Saturday, May 03, 2025

A SAPPADA E’ IL GIORNO DI VENDRAME. SPLENDIDO TRIONFO IN SOLITARIA DEL VENETO. CLASSIFICA IMMUTATA

A Sappada è il giorno di Andrea Vendrame. Il veneto della Decathlon-Ag2r La Mondiale ha vinto in solitaria la 19a tappa del Giro d’Italia staccando i compagni di fuga a 30 km dall’arrivo. Per il ragazzo di Conegliano è il secondo successo al Giro dopo quello ottenuto nel 2021. Alle sue spalle, staccato di 54″ Pelayo Sanchez (Movistar Team), già vincitore della tappa dei sterrati, che nel finale ha anticipato Georg Steinhauser (EF Education-EasyPost), a sua volta primo sul Passo Brocon due giorni fa. No contest tra i big della classifica che resta completamente immutata alla vigilia dell’ultima frazione di montagna, quella del doppio passaggio sul Monte Grappa. Unico sussulto la caduta a 6 km dall’arrivo che ha visto come protagonista un Geraint Thomas (Ineos Grenadiers) piuttosto distratto.

La terzultima tappa della corsa rappresentava sulla carta una ghiotta occasione per i cacciatori di tappe. I 157 km che portavano la carovana rosa da Mortegliana a Sappada erano infatti particolarmente adatti a chi aveva intenzione di giocarsi le sue chance inserendosi nella fuga di giornata. I primi 85 km erano sostanzialmente piatti, mentre il finale era reso più complicato da serie di salite non eccessivamente difficili. La prima ascesa, non classificata come gpm, era quella della Rosa dei Venti (6,2 km al 4,8%) al km 92. Quindi, dopo l’intergiro di Paularo (km 100), iniziava il Passo Duron (6,9 km al 5,8%) la cui cima era posta al km 105. La successiva discesa portava allo sprint intermedio di Cercivento (km 113) posto ai piedi della Sella Valcalda (8,9 km al 3,7%) che terminava ai -36. Al termine della relativa discesa aveva inizio un lugo tratto di leggera salita alternata a qualche breve contropendenza che accompagnava i corridori ai piedi dell’ultima salita di giornata, quella di Cima Sappada caratterizzata dagli ultimi 2,8 km all’8.5% e posta ad appena 7 km dal traguardo.

La corsa si è accesa sin dai primi km in particolare per merito delle aziondi di Edoardo Affini (Visma | Lease a Bike) e Ryan Mullen (Bora-Hansgrohe). Nel giro di pochi chilometri si è formato un drappello di 10 uomini, che oltre ai due già citati comprendeva Magnus Sheffield (Ineos Grenadiers), Simone Velasco (Astana Qazaqstan Team), Andrea Vendrame (Decathlon Ag2r La Mondiale Team), Andrea Piccolo (EF Education-EasyPost), Daan Hoole (Lidl-Trek), Lorenzo Milesi (Movistar), Giovanni Lonardi (Team Polti Kometa)e Attila Valter (Visma | Lease A Bike). Dietro però vi erano diverse squadre, e tra queste l’Alpecin-Deceuninck, la Soudal-Quick Step e la Bahrain-Victorius, rimaste fuori dal tentativo e che volevano a tutti i costi giocarsi la tappa. Di conseguenza il gruppo non ha concesso spazio ai 10 battistrada che sono stati poi ripresi introno al km 30.
Come logica conseguenza, è immediatamente partita una nuova azione, promossa stavolta dall’indomabile Julian Alaphilippe (Soudal-QuickStep) a cui si sono rapidamente aggiunti Jhonatan Narváez (Ineos Grenadiers), Quinten Hermans (Alpecin-Deceuninck), Andrea Vendrame (Decathlon Ag2r La Mondiale Team) e Pelayo Sánchez (Movistar Team). Una manciata di chilometri dopo al quintetto si è aggiunto anche Luke Plapp (Team Jayco AlUla). La bagarre in testa al gruppo non era però destinata a spegnersi, in particolare grazie all’attivismo degli uomini Lidl-Trek che ha lanciato al contrattacco la coppia formata da Jasper Stuyven ed Edward Theuns. I due fiamminghi, in compagnia di Enzo Paleni (Groupama-FDJ) e Mattia Bais (Team Polti-Kometa) sono rietrati sulla testa della corsa ai -98, dopo il traguardo volante di Peonis. Di lì a poco dal gruppo è evaso un altro drappello che comprendeva 9 corridori: Mikkel Frølich Honoré e Michael Valgren (EF Education-EasyPost), Alessandro De Marchi (Team Jayco AlUla), Jan Tratnik e Tim van Dijke (Visma | Lease A Bike) e Manuele Tarozzi (VF Group – Bardiani CSF – Faizanè), oltre a Simone Velasco (Astana Qazaqstan), Dries De Pooter (Intermarché-Wanty) e Georg Steinhauser (EF Education-EasyPost). Tale gruppetto è finalmente rientrato sui battistrada ai -80, andando dunque a comporre ul folto drappello di testa formato da ben 19 corridori. Alle loro spalle si era mosso ormai tardivamente Alessandro Verre (Arkea-B&B Hotels), poi rimasto a lungo nella terra di mezzo prima di essere ripreso dal plotone.

A quel punto il gruppo ha visibilmente rallentato, tanto che ai -75 il gap dei fuggitivi era già lievitato oltre i 6 minuti, chiaro segnale del fatto che a giocarsi la tappa sarebbero stati i fuggitivi che hanno proseguito di comune accordo fino all’intergiro di Paularo (-57) vinto da Tarozzi. Proprio a Paularo iniziavano le prime rampe del Passo Duron, lungo le quali è arrivata l’accelerazione di Alaphilippe a cui hanno subito risposto Steinhauser, Narvaez e Tarozzi che però ha perso le ruote degli altri tre quando mancavano 3 km alla vetta. Per contro lungo la parte finale della salita sono rientrati sui 3 battistrada prima Pelayo Sanchez e poi Quinten Hermans, mentre poco dopo lo scollinamento è stata la volta di Vendrame. Tarozzi, ormai staccato è stato invece raggiunto nel corso della discesa da Velasco, Valgren, Plapp, Bais e Tratnik. Il nuovo sestetto di testa è così transitato all’ultimo sprint intermedio, quello di Cercivento, con 35″ sui 6 immediati inseguitori, mentre il gruppo era nel frattempo naufragato a 11′20″ dai battistrada.
Lungo la Sella Valcalda, Alaphilippe ha nuovamente accelerato portando con se ancora Narvaez, Steinhauser e Sanchez, mentre Vendrame ed Hermans hanno proceduto del loro passo venendo poi raggiunti da Luke Plapp. I due drappelli si sono però ricongiunti in prossimità del gpm.

