolmente a staccare Spilak, mentre il drappello dietro è guidato da Pozzovivo, che non è riuscito a rispondere all’allungo di Pinot. Il francese prosegue deciso e riprende Denifl a 1500 metri dall’arrivo con l’austriaco che, stremato, non accenna neppure un tentativo di rimanere nelle ruote dello scatenato capitano della FdJ. Subito dietro al vincitore si piazza un ottimo Pozzovivo a 34 secondi, quindi Spilak a 37 e Thomas a 43. Il leader Sky in questa corsa si propone, a questo punto, come superfavorito per la vittoria finale, viste le sue doti a cronometro, ma Tom Dumoulin non è ancora fuori dai giochi, considerando che è giunto all’arrivo con solo 1 minuto e 37 secondi dal vincitore, andando a riprendere lungo la salita molti uomini che lo avevano staccato in precedenza. Ovviamente anche Thibaut Pinot, che non è un drago a cronometro ma che è comunque migliorato in questa specialita, potrà tentare di resistere agli assalti che i passisti gli porteranno lungo i 24 chilometri del circuito di Berna.
Domani unica ed ultima occasione per i velocisti reduci, al termine dei 193 Km che condurranno il gruppo da Wil a Biel / Bienne, tornati sulle strade della Confederazione Elvetica.
Benedetto Ciccarone
GOCCE DI PINOT: IN GLORIA A CHAMPEX-LAC
Dopo la vittoria nella tappa di Porrentruy al Tour del 2012 bisognerà attendere quasi 3 anni per vedere Thibaut Pinot alzare le braccia al cielo: accadrà al Giro di Romandia del 2015, dove lo scalatore francese si imporrà nella tappa regina della corsa elvetica, portandosi a soli 6″ dal vertice della classifica, dove si avvicendano l’elvetico Ilnur Zakarin e il russo Ilnur Zakarin. L’indomani dopo la conclusiva crono di Losanna il suo distacco aumenterà a 49 secondi
TORNA PINOT, MAGLIA GIALLA A ZAKARIN. MA FROOME E’ IN AGGUATO!
Come era pevedibile, la tappa di oggi ha rivoluzionato la classifica generale, con Zakarin che balza in testa grazie al sorprendente risultato della Katusha nella cronometro a squadre, mentre Pinot ritorna al successo con una buona azione a 4 chilometri e 800 metri dalla conclusione, in un momento in cui i big si sono un po’ guardati in faccia. Nibali si è staccato nel finale, mentre Froome ha tentato di dare ritmo negli ultimi 2 chilometri, considerando che con la crono di domani potrebbe aggiudicarsi per le terza volta il Romandia (anche se Zakarin è un temibile avversario contro il tempo).
L’unica tappa di montagna al Romandia ha dato una bella rimescolata ala classifica generale anche se, in realtà, si trattava di una tappa che, fino alla Petit Forclaz, presentava due ascese intervallate da lunghi tratti più o meno pianeggianti. Al termine di questa tappa si è avuta la conferma della impressione iniziale e cioè che la cronometro a squadre avrebbe condizionato pesantemente l’intera corsa a tappe della Svizzera romanda. Il nuovo leader, è infatti, Zakarin che, sebbene oggi abbia disputato una buona prova, si ritrova in testa alla generale grazie all’ottimo risultato conseguito dalla sua squadra nella tappa a cronometro d’apertura. Pinot manca di soli 6 secondi la testa della generale e, considerando che nella cronosquadre ne aveva accusati 17 dai Katusha, si capisce come quella tappa abbia inciso notevolmente sul prosieguo della gara. Froome, dal canto suo, è stato tranquillo a ruota fino agli ultimi 2 Km, quando ha deciso di forzare un po’ il ritmo per tenere i due uomini davanti a lui in classifica a portata di cronometro. Del resto, si sa, Pinot non è uno specialista, mentre invece Zakarin ha vinto da dilettante il campionato europeo a cronometro e da professionista quello russo, sempre contro il tempo. Bisognerà quindi vedere se i 14 secondi di vantaggio che il russo ha su Froome saranno sufficienti a garantirgli la vittoria finale. Il ritmo imposto da Froome nel finale, sebbene non fosse comunque esageratamente alto, ha causato non pochi problemi a Vincenzo Nibali, che ha dovuto mollare il gruppetto dei migliori dopo che aveva risposto discretamente a due