LA SAGA(N) DI PETER – CAPITOLO XLVIII: TOUR DE FRANCE 2017
Se la maledizione della maglia iridata esiste davvero al Tour de France 2017 ha assestato un pugno niente male al campione del mondo in carica. La 104° edizione della Grande Boucle era iniziata con il piede giusto per lo slovacco, che aveva vinto alla sua maniera la terza tappa con arrivo in salita a Longwy. Bastano, però 24 ore per buttare all’aria tutti i programmi del campione del mondo, perchè il giorno dopo Sagan viene espulso dalla corsa, con una decisione presa da un collegio di giuria fin troppo zelante secondo molti, per aver provocato la caduta di Mark Cavendish sul traguardo di Vittel. Ad essere criticata anche la scelta di declassare il corridore e poi di annullare il provvedimento un’ora più tardi per assegnarne uno più severo.
3a TAPPA: VERVIERS – LONGWY
SAGAN PERDE IL PEDALE MA NON LO SPRINT: SPRAZZI DI CLASSE A LONGWY
Sarà quello del 2017 il “Tour delle volate”? Così pare sulla carta. Ma con questo Sagan ci possiamo accontentare, nonostante il paradosso di un ciclismo da ultimo km proposto proprio quando si affaccia l’era della diretta integrale.
Quante occasioni sprecate, nel flirt del percorso del Tour con la nervosa campagna delle Ardenne! Un tracciato in generale già generosissimo nel dispensare tappe su tapper per i velocisti eufemisticamente detti “puri” (quelli a cui tremano le gambe se c’è di mezzo un cavalcavia da affrontare), si mantiene timido, quasi represso, finanche nelle tappe che, come quella odierna, per caratteristiche dell’ultimo km sono riservate a corridori più eclettici, esplosivi ma solidi sugli strappi e con il fiuto da classica. Perché non offrire loro qualcosa di più, allora, per scatenare la fantasia e non ridurre tutto a un’ennesima variazione sul tema “sprint”? Regalando magari qualche piccola, minima scossa alla classifica generale? Misteri della cartografia made in ASO, spaventata dall’imprevedibile, ansiosa di servire vittorie su piatti d’argento per le galline dalle uova d’oro, le superstar prolifiche e ben pagate che devono garantire rientro agli sponsor. Con tanti saluti al ciclismo vibrante, vario, insomma di qualità.
Fa piacere veder vincere Sagan, vederlo vincere con un gran numero come oggi fa gola perfino di più: ma più bello ancora sarebbe vederlo trionfare dopo una tappa tesa, tirata, combattuta, con retrogusto di classica da tutto o niente – senza pretendere che della classica si riproponga anche l’intensità, è chiaro. Giusto l’aroma.
Un sogno impossibile su un terreno come quello odierno, che prima del finale prevedeva sporadiche difficoltà enormemente spaziate fra loro, buone solo per distribuire i punti sempre più rituali della maglia a pois, oggi incassati da Brown della Cannondale che succede a Phinney in quest’hobby che sa di riempitivo.
Fuga al guinzaglio, l’unico spunto di interesse tattico emerge intorno ai meno 60 km quando dal gruppo escono in tre, approfittando del farsesco elastico fra gruppo e fuga, che stavano inscenando una gara a chi va più piano (davanti per risparmiarsi, dietro… per non acciuffare la fuga troppo presto e dover gestire nuovi attacchi!). Calmejane, giovane francese in grande spolvero quest’anno, l’inossidabile De Gendt e l’eterno fuggitivo Périchon della piccola Fortuneo evadono per ricongiungersi con i compagni Sicard, della Direct Energie come Calmejane, Hardy della Fortuneo e Adam Hansen, degno alleato di De Gendt alla Lotto per grinta e tenacia.
La combinazione fra forze fresche e fuggitivi trasformati in gregari disposti a sacrificarsi alla morte dilata il margine dell’azione, ma dietro basta poco per dare un giro di vite a squadre totalmente focalizzate su quest’obiettivo come la Sunweb (che praticamente non ha uomini per la generale) o la Bora, che predilige chiaramente Sagan a Majka, oppure a squadroni mostruosi come Quickstep e Sky. Lo strapotere tarpa le ali alla fantasia, su un percorso così timido. In effetti in breve a resistere rimangono solo i “nuovi arrivati” nella fuga (Hardy, al gancio, parziale e breve eccezione). E poco dopo Calmejane approfitta di uno dei pochi strappi seri presenti sul territorio ma nascosti dalla mappa per andarsene da solo, scrollandosi uno a uno di dosso i colleghi d’azione. Forse un errore di gioventù, un eccesso di impulsività: da solo non ha chance; o forse, proprio sapendo di non avere nessuna chance comunque, un po’ di proscenio. In Direct Energie ha come compagno Voeckler, maestro nei vani teatri che mandano in sollucchero il pubblico transalpino, consolandosi così della vacuità tattica del tutto.
Puntualmente Calmejane viene inghiottito a tempo debito dal gruppone e in un attimo ci troviamo proiettati sull’ultima côte, che ci regala per qualche istante, sulle rampe più dure, l’illusione di uno sparpaglio, la violenza di una frustata vera, grazie al forcing di Porte, marcato da Contador e Majka. Proprio quando lo spagnolo sembra andare in debito d’ossigeno, come fosse sul punto di lasciar aprire un buco, lo sciame si ricompone con in bella vista, tra gli altri, Fuglsang, Thomas, Van Avermaet, Matthews, Dan Martin, Boasson Hagen – e Sagan. Il campione del mondo aveva bordeggiato al largo, ma quando si arriva al quid della questione si materializza in prima linea. Non si sono visti Froome, Aru, Quintana, fra gli uomini di classifica e Ulissi, Colbrelli, Benoot, Gilbert, Albasini tra coloro dotati di guizzo o intuito. Assenti pure atleti che potrebbero strizzare l’occhio a entrambe le categorie come Simon Yates o Barguil.
Appena apparso, Sagan è il faro: tutti guardano lui, tutti aspettano lui, e quando imposta uno sprint lunghissimo sembra di sentire il fiato del mondo sospendersi nell’attesa della vittoria, se non che… se non che lo scarpino di Sagan si sgancia dal pedale e lo slovacco si scompone, perde spinta, galleggia come un punto di domanda in mezzo alla strada. Ma mentre ad altri questo tipo di incidenti costa la volata, Sagan ritrova in un attimo il contatto tra tacchetta e aggancio e, approfittando del generale sconcerto, riapre il fuoco lasciando tutti a disputarsi il traguardo degli umani, mezzo metro dietro la sua ruota. Secondo, prevedibilmente, arriva Matthews, terzo un vispo Dan Martin e quarto un appannato e forse appagato Van Avermaet. Poi, strepitoso, il giovane italiano Bettiol lancia un messaggio in bottiglia per chi sogna che ritorni il tricolore nelle classiche, regolando il bravo Démare e impreziosendo così la giornata in casa Cannondale.
Da qui in poi si vanno affacciando gli uomini di classifica (sperando che il Tour sia più selettivo dello scorso, e dunque che Dan Martin non resti tale, sebbene le premesse non siano delle migliori): Fuglsang si rifà di un esordio sotto tono, Thomas si conferma brillantissimo, Froome risale di forza, Majka marca il proprio spazio, Quintana sorprende per presenza di spirito in questo che rimane uno sprint; Porte e Contador invece si ingolfano dopo la veemente accelerazione nel segmento più ripido, con Aru a galleggiare – lui però in ripresa – tra i due. Discreta anche la pattuglia colombiana che include Urán, Chaves e un sorprendente Betancur che ci fa sempre vagheggiare un suo ritorno ad alti livelli. Lo sprint, comunque, resta tale, come detto, perché se lo giocano in trenta, e i corridori a meno di 30” sono addirittura una sessantina. Da qui a sabato, solo biliardi per volate di massa, a meno di ventagli o altri miracoli. L’unica eccezione è la breve e secca salita della Planche des Belles Filles mercoledì, certo, con la speranza che, pur a distacchi dilatati, non si traduca anch’essa in una sorta di sprint in salita fra gli uomini di classifica dotati dei dieci minuti finali più incandescenti.
Gabriele Bugada
LA SAGA(N) DI PETER – CAPITOLO XLVII: TOUR DE SUISSE 2017
California – Svizzera è un mantra della carriera di Sagan e anche la stagione 2017 non fa eccezione. Dopo essersi imposto in una frazione della corsa a stelle e striscie lo slovacco torna a rimpolpare il suo curriculum nella corsa elvetica, dove va a segno in due tappe
5a TAPPA: BEX – CEVIO
SAGAN, VITTORIA SENZA STORIA A CEVIO. CARUSO RESTA IN GIALLO
A Cevio Peter Sagan (Bora Hansgrohe) vince quasi per distacco la volata della quinta tappa, lasciando le briciole ai piazzati; Michael Albasini (Orica Scott) è secondo mentre Matteo Trentin (Quick Step) è terzo. Damiano Caruso (BMC) mantiene la maglia gialla e domani dovrà difenderla dagli attacchi che inevitabilmente gli saranno portati sull’insidiosa salita finale dell’Albulapass.
La tappa ticinese del Giro di Svizzera 2017 è la più lunga con i suoi 222 km da Bex a Cevio. Una tappa per metà completamente pianeggiante ma poi la lunga ascesa verso il Passo del Sempione (GPM “Hors Catégorie”) a 100 km dall’arrivo metterà fatica nelle gambe dei ciclisti che saranno chiamati ad affrontare anche il GPM di Druogno a 55 km dall’arrivo, molto più semplice di quello precedente. Quindi una tappa sulla carta adatta anche fughe da lontano e vedremo nel finale se qualche velocista avrà saputo gestirsi per provare a giocarsi le proprie carte nel finale. Dopo la partenza da Bex dovevano passare ben 70 km perché la fuga si concretizzasse grazie all’azione di sei ciclisti: Arman Kamyshev (Team Astana), Benjamin King (Team Dimension Data), Jelle Wallays (Team Lotto Soudal), Sam Bewley (Team Orica scott), Lars-Petter Nordhaug (Aqua Blue Sport) e Jesper Asselman (Roompot Oranje). A Visp, dopo 90 km, la fuga aveva già accumulato un vantaggio di 5 minuti e 40 secondi. Sulle prime rampe del Passo del Sempione era la BMC a scandire il ritmo in testa al gruppo, a protezione del capitano Damiano Caruso, attualmente in maglia gialla. Nordhaug si aggiudicava il GPM e, intanto, il gruppo aveva recuperato più di due minuti alla fuga. Nella discesa si registrava la caduta di Miguel Ángel López (Astana), che lo costringeva al ritiro. Sulla successiva ascesa verso Druogno Kamyshev era il primo ciclista a staccarsi dalla fuga, che aveva un vantaggIO di 2 minuti sul gruppo. Ai meno 30 il vantaggio era ulteriormente sceso a un minuto, mentre sulla corsa si abbatteva un acquazzone. King e Asselman erano gli ultimi due fuggitivi a essere ripresi dal gruppo ai meno 6, dopo che la maggior parte dell’inseguimento era pesato sulle spalle del Team Sunweb, della Trek Segafredo e della Bora Hansgrohe. Le squadre dei velocisti prendevano in mano la situazione ed era in particolare la Quick-Step a mettere il gruppo in una lunga fila indiana grazie ad un’impressionante trenata di Philippe Gilbert. Ai meno 400 Michael Matthews (Sunweb) anticipava la volata ma subito si metteva alla sua ruota Peter Sagan (Bora Hansgrohe) che lo superava in un batter di ciglio e vinceva agevolmente sul traguardo di Cevio. In seconda posizione si classificava Michael Albasini (Team Orica Scott) mentre terzo era Matteo Trentin (Quick-Step). Nella top five da segnalare la presenza di Niccolò Bonifazio (FDJ), quinto. Sagan conferma in questo modo il suo ottimo stato di forma – per lui in totale è la quattordicesima vittoria di tappa al Giro di Svizzera – e continua la sua preparazione per il Tour de France, dove sembra che abbia già prenotato la maglia verde. In classifica generale, grazie all’abbuono di un secondo guadagnato al secondo sprint intermedio, Damiano Caruso (Team BMC) porta a 16 secondi il vantaggio su Steven Kruijswijk (LottoNL-Jumbo) e 25 secondi quello su Domenico Pozzovivo (AG2R). Domani è in programma la sesta tappa da Locarno a La Punt, praticamente il secondo arrivo in salita di questo Giro di Svizzera poiché l’ultimo GPM (’Albulapass, un altro Hors Catégorie) è situato a circa 9 km all’arrivo, tutti in discesa sino al chilometro conclusivo
Giuseppe Scarfone
8a TAPPA: CIRCUITO DI SCIAFFUSA
SAGAN-BIS A SCIAFFUSA
Lo slovacco conquista il secondo successo nel Tour de Suisse 2017. Battuti allo sprint Modolo e Trentin. Anche Bonifazio, Gatto e Puccio tra i primi dieci. Invariata la classifica generale, con Spilak che comanda davanti a Caruso e Kruijswijk. Domani cronometro conclusiva.