L’attacco decisivo è così arrivato lungo la successiva discesa, resa pericolosa dalla pioggia: Vendrame ha deciso di assumersi qualche rischio, guadangando una decina di secondi su Alaphilippe e Narvaez e una ventina su Steinhauser, Plapp, Sanchez e Hermans. Questi ultimi sono rientrati sul francese e sull’ecuadoriano al termine della discesa, ma è stato subito evidente che non ci fosse un accordo sufficiente per organizzare l’inseguimento al corridore della Decathlon che ha così continuato a guadagnare secondi su secondi. Ai -20 il vantaggio del corridore di Conegliano aveva già raggiunto i 40 secondi, mentre ai piedi dell’ultima salita il gap era lievitato ad 1′10″. Vendrame ha così potuto gestire con relativa calma l’ampio vantaggio accumulato, mentre dietro Steinhauser staccava gli altri compagni di fuga prima di venire ripreso da Sanchez ad un km dello scollinamento. Lo spagnolo ha poi staccato il tedesco, ma a quel punto era ormai impossibile riprendere lo scatenato Vendrame che poteva vantarea ancora circa 1′ di vantaggio.
Il veneto, visibilmente commosso, ha tagliato il traguardo con 54″ su Pelayo Sanchez e 1′07″ su Georg Steinhauser. Ben più staccati gli altri fuggitivi: Jhonatan Narvaez ha chiuso in 4a posizione (2′27″ il suo distacco) in compagnia di Luke Plapp. Sesta posizione per Simone Velasco (2′30″) giunto insieme a Jan Trantik e Michael Valgren. Chiudono la top ten di giornata Alaphilippe (2′32) ed Herman (2′52″).

Nel gruppo maglia rosa, arrivato con quasi 16′ di ritardo da segnalare solo la caduta di Geraint Thomas (Ineos Grenadiers) avvenuta ai-6. Il gallese è però riuscito a rientrare sul drappello dei migliori, giunti tutti insieme al traguardo. Resta ovviamente saldamente in testa alla graduatoria Tadej Pogacar (UAE Team Emirates) con un vantaggio enorme (7′42″) sul primo degli umani, Daniel Martinez (Bora-Hansgrohe). Terza posizione proprio per Thomas (ad 8′04″) chiamato domani a difendere il podio da Ben O’Connor (Decathlon-Ag2r La Mondiale) che paga 9′47″ e Antoni Tiberi (Bahrain-Victorius) che invece si trova a 10′29″.

Proprio domani è in programma l’ultima tappa di montagna, la Alpago-Bassano del Grappa che propone la doppia scalata del Monte Grappa (versante di Semonzo). Sarà logico aspettarsi un pò di battaglia per la conquista dei due gradini più bassi del podio.

Pierpaolo Gnisci.

SAPPADA VUOL DIRE TRADIMENTO

Il Giro fa ritorno in una sede di tappa storica per la Corsa Rosa e ci arriverà al termine di quella che, sulla carta, è la meno impegnativa tra le frazioni alpine dell’edizione 2024. Ma siamo oramai nella fase calante della corsa, le energie stanno inevitabilmente diminuendo e salite come quelle del Duron, della Sella Valcalda e di Cima Sappada potrebbero far vedere i proverbiali “sorci verdi” a qualche big.