accelerazioni, per la verità non proprio poderose, da parte di Nairo Quintana. Nibali ha poi proseguito verso il traguardo, aiutato da Scarponi e con Rigoberto Uran alla ruota. La prestazione di Nibali non desta particolari preoccupazioni se si pensa al modo in cui si è preparato al Tour de France lo scorso anno: al Delfinato, che si corre pochi giorni prima del Tour, il campione italiano perdeva sistematicamente le ruote dei migliori in salita e, quindi, un ritardo di 33 secondi da Froome e Quintana ad oltre due mesi dall’inizio della Grande Boucle ci può anche stare. Chi, invece, potrebbe cominciare a preoccuparsi è Rigoberto Uran, che ha accusato lo stesso ritardo di Nibali ma, a differenza dello Squalo, sarà tra una settimana ai nastri di partenza del Giro d’Italia dove troverà ad attenderlo, con intenzioni bellicose, Alberto Contador. Quintana e Froome non sembrano aver scoperto le loro carte, mentre Pinot è andato alla ricerche di conferme che pare aver, almeno in parte, trovato. Infatti, anche se i big non hanno sfoderato tutte le loro energie, il francese della FdJ è riuscito a raggiungere Spilak e Bardet, che si erano involati, e a staccarli, andando a vincere la tappa più impegnativa del Giro di Romandia.
La corsa ha proposto una fuga a due, partita dopo 12 chilometri, con Maxim Belkov (Katusha) e Bryan Naulleau (Europcar) che hanno avuto qualche difficoltà all’inizio nel guadagnare terreno sul gruppo dei migliori ma poi, grazie ad un rallentamento in gruppo, sono riusciti a mettere in saccoccia, chilometro dopo chilometro, un vantaggio massimo di 7 minuti e 45 secondi. Del resto i due fuggitivi non preoccupavano minimamente visto il loro gap di oltre 20 minuti in classifica generale. Ciononostante, le squadre dietro si organizzano per l’inseguimento tra Sky, Astana e Lampre, mettendo in difficoltà Albasini già sulla seconda salita. Belkov tenta di tenere duro fino alla penultima salita per assicurarsi la vittoria nella classifica degli scalatori e riesce nell’impresa, staccando il compagno di fuga proprio sulle dure rampe della Petite Forclaz (pendenza media del 9,8% con punte al 13%), riuscendo a scollinare in testa. Raggiunto l’obbiettivo di giornata, Belkov si rialza e si lascia riassorbire dal gruppo che si presenta quindi compatto ai piedi della salita finale.
Sulle prime rampe sono gli uomini di Quintana a dettare il ritmo in testa, cominciando a provocare problemi ad alcuni corridori. Il loro lavoro dura sino a quando il russo Trofimov (Katusha) non decide di aprire lo ostilità, allungando sul gruppo. Lesti a riprendere la ruota del russo sono Quintana e Nibali, che danno l’impressioni di voler dare battaglia. Tuttavia, raggiunto Trofimov, i due non proseguono nell’azione e vengono ripresi da quel che restava del gruppetto dei migliori. Nella fase che segue prova un timido allungo Michele Scarponi, ma la sua azione dura poche centinaia di metri mentre più incisiva appare quella di Spilak e Bardet, che riescono a distanziare il gruppo. Thibaut Pinot decide a questo punto che è il momento di provare a testare la condizione, lanciandosi all’inseguimento dei due attaccanti che vengono ripresi e saltati con facilità dal vincitore di oggi. Ai due chilometri dall’arrivo Ilnur Zakarin si fa due conti e sente odore di maglia gialla, considerando i cinque secondi di svantaggio da Froome ed i 17 di vantaggio su Pinot. Detto fatto, il russo allunga dando tutto. Non riesce a raggiungere Pinot, che si aggiudica meritatamente la vittoria, ma conquista la maglia di leader della classifica generale che tenterà di difendere domani facendo valere le proprie doti di passista sui 17 chilometri contro il tempo che chiuderanno questa edizione del Giro di Romandia. Quintana non ha tentato alcuna azione, ma bisogna osservare che il considerevole gap accusato dalla Movistar nella cronometro a squadre avrebbe costretto Quintana ad un attacco sulla Petit Forclaz: un po’ troppo per un corridore a due mesi dall’obbiettivo stagionale.