Due italiani sul podio, tre nella top 5, cinque fra i migliori dieci. Il bilancio azzurro nella penultima tappa del Giro di Svizzera 2017, 100 km in circuito a Sciaffusa, è quasi trionfale. “Quasi” perché gli azzurri si sono dovuti misurare con Peter Sagan, che ha piegato con irrisoria facilità in volata Sacha Modolo e Matteo Trentin, malgrado la schiacciante superiorità numerica nel finale degli uomini della Etixx-Quick Step.
Su un percorso mosso ma non molto impegnativo, la leadership in classifica generale di Simon Spilak non è mai stata a rischio. Lo sloveno si presenterà così da netto favorito alla crono finale di domani, con Damiano Caruso, staccato di 52’’, che dovrà preoccuparsi soprattutto di difendere la seconda piazza.
Chi sperava che il chilometraggio da gara dilettantistica potesse servire a movimentare la corsa ha visto cadere ogni illusione già nelle battute iniziali, quando a prendere il largo è stata un’innocua fuga a quattro: Lasse Norman Hansen, Nick van der Lijke, Jelle Wallays e Jaco Venter. Il principale motivo di interesse dell’azione era la sfida tra Hansen e van der Lijke per la vetta della classifica scalatori, duello presto risolto a proprio favore dal danese.
Il gruppo non ha faticato a tenere la fuga sempre intorno ai 2’ di vantaggio, prima di un’accelerazione della BMC a una quarantina di chilometri dall’arrivo. Un forcing che sembrava preludere a un tentativo di attaccare Spilak, rimasto invece senza seguito. A facilitare la vita al capoclassifica ha provveduto anche la giuria, che ha deciso di prendere i tempi alla fine del settimo e penultimo giro.
A più riprese, nelle ultime tornate, qualcuno ha provato a scongiurare la volata di gruppo. Il tentativo più credibile ha visto protagonisti Matthews, Van Avermaet, Wellens, Vanmarcke e Burghardt, quest’ultimo – compagno di squadra di Sagan – con funzione di stopper. Il drappello è stato però neutralizzato nel giro di un paio di chilometri, al pari del successivo attacco di Fabio Felline.
La Etixx-Quick Step ha preso in mano le operazioni di avvicinamento allo sprint, ma il lancio per Matteo Trentin è avvenuto a velocità troppo bassa. Sagan e Modolo hanno così potuto giocare d’anticipo e guadagnare metri irrecuperabili. Particolare comunque irrilevante ai fini del successo del campione del mondo in carica e vincitore della classifica a punti del Tour de Suisse, troppo superiore alla concorrenza. Modolo e Trentin hanno potuto soltanto accompagnarlo sul podio. Niccolò Bonifazio ha chiuso quinto, mentre nei dieci si sono piazzati anche Oscar Gatto (ottavo) e Salvatore Puccio (decimo).
Il Tour de Suisse si concluderà domani, sempre a Sciaffusa, con una cronometro di 28 km.
Matteo Novarini
LA SAGA(N) DI PETER – CAPITOLO XLVI: CALIFORNIA 2017
Anche nella stagione 2017 fa una capatina in terra di California e pure stavolta non se ne torna a casa a mani vuote: per lui la vittoria numero 16 nella corsa statunitense
3a TAPPA: PISMO BEACH – MORRO BAY
Vittoria numero sedici per il campione del mondo Peter Sagan al Tour of California. Con la volata della terza tappa a Morro Bay lo slovacco aggiunge un’altra perla alla sua personale “storia d’amore” con la corsa a tappe statunitense. Terza piazza per Simone Consonni.
Come previsto la terza tappa dell’AMGEN Tour of California si è conclusa con una volata di gruppo. A primeggiare è stato il campione del mondo Peter Sagan (Bora-Hansgrohe) che con questa vittoria raggiunge quota sedici nel suo personale palmarès di affermazioni alla corsa americana. La seconda piazza è andata al figlio d’arte Erik Zabel (Katusha – Alpecin). Per quanto riguarda i rappresentanti italiani presenti oltre oceano giunge lo squillo di Simone Consonni (UAE Team Emirates) che ha colto la terza piazza. Le posizioni successive sono andate ad Alexander Kristoff (Team Katusha-Alpecin), Jean-Pierre Drucker (BMC Racing Team), Reinardt Janse van Rensburg (Dimension Data), Taylor Phinney (Cannondale-Drapac), che aveva provato ad anticipare tutti ai meno 400, Ramon Sinkeldam (Sunweb), Travis McCabe (UnitedHealthcare) e Mike Teunissen (Sunweb).
Anche la terza tappa prima della conclusione è stata caratterizzata da una fuga. I cinque elementi che la componevano erano Sean Bennett (Jelly Belly p/b Maxxis), Danny Pate (Rally Cycling), Ben Wolfe (Jelly Belly p/b Maxxis), David Lozano (Team Novo Nordisk) e l’italiano Federico Zurlo (UAE Team Emirates). Il gruppo però non ha dato loro scampo. L’ultimo a cedere è stato il portacolori della statunitense Jelly Belly p/b Maxxis Ben Wolfe.
In classifica continua a guidare Rafal Majka (Bora-Hansgrohe) con 2” su George Bennett (Lotto NL-Jumbo) e 14″ su Ian Boswell (Sky).
Oggi anche la Santa Barbara-Santa Clarita di 159.5 km dovrebbe richiamare alla ribalta i velocisti. Diretta su Eurosport dalle ore 23:00.
Mario Prato
LA SAGA(N) DI PETER – CAPITOLO XLV: TIRRENO-ADRIATICO 2017
Se la stagione delle classiche lascerà l’amaro in bocca a Sagan, nello stesso periodo lo slovacco si consola imponendosi in un paio di frazioni della Tirreno-Adriatico, tra le quali l’impegnativo tappone dei muri marchigiani
3a TAPPA: MONTEROTONDO MARITTIMO – MONTALTO DI CASTRO
SAGAN IMBATTIBILE A MONTALTO, DENNIS IN AZZURRO
A Montalto di Castro, in una volata non propriamente di gruppo condizionata da una caduta negli ultimi chilometri, prevale Peter Sagan (Team Bora Hansgrohe) su Elia Viviani (Team SKY) e Jurgen Roelandts (Team Lotto Soudal). In classifica generale, grazie alla somma dei piazzamenti Rohan Dennis (Team BMC) si veste d’azzurro. Domani l’attesa tappa del Terminillo che dirà molto sul vincitore della Tirreno Adriatico 2017.
Prima dell’atteso week end con la scalata del Terminillo di sabato e i muri fermani di domenica, la Tirreno-Adriatico si è concessa un giorno tranquillo nella terza tappa tra Monterotondo Marittimo e Montalto di Castro per un totale di 204 km, conditi da due salite di media difficoltà poste a metà tappa. Sulla carta sembrava scontato un arrivo allo sprint e la leggera pendenza su cui è posto l’arrivo sembrava favorire ancora di più gente come Peter Sagan (Team Bora Hansgrohe) e Greg Van Avermaet (Team BMC), apparsi brillanti anche ieri a Pomarance nonostante la vittoria in solitaria di Geraint Thomas (Team SKY). Inoltre, la testa della classifica generale raggiunta proprio dal belga faceva intravedere come la tappa di oggi potesse essere controllata proprio dagli uomini della BMC, a protezione e sostegno del suo capitano. Dopo la partenza da Monterotondo Marittimo si segnalavano alcuni attacchi per riuscire a formare la fuga di giornata. Si formava un gruppetto composto da sette ciclisti: Alexis Gougeard (Team AG2R), Mattia Frapporti (Androni Giocattoli), Andrij Hrivko (Team Astana), Mirco Maestri e Luca Wackermann (Team Bardiani CSF), Iuri Filosi e Kohei Uchima (Nippo Vini Fantini). Il vantaggio della fuga era di 4 minuti dopo circa 40 km dalla partenza, per poi scendere poco sotto i 3 minuti a 100 km dall’arrivo. A Scansano Filosi si aggiudicava l’unico GPM di giornata, posto al km 92.7. Maestri transitava in testa ai due traguardi intermedi posti nel giro di 15 km, tra Terme di Saturnia e Catabbio, rialzandosi subito dopo con l’obiettivo di riprovarci domani per rafforzare il primato nella classifica di leader dei traguardi volanti. Il gruppo recuperava poco a poco mentre la fuga perdeva altri pezzi. Ai meno 40 rimanevano in testa soltanto Filosi, Gougeard e Hrivko. Il gruppo riprendeva infine i fuggitivi a meno 20 km dall’arrivo. Le squadre dei velocisti, in particolare il Team Sky e la Quick Step, prendevano le prime posizione mentre il gruppo si sfilacciava anche a causa di una caduta negli ultimissimi chilometri che coinvolgeva, per fortuna senza conseguenze di rilievo, Fabio Felline (Team Trek Segafredo), Tim Wellens (Team Lotto Soudal) e, soprattutto, il colombiano Fernando Gaviria (Team Quick Step), altro grande favorito per il successo quest’oggi essendo già imposto lo scorso anno sul traguardo di Montalto di Castro. La volata, non a ranghi completamente compatti, vedeva la vittoria di Peter Sagan (Team Bora Hansgrohe) su Elia Viviani (Team SKY) e Jurgen Roelandts, in una top ten nella quale si segnalava la presenza di altri tre ciclisti italiani, Sacha Modolo (Team UAE Emirates, 4°), Andrea Palini (Androni Giocattoli, 7°) e Roberto Ferrari (Team UAE Emirates, 8°). Si tratta della prima vittoria in Italia nel 2017 per il campione del mondo e della seconda stagionale dopo l’affermazione di fine febbraio alla Kuurne-Bruxelles-Kuurne. In classifica generale Rohan Dennis (Team BMC), grazie alla somma dei piazzamenti, è primo con lo stesso tempo dei compagni di squadra Greg Van Avermaet e Damiano Caruso. Il week end della Tirreno-Adriatico si annuncia ora, come già detto all’inizio, bello tosto con la quinta tappa di domani che prevede l’arrivo in salita al Terminillo e la sesta tappa di domenica che non ha nulla da invidiare alle Ardenne, viste le vere e proprie “côtes” a doppie cifre di pendenza che si affronteranno nel finale. Due tappe, insomma, in cui i ciclisti che aspirano alla vittoria finale si daranno senz’altro battaglia.