Ci sono date che, per mille motivi diversi, sono entrate nella storia dello sport. E anche il Giro non fa eccezione e se ne potrebbero citare diverse, come il 26 maggio del 1937 (giorno del primo tappone dolomitico, al quale abbiamo già accennato in occasione della frazione del Brocon) o il 5 giugno del 1999, quando Pantani fu estromesso dal Giro con la maglia rosa sulle spalle per la nota questione dell’ematocrito fuori norma, anche se la data per eccellenza è quella del 13 maggio del 1909, quando alle 3 di notte prese il via da Piazzale Loreto a Milano la prima edizione della Corsa Rosa. E poi c’è il 6 giugno del 1987, il giorno nel quale si corse la storica tappa con arrivo a Sappada e dal quel momento il nome della località di sport invernali del Cadore divenne per gli appassionati di ciclismo sinonimo di tradimento. Per raccontare quanto accaduto quel pomeriggio di 37 anni fa bisogna prima fare un passo indietro di due settimane, a quando quell’edizione del Giro prese il via da Sanremo con Roberto Visentini nel ruolo di grande favorito per la vittoria finale. Il bresciano si era imposto al Giro l’anno precedente e nel 1987 il percorso particolarmente montagnoso – come non si vedeva da anni – si adattava alla perfezione alle sue doti di scalatore in grado di egregie prestazioni a cronometro. E, infatti, Visentini inizia la corsa con il piede giusto vincendo il cronoprologo, per poi cedere la maglia rosa all’olandese Breukink nella semitappa con arrivo in salita a San Romolo e venir sorpassato di poco in classifica dal suo fin a quel momento fidato gregario Stephen Roche dopo la pomeridiana cronodiscesa dal Poggio. Un paio di giorni più tardi la cronometro a squadre sancisce la supremazia della Carrera, con Roche primo in classifica, Visentini secondo a 15” e gli altri avversari già oltre il minuto di distacco. Roche guadagna un’altra quindicina di secondi a Montalcino, poi la situazione si cristallizza fino alla 13a tappa, che prevede lo svolgimento di una cronometro di 46 Km disegnata tra Rimini e San Marino, con il finale in salita. Qui Visentini è autore di una vera e propria prestazione “monstre” e volando a quasi 39 Km/h straccia la concorrenza, con distacchi che ricordano quelli affibbiati dal danese Vingegaard al Tour dell’anno scorso nella crono di Combloux: il secondo è staccato di 1’11”, Roche è 12° con quasi 3 minuti di passivo ed è costretto a rientrare nei ranghi perché è ovviamente Visentini a vestirsi di rosa, precedendo in classifica di 2’42” proprio il compagno di squadra. Nessuno può immaginare come quei nove giorni trascorsi in maglia rosa abbiano fatto venire appetito all’irlandese, appetito che si trasforma in vera e propria fame il 6 giugno, quando è in programma la prima frazione alpina. Quella fame si concretizza con due attacchi a sorpresa, il primo sulla salita della Forcella di Monte Rest, il successivo su quella della Sella Valcalda: dopo il primo l’ammiraglia al seguito dell’irlandese si spacca, tra le incitazioni di chi lo invoglia a proseguire nell’azione e gli urlacci di chi lo invita a rispettare il capitano. Se il primo tentativo abortisce e viene annullato, il secondo causa una pesantissima crisi – fisica e soprattutto di nervi – a Visentini, che all’arrivo accuserà 7 minuti di ritardo e dovrà dire addio alla maglia rosa. La botta psicologica sarà forte al punto da bloccargli letteralmente la carriera al bresciano (si ritirerà nel 1990 e quella di San Marino sarà la sua ultima vittoria), che in tempi recenti rivelerà di non aver mai perdonato il compagno di squadra, considerando morto come uomo pur riconoscendone le doti: non va dimenticato che in quella stagione Roche non vinse solo il Giro, ma anche il Tour e il Mondiale, una tripletta riuscita soltanto a un altro corridore, il belga Eddy Merckx.
Ora il Giro si appresta a fare ritorno a Sappada, dove un’altra frazione è terminata nel 2018, e ci arriverà al termine di quella che sulla carta è la meno impegnativa tra le cinque tappe alpine del Giro 2024. Ma non dobbiamo dimenticare che siamo a soli tre giorni dalla conclusione, si sta correndo da tre settimane, le energie stanno declinando e anche le salite odierne potrebbero far male e creare sensibili distacchi, consacrando ancora una volta il nome della località friulana sulle pagine dei quotidiani sportivi. In quanto al tracciato, gli ultimi 40 Km saranno gli stessi della tappa del 1987 mentre al posto del Monte Rest si scalerà il più breve e impegnativo Passo Duron, che ha anche il pregio di trovarsi molto più vicino alle due salite finali, con la Cima Sappada che è quasi un arrivo in salita poiché dopo lo scollinamento mancheranno soli 6 Km al traguardo.
Prima di tornare a misurarsi con le montagne bisognerà pedalare a lungo in pianura che – a parte qualche rara intrusione – caratterizzerà i primi 86 Km, con la partenza oggi prevista all’ombra dello svettante campanile di Mortegliano, il più alto d’Italia dall’alto dei suoi 113 metri, costruito negli anni ’50 battendo di 66 centimetri il record precedentemente detenuto dal Torrazzo di Cremona. Il tratto iniziale si snoderà nei territori pianeggianti a ovest di Udine, dirigendosi in leggerissimo falsopiano prima verso Mereto di Tomba e poi su San Daniele del Friuli, località che i golosi conoscono per il suo prosciutto crudo, prelibatezza per il palato da degustare magari dopo un piccolo giro turistico per questa cittadina, che vanta monumenti poco conosciuti come la Chiesa di Sant’Antonio Abate (soprannominata la “Sistina del Friuli”), Porta Gemona e la Biblioteca Guarneriana, tra le più antiche d’Italia.
Transitati ai piedi del Monte di Ragogna, sulle cui prime pendici si trovano i suggestivi resti del castello di San Pietro, si varcherà il corso del Tagliamento sul Ponte di Pinzano, costruito tra il 1903 e il 1906 e in seguito ricostruito due volte, la prima per riparare i danni della Prima Guerra Mondiale – quando fu minato dalle truppe italiane in ritirata dopo la disfatta di Caporetto – e la seconda in seguito ad una piena del fiume avvenuta il 4 novembre del 1966, lo stesso giorno nel quale a Firenze l’Arno provocò una storica e disastrosa alluvione.