Benedetto Ciccarone
GOCCE DI PINOT: LA PRIMA VOLTA AL TOUR
Non ha raccolto quel che sperava Thibaut Pinot al Tour de France. Grazie alle sue doti di scalatore poteva essere il corridore che avrebbe riportato la vittoria finale in Francia dopo un’attesa che dura dal 1985, invece si è dovuto accontentare quali massimo risultato il terzo posto finale nell’edizione del 2014, quella conquistata da Nibali. Ha raccolto poco anche come successi di tappa, conseguendo il primo a sorpresa nel 2012 a Porrentruy
LA FDJ STAPPA IL PINOT BUONO
Il giovanissimo francese anticipa per 26’’ i migliori sul traguardo di Porrentruy, dopo aver distanziato in salita i compagni di fuga. Alle sue spalle è Cadel Evans a regolare il drappello dei migliori, ridottosi ad una decina di unità sul Col de la Croix sotto l’impulso di Jurgen Van den Broeck. Altra prova convincente per Vincenzo Nibali, che chiude 5° dopo aver anche provato un’azione in discesa. Domani l’attesissima crono di Besançon.
È Thibaut Pinot a regalare alla Francia la prima gioia del Tour 2012, e non è un caso che il giorno buono per i padroni di casa sia coinciso con la frazione di gran lunga più combattuta dal via di Liegi. Rimasti all’asciutto in una prima settimana che – cadute a parte – ben ha concesso alle sorprese, i transalpini si sono fiondati in massa alla ricerca della fuga buona sui saliscendi ininterrotti dell’ottava frazione, quarta ed ultima con arrivo in terra straniera, riuscendo ad inserire dieci uomini nel tentativo buono. Fra questi, tuttavia, almeno Tony Gallopin, Christophe Kern e Jean-Christophe Péraud godevano di credenziali maggiori rispetto al più giovane corridore al via, e la concorrenza straniera di Kruijswijk, Mollema, Kessiakoff e Kiserlovski appariva in grado di rinviare ulteriormente l’appuntamento con il primo sventolio di tricolore bleu-blanc-rouge.
A complicare il tutto ha poi provveduto il Team Sky, che, dopo aver costretto agli straordinari per evadere i sopracitati attaccanti e gli altri compagni d’avventura (Kiryienka, Cherel, Moinard, Voigt, Izagirre, Marzano, Nerz, Moncoutié, Jeandesboz, N. Sorensen, Hoogerland, Caruso, Ten Dam, De Weert, Valls Ferri, Vorganov e Weening), beneficiari del via libera dopo un’infinità di azioni neutralizzate, hanno mantenuto il distacco sempre al di sotto dei quattro minuti, lasciando aperta una possibilità di rientro. Un rientro che sarebbe probabilmente avvenuto se gli uomini Liquigas avessero anticipato di una manciata di chilometri la loro entrata in azione, avvenuta invece soltanto alle pendici della Côte de la Caquerelle, penultima ascesa in programma.