Giuseppe Scarfone
5a TAPPA: RIETI – FERMO
SAGAN NON STA MAI… FERMO! SUO IL TAPPONE DEI MURI
Peter Sagan (Team Bora Hansgrohe) vince a Fermo la sua seconda tappa alla Tirreno Adriatico 2017 su un traguardo posto su un vero e proprio muro con pendenze fino 22%. Secondo classificato un buon Thibaut Pinot (Team FDJ), in terza posizione Primož Roglič (Team Lotto NL Jumbo). Nairo Quintana (Team Movistar) conserva la maglia azzurra alla vigilia della penultima tappa adatta ai velocisti.
Da Rieti a Fermo, dal Lazio alle Marche. La quinta tappa della Tirreno Adriatico 2017 si presentava ricca di spunti anche alla luce della leadership conquistata da Nairo Quintana (Team Movistar) il giorno prima sul Terminillo. Sono 209 i km da percorrere senza respiro, soprattutto i 35 km finali che prevedono il triplice ed insidiosissimo passaggio da Fermo, con una serie di muri e pendenze che arrivavano fino al 22%. Un finale fatto su misura per i finisseur ma dove gli uomini di classifica dovranno mostrare le unghie per confermare o migliorare le loro posizioni. Dopo la partenza da Rieti senza Fabio Aru (Team Astana), ritiratosi a causa di una bronchite che lo ha fortemente debilitato in questi giorni, si formava una fuga composta da 11 uomini: Alexis Gougeard (Team AG2R), Davide Ballerini (Androni Giocattoli), Moreno Moser (Team Astana), Maxime Monfort (Team Lotto Soudal), Marco Canola (Nippo Vini Fantini), Niki Terpstra (Team Quick Step), Stephen Cummings e Scott Thwaites (Team Dimension Data), Maurits Lammertink (Team Katusha), Gianni Moscon (Team SKY) e Filippo Ganna (Team UAE Emirates). La fuga raggiungeva un massimo vantaggio di 4 minuti. La Movistar e la Bahrain Merida dettavano il ritmo del gruppo che non faceva dilatare troppo il vantaggio. Anche la Cannondale Drapac dava una mano per ridurre il ritardo e a meno 120 km dall’arrivo il vantaggio della fuga era sceso a 2 minuti. All’inizio della salita di Montelparo, a meno 82 km dal termine, il gruppo ritornava compatto. Era chiara l’intenzione delle squadre di classifica di non concedere troppo spazio e magari di far conquistare ai loro capitani, in caso di vittoria, gli abbuoni temporali al traguardo di Fermo. Dopo Aru era costretto al ritiro per problemi fisici anche Adam Yates (Team Orica Scott), secondo in classifica generale. Si formava una nuova fuga composta da quattro uomini, Mikel Landa (Team SKY), Tim Wellens (Team Lotto Soudal), Mattia Cattaneo (Androni Giocattoli) e Bob Jungels (Team Quick Step). Il quartetto prendeva un vantaggio di circa un minuto a 72 km dall’arrivo su un gruppo tirato dalla Movistar e già abbastanza sfilacciato. A meno 60 km dall’arrivo la fuga manteneva il proprio vantaggio sempre intorno al minuto. Al traguardo volante di Grottazzolina Mattia Cattaneo transitava in prima posizione. AI meno 50 la fuga aveva ancora 50 secondi di vantaggio sul gruppo. Fermo si avvicinava con i suoi muri. La fuga veniva ripresa e sui primi muri, in località Mulini di Tenna, il primo ciclista a tentare una sortita dal gruppo era Michal Kwiatkowski (Team Sky). Il polacco restava in testa per qualche chilometro, ma ai meno 36 il gruppo tornava nuovamente compatto. Fabio Felline (Team Trek Segafedo) e Oscar Gatto (Team Astana) contrattaccavano ai meno 32 seguiti da Tejay Van Garderen (Team BMC) e da un indomabile Kwiatkowski. Sul muro di Capodarco Felline transitava in prima posizione. Era un continuo rimescolarsi nelle prime posizioni del gruppo; il quartetto veniva ripreso ed ai meno 22 in testa si portavano Luis León Sánchez (Team Astana) e Vasil Kiryienka (Team SKY). Lo spagnolo provava addirittura la sortita individuale provando a staccare il bielorusso e ai meno 12 era lui a condurre con 27 secondi sul gruppo, nettamente sfilacciato. Lo spagnolo veniva ripreso ai meno 9 da Van Garderen, mentre in ottica vittoria di tappa era encomiabile il lavoro di Rafal Majka (Team Bora Hansgrohe) per il capitano Peter Sagan. Ai meno 5 Sanchez aveva 12 secondi su di un gruppo ridotto ad una trentina di atleti. Gli ultimi 3 km erano i più appassionanti; Sanchez veniva ripreso e partiva al contrattacco Thibaut Pinot (Team FDJ) sul secondo passaggio dal muro di Via Reputolo, quello che proponeva le pendenza più ostiche di giornata. Nairo Quintana (Team Movistar) replicava immediatamente riportandosi in testa e trainando con sé il gruppo dei migliori, ora ridotto a non più di una decina di unità. Prima dell’ultimo strappo verso il traguardo di Fermo Peter Sagan (Team Bora Hansgrohe) si riportava in testa e con una grande azione negli ultimi metri si imponeva nettamente su Pinot e Primož Roglič (Team Lotto NL Jumbo). Nessun italiano era presentenella top ten, essendo il primo dei nostri, Michele Scarponi (Astana), piazzatosi 14° a 31″ dal campione del mondo, che ottiene la sua seconda vittoria in questa Tirreno-Adriatico dimostrando di poter vincere quando vuole e come vuole, sia in pianura, sia quando la strada si impenna brevemente. In classifica generale Quintana resta primo con 50 secondi di vantaggio su Pinot ed 1 minuto e 6 secondi su Rohan Dennis (Team BMC). La penultima tappa di domani tra Ascoli Piceno e Civitanova Marche di 168 km presenta un solo GPM verso la metà del percorso e tendenzialmente è favorevole ai velocisti, anche se lo strappetto di Civitanova Alta, piazzata a 8 Km dal traguardo, potrebbe escludere qualche velocista dallo sprint finale.
Giuseppe Scarfone
LA SAGA(N) DI PETER – CAPITOLO XLIV: KUURNE 2017
Dopo il bis al Mondiale Peter Sagan punta ad un’altra stagione profiqua ma stavolta non sarà così. Vero o non vero stavolta la “maledizione del mondiale” fa sentire in parte i suoi influssi e per lo slovacco quella del 2017 sarà una stagione in parte deludente. Riuscirà a far suo il terzo mondiale di fila, un’impresa mai riuscita a nessuno, ma uscirà a bocca quasi del tutto asciutta dalle classiche del nord. Sarà secondo alla Sanremo e alla Omloop Het Nieuwsblad, terzo al Gand e addirittura 27° al Giro delle Fiandre; per lui solo le briciole con la vittoria nella semiclassica Kuurne – Bruxelles – Kuurne
PETER SAGAN, LAMPO ARCOBALENO A KUURNE
Peter Sagan dopo essersi dovuto inchinare ieri a Greg Van Avermaet si è imposto oggi nella Kuurne-Bruxelles-Kuurne, semiclassica belga di inizio stagione. Il campione del mondo si è imposto con una volata delle sue su un gruppetto di 5 elementi che comprendeva anche il nostro Matteo Trentin. Le piazze d’onore sono andate a Jasper Stuyven e Luke Rowe.
Peter Sagan non finirà mai di stupire e ad insegnare ciclismo. Lo slovacco di iride fasciato oggi ha fatto il bello e cattivo tempo e, dopo la sconfitta serenamente accolta di ieri, è partito per ribadire un concetto ormai a tutti noto: Peter Sagan è unico e inimitabile.
Dopo il secondo posto di ieri alla Omloop Het Nieuwsblad dov’era stato battuto da Greg Van Avermaet, il campione del mondo in carica ha messo in carniere il successo alla Kuurne-Bruxelles-Kuurne: l’inizio della “stagione delle pietre” non poteva essere migliore per lo slovacco e la sua Bora-Hansgroe.
Ovviamente l’entrata in scena di Peter Sagan ha tolto la ribalta agli altri, ma prima che lo slovacco monopolizzasse l’attenzione di addetti ai lavori e non, la corsa è stata interessante e non certo un lento avvicinarsi al traguardo.
Dopo un attacco velleitario portato al chilometro zero da David Boucher (Pauwels Sauzen-Vastgoedservice) e durato poche centinaia di metri, parte il tentativo senza fortuna di Berden De Vries (Roompot-Nederlandse Loterij), Jimmy Janssens (Cibel-Cibon), Benoît Jarrier (Fortuneo-Vital Concept), Mark McNally (Wanty-Groupe Gobert), Lawrence Naesen (WB Veranclassic Aqua Protect), Jonas Rickaert (Sport Vlaanderen-Baloise), Julien Stassen (WB Veranclassic Aqua Protect) e Timothy Stevens (Pauwels Sauzen-Vastgoedservice). Stessa sorte per Alexis Gougeard (AG2R La Mondiale) e Daniel Oss (BMC Racing Team): insomma, il gruppo sembra non lasciare andare via la fuga di giornata, che si forma solo con l’inizio della sequenza dei muri. A prendere il largo prima dell’Onkerzele Berg, secondo dei dodici previsti, sono Guillaume Boivin (Israel Cycling Academy), Antoine Duchesne (Direct Énergie), Alex Kirsch (WB Veranclassic Aqua Protect), Jürgen Roelandts (Lotto Soudal), Sjoerd van Ginneken (Roompot-Nederlandse Loterij) e ancora Alexis Gougeard, che è stato l’iniziatore del tentativo. A loro si accodano in un secondo monento Sander Cordeel (Pauwels Sauzen-Vastgoedservice), Maxime Farazijn (Sport Vlaanderen-Baloise) e il già citato Boucher.
L’ Oude Kwaremont, com’è giusto che sia, sveglia i big e trasforma la gara. Oltre a frazionare il plotone in più tronconi, l’aumento del ritmo riduce il gap con i fuggitivi. Il ricongiungimento tarda, però, a compiersi e la corsa sembra in stand-by: i fuggitivi continuano la loro azione, mentre chi insegue sembra temporeggiare, annusando l’aria e studiando di nascosto gli avversari.