Percorsi una cinquantina di chilometri dal via si giungerà ai piedi della prima delle due salitelle che spezzano il tratto iniziale pianeggiante, 1.7 Km al 5.3% in vetta ai quali si attraverserà il centro di Forgaria nel Friuli prima di riprendere la pianura in vista di Peonis, dove si giungerà dopo aver sfiorato la riserva naturale del Lago di Cornino, le cui acque provengono da sorgenti sotterranee. Transitati al cospetto del monumento che ricorda Ottavio Bottecchia nel luogo dove il primo italiano a vincere il Tour de France (nel 1924 e nel 1925) fu trovato agonizzante il 3 giugno del 1927 – morirà 12 giorni dopo senza aver mai ripreso conoscenza e mai si riuscirà a far piena luce sulle cause del malore – i “girini” si dirigeranno verso un altro lago, quello di Cavazzo, il più vasto della regione tra quelli di origine naturale, verso le cui acque precipitano le pendici del Monte San Simeone, che per anni è stato erroneamente indicato come epicentro del terremoto che colpì il Friuli nel 1976 (studi successivi l’hanno collocato più a est, tra i centri di Gemona e Artegna).
Un’altra piccola salita, la facile Selletta di Mena (1,8 Km al 5,5%), costituirà per il gruppo l’accesso alla regione storico-geografica della Carnia, che corrisponde con il settore settentrionale della Provincia di Udine e la cui fama ciclistica ha avuto una decisa accelerata da quando, nel 2003, l’organizzazione del Giro ha deciso di inserire nel suo “parco salite” il Monte Zoncolan, anche se bisognerà aspettare fino al 2007 per vedere i corridori affrontare il tremendo versante di Ovaro. La Carnia accoglierà i “girini” sulle strade del suo capoluogo, la cittadina di Tolmezzo, in mezzo alla quale spicca tra gli altri edifici il Duomo di San Martino, consacrato nel 1764 nel luogo dove in precedenza sorgeva un demolito luogo di culto intitolato al medesimo santo. Alle porte di Zuglio, uno dei centri più antichi della Carnia (vi si può visitare il Foro di Iulium Carnicum, la città romana più settentrionale d’Italia), si lascerà la pianura, anche se non è ancora arrivato il momento si affrontare le ostiche pendenze del Passo Duron. Ci sarà, infatti, un antipasto di 5.5 Km al 5% risalendo il cosiddetto Canale d’Incaroio, nome con il quale è conosciuta la Val Chiarsò, e – a differenza dall’ultima volta nella quale si è transitati da queste parti – non si percorrerà la statale di fondovalle, ma una provinciale più stretta e defilata. Arrivati a Paularo si alzerà il sipario sulle fasi più attese di questa tappa perché è proprio da questo centro che hanno inizio i 3.3 Km al 12,2% che conducono al Passo Duron, salita che esibisce un “biglietto da visita” niente male perché è proprio nei 500 metri iniziali che viene raggiunto il picco massimo di pendenza, una sventagliata al 18% che contribuirà ulteriormente a “epurare” il gruppo di testa. Dopo un brevissimo tratto in quota si affronterà una discesa nettamente meno pendente dell’ascesa appena affrontata, che porterà la corsa rosa a Paluzza, paese la cui frazione di Timau – famosa per il sacrario nel quale riposano le spoglie di più di 1700 soldati italiani e austriaci – costituisce al pari di Sappada un’isola linguistica tedesca, in quanto fin dall’epoca medioevale vi si parla un dialetto d’origine carinziana.
Attraversato quello che è anche il borgo natale di Manuela Di Centa, la fondista che conquistò la medaglia d’oro alle Olimpiadi Invernali di Lillehammer nel 1994, si andrà subito ad affrontare la salita successiva, che sulla carta può sembrare la più semplice fra le tre che caratterizzano il finale. Invece non andranno sottovalutati i 6 Km al 6.2% della Sella Valcalda, che contengono un tratto intermedio di 1200 metri nei quali la pendenza media schizza al 10.7%. Raggiunto il valico, situato alle porte della stazione di sport invernali di Ravascletto e dal quale è possibile raggiungere comodamente in funivia la cima del Monte Zoncolan, si scenderà su Comeglians, dove si andrà all’attacco della lunga ascesa finale verso Cima Sappada, molto più lunga rispetto a quanto annunciato sulle cartine ufficiali del Giro 2024. Lì sono stati, infatti, presi in considerazione solo gli ultimi 8.5 Km, ma la strada in realtà prende a salire quasi 12 Km prima, anche se nella parte iniziale procede a corrente alternata, con tratti d’ascesa reale intercalati ad altri in quota. La prima balza – 3.5 Km al 5.5% – serve per risalire la Val Degano fino a Rigolato, tipico paese carnico che nel XV secolo godette di una certa fama per il rame e il ferro che si cavava dalle miniere del Monte Avanza, successivamente abbandonate. L’attività estrattiva è oggi rammentata dal nome del vicino centro di Forni Avoltri, al quale i “girini” giungeranno al termine del tratto intermedio della salita, in parte pianeggiante e in parte in leggero falsopiano, immediatamente seguito dalla parte più impegnativa. I dati reali del tratto conclusivo dicono che la salita è lunga 5.5 Km e presenta una pendenza media del 6.3%, numeri discordanti da quelli riportati sul “Garibaldi” (il road book ufficiale della corsa) perché l’organizzazione ha deciso di inserire a circa metà salita una lunga deviazione pianeggiante per far attraversare ai corridori la Carnia Arena, impianto realizzato negli anni ’90 nella spianata dei Piani di Luzza per la pratica del biathlon. Proprio all’uscita dall’arena i corridori si troveranno ad affrontare il tratto più difficile dell’ascesa friulana, quello che i cicloamatori hanno ribattezzato “Muro della Cleva” perché per 900 metri si deve pedalare su di una pendenza media dell’11.5% (la massima è del 15%) e a rendere il tutto ancora più asfissiante è la quasi totale mancanza di curve in questo tratto. Dopo un momento di respiro la “Cleva” propone un’altra stilettata di 600 metri all’11.4%, questa ammorbidita dalla presenza di due tornanti, poi le pendenze scemano con decisione nei conclusi 800 metri al 4.7% che conducono alla Cima Sappada. La tappa si può considerare finita, anche se mancano ancora 6 Km e 200 metri al traguardo, tracciati in leggera discesa fino al cartello dei meno 2000 metri all’arrivo, quando la strada tornerà a salire fino allo striscione dell’ultimo chilometro, affrontando per ultimo un tratto che presenta una pendenza media del 5.4% e da un picco massimo del 10%. In precedenza ci sarà anche un insolito ma non atipico (ricordate la crono che aprì la scorsa edizione del Giro?) passaggio su una pista ciclabile, quella realizzata a pochi metri dal corso del Piave, che da queste parti – a pochi passi dalle sorgenti sul Monte Peralba – ha ancora l’aspetto di un torrente e non ancora i tratti del fiume che mormorò il 24 maggio del 1915. Ironia del destino sarà un 24 maggio anche il giorno di questa tappa. E se il Piave mormorerà anche stavolta e il nome di Sappada tornerà a risuonare sulle pagine delle cronache sportive? Con la speranza che stavolta il tradimento non sia opera dell’uomo.