Mentre Koren e Canuti provavano a scremare il plotone e a limare il divario dalla testa della corsa, occupata allora in solitaria da Kessiakoff, Pinot iniziava una progressione alla quale soltanto Gallopin riusciva temporaneamente a resistere, prima di capitolare sulle prime rampe del Col de la Croix. Nel mirino del 22enne di Mélisay è finito allora lo svedese al comando, che, dopo aver gestito per decine di chilometri un margine oscillante intorno al minuto sugli inseguitori, si è visto raggiungere e staccare proprio nell’ultima e più impegnativa sezione dell’asperità conclusiva. La successiva discesa e i 10 km pianeggianti per raggiungere Porrentruy non hanno arrestato la cavalcata di Pinot, malgrado un forte vento contrario che ha causato non pochi patemi a Marc Madiot, spettacolare nel suo gesticolare ed urlare selvaggiamente dall’ammiraglia.
Kessiakoff, sulla carta più cronoman del francese, non ha tenuto altrettanto bene, venendo fagocitato ai -5 dal drappello dei big. Un drappello che nel mentre aveva cambiato radicalmente fisionomia, grazie al forcing del duo belga Vanendert – Van den Broeck. Il trionfatore di Plateau de Beille della passata edizione si è insediato al comando di quel che restava del gruppo a 3 km circa dall’ultimo GPM, scalzando uno Szmyd sempre più lontano parente di quello che due anni fa falcidiava gli avversari di Basso sul Mortirolo. Nel tratto più arcigno della scalata è stato quindi VdB a muoversi in prima persona, trascinandosi dietro inizialmente i soli Wiggins, Evans, Froome e Nibali, cui si sono aggiunti poco dopo Menchov e il trio Radioshack composto da Schleck, Zubeldia e Horner.
Dopo un paio di allunghi poco convinti di Nibali in discesa, rintuzzati prima da Evans e poi da Froome, i nove hanno trovato rapidamente un accordo, andando a risucchiare nel tratto di fondovalle Gallopin (quarto Radioshack) e, come detto, Kessiakoff, tanto stremato da non riuscire neppure ad accodarsi.
Ad offrire l’ultimo sussulto di una tappa corsa a ritmi folli (40 di media su un tracciato senza un barlume di pianura), che tra ventiquattro ore potrebbe presentare il conto a molti, ha pensato Jurgen Van den Broeck, che ha approfittato di una rotonda per guadagnare una manciata di metri, suscitando la replica di Cadel Evans. Wiggins è stato costretto a chiudere in prima persona per difendere la maglia gialla, riuscendo nell’intento con una facilità che non lascia presagire nulla di buono (per i suoi avversari) in vista della crono di domani.
L’australiano ha ancora avuto la forza di regolare i migliori 26’’ dopo l’arrivo di Pinot, e soprattutto 59’’ prima che tagliasse il traguardo il primo gruppetto di ritardatari, comprendente Roche, Chris Sorensen, Monfort, Rolland, Scarponi, Van Garderen, Rui Costa, Basso, Leipheimer, Brajkovic, Vande Velde e Vanendert.
Con tutti gli altri distanziati dagli 1’56’’ di Di Gregorio in su, gli uomini di classifica si presentano alla prima giornata chiave del Tour con una graduatoria sensibilmente allungatasi rispetto a ieri, che i 41 km contro il tempo tra Arc-et-Senans e Besançon minacciano di stirare ulteriormente. Solo cinque atleti – Evans, Nibali, Menchov, Zubeldia e Froome – pagano ora meno di 2’ da Wiggins; la missione del britannico sarà domani quella di azzerare questo elenco.
Matteo Novarini
GOCCE DI PINOT: SETTIMANA LOMBARDA 2011
Da oggi fino alla ripresa delle competizioni a gennaio vi faremo compagnia ricordandovi le vittorie dei due grandi campioni che hanno deciso di appendere la bici al chiodo alla fine della stagione 2023, Thibaut Pinot e Peter Sagan. Cominciamo dal francese che, dopo aver vinto da dilettante il Giro della Valle d’Aosta nel 2009, ottenne le sue prime vittorie da professionista nel 2011 e tra queste un’altra prestigiosa corsa a tappe italiana, la Settimana Lombarda, che conquistò imponendosi nella prima frazione, con arrivo in salita al Passo della Presolana
PINOT STAPPA SULLA PRESOLANA
La Settimana Lombarda parte con la vittoria dello scalatore francese della FDJ, autore di uno scatto decisivo sulle prime rampe dell’ascesa finale. Al secondo posto il marchigiano Stortoni con Rebellin che chiude terzo.