A dare la scossa alla situazione ci pensano alcune squadre che, guadagnata la testa del primo plotone inseguitore, alzano il ritmo. Il ricongiungimento ne è la naturale conseguenza. L’azione decisiva porta quindi la firma di Jasper Stuyven (Trek – Segafredo). Lui è vincitore della scorsa edizione della Kuurne e vuole a tutti i costi il bis. Questa volta, però, la risposta di Peter Sagan è immediata, con conseguente “francobollamento” dello slovacco da parte di Matteo Trentin (Quick-Step Floors). Ai tre involatisi si accodano successivamente, in tempi diversi, Tiesj Benoot (Lotto Soudal) e Luke Rowe (Team Sky), mentre fallisce lo stesso obiettivo Stefan Küng (BMC Racing Team)
Ben presto diventa evidente che la corsa belga sia questione limitata ai cinque battistrada, nonostante il gran lavoro svolto dalla BMC per riportare il gruppo inseguitore sui fuggitivi.
Ai meno 800 metri Trentin prova l’attacco a sorpresa, ma senza successo. Ai meno 200 sale in cattedra Peter Sagan che lancia la volata da dietro, rendendosi irraggiungibile fin dalle prime pedalate.
Alle spalle dello scatenato campione del mondo si piazzano nell’ordine Stuyven, Rowe, Benoot e Trentin. Dopo 6 secondi la volata dei primissimi inseguitori è vinta da Arnaud Démare (FDJ), che forse ha già la mente proiettata alla bis alla Milano-Sanremo.
Protagonista sfortunato della giornata è stato Tony Martin (Team Katusha – Alpecin), vittima con Planckaert e Boivin di una caduta che gli ha lasciato sul sopracciglio un taglio ricucito con otto punti di sutura.
Mario Prato
LA SAGA(N) DI PETER – CAPITOLO XLIII: MONDIALE 2016
Il percorso totalmente pianeggiante lasciava intendere un mondiale noioso, votato alla volata finale. Invece il tratto in linea iniziale attraverso il deserto si rivela elettrizzante e decisivo a causa del vento, selezionando il gruppetto di una ventina di corridori che andrà a giorcarsi la maglia iridata sul circuito di Doha. I velocisti più attesi riescono a rimanere nella prima parte del gruppo, ma sul rettilineo d’arrivo non ci sarà nulla da fare: Sagan li anticipa tutti conquistando il suo secondo mondiale
CHILOMETRO 70: IL MONDIALE ESPLODE E SAGAN FA IL BIS
E’ stato un ventaglio aperto dai belgi al chilometro 70 a portar via il gruppo che si è andato a giocare l’edizione 2016 dei mondiali di ciclismo su strada. Eliminati dai giochi i pericolosi alemanni, belgi e italiani hanno tentato di fare la corsa ma, nella volata conclusiva, si è imposto perentoriamente Peter Sagan, che ha messo dietro anche il fortissimo velocista mannese Cavendish ed ha imitato l’impresa di Bugno del 91/92, mettendo la ciliegina su una stagione da incorniciare.
Il caldo, la distanza, il vento; queste le tre principali difficoltà di un tracciato che si presentava come un tavolo da biliardo, senza neppure un metro di salita. Una scelta certamente discutibile che ragioni di natura economica, per quanto rilevanti, non possono del tutto giustificare. Fortunatamente, ci hanno pensato i corridori a sfruttare al massimo le tre difficoltà del percorso per fare corsa dura. Ne è venuta fuori una gara emozionante, esplosa già a più di 170 Km dalla conclusione quando, su un’accelerazione dei britannici, i belgi aprono un ventaglio molto stretto che rende difficile l’ingresso, tanto che moltissimi corridori di primissimo piano, tra cui gli alfieri della corazzata tedesca, rimangono fuori, costretti ad aprire altri ventagli che provocano ulteriore selezione.
Altro aspetto da sottolineare è certamente la desolante assenza di pubblico, che solo nei pressi dell’arrivo si è minimamente animato, composto comunque di sostenitori quasi tutti europei. In un territorio come quello in cui si svolgeva la rassegna iridata non c’è la benché minima tradizione ciclistica ed era quindi del tutto prevedibile che non ci sarebbe stata una gran risposta da parte della popolazione. Anche se il deserto ed il caldo hanno dato ai più coraggiosi l’occasione di far esplodere la corsa da molto lontano, non si può comunque non ribadire la sostanziale negatività di un tracciato che tecnicamente rimane povero, anche se ha offerto momenti tattici davvero importanti e pregevoli.
Dopo l’apertura del ventaglio, infatti, la corsa ha vissuto sostanzialmente di tatticismo, con quelli davanti che andavano a tutta – tirati particolarmente dai corridori della nazionali più rappresentate, Belgio e Italia – e quelli dietro intenti ad inseguire, con il grosso del lavoro sulle spalle dei tedeschi, disturbati in continuazione dai due belgi rimasti dietro con il compito di rompere i cambi.
In definitiva, chi scrive ritiene che, nonostante la corsa di oggi si stata oggettivamente appassionante, sarebbe opportuno evitare percorsi del genere, sia per l’ambientazione singolare in relazione ad uno sport come il ciclismo, sia per la assenza totale di difficoltà altimetriche in grado di scompigliare i piani.
Passando alla cronaca, si devono registrare i primi scatti fin dal via ufficiale. Nonostante l’andatura iniziale si presentasse comunque elevata, sono Ryan Roth (Canada), Anas Ait El Abdia (Marocco), Rene Corella (Messico), Nick Dougall (Sud Africa), Natnael Berhane (Eritrea), Sergei Lagkuti (Ucraina) e Brayan Ramírez Chacón (Colombia) che riescono ad evadere dal gruppo dopo 7 chilometri di corsa. Andata via la fuga, il gruppo rallenta notevolmente, lasciando che i battistrada riescano a mettere all’attivo un vantaggio che arriva a superare gli 11 minuti. Una prima reazione la abbozza Kanstantin Siutsou (Bielorussia) che, con una accelerazione dei ritmi, comincia a erodere il vantaggio dei fuggitivi della prima ora. L’andatura sale ulteriormente in prossimità del giro di boa con il ritorno verso Doha, cambio di direzione repentino che porterà il vento laterale sulla corsa, con la conseguente probabilità di formazione di ventagli. I favoriti cercano, ovviamente, di mantenersi davanti e questo provoca l’ulteriore erosione del vantaggio dei battistrada, che cercano di resistere aumentando a loro volta i ritmi e provocando la capitolazione di Corella, che non riesce a mantenere il ritmo.
Proprio nei pressi del cambio di direzione gli inglesi impongono un’accelerazione, ma sono i belgi che, in contropiede, vanno ad aprire un ventaglio molto stretto dal quale rimane fuori l’australiano Ewan che cerca, tanto disperatamente quanto invano, di non perdere questo treno. Nulla da fare: il ventaglio è troppo stretto, chi non si è fatto trovare pronto è rimasto inesorabilmente tagliato fuori e costretto a cercare di aprire altri ventagli per inseguire. Il frazionamento è massimo e si formano numerosi gruppetti divisi da pochi secondi. Per colpa di una caduta perdono contatto Luke Durbridge (Australia), Fernando Gaviria (Colombia) e Luka Mezgec (Slovenia). Per i colombiani la caduta di Gaviria, che rimane dolorante a bordo strada, rappresenta il tramonto delle poche speranze che potevano nutrire ai nastri di partenza.
Spezzata la corsa, si fa l’appello e davanti a rispondere “presente” ci sono William Bonnet, (Francia), Oliver Naesen, Jens Keukeleire, Tom Boonen, Jasper Stuyven, Greg Van Avermaet, Jurgen Roelandts (Belgio), Mathew Hayman, Michael Matthews (Italia), Daniele Bennati, Jacopo Guarnieri, Giacomo Nizzolo, Elia Viviani (Italia), Niki Terpstra, Tom Leezer (Paesi Bassi), Edvald Boasson Hagen, Alexander Kristoff, Truls Korsaeth (Norvegia), Sam Bennett (Irlanda), Magnus Cort Nielsen (Danimarca), Peter Sagan, Michael Kolář (Slovacchia), Mark Cavendish e Adam Blythe (Gran Bretagna).
Mancano nomi altisonanti, come tutti i componenti della temuta corazzata tedesca (a partire da Degenkolb, Kittel e Greipel) e i francesi Bohuanni e Démare. L’andatura è elevatissima e, per lunghi tratti, la velocità è prossima ai 70 Km/h. In una situazione del genere un minimo problema meccanico significa la sostanziale compromissione della corsa: le vittime sono Magnus Cort Nielsen e Sam Bennett, che devono abbandonare l’allegra compagnia dell’avanguardia del gruppo, nel frattempo popolatasi dei sei battistrada iniziali, che vengono riassorbiti e cercano di rimanerne accodati.
A questo punto, la battaglia si restringe ad un duello a distanza tra il primo gruppo, che tenta di aumentare il proprio vantaggio, ed il secondo, che tenta disperatamente di rientrare. In un primo momento, il vantaggio sembrava essersi stabilizzato sui 30/40 secondi ma, quasi subito, si assesta sul minuto. Dopo l’ingresso nel circuito finale, da ripetere sette volte, il gap si allarga ulteriormente, sostanzialmente per due fattori. Infatti, davanti Belgio e Italia collaborano nel tenere un’andatura il più possibile elevata, mentre dietro i due belgi rimasti nelle retrovie cercano di favorire i sei connazionali di testa andando a rompere i cambi e provocando l’ira di Degenkolb, visibilmente contrariato, che va quasi a minacciare i due portacolori del Belgio. Il vantaggio arriva a superare i due minuti, circostanza che porta Degenkolb e Kittel a mollare il colpo ed a ritirarsi.
Nei chilometri successivi non ci sono particolari note di cronaca da segnalarfe, con il gruppo davanti che continua la marcia di avvicinamento alla fasi finali e con la tensione che comincia a trasparire fuori dai caschi e dagli occhiali.
Ci si gioca tutto all’ultimo giro, nel corso del quale quelli che hanno tirato tutto il giorno, tra cui l’ottimo Daniele Bennati, si staccano e davanti rimane un drappello più ridotto. E’ Terpstra che prova per primo a muoversi, ma il suo allungo, immediatamente stoppato da Van Avermaet, è estremamente timido e lo stesso olandese desiste immediatamente dal tentativo. L’andatura si alza ulteriormente per le trenate di quelli che voglio evitare gli scatti ed arrivare allo sprint ma, in un momento di esitazione, parte molto deciso Tom Leezer che guadagna subito qualche metro. Complice una prima indecisione su chi dovesse prendersi l’incarico di inseguire, il vantaggio aumenta fino ad arrivare ad una consistenza di oltre 150 metri. Ad un certo punto si ha l’impressione che l’olandese, che passa in testa sotto il triangolo rosso, possa farcela, ma la fatica si fa sentire e, poche centinaia di metri prima dell’arrivo, Leezer deve capitolare. Quasi in contemporanea Guarnieri cerca di lanciare la sprint di Nizzolo, che viene infilato proprio vicino alle transenne da Peter Sagan che poi va ad imporsi su Cavendish e su Tom Booonen, uno dei principali responsabili della situazione di corsa che si era venuta a creare nel deserto e, sicuramente, uno di quelli che poteva trarne i maggiori vantaggi. Il massimo risultato, però, è andato a Sagan che, pur trovandosi di fronte velocisti puri come Cavendish, ha fatto valere la maggior capacità di reggere la fatica di una corsa di 257 chilometri, disputata in un gruppo ristretto che ha corso a tutta per la maggior parte del tracciato. Alla fine, la fatica, complice anche il caldo, si è fatta sentire ed è venuta fuori la classe e la resistenza dello slovacco che non solo va a bissare il successo dell’anno scorso, come fece Bugno nei primi anni ‘90, ma corona anche una stagione da incorniciare con un Tour de France corso veramente da fuoriclasse.