POST SCRIPTUM

Vi abbiamo parlato della tappa del Giro del 1987 ma non abbiamo fatto alcun accenno al corridore che quel giorno tagliò per primo la linea d’arrivo. Era Johan van der Velde, corridore olandese che aveva già all’attivo tre successi al Tour de France e una alla Corsa Rosa dall’anno precedente, quando si era imposto sull’arrivo in salita di Pejo Terme. Le vicende di Roche e Visentini quel giorno fecero scivolare in secondo piano le sue gesta, ma ci pensò lui stesso a far tornare l’attenzione dei media sulla sua persona e ventiquattrore dopo andò a segno anche nel tappone dolomitico di Canazei, una dura frazione che aveva in programma salite del calibro dei mitici passi Gardena, Sella e Pordoi, ma soprattutto prevedeva nel finale la tremenda ascesa della Marmolada. Lui, però, non sarà ricordato né per le tre vittorie al Tour, né per quelle al Giro: per tutti lui sarà l’eroe del Gavia, che al Giro dell’anno successivo affrontò con una mise estiva sotto una pesante nevicata, rischiando il congelamento e il tempo massimo, terminando la tappa con 47 minuti di ritardo, ma riuscendo a conservare la maglia di leader della classifica a punti, che porterà fino al traguardo conclusivo di Vittorio Veneto.