E’ partita con una tappa di montagna la 41ma edizione della Settimana Lombarda, accorciata due giorni rispetto agli anni passati e che inizia con una lista partenti che presenta nomi importanti del panorama ciclistico italiano insieme a diversi corridori stranieri anch’essi molto interessanti.
La Nembro – Castione della Presolana è quindi la frazione di apertura della edizione 2011. 177 chilometri con due GPM posti entrambi in località Bianzano, oltre all’ascesa conclusiva ai quasi 1300 metri del Passo della Presolana. Tappa che parte con una fuga di ben 17 atleti, tra cui Caccia (Farnese Vini), Felline (Geox – TMC), Modolo e Brambilla (Colnago CS – Inox), che però non riescono a raggiungere un vantaggio rassicurante. GPM di Bianzano vinto prima dal bergamasco Caccia e al secondo passaggio dal venezuelano della Androni C.I.P.I Jackson Rodriguez, col gruppo che torna compatto al km 155. Negli ultimi 10 km avvengono diversi scatti, protagonisti il laziale Pirazzi seguito a ruota da Girardi (De Rosa – Ceramica Flaminia), Kuznetzov (Itera – Katusha), Belletti (Colnago) e Solari (Androni). Raggiunto Pirazzi il gruppetto tirato da Rebellin comincia a farsi sotto ricolmando il ritardo, ma in località Bratto arriva l’attacco vincente di Thibaut Pinot, con Simone Stortoni che prova ad inseguire mancando però l’attimo giusto. Il francese vince in solitaria sul marchigiano della Colnago e Rebellin, che con le prossime tappe senza importanti rilievi altimetrici mette a segno una seria ipoteca sul successo finale.
Domani tappa completamente pianeggiante con partenza ed arrivo a Calcinato, in provincia di Brescia. Spazio, dunque, alle ruote veloci.
Andrea Giorgini
KOOIJ VINCE A GUILIN. E’ DI VADER IL GREE-TOU OF GUANGXI 2023
Nella sesta ed ultima tappa della corsa WT cinese, Olav Kooij (Team Jumbo Visma) vince in volata davanti a Juan Sebastian Molano (UAE Team Emirates) ed Ethan Hayter (Team INEOS). Il suo compagno di squadra Milan Vader vince la prima corsa a tappe in carriera
Con la sesta ed ultima tappa del Gree-Tour of Guangxi cala il sipario sulle corse del calendario WT 2023. Delle sei tappe della corsa cinese, cinque si sono concluse con una volata a ranghi compatti. Oggi si Guilin era sede di partenza e di arrivo ed i ciclisti hanno dovuto percorrere complessivamente 168.3 km. La fuga di giornata ha visto l’azione di quattro ciclisti partiti dopo un paio di km: Dries De Bondt (Team Alpecin Deceuninck), Jens Keukeleire (Team EF Education Easy Post), Oscar Onley (Team DSM) e Jens Reynders (Team Israel Premier Tech). De Bond si è aggiudicato i primi due traguardi volanti di Rongchuang Tourist City e di Yangshuo Archway, posti rispettivamente al km 23.7 ed al km 63.8. IL ciclista belga è transitato in prima posizione anche sul successivo gpm posto al km 115.6. Il gruppo riprendeva la fuga a 40 km dalla conclusione e Juri Hollman (Team Movistar) scollinava in prima posizione sul secondo gpm della tappa posto al km 127.8. Una serie di attacchi tutti tenuti a bada dal gruppo venivano portati negli ultimi 20 km della tappa ed Ethan Hayter (Team INEOS) si aggiudicava anche il terzo sprint intermedio di Daxu Town posto al km 150.3. Julius Johansen (Team Intermarché Circus Wanty), ultimo attaccante