Gli italiani non sono riusciti ad arricchire il nostro parco medaglie ma hanno corso con generosità, alimentando attivamente l’azione del gruppo davanti in cui erano in 4, inferiori in numero solo ai belgi. Nel finale Viviani sembrava tormentato dai crampi, mentre Nizzolo ha provato a lanciare lo sprint lungo ma, contro la brillantezza di Peter Sagan, che si è infilato in una strozzatura tra Nizzolo e le transenne, non c’è stato nulla da fare ed alla fine il campione italiano è rimasto un po’ intrappolato ed ha chiuso in quinta posizione.
E’ stato un mondiale obbiettivamente appassionante, grazie alla situazione creatasi già a 170 Km dalla conclusione ma, come si diceva in apertura, questo non è abbastanza per dare la sufficienza ad un percorso che lascia comunque molte perplessità.
Benedetto Ciccarone
LA SAGA(N) DI PETER – CAPITOLO XLII: ENECO TOUR 2016
Il mondiale del 2016 è stato spostato in avanti in calendario di un paio di settimane per evitare ai corridori il caldo del Qatar e così i corridori che vogliono puntare alla maglia iridata sono obbligati a un piccolo cambio di programma, cercando l’iscrizione a corse più vicino all’appuntamento. Dopo l’infelice esperienza dell’anno precedente Sagan sceglie di non tornare alla Vuelta e di optare per una diversa marcia d’avvicinamento, che passa prima per le corse canadesi del World Tour e per il campionato europeo e poi per una breve gara a tappe, l’ENECO Tour. La corsa disegnata a cavallo tra Belgio e l’Olanda è l’ideale per affinare la preparazione in vista di un mondiale dal percorso completamente pianeggiante e Sagan coglie l’occasione per andare a segno su un paio di traguardi
3a TAPPA: BLANKENBERGE – ARDOOIE
SEMBRA TOMBA, MA E’ SAGAN
Altra incredibile vittoria del campione del mondo che, dopo che i 5 fuggitivi di giornata sono stati ripresi in vista del traguardo, slalomeggia letteralmente tra gli avversari sul rettilineo finale di Ardooie e si impone davanti a Danny Van Poppel e Nacer Bouhanni, portandosi a 3” da Rohan Dennis in classifica generale. Migliore degli azzurri ancora Giacomo Nizzolo che bissa il 6° posto ottenuto a Bolsward.
La terza tappa dell’Eneco Tour, 182,3 km da Blankenberge ad Ardooie, si presentava come una classica frazione per velocisti, che già in passato nella cittadina delle Fiandre Occidentali divenuta traguardo fisso della breve corsa a tappe del Benelux l’hanno fatta da padrone con Tom Boonen che si è imposto in due occasioni, ultima delle quali nel 2015, al pari di André Greipel.
Tuttavia il copione solo in extremis ha potuto essere rispettato e non per via del vento, che non ha rappresentato un’insidia come si paventava alla vigilia, ma perchè, nonostante almeno una dozzina di squadre abbiano collaborato all’inseguimento, i fuggitivi di giornata – Stijn Steels (Topsport Vlaanderen), Jesper Asselman (Roompot), Mark McNally (Wanty), Yukia Arashiro (Lampre-Merida) e un Martin Elmiger (Iam Cycling) che ha quantomeno fatto incetta di secondi di abbuono negli sprint intermedi che gli hanno consentito di portarsi a 14” dal leader Rohan Dennis (Bmc) in classifica generale – hanno resistito alla grande al ritorno del gruppo, colpevole di aver inizialmente lasciato loro troppo spazio, con un vantaggio massimo che ha superato i 7′. Se non avessero cincischiato dopo un tentativo di allungo del giapponese in vista dell’ultimo chilometro, i cinque ardimentosi si sarebbero certamente giocati il successo. Così, invece, non è stato e a disputarsi la vittoria sono stati gli sprinter con Peter Sagan (Tinkoff), i cui compagni peraltro non si erano mai fatti vedere in testa al gruppo in precedenza, autore di un vero e proprio show nelle ultime centinaia di metri in cui, nonostante la sede stradale piuttosto stretta e l’ostacolo rappresentato dagli ex battistrada che procedevano molto più lentamente degli altri sul rettilineo finale, ha messo insieme potenza e abilità di guida della bicicletta slalomeggiando letteralmente tra gli avversari fino a mettere le ruote davanti a tutti, portandosi a quota 11 successi stagionali. Alle spalle dello slovacco si è piazzato un po’ a sorpresa Danny Van Poppel (Team Sky) che ha preceduto Nacer Bouhanni (Fdj) e il vincitore della tappa di Bolsward Dylan Groenewegen (Lotto NL-Jumbo) mentre Giacomo Nizzolo (Trek-Segafredo) ha confermato il 6° posto ottenuto l’altroieri ponendosi tra i reduci della fuga McNally ed Elmiger e davanti agli ancora deludenti Marcel Kittel (Etixx-QuickStep) ed André Greipel (Lotto Soudal).
Con questo successo Sagan si porta a soli 3” da Dennis in classifica generale, scavalcando Jos Van Emden (Lotto NL-Jumbo), ora 3° a 5”, e distanziando chi segue con Jasha Sütterlin (Movistar) ed Elmiger 4° e 5° ambedue a 14” e Wilco Kelderman (Lotto NL-Jumbo) e Matthias Brändle (Iam Cycling) rispettivamente 6° e 7° a 15” e ponendo le basi per conquistare la maglia biancorossa di leader al termine della quarta tappa, 201,4 km da Aalter a St-Pieters-Leeuw che, nonostante le sei “côtes” da scavalcare dovrebbe, sulla carta dovrebbe vedere ancora gli sprinter alla ribalta, anche se in chiave successo finale le cose per lo slovacco potrebbero complicarsi al termine della quinta frazione, una cronosquadre di 20,9 km in quel di Sittard che vede la Tinkoff meno attrezzata rispetto a molte dirette rivali.
Marco Salonna
4a TAPPA: AALTER – SINT-PIETERS-LEEUW
SAGAN, WHAT ELSE? TAPPA E MAGLIA ALL’IRIDATO
Ennesima prova di forza del fuoriclasse slovacco, al quarto successo nelle ultime due settimane malgrado una concorrenza sempre di altissimo livello, che si aggiudica allo sprint anche la tappa di St-Pieters-Leeuw davanti ad André Greipel, rinvenuto forte negli ultimi metri ma non a sufficienza per superarlo, e ad Alexander Kristoff, balzando in vetta alla classifica generale con 7” su Rohan Dennis, che però potrebbe riprendersi il primato al termine della cronosquadre di Sittard. Ancora una volta il migliore dei nostri è Giacomo Nizzolo, che non va oltre il 9° posto, mentre una caduta nel finale costringe al ritiro Tom Boonen.
Anche la quarta tappa dell’Eneco Tour, 201 km da Aalter a St-Pieters-Leeuw, si è conclusa allo sprint come era prevedibile alla vigilia, ma rispetto alle precedenti frazioni in linea di Bolsward e Ardooie si è assistito a una corsa decisamente più combattuta, complice un percorso leggermente più impegnativo che prevedeva diversi tratti in pavè e alcuni muri, comunque non paragonabili ai più duri che si affrontano al Giro delle Fiandre, tra i quali spiccavano quelli di Alsemberg e di Bruine Put, inseriti nel circuito finale di 32 km da ripetere tre volte. La prima fuga di giornata, che ha visto protagonisti Mark McNally (Wanty-Groupe), ancora in avanscoperta dopo essere stato ripreso solo sul rettilineo finale in quel di Ardooie, Bert Van Lerberghe (Topsport Vlaanderen) e il duo della Roompot-Oranje composto da Brian Van Goethem e Sjoerd Van Ginneken, è stata infatti annullata dal gruppo in coincidenza con il primo passaggio sotto la linea del traguardo, quando ancora alla conclusione mancavano 64 km. Da quel momento si sono susseguiti gli scatti: un primo tentativo di una ventina di corridori – tra i quali il leader della generale Rohan Dennis (Bmc), Edvald Boasson Hagen (Dimension Data) e il bresciano Matteo Bono (Lampre-Merida) – è stato tempestivamente rintuzzato dagli uomini della Tinkoff di Peter Sagan, mentre decisamente più spazio ha avuto l’azione della coppia dell’Astana Grivko – Gruzdev, che ha guadagnato una trentina di secondi e a lungo ha resistito non solo al ritorno del gruppo – nel quale diversi corridori e squadre si sono alternati all’inseguimento, anche se il grosso del lavoro è stato compiuto dal trentino Daniel Oss (Bmc) – ma anche a quello di due tra i più forti cronomen in circolazione, al di là della giornata no avuta da entrambi nella prova contro il tempo di Breda, Tom Dumoulin (Giant-Alpecin) e Tony Martin (Etixx-QuickStep), che si sono portati a ridosso dei due ex sovietici al comando ma poi hanno dovuto desistere e sono stati riassorbiti da un plotone dal quale, strada facendo, hanno perso contatto alcuni tra i velocisti meno avvezzi alle salite come Caleb Ewan (Orica-Bike Exchange) e Andrea Guardini (Astana), oltre a un’ulteriore cinquantina di atleti.
Sull’ultimo passaggio sul muro di Bruine Put, con Grivko e Gruzdev ormai prossimi a essere ripresi, è stato Jasper Stuyven (Trek-Segafredo) a provare a dare nuova linfa all’azione, riportandosi sui due uomini dell’Astana per poi tirare dritto ai -3 dal traguardo. Anche per il passista veloce belga non c’è stato nulla da fare e sono iniziate le grandi manovre in vista della volata, cui non ha preso parte Michael Matthews (Orica-Bike Exchange), che ha innescato una caduta di massa nella quale è stato coinvolto anche Tom Boonen (Etixx-QuickStep), poi costretto al ritiro. Davanti si sono portati Roy Curvers (Giant-Alpecin) e William Bonnet (Fdj), a sostegno dei rispettivi capitani John Degenkolb e Arnaud Démare che, però, hanno atteso qualche attimo di troppo prima di partire e ne hanno così approfittato Alexander Kristoff (Katusha), che è stato il primo a lanciarsi, e soprattutto il solito Sagan che, dopo aver impressionato ancora una volta per la facilità con cui ha risalito il gruppo senza l’apporto di alcun compagno di squadra e nonostante qualche spallata di troppo con Démare, ha saltato con facilità il norvegese ed è andato a cogliere il secondo successo consecutivo, il dodicesimo stagionale, malgrado il disperato tentativo di rimonta di André Greipel (Lotto-Soudal), la cui formazione ha, come spesso accaduto in questa stagione, sbagliato i tempi lasciandolo da solo quando ancora mancavano diverse centinaia di metri al traguardo. Sul gradino più basso del podio si è piazzato Kristoff davanti a Démare, a Dylan Groenewegen (Lotto NL-Jumbo) e a Degenkolb mentre Giacomo Nizzolo (Trek-Segafredo), un altro che in questo Eneco Tour non può contare su una squadra in grado di supportarlo al meglio negli ultimi metri, è stato nuovamente il migliore degli azzurri ma non è andato oltre il 9° posto.