Mauro Facoltosi

Il borgo di Sappada e l’altimetria della diciannovesima tappa (www.e-borghi.com)

Il borgo di Sappada e l’altimetria della diciannovesima tappa (www.e-borghi.com)

I VALICHI DELLA TAPPA

Selletta di Mena (300 metri). È attraversata dalla Strada Statale 512 “del lago di Cavazzo” tra Somplago e Cavazzo Carnico. Mai affrontata come GPM, il Giro vi è transitato quattro volte e sempre in occasione di tappe di montagna. Il primo passaggio è avvenuto nel 2011 durante la tappa Spilimbergo – Grossglockner vinta dal colombiano José Rujano; nel 2013 vi è transitata la Cordenons – Altopiano del Montasio vinta da un altro colombiano, Rigoberto Urán; l’anno successivo vi si è passati durante la Maniago – Monte Zoncolan conquistata dall’australiano Michael Rogers mentre l’ultima volta correva l’anno 2018 e si viaggiava nuovamente verso lo Zoncolan (partendo quel giorno da San Vito al Tagliamento), dove s’impose il britannico Chris Froome.

Forcella Durone (1121 metri). È quello che viene tradizionalmente chiamato Passo Duron. La quota è differente rispetto a quella indicata sulle cartine del Giro (1076 metri), ma non si tratta di un errore. Il valico vero e proprio, infatti, non è direttamente toccato dalla Strada Provinciale 23 “della Val d’Incaroio” (tratto Paularo – Paluzza), dalla quale è raggiungibile deviando su di un sentiero sterrato per circa mezzo chilometro. La salita al Passo Duron è stata finora inserita due volte nel percorso del Giro e la prima fu conquistata dal francese Ludovic Turpin durante la tappa Mestre – Monte Zoncolan vinta dal varesino Ivan Basso. Il successivo passaggio è avvenuto nel 2018 durante la pocanzi citata tappa dello Zoncolan vinta da Froome, quando a scollinare in testa fu il romano Valerio Conti.

Forca di Liûs (1010 metri). Valico prativo attraversato dalla Strada Provinciale 24 “della Val Pontaiba” nel corso della discesa che dal Passo Duron conduce a Paluzza. Chiamata anche Forcella di Liûs, è quotata 1003 metri sulle cartine del Giro 2024.

Sella Valcalda (958 metri). Valico che separa il Monte Crostis dal gruppo del Monte Arvenis (del quale fa parte anche lo Zoncolan), è attraversato dalla Strada Regionale 465 “della Forcella Laverdet e di Valle San Canciano” tra le località di Cercivento e Comeglians. Finora è stata affrontata cinque volte come GPM e il primo passaggio avvenne proprio in occasione della storica tappa Lido di Jesolo – Sappada del 1987, quando questo valico fu tenuto a battesimo dal romagnolo Roberto Conti. Tre anni più tardi, nel Giro di Gianni Bugno (1990), la salita fu affrontata nel corso della tappa italo-austriaca Velden – Dobbiaco (vinta dal francese Eric Boyer) e vi svettò in testa nientemeno che il tre volte vincitore del Tour Greg Lemond. Terzo passaggio nel 2003, in occasione della San Donà di Piave – Monte Zoncolan, primo arrivo sul monte friulano: il GPM fu di Marzio Bruseghin poi la tappa andrà a Gilberto Simoni. La penultima scalata risale alla tappa dello Zoncolan del 2010 e pure questo valico finì del palmares di Ludovic Turpin mentre l’ultima volta, nel 2018, sempre in occasione di una frazione che terminava sulla temuta ascesa friulana, la Valcalda vide transitarvi in testa il romano Valerio Conti.

Valico di Cima Sappada (1276 metri). Erbosa sella spartiacque tra le valli del Piave e del torrente Degano, vi transita la Strada Regionale 355 “di Val Degano” che mette in comunicazione Forni Avoltri con Sappada. È quotato 1286 metri sull’atlante stradale del TCI è quotato, 1290 metri sulle cartine del Giro 2024. Il Giro l’ha affrontato due volte come GPM, la prima nel finale della storica tappa di Sappada del 1987 con passaggio in vetta dell’olandese Johan van der Velde – che poi vinse anche la frazione – la seconda nel 1990 nel corso della tappa Velden-Dobbiaco vinta dal francese Eric Boyer (primo a Cima Sappada il bresciano Bruno Leali). Non ci fu GPM, invece, nel 2007 e nel 2017, quando si salì dal più semplice versante occidentale e si preferì collocare nella sottostante Sappada un traguardo volante, rispettivamente vinto la prima volta dal toscano Paolo Bettini (tappa Lienz – Monte Zoncolan, primo al traguardo il trentino Gilberto Simoni) e il belga Dries Devenyns (tappa San Candido – Piancavallo, vinta dallo spagnolo Mikel Landa). A Sappada, sempre salendo da ovest, terminò anche una tappa nel 2018, conquistata da britannico Simon Yates.

Nota. Il testo di riferimento è “Valichi stradali d’Italia” di Georges Rossini (editore Ediciclo).