di giornata, veniva ripreso a poco più di 9 km dall’arrivo. Nella scontata volata di un gruppo compatto a vincere era Olav Kooij (Team Jumbo Visma) che aveva la meglio su Juan Sebastian Molano (UAE Team Emirates) ed Ethan Hayter. Chiudevano la top five Arvid De Kleijn (Tudor Pro Cycling Team) in quarta posizione e Dusan Rajovic (Team Bahrain Victorious) in quinta posizione. Elia Viviani (Team INEOS) era l’unico italiano che si classificava tra i primi dieci, precisamente in sesta posizione. Kooij si fa un bel regalo di compleanno vincendo l’ultima corsa in linea a cui ha partecipato quest’anno ed il suo bottino stagionale arriva così a dodici. Tredici, se si considera anche la vittoria nella cronosquadre nella terza tappa della Parigi – Nizza. Il suo compagno di squadra Milan Vader vince il Gree-Tour of Guangxi davanti a Remy Rochas (Team Cofidis) ed Ethan Hayter, staccati rispettivamente di 6 e di 11 secondi. Per quanto riguarda le altre classifiche De Bondt si aggiudica quella a punti, Frederik Wandahl quella dei gpm, Hayter quella dei giovani ed infine la classifica a squadre è vinta dal Team Cofidis.
Antonio Scarfone
MOLANO NEL VALZER DEI VELOCISTI CENTRA LA VITTORIA AL TOUR OF GUANGXI
E’ la volta di Juan Sebastian Molano (UAE Team Emirates) all Tour of Guangxi 2023, il colombiano si impone al termine della quinta tappa nella volata conclusiva precedendo Olav Kooij (Jumbo-Visma) e Tobias Lund Andresen (Team dsm – firmenich). Nessun cambiamento invece nelle posizioni alte della classifica generale, con Milan Vader (Jumbo-Visma) che resta al comando davanti a Rémy Rochas (Cofidis) e Hugh Carthy (EF-Education EasyPost).
Quinta e penultima tappa al Tour of Guangxi 2023, il canovaccio è sempre lo stesso, fuga che questa volta tarda a formarsi perchè al primo sprint intermedio Tim Wellens (UAE Team Emirates) guadagna 2″ di abbuono ben cinque posizioni in classifica segnale che l’uomo della UAE è in grande condizione, la fuga si forma subito dopo ed è formata da Dries de Bondt (Alpecin-Deceuninck), Julius Van den Berg (EF Education EasyPost), Ryan Mullen e Frederik Wandahl (Bora Hansgrohe). Quest’ultimo transita per primo sui due GPM di giornata in rapida successione di seconda e prima categoria andando così a rafforzare il primato nella speciale dedicata. La fuga viene ripresa dopo il cartello dei meno sette chilometri al traguardo grazie soprattutto al lavoro della Ineos Grenadiers della Movistar e della UAE Emirates. Negli ultimi chilometri entrano in scena anche gli uomini della Bahrain Victorious per pilotare al meglio Jonathan Milan, proprio Milan inizia la volata forse troppo lunga perchè viene affiancato da Olav Kooij (jumbo – Visma) ed a sua volta da Juan Sebastian Molano (UAE Team Emirates) che esce accanto alle transenne ed ha la meglio su tutti, secondo Kooij, terzo Tobias Lund Andresen (Team dsm-firmenich). Nessun cambiamento invece nelle posizioni alte della classifica generale, con Milan Vader (Jumbo-Visma) che resta al comando davanti a Rémy Rochas (Cofidis) e Hugh Carthy (EF-Education EasyPost). Domani sesta ed ultima tappa simile a quella odierna che potrebbe riservare sorprese per i due GPM di seconda e prima categoria presenti verso la fine.
Antonio Scarfone