Con i 10” di abbuono conquistati Sagan è balzato al comando della classifica generale mettendo importante fieno in cascina e, infatti, ora guida con 7” su Dennis, 12” su Jos Van Emden (Lotto NL-Jumbo), 20” su Grivko, risalito a sua volta dopo aver fatto incetta di abbuoni nei tre sprint intermedi presenti in rapida successione nel cosiddetto ”Chilometro d’Oro”, e 21” su Jasha Sütterlin (Movistar) e Martin Elmiger (Iam Cycling). Difficilmente il fuoriclasse slovacco potrà confermarsi in maglia biancorossa al termine della quinta tappa, una cronosquadre di 20,9 km con partenza e arrivo a Sittard, ma se la Tinkoff riuscirà a limitare i danni rispetto a Bmc, Lotto NL Jumbo e Movistar, che sembrano essere le compagini maggiormente attrezzate, ha tutte le carte in regola per riprendersi il primato nelle due frazioni conclusive, adattissime alle sue caratteristiche.
Marco Salonna
LA SAGA(N) DI PETER – CAPITOLO XLI: EUROPEO 2016
È una maglia che non potrà indossare quella di campione europeo perchè quella iridata ha la “prelazione” su tutte e Sagan mira, un mese più tardi, ha riconquistarla nel mondiale qatarino. Ma è comunque un prestigioso trofeo da conservare in bacheca, anche per il fatto che chi la vincerà avrà l’onore di inaugurare l’albo d’oro del campionato europeo di ciclismo su strada, gara già presente in calendario sin dal 1995 ma che solo dal 2016 viene aperta ai professionisti. E il campione slovacco non si fa trovare impreparato sul rettilineo in salita di Plumelec, dove svernicia il corridore di casa Julian Alaphilippe e lo spagnolo Daniel Moreno
E’ SAGAN IL PRIMO CAMPIONE EUROPEO
Lo slovacco campione del mondo in carica va a prendersi anche il primo titolo di campione europeo dello storia del ciclismo, precedendo nettamente Alaphilippe e Moreno in volata al termine di una corsa combattuta sino alla fine, con gli italiani, in particolare Moser e Villella, che hanno messo in scena belle azioni, purtroppo non andate a buon fine
La prima edizione dei campionati europei di ciclismo aperta ai professionisti (esclusi fin dall’edizione del debutto, disputata nel 1995) impone una riflessione su tale corsa. Sicuramente quella di istituire questa corsa è una buona idea, specialmente in chiave storica. Il ciclismo è stato, infatti, per la maggior parte della sua storia uno sport prettamente europeo, con i soli Stati Uniti e Colombia che sono riusciti a portare nelle corse più importanti uomini di un certo spessore. Al giorno d’oggi, tuttavia, la situazione volge verso un cambiamento. Se, infatti, sono sempre gli atleti europei quelli numericamente più presenti nelle grandi corse, è pur vero che sempre più frequentemente si affacciano sulla scena corridori dei vari continenti.
A questo aspetto positivo ne fanno fronte due negativi, che caratterizzano però questa edizione e sono quindi suscettibili di miglioramenti.
In primo luogo, è infelice la collocazione in calendario di questa particolare edizione, posta a ridosso dei mondiali e non troppo lontana dal termine della Vuelta. I partecipanti sono stati così costretti a scegliere tra europei e mondiali, senza contare quei corridori che non hanno ancora smaltito le fatiche di una corsa a tappe di tre settimane come quella spagnola. Ovviamente non c’è confronto di importanza tra europei e mondiali e sono i primi a pagarne le spese, con una partecipazione inferiore a quella che potrebbe registrare una corsa del genere collocata meglio in calendario. Va, però, detto che finora i campionati europei si correvano a luglio, in concomitanza con il Tour, o talvolta ad agosto e la collocazione settembrina dell’edizione 2016, la prima aperta ai professionisti, è stata stabilita anche per non scontrarsi con le Olimpiadi, che hanno provocato lo “slittamento” di altre corse, come l’Eneco Tour, che prenderà il via domani, con un mese di ritardo rispetto alla data tradizionale.
L’altro aspetto negativo è il percorso, un circuito di 14 chilometri, da ripetere 17 volte, privo di difficoltà altimetriche sostanziali, se si eccetta la salita che conduceva al traguardo, la Côte de Cadoudal (1,7 Km al 6,2%), affrontata in diverse occasioni anche al Tour de France. Come spesso succede anche in occasione dei campionati del mondo, quello proposto è risultato un percorso troppo facile perché i corridori talentuosi negli attacchi possano offrire un numero degno di una competizione che aspira ad un certo livello.
Nonostante il nome altisonante del vincitore e i tentativi che pure ci sono stati, la corsa alla fine è arrivata allo sprint. Ciò non significa comunque che i corridori non abbiano cercato di interpretare al meglio un circuito che non offriva particolari spunti interessanti.
Dopo 6 chilometri di corsa si forma la fuga che caratterizzerà gran parte della prova e nella quale entrano Bert – Jan Lindeman (Paesi Bassi), Pirmin Lang (Svizzera), Andrii Bratashchuk (Ucraina) e Risto Raid (Estonia). Il gruppo prosegue sornione, lasciando che i battistrada si allontanino concedendo loro un vantaggio massimo di oltre 11 minuti. Sono Italia, Belgio e Francia ad imporre una accelerazione in gruppo che comincia ad erodere poco alla volta il vantaggio dei fuggitivi.
A cinque giri dalla fine, provano a lanciarsi al contrattacco Alexandre Geniez (Francia), Enrico Gasparotto (Italia), Jelle Vanendert (Belgio), David De La Cruz (Spagna), Emanuel Buchmann (Germania), Łukasz Owsian (Polonia) e Tobias Ludvigsson (Svezia) ma senza trovare la necessaria collaborazione, così che il gruppo non tarda a riportarsi su di loro.
Meglio strutturata è l’azione che va in scena nel giro successivo, composta da Karol Domagalski (Polonia), Sergey Lagutin (Russia), Jan Polanc (Slovenia), Redi Halilaj (Albania), Nicolas Edet, Cyril Gautier (Francia), Ben Hermans, Jelle Vanendert (Belgio), Davide Villella, Fabio Aru (Italia), Sam Oomen (Paesi Bassi), Fabian Lienhard (Svizzera), Karel Hnik (Rep. Ceca), Simon Geschke (Germania), Peeter Pruus (Estonia), David De La Cruz, Omar Fraile (Spagna) e Sergio Paulinho (Portogallo). Questo gruppo riesce a guadagnare sino a 1′30 su quello inseguitore ma anche costoro faticano a trovare la giusta tabella di marcia e vengono ripresi, mentre i battistrada vedono il loro vantaggio ridursi a soli 30 secondi che, a seguito di un nuovo cambio di ritmo del gruppo, si polverizzano in men che non si dica.
Nel corso della discesa dalla Côte de Cadoudal finiscono a terra Gianni Moscon (Italia), Alexandre Geniez (Francia) e Rubén Fernández (Spagna); la confusione che ne segue favorisce il formarsi di un drappello al comando formato da Philippe Gilbert, Tiesj Benoot, Ben Hermans (Belgio), Moreno Moser, Giovanni Visconti, Fabio Aru (Italia), Paul Martens, Paul Voss (Germania), Cyril Gautier (Francia), Diego Rubio (Spagna), Huub Duyn, Sam Oomen (Paesi Bassi), Mathias Frank, Sébastien Reichenbach (Svizzera), Karol Domagalski (Polonia), Matija Kvasina (Croazia) e Sergey Lagutin (Russia). L’italia ha tre ottimi elementi davanti, ma dietro sono Portogallo e Slovacchia, che non hanno uomini in fuga, a tirare; anche Francia e Spagna, che hanno un solo uomo davanti, decidono di dare una mano nell’inseguimento, che ha termine all’inizio dell’ultima tornata, ma Moser tenta nuovamente l’attacco, stavolta da solo. Il tentino riesce a guadagnare un vantaggio di una trentina di secondi che sembra restare stabile, finché non è Peter Sagan in prima persona ad imporre un cambio di ritmo al gruppo e, nel tratto più duro della salita finale, il gruppo piomba su Moser. Gli uomini di Cassani, però, non mollano ed è Villella a provare la stoccata vincente, ma anch’egli si vede ripreso a soli 400 metri dall’arrivo. La volata non ha offerto alcuna emozione dato che Sagan si è imposto sugli avversari con una facilità disarmante. Pronostico rispettato, dunque.
L’italia, nonostante non abbia raccolto molto, si è mossa bene, in tutte le azioni pericolose gli uomini di Cassani sono stati presenti e, nel finale, sono stati in due a provarci con l’azione di Moser, che è stata davvero pregevole.
Benedetto Ciccarone
LA SAGA(N) DI PETER – CAPITOLO XL: QUÉBEC 2016
Non c’è solo il bis al Mondiale nei programmi stagionali di Peter Sagan. Il 2016 è, infatti, anche l’anno del primo campionato europeo e lo slovacco ha messo nel mirino anche questo obiettivo, scegliendo un strada diversa rispetto a quella percorsa l’anno prima, quando aveva deciso di correre la Vuelta dopo il Tour. L’esperienza spagnola nel 2015 si era conclusa, però, con una brutta caduta dopo pochi giorni e così stavolta preferisce non correre rischi, optando per un paio di corse in linea oltreoceano, che di solito gli hanno sempre portato bene. È andrà così anche stavolta, con Sagan che va a cogliere la vittoria in Canada al Grand Prix Cycliste de Quebec
CHE BEL SAGAN IN QUÉBEC. PETER VINCE IN CANADA CON CLASSE E POTENZA
Peter Sagan (Team Tinkoff) ritorna al ciclismo su strada dopo la partecipazione alla gara olimpica della mountain-bike e sfodera una bella vittoria nel Grand Prix Cycliste de Québec battendo in una volata ristretta Greg Van Avermaet (Team BMC) e Anthony Roux (Team FDJ.fr). Da segnalare le buone prove di Matteo Trentin (Team Etixx) e Gianni Moscon (Team SKY) che hanno provato ad animare gli ultimi chilometri di corsa, caratterizzata da una fuga inizialle di 8 ciclisti, tra cui Valerio Agnoli (Team Astana), e da molti attacchi negli ultimi 40 km. Domenica si attende il bis a Montréal.