CIAK SI GIRO

Non ci sono solo film culto nella storia del cinema italiano. Ci sono anche pellicole che potremmo definire di “nicchia”, che al botteghino non hanno raccolto un granché ma che meritano comunque la visione, almeno per le tematiche trattate. È il caso, per esempio, di “Riparo”, film drammatico del 2007 firmato dal regista Marco Simon Puccioni, opera nella quale si affrontano due temi scottanti e all’ordine del giorno, quelli dell’immigrazione e delle coppie di fatto. L’unione tra queste tematiche è presente fin dall’inizio della pellicola quando, da ritorno da una vacanza in Tunisia, una coppia di fidanzate, Anna e Mara, scopre che sul traghetto un ragazzo extracomunitario si era nascosto nella loro auto. La prima, desiderosa di diventare madre, decide di non denunciarlo e di farlo rimanere nella casa dove convive con la fidanzata, la quale vede il ragazzo come un “intruso” e la situazione si complica quando quest’ultimo scoprirà con disappunto della relazione esistente tra le due donne. Per quanto riguarda le riprese, tolte un paio di scene in Lazio (al porto di Civitavecchia e nella villetta delle due donne, che si trova alle porte di Roma), il film fu prevalentemente girato in Friuli e in particolare una delle principali scene, quella nella quale Anis – così si chiama il ragazzo – scopre che le due donne non hanno gusti sessuali “tradizionali” e particolarmente scabrosi agli occhi di una persona di cultura islamica, fu girata sulle sponde del Lago di Cavazzo, sfiorato dal percorso di gara durante il viaggio verso la Carnia. Segnaliamo, infine, una curiosità: probabilmente per dare una particolare impronta al film il regista decise – nonostante le due donne siano di nazionalità italiana – di non doppiare le due attrici che le interpretarono e di farle parlare nella nostra lingua ma con il loro accento: a rivestire il ruolo di Mara è la slovacca Antonia Liskova mentre Anna è Maria de Medeiros, l’attrice portoghese principalmente nota per aver impersonato la fidanzata di John Travolta nel film “Pulp Fiction”.

In collaborazione con www.davinotti.com

Scena di “Riparo” girata sul Lago di Cavazzo (www.davinotti.com)

Scena di “Riparo” girata sul Lago di Cavazzo (www.davinotti.com)

Le altre location del film citato

https://www.davinotti.com/forum/location-verificate/riparo/50013839

FOTOGALLERY

Mortegliano, campanile del Duomo

San Daniele del Friuli, Chiesa di Sant’Antonio Abate

Ragogna, castello di San Pietro

Ponte di Pinzano sul Tagliamento

Forgaria nel Friuli, Lago di Cornino

Peonis, il monumento a Ottavio Bottecchia

Lago di Cavazzo

Tolmezzo, Duomo di San Martino

Zuglio, l’area archeologica di Iulium Carnicum

Paularo vista dai primi tornanti del Passo Duron

Paluzza, il sacrario militare di Timau

Ravascletto, la stazione di partenza della funivia per lo Zoncolan

Forni Avoltri, Carnia Arena

La pista ciclabile di Sappada

MERLIER VINCE A PADOVA. BATTUTI MILAN E GROVES

Tim Merlier (Team Soudal Quick Step) vince in volata a Padova nella penultima tappa del Giro 2024 favorevole ai velocisti. Battuti Jonathan Milan (Team Lidl Trek) e Kaden Groves (Team Alpecin Deceunnck).

Al Giro tornano di scena i velocisti con la diciottesima tappa da Fiera di Primiero a Padova di 178 km. L’unica asperità altimetrica di Lamon, dopo una ventina di km, potrebbe favorire la fuga di giornata dopodichè la strada quasi completamente pianeggiante, se si eccettua un paio di zampellotti nei dintorni del primo traguardo volante di Valdobbiadene, consentirà al gruppo e principalmente alle squadre dei velocisti di preparare il terreno ai capitani designati. Alla partenza da Fiera di Primiero non si presentava Christian Scaroni (Team Astana). Dopo una decina di km partiva la fuga di giornata caratterizzata dall’azione di quattro ciclisti: Mikkel Honorè (Team EF Education EasyPost), Filippo Fiorelli (Team VF Group Bardiani CSF Faizanè), Mirco Maestri e Andrea Pietrobon (Team Polti Kometa). Maestri scollinava per primo sull’unico gpm di Lamon posto al km 17.6. Gli uomini del Team Lidl Trek e del Team Soudal Quick Step controllavano la situazione e il vantaggio massimo della fuga arrivava a circa 2 minuti e mezzo sul gruppo maglia rosa. Pietrobon vinceva il primo traguardo volante di Valdobbiadene posto al km 67.9; era invece Fiorelli ad aggiudicarsi il traguardo Intergiro di Villorba posto al km 108.9. Infine il secondo traguardo volante di Martellago posto al km 131.5 se lo aggiudicava Fiorelli. Ad una trentina di km dalla conclusione Edoardo Affini (Team Visma Lease a Bike) evadeva dal gruppo maglia gialla e riusciva a raggiungere i quattro battistrada. Nonostante l’apporto dell’ottimo passista della Visma, le squadre dei velocisti aumentavano l’andatura fino a riprendere la fuga quando mancavano 10 km alla conclusione. Nella volata Tim Merlier (Team Soudal Quick Step) batteva Jonathan Milan (Team Lidl Trek) e Kaden Groves (Team Alpecin Deceuninck) mentre la top five era chiusa da Alberto Dainese (Team Tudor Pro Cycling) al quarto posto e da Stanislaw Aniolkowski (Team Cofidis) al quinto posto. Per Merlier è la seconda vittoria al Giro 2024 mentre la classifica generale resta invariata con Tadej Pogacar (UAE Team Emirates) in maglia rosa davanti a Daniel Martinez (Team BORA Hansgrohe) e Geraint Thomas (Team INEOS Grenadiers). Domani si ritorna a salire con la diciannovesima tappa da Mortegliano a Sappada di 157 km e tre gpm piuttosto duri tutti concentrati nei 60 km conclusivi. La fuga potrebbe avere chance di successo con i big che si controlleranno e si daranno battaglia nel finale.