Giunto alla sua sesta edizione, il Grand Prix Cycliste de Québec, insieme al GP di Montréal che si correrà domenica, rappresenta uno dei più prestigiosi appuntamenti del calendario World Tour. Nonostante il contemporaneo svolgimento del Giro di Spagna e del Tour of Britain, i nomi alla partenza delle corse canadesi sono di tutto rispetto e non mancheranno sicuramente di suscitare interesse tra gli appassionati d’oltreoceano. Il percorso resta immutato rispetto agli scorsi anni, con il circuito della città vecchia di Québec, lungo 12,6 kmm da ripetere 16 volte per un totale di 201,6 km. Tre le asperità principali, brevi ma insidiose e tutte concentrate negli ultimi 4 km: la Côte de la Montagne, la Côte de la Potasse e la Montée de la Fabrique. In costante ascesa anche l’ultimo chilometro sulla Grande Allée, dove i ciclisti dovranno impegnarsi nello sforzo finale, tra finisseurs e velocisti, che rende la corsa canadese incerta fino all’ultimo – e ricordiamo proprio l’ultima edizione del 2015 dove Rigoberto Urán scattò proprio all’inizio dell’ultimo chilometro e riuscì a mantenere un vantaggio risicato ma decisivo sul gruppo, regolato da Michael Matthews. Due nomi, questi ultimi, presenti anche al via dell’edizione 2016 insieme, tra gli altri, al campione del mondo su strada Peter Sagan ed al campione olimpico Greg Avermaet. Dopo la partenza si formava una fuga composta da sei ciclisti – Lars Bak (Lotto Soudal), Maxim Belkov (Katusha), Valerio Agnoli (Astana), Twan Castelijns (Lotto NL Jumbo), Matt Brammeier (Dimension Data) e Alexandre Pichot (Direct Énergie) – ben presto raggiunti da Jan Bárta (Bora Argon 18) e Nicolas Masbourian (Silber Pro Cycling). Alla fine del primo giro la testa della corsa aveva circa un minuto e mezzo di vantaggio. Al termine del secondo giro il vantaggio della fuga era aumentato a 4 minuti e mezzo mentre nel gruppo inseguitore ci si iniziava a organizzare per l’inseguimento, per evitare che il vantaggio della fuga si dilatasse troppo. Tra le squadre maggiormente impegnate si segnalavano l’Orica BikeExchange e la Etixx. La corsa viveva una fase di stanca nei successivi tre giri, con il vantaggio della fuga che si assestava intorno a 4 minuti e mezzo. Al termine del settimo giro il vantaggio della fuga era sceso sotto i 4 minuti, sintomo che il gruppo stava pian piano recuperando. Alla fine dell’ottava tornata, quindi a metà corsa, il gruppo aveva ancora recuperato qualcosa alla fuga che adesso conduceva con un vantaggio di 3 minuti e mezzo. Il gruppo era ormai in progressiva rimonta e dopo 10 giri il vantaggio della fuga era di soli 2 minuti e mezzo. L’andatura del gruppo si alzava decisamente e Peter Sagan si faceva notare per essere nelle retrovie del gruppo, proprio lui che dopo l’esperienza della prova olimpica in mountain bike era tornato a gareggiare su strada soltanto poco giorna fa in Francia, nella Bretagne Classic, corsa che lo aveva visto ritirato. Davanti la fuga si spezzettava e Lars Bak restava il solo a crederci fino in fondo, mantenendo un vantaggio inferiore al minuto quando ancora mancavano circa 45 km all’arrivo. Bak veniva ripreso a poco meno di 40 km dal traguardo da Julian Alaphilippe (Team Etixx) e Luke Rowe (Team SKY), che provavano ad andarsene e tagliavano la linea del 13° giro con 40 secondi di vantaggio sul gruppo. Alaphilippe si avvantaggiava su Rowe lungo la terzultima ascesa verso la Côte de la Montagne, ma il gruppo non lasciava spazio e raggiungeva il francese ai meno 28. Il gruppo iniziava il penultimo giro molto sfilacciato, con l’impressione che non ci fosse una squadra di riferimento che riuscisse a tenere chiusa la corsa. Si formava in testa un gruppo costituito da una quindicina di ciclisti, fra i quali si segnalava la presenza di Fabio Aru (Team Astana). L’azione di questo drappello non sembrava, però, molto convinta e infatti il gruppo annullava anche quest’altro tentativo. Matej Mohoric (Team Lampre) era l’ultimo ciclista ad essere ripreso ai meno 15, quandio Sagan si faceva vedere per la prima volta nelle prime posizioni del gruppo. Ai meno 14 km dall’arrivo Paul Voss (Team Bora 18) provava un altro attacco e iniziava l’ultimo giro con circa 20 secondi di vantaggio. Il tedesco veniva raggiunto ai meno 10 da Oliver Naesen (Team IAM Cycling), recente vincitore della Classica di Amburgo. Il generoso tentativo del belga si esauriva a meno 3 km e mezzo dalla linea bianca. Alaphilippe riprovava l’attacco sulla Côte de la Montagne, a meno 3 km dall’arrivo, trainando con sé il compagno Matteo Trentin e Gianni Moscon (Team SKY). Ma il gruppo anche stavolta riprendeva quest’ennesimo tentativo di attacco; provava quindi, a un chilometro dall’arrivo, Rigoberto Urán, tentando un “remake” della scorsa edizione. Questa volta, però, il colombiano non riusciva a imprimere la necessaria potenza per imporsi sugli avversari; infatti, era proprio Peter Sagan che si involava ai meno 200 metri con uno scatto repentino, che univa classe e potenza. Il campione del mondo vinceva così abbastanza nettamente, precedendo Greg Van Avermaet (Team SKY) e Anthony Roux (Team FDJ.fr). Da segnalare positivamente il quarto posto di Alberto Bettiol (Team Garmin Cannondale) mentre chiudeva la top five Michael Matthews (Team Orica BikeExchange). Nella top ten si piazza anche Diego Ulissi (Team Lampre Merida), classificatosi 7°. Il week end in Canada prosegue domenica con il GP de Montréal, corsa che vedrà ai nastri di partenza le stesse squadre e, per grandi linee, gli stessi protagonisti del GP de Québec.
Giuseppe Scarfone
LA SAGA(N) DI PETER – CAPITOLO XXXIX: TOUR DE FRANCE 2016
Dopo il magro bottino al Tour dell’anno precedente, nel quale si era imposto “solo” nella classifica a punti dopo un’infinita sequela di piazzamenti, Peter Sagan torna alla vittoria sulle strade della Grande Boucle, dimostrando ancora di esser riuscito ancora a spezzare, almeno per questa stagione, la maledizione della maglia iridata. Alla fine porterà a casa tre vittorie di tappe oltre alla maglia verde, sua per il quinto anno consecutivo.
2a TAPPA: SAINT-LÔ – CHERBOURG-EN-COTENTIN
TINKOFF, INFERNO E PARADISO: CONTADOR CROLLA, A SAGAN TAPPA E MAGLIA
Giornata in chiaroscuro per la corazzata russa, protagonista assoluta nel bene e nel male: Sagan spezza il digiuno e torna a vincere al Tour dopo tre anni, conquistando anche la maglia gialla; Contador cade di nuovo, sulla spalla già ammaccata ieri, e paga negli ultimi 3 km, cedendo 48’’ ai migliori. Ancor più pesante il passivo di Porte, che perde 1’45’’ a causa di una foratura. In lieve ritardo (11’’) anche Nibali e Pinot.
Dopo un digiuno durato 57 tappe, dove vittorie annunciate sono sfumate in ogni modo immaginabile, è stato lo strappo verso Cherbourg-en-Cotentin a riportare Peter Sagan al successo sulle strade del Tour de France, con annessa prima maglia gialla in carriera. Una giornata perfetta macchiata soltanto dalla mancata soddisfazione dell’alzata di braccia sul traguardo. Non perché esistessero dubbi sull’esito dello sprint, nel quale Sagan, facendo tesoro della sconfitta di ieri, ha saggiamente atteso che fosse Alaphilippe ad uscire dalla sua ruota e a prendere l’iniziativa, per poi incollarsi al francese e saltarlo negli ultimi 50 metri; bensì perché, nella confusione degli ultimi chilometri, il campione del mondo non si era reso conto che tutti i fuggitivi della prima ora erano stati riassorbiti, ed era convinto di lottare per la terza piazza.
Un dubbio in realtà più che legittimo, poiché per molti chilometri si è creduto che l’azione di Paul Voss – già all’attacco ieri e in cerca di punti per conservare la maglia a pois –, Vegard Breen, Cesare Benedetti e Jasper Stuyven fosse destinata al successo. Il gruppo ha infatti aspettato i 50 km all’arrivo per avviare un inseguimento convinto, quando i battistrada potevano gestire ancora quasi 6 minuti, su un terreno nervoso e tortuoso. Ci sono voluti quasi 30 km per dimezzare quel margine, e in cima allo strappo di Octeville, a meno di 8 km dal traguardo, Stuyven, sbarazzatosi nel frattempo dei compagni di viaggio, vantava ancora 90 secondi circa.
Tinkoff, BMC, Etixx e Lotto-Soudal, su tutte, hanno contribuito a rimettere in gioco le sorti della tappa, che ai piedi della Côte de La Glacerie, a 3 km e spiccioli dal termine, sembravano comunque ancora pendere dalla parte del leader, in vantaggio di un minuto abbondante.
L’azione di Stuyven, però, si è arenata sul più bello, e in vetta, a 1400 metri dal traguardo, il forcing di Roman Kreuziger aveva ridotto il divario a poche decine di metri, colmate nel breve tratto di lieve discesa precedente l’ultima rampa di 700 metri.
Nessuno – tralasciando un timido allungo sulla Glacerie di Slagter, forse intenzionato soltanto ad alzare il ritmo e lasciato solo dall’affanno di chi gli era a ruota – ha provato ad anticipare la volata, e così è stata questione fra i soliti sospetti. Alaphilippe è stato il primo a lanciare lo sprint, Sagan lo ha marcato e saltato, relegandolo alla piazza d’onore; Valverde, che in finali del genere sospettiamo possa essere competitivo fino a 55 anni e con una gamba sola, ha completato il podio; Daniel Martin, che avrebbe avuto forse bisogno di salite un po’ più esigenti per esprimersi al meglio, ha chiuso quarto; Matthews, per il quale vale il discorso opposto, si è dovuto accontentare del quinto.
Malgrado il bottino pieno di Sagan, dubitiamo che in casa Tinkoff sarà festa grande questa sera; perché se il grande vincitore di giornata è lo slovacco, il grande sconfitto è Alberto Contador. Dopo la caduta di ieri, lo spagnolo ha bissato oggi, finendo a terra e battendo la stessa spalla ammaccata ventiquattro ore fa quando all’arrivo mancavano 122 km, in un tratto dove il gruppo viaggiava fortunatamente ad andatura contenuta.
Il massiccio lavoro profuso dalla Tinkoff aveva autorizzato ad ipotizzare che il madrileno fosse in condizioni almeno discrete; invece, subito dopo la volata, la regia francese ha mostrato la mesta immagine di un Contador in evidente difficoltà, scortato dai pochi compagni che non erano rimasti al fianco di Sagan e non avevano perso contatto in precedenza. Il ritardo di 48’’, se maturato in altre circostanze, non comprometterebbe nulla in chiave successo finale, ma la chiara sofferenza fisica fa pensare che servirà un recupero prodigioso per evitare di salutare ogni ambizione di maglia gialla già mercoledì, sul Massiccio Centrale.
Il campione di Pinto non è il solo a vedere crollare le proprie quotazioni dopo la tappa di oggi: peggio ancora – almeno a livello cronometrico – è andata infatti a Richie Porte, vittima di una foratura a 5 km e mezzo dall’arrivo e incredibilmente abbandonato a se stesso dalla BMC, che sembra dunque aver già compiuto la propria scelta fra il tasmaniano e Van Garderen.
Undici secondi li hanno lasciati per strada anche Nibali, forse più sincero di quanto si sperasse circa le due modeste ambizioni per questo Tour, e Pinot, più a sorpresa. Per loro vale un discorso analogo a quello fatto per Contador: il distacco cronometrico è di per sé quasi irrilevante, ma una conferma della tendenza mercoledì potrebbe già significare una prematura uscita dai piani alti della classifica.
Matteo Novarini
11a TAPPA: CARCASSONNE – MONTPELLIER
FROOME COME CONTADOR NEL 2013, GUADAGNA SECONDI CON I VENTAGLI
Christopher Froome, che nel 2013 si vide infliggere un minuto da un Contador non al meglio in una tappa pianeggiante a causa dei ventagli formatisi sul tracciato, ha evidentemente imparato la lezione ed oggi ha sfruttato la situazione e, grazie alla sua potenza, è riuscito ad andarsene a 11 Km dall’arrivo, rifilando 5 secondi (più l’abbuono del secondo posto) a tutti i suoi avversari per la vittoria che, a questo punto, hanno peccato anche di disattenzione, anche se comincia a farsi strada l’idea di una superiorità del britannico un po’ su tutti i terreni. Sagan vince la tappa e tenta di tenere Oleg Tinkoff nel mondo del ciclismo.
Nella nostra rubrica “Anteprima Tour” si era detto che la tappa di oggi sarebbe finita in volata e che l’unico elemento che avrebbe potuto scongiurare un similare esito sarebbe stato il vento.
In effetti, è stato proprio il vento che ha dato sale alla tappa, sia durante le fasi centrali della frazione sia nel finale che ha visto il leader della generale andarsene con il campione del mondo ed un compagno di squadra per ciascuno. Il bottino per il keniano bianco, alla fine, non è stato particolarmente succulento dal punto di vista strettamente cronometrico, tuttavia il colpo psicologico agli avversari non è da poco. Dopo quello messo a segno da Froome nella discesa del Peyresourde, di per sé non particolarmente tecnica, il numero di oggi ha un altro significato.
Fermo restando che un uomo di classifica al Tour di France non può e non deve farsi sorprendere come hanno fatto Quintana e compagnia nella discesa pirenaica, oggi non c’è più neppure la scusa di un qualcosa di inaspettato. Si è capito che Froome ha in animo di sfruttare tutte le occasioni che si presentano per guadagnare secondi e, visto quanto il britannico aveva imparato a proprio spese nel 2013, ci si poteva aspettare grande attenzione da parte sua. In un Tour de France che Froome aveva saldamente in mano Alberto Contador, in stato di forma non ottimale, riuscì a staccare con la squadra il keniano bianco in una tappa di pianura, proprio sfruttando un ventaglio. Era quindi ovvio che, in questo Tour, che Froome ha preparato meticolosamente e che ha dimostrato di correre con molta attenzione, il britannico non solo non si sarebbe fatto sorprendere una seconda volta, ma avrebbe anche tentato di guadagnare sui diretti avversari, qualora se ne fosse presentata l’occasione. Gli avversari di Froome, invece, si sono fatti mettere nel sacco un’altra volta, con la maglia gialla che, pian pianino, si presenta alla vigilia della tappa sulla carta a lui più favorevole con un vantaggio che comincia ad avere una certa consistenza, soprattutto se si pensa che, nei piani alti della classifica, non ci sono uomini in grado di impensierirlo più di tanto a cronometro.
La corsa di oggi è stata caratterizzata, sin dall’inizio, dal vento che, fino ad un certo punto, ha spirato in senso favorevole alla marcia dei corridori con conseguenti velocità molto alte.
La fuga di giornata, composta da Arthur Vichot (FDJ) e Leigh Howard (IAM Cycling), non decolla dato che il vantaggio massimo si attesta sui 4 minuti ed il ricongiungimento con il gruppo avviene a 50 Km dalla conclusione.
Dietro, tuttavia, è una battaglia continua per tenere le posizioni di testa, cosa che causa anche numerose cadute che coinvolgono anche nomi illustri, come quelli di Thibaut Pinot e Luis Leon Sanchez.
Negli ultimi 80 Km il vento si fa laterale e questo, oltre a provocare il rapido dissolversi del vantaggio dei fuggitivi, comincia a favorire la formazione dei temuti e pericolosi ventagli con la Tinkoff e la Sky molto attente davanti.
A 13 chilometri dall’arrivo scatta l’azione decisiva, con il campione del mondo che rompe gli indugi e se ne va, affilandosi al compagno di squadra Maciej Bodnar che si produce in un’accelerazione impressionante. A quel punto, Froome decide di riportarsi sullo slovacco utilizzando lo stesso metodo, ovvero l’aiuto del compagno di squadra Geraint Thomas che ha buone doti di potenza. Gli altri leader del gruppo restano sorpresi da quest’azione e perdono il momento buono per affilarsi. La squadra dei velocisti mettono in scena l’ultimo disperato tentativo di chiudere, ma ormai è troppo tardi. Joaquim Rodriguez (Katusha) e Louis Meintjes (Lampre – Merida) restano addirittura attardati in un gruppetto che arriverà al traguardo con un ritardo superiore al minuto.
Al traguardo nessuno osa disputare uno sprint contro Peter Sagan che va a vincere senza problemi con Froome a ruota che incassa l’abbuono del secondo posto, mentre il gruppo piomba sul traguardo 6 secondi più tardi.
Come si era già detto, il vantaggio, in termini cronometrici, non è stato granché, ma gli avversari potrebbero accusare il colpo e l’idea che battere il britannico sia impossibile potrebbe cominciare a farsi pericolosamente strada.
Purtroppo è notizia dell’ultima ora, anche se il sentore era nell’aria sin dal primo pomeriggio, che domani a causa del forte vento non si potrà salire sul Ventoux. Dopo che folate fino a 100 Km/h avevano ribaltate le transenne già allestite sul “Gigante della Provenza” e che le previsioni meteo per la giornata di domani non lasciavano illusioni di miglioramento, a malincuore gli organizzatori hanno annunciato in serata che il traguardo sarà collocato a Chalet Reynard, salvando almeno i primi 9 Km dell’ascesa, comunque impegnativi perchè dotati di una pendenza media superiore al 9%, decisamente più nutrita di quella della salita affrontata domenica scorsa ad Arcalis
Benedetto Ciccarone
18a TAPPA: MOIRAINS-EN-MONTAGNE – BERNA
SAGAN TERZO CENTRO. ED ORA CHE FARA’ OLEG TINKOFF?
In un arrivo particolarmente adatto alle sue caratteristiche, Sagan riesce a vincere per un nonnulla su Kristoff allo sprint, mentre nel finale il gruppo si spezza in diversi tronconi. Nulla da fare per la fuga di giornata tutta Etixx e per il successivo tentativo di Rui Costa. Allo sprint si rivede davanti anche Degenkolb.
Oleg Tinkoff, dopo la prima vittoria di Sagan, aveva annunciato che avrebbe ritirato il proprio addio al ciclismo in caso di ulteriori due vittorie di Sagan.
Lo slovacco ha accontentato il patron, conquistando oggi la sua terza tappa a questo Tour de France. Oggi lo sprint è stato veramente all’ultimo sangue con Alexander Kristoff, anch’egli adatto a questo tipo di arrivi. Inizialmente, dall’inquadratura, sembrava avesse vinto Kristoff, come anche l’esultanza del norvegese sembrava suggerire. E’ necessario il fotofinish per chiarire, senza equivoci, la vittoria dello slovacco, bravissimo a trovare ik colpo di reni al momento giusto.
La fuga di giornata è stata inscenata da una coppia Etixx, composta da Tony Martin e Julian Alaphilippe. Molti altri tentano di agganciare questo treno, ma la velocità che Tony Martin è in grado di sviluppare sul passo rende impossibile a tutti il rientro. Il gruppo, in effetti, dovrà sudare sette camice per riuscire a chiudere, cosa che è resa palese dall’estremo allungamento del plotone in fila indiana nelle fasi più concitate dell’inseguimento. Lo stesso Alaphilippe avrà non poche difficoltà stare insieme al compagno di squadra, impegnato a menare a tutta.
Dopo i tentativi falliti di singoli corridori di portarsi sui due di testa, ci provano in quattro – Timo Roosen (LottoNL-Jumbo), Lawson Craddock (Cannondale), Vegard Breen (Fortuneo-Vital Concept) e Nicolas Edet (Cofidis) – e per diversi chilometri la corsa resta divisa in tre, con i due di testa che non si fanno riprendere dal quartetto che, dopo essere riuscito ad erodere il distacco sino a 2 minuti, sono costretti pian piano a cedere fino ad essere riassorbiti dal gruppo che progressivamente alza la velocità, sgretolando il vantaggio della coppia di testa. Tutto ciò avviene con notevole fatica di coloro che tirano in testa al gruppo perché Tony Martin, con le sue straordinarie doti di passista, è uomo non facile da andare a riprendere. In ogni caso, lodi ai due fuggitivi che, dopo essere stati ripresi a ventidue chilometri dalla conclusione, si incaricano di cercare, purtroppo per loro invano, di riportare in gruppo Kittel che aveva perso contatto sulle facili rampe dell’unico GPM in programma nella frazione odierna. Martin e Alaphilippe si possono consolare con il premio riservato al più combattivo di giornata ed eccezionalmente assegnato ad entrambi-
Ai meno venti è lodevole anche il tentativo dell’ex campione del mondo Rui Costa, che riesce a staccare il gruppo ed a mantenere a lungo un vantaggio nell’ordine dei 10/15 secondi fino ad essere ripreso a 4 chilometri dalla conclusione. L’attacco era davvero difficile da portare all’arrivo perché composto da un uomo solo, partito da molto distante e con l’intero gruppo dietro a tirare; in ogni caso Rui Costa ha dimostrato coraggio, inscenando un tentativo davvero pregevole che ha costretto il gruppo ad andare a tutta per chiudere.
Dopo il tramonto del tentativo di Rui Costa, c’è bagarre per prendere in testa lo strappetto che termina a 1 Km dalla conclusione ed è proprio in questa fase che il gruppo si spezza in diversi tronconi, con gli uomini di classifica comunque davanti. Sagan resta per tutto lo strappo nelle prime posizioni, ma il primo a lanciare lo sprint è addirittura Alejandro Valverde, sul quale parte in contropiede Kristoff che rimane in vantaggio fino a pochissimo prima della linea del traguardo, venendo superato dal campione del mondo con un colpo di reni. Ora si aspetta l’annuncio ufficiale di Oleg Tinkoff. Domani giorno di riposo alla vigilia del finale sulle Alpi. Già mercoledì è prevista la tappa con arrivo a Finhaut Emosson, con la Forclaz a rendere il finale un invito agli attacchi che si spera finalmente di riuscire a vedere tra i big.
Benedetto Ciccarone