Antonio Scarfone

Merlier batte Milan a Padova (Getty Images)

Merlier batte Milan a Padova (Getty Images)

DI VOLATA SUL MITICO PRATO

Dopo tre difficili tappe d’alta montagna il Giro propone una momentanea tregua con la penultima delle sette frazioni riservate ai velocisti. L’arrivo è previsto su un traguardo storico del ciclismo italiano, il rettilineo del Prato della Valle a Padova.

Se un giorno un volenteroso appassionato dovesse dare alle stampe un atlante dei luoghi del ciclismo un piccolo spazio se lo meriterebbe anche lui, almeno un paio di righe. Accanto a posti mitici come il Passo dello Stelvio e la Madonna del Ghisallo, il Galibier e il Tourmalet, la Foresta dell’Arenberg e il muro di Grammont, non dovrà mancare anche il Prato della Valle. Universalmente nota come una delle piazze più celebri d’Italia, per l’appassionato di ciclismo questo è lo storico punto d’approdo del Giro del Veneto, corsa “coscritta” del Giro d’Italia (entrambe si disputano dal 1909) che è tornata in calendario nel 2021 dopo sette anni d’assenza, anche se il nuovo organizzatore della corsa – l’ex professionista Filippo Pozzato – ha scelto una diversa sede d’arrivo. Anche per la Corsa Rosa questa è una meta prediletta: qui si arrivò, infatti, il 23 maggio del 2000, quando il cremasco Ivan Quaranta s’impose allo sprint al termine della San Marcello Pistoiese – Padova, e sempre qui sarà steso lo striscione del traguardo quest’anno quando, 24 anni esatti dopo l’ultima volta, la città veneta tornerà ad ospitare il Giro d’Italia. E come nell’ultimo precedente si tratterà di una tappa destinata ai velocisti, una delle più semplici di questa edizione e la penultima tra quelle pensate per i velocisti prima della passerella conclusiva di Roma. I chilometri da percorrere saranno 171 Km, con una prima parte in lenta discesa e, dopo l’intrusione di alcune semplici difficoltà altimetriche, un assoluto predominio della pianura negli ultimi cento chilometri. Si partirà oggi da Fiera di Primiero, il principale centro dell’omonima valle trentina già attraversato dal gruppo il giorno precedente. E, infatti, nei primi 2 Km si ripercorrerà un tratto del tappone dolomitico poi, arrivati a Imer, si continuerà sulla strada di fondovalle per infilarsi nella Gola dello Schenèr, dove si andrà a costeggiare l’omonimo lago, realizzato tra gli anni ’50 e ’60 per la produzione di energia elettrica e progettato dall’ingegnere milanese Carlo Semenza, principalmente conosciuto per aver “disegnato” la famigerata diga del Vajont. Attraversando la gola si lascerà il Trentino per il Veneto, entrato nel quale si andrà ad affrontare la più rilevante difficoltà di giornata, la salita di 3.5 Km al 5.6% che conduce a Lamon, centro noto per la coltivazione di una varietà di fagiolo, qui introdotta nel 1500 dall’abate bellunese Pierio Valeriano e fregiata del marchio di qualità IGP (Indicazione geografica protetta). Tornati a percorrere le strade di fondovalle i “girini” andranno quindi a infilarsi nel corridoio naturale che separa le Vette Feltrine, il più meridionale tra i gruppi montuosi delle Dolomiti, e il massiccio del Monte Grappa, sul quale si salirà tra due giorni – e in due riprese – in occasione dell’ultima tappa di montagna. Oggi le grandi cime faranno da quinta al percorso, che ora volgerà in direzione di Feltre, piccola città d’arte il cui cuore è rappresentato da Piazza Maggiore, alla quale si sale attraverso la suggestiva Via Mezzaterra. Transitati ai piedi della collina sulla quale sorge la romanica basilica intitolata ai Santi Vittore e Corona – eretta tra il 1096 al 1101 per dare degna collocazione ai resti dei due santi, martirizzati in Siria e portati in Italia dai crociati – si cambierà scenario inoltrandosi nella Stretta di Quero, un altro “corridoio” disegnato dalla natura e percorso dal tratto del Piave che precede l’ingresso nella pianura veneta del fiume sacro alla patria, caratterizzata dalla presenza del complesso fortificato del Castello di Quero, un tempo sede di dogana e successivamente passato in gestione ai religiosi dell’ordine dei Padri Somaschi, che tuttora lo abitano. La prossima meta del gruppo sarà proprio il centro di Quero, comune autonomo fino allo scorso 22 gennaio, data dalla quale è andato a costituire con la vicina Alano di Piave il nuovo municipio di Setteville: per arrivarvi si dovrà affrontare la seconda delle tre semplici salite inserite nel percorso di gara, un dentino di 1700 metri al 4.8% “levatosi” il quale si scenderà a varcare il corso del Piave prima di prendere la strada per Valdobbiadene. La patria del Prosecco sarà attraversata dopo aver superato una piccola “scaglia” di 700 metri al 7.2%, aperitivo alla salita di quasi 2 Km al 5.5% che conduce a San Pietro di Barbozza. Prima del ritorno definitivo in pianura bisognerà mettersi alle spalle la discesa dal borgo di Guia, 1400 metri al 6.3% che – percorsi al contrario – per decenni hanno costituito una delle principali ascese del Trofeo Piva, importante gara del calendario Under23, nel cui albo d’oro nel 2021 ha iscritto il suo nome uno dei corridori più promettenti per il futuro, lo spagnolo Juan Ayuso, che lo stesso anno si è fatto notare conquistando il Giro d’Italia di categoria e la medaglia di bronzo ai campionati europei di Trento e che, passato professionista dalla medesima stagione, si è fatto notare anche nella massima categoria e in particolare nel primo scorcio del 2024 ha già messo a segno la vittoria nella cronometro d’apertura della Tirreno-Adriatico e, soprattutto, il successo finale al Giro dei Paesi Baschi.
Il definitivo “aggancio” con la pianura avverrà all’altezza di Col San Martino, il piccolo borgo che ospita l’arrivo della succitata gara e presso il quale, in suggestiva posizione isolata tra i vigneti del Prosecco, si può ammirare la novecentesca chiesa ottagonale dedicata al santo patrono.
Poco più avanti il passaggio da Sernaglia della Battaglia ci ricorderà fin dal nome che in queste terre si svolsero cruenti scontri durante la Prima Guerra Mondiale e a farne le spese qui fu la locale chiesa parrocchiale, che fu rasa al suolo e successivamente ricostruita nel 1922. Non molto distante, di là del corso del Piave, si trova il Montello, il basso rilievo montuoso che geologicamente non si può considerare né collina, né montagna e che all’appassionato di ciclismo richiama gli echi di un’altra battaglia, quella che il primo settembre del 1985 decise le sorti del campionato del mondo di ciclismo, conquistato con uno scatto a 2 Km dall’arrivo dall’olandese Joop Zoetemelk: la sua sarà la vittoria più “anziana” al mondiale, conseguita all’età di 38 anni e nove mesi, un primato tuttora imbattuto che nel 2018 sarà insidiato da Alejandro Valverde, vincitore a Innsbruck a 38 anni e cinque mesi. Una decina di chilometri più avanti ci sarà il secondo e ultimo passaggio sul Piave, che il gruppo supererà sul Ponte della Priula, situato a breve distanza dal tempio votivo inaugurato nel 1983 in memoria dei caduti di tutte le guerre.
Seguirà uno dei tratti più snelli di questa tappa perché, pur non mancando curve e cambiamenti di direzione, i successivi 20 Km saranno caratterizzati da una serie di lunghi rettifili che il gruppo percorrerà in direzione di Treviso, toccando all’inizio di questa fase il centro di Spresiano, dove recentemente sono ripresi dopo un lungo stop i lavori di costruzione del velodromo fortemente voluto dall’imprenditore trevigiano Remo Mosole e che la Federazione Ciclista Italiana punta a farne una vera e propria “casa” per gli azzurri della pista. Treviso – la città ciclisticamente conosciuta per la Pinarello, l’azienda produttrice di telai per bici da corsa fondata nel 1952 da Giovanni Pinarello, il mitico “Nane” che fu maglia nera al Giro del 1951 – sarà solamente lambita dal percorso, con i “girini” che tireranno dritto attraverso le campagne della Marca per puntare su Quinto di Treviso, dove ci sarà un deciso cambio di rotta. Terminato il lungo traversone diagonale iniziato sul Ponte della Priula si effettuerà una netta svolta verso sud puntando su Zero Branco, per poi entrare nel territorio dell’ex provincia di Venezia e giungere a Martellago, della quale si attraverseranno prima il centro e poi la vicina frazione di Maerne, dominata dal monumentale campanile della neogotica chiesa della Cattedra di San Pietro.
A questo punto irromperà nel tracciato di gara la bellezza delle ville venete realizzate tra la fine del XV secolo e il XIX secolo nei cosiddetti “Domini di Terraferma”, nome con il quale venivano identificati i territori dell’entroterra assoggettati alla Serenissima Repubblica di Venezia, luoghi dove le principali famigli nobili della città lagunare fecero realizzare le loro “seconde case”. Tra le prime a essere lambite dal percorso di gara spicca Villa Belvedere di Mirano, una delle più emblematiche anche se non certo tra le più celebri, il cui parco è oggi un giardino pubblico caratterizzato da una collina artificiale sulla quale furono erette una torretta neogotica e finte rovine antiche. Ancor più famose e spettacolari sono quelle che si “specchiano” sulla Riviera del Brenta, sulle cui sponde il gruppo giungerà all’altezza di Dolo, il centro principale di questo spicchio del Veneto, nel cui territorio comunale se ne contano oltre trenta, spesso costruite a diretto contatto con il naviglio: è il caso, per esempio di Villa Ferretti Angeli, che fu progettata da Vincenzo Scamozzi, l’architetto vicentino che concepì lo spettacolare Teatro Olimpico di Vicenza e che fu definito il “padre intellettuale del neoclassicismo”. Per poco più di 6 Km i corridori “navigheranno” in vista del naviglio – detto anche Brenta Vecchia perché si tratta del vecchio alveo del fiume, dirottato in altra direzione all’epoca della Serenissima coinvolgendo nel progetto anche Leonardo Da Vinci – discostandosene solo dopo aver sfiorato una delle più visitate ville della zona, quella costruita alle porte di Stra dalla famiglia Pisani, la quale nel 1807 la venderà a Napoleone Bonaparte, che poi la cederà al cognato Eugène de Beauharnais, fratello della prima moglie dell’imperatore francese, Giuseppina.
Lasciata la Riviera del Brenta si seguirà ancora per un tratto il corso del fiume in direzione di Vigonovo, per poi portarsi a Saonara, dove con speciali visite guidate è possibile ammirare il giardino romantico di Villa Cittadella Vigodarzere Valmarana, dove si trova il complesso della grotta e della cappella dei Templari, un tempo luogo d’adunanze di membri della massoneria.
Siamo oramai agli “sgoccioli” di questa frazione che all’altezza di Legnaro – vi hanno sedi i Laboratori nazionali di Legnaro, uno dei quattro centri di ricerca dell’Istituto nazionale di fisica nucleare – si esibirà nell’ultimo cambio di direzione di giornata. A questo punto, infatti, terminerà la costante discesa che avevo caratterizzato la planimetria sin dall’avvio e il percorso tornerà leggermente a puntare verso nord negli ultimi 10 Km, caratterizzati da un crescendo delle velocità, per andare a recuperare gli ultimi “residuati” della fuga di giornata e cominciare a predisporre le grandi manovre in vista di uno sprint particolarmente ambito. Non sarà paragonabile agli Champs-Elysées, ma un successo sul prestigioso traguardo del Prato della Valle fa sempre gonfiare il petto…

Mauro Facoltosi

Il Prato della Valle a Padova e l’altimetria della diciottesima tappa (www.ilfattoquotidiano.it)

Il Prato della Valle a Padova e l’altimetria della diciottesima tappa (www.ilfattoquotidiano.it)

I VALICHI DELLA TAPPA

Sella di Lamon (594 metri). Quotata 608 metri sulle cartine del Giro d’Italia, coincide con l’omonimo centro. Nel 2019 la salita a questo borgo è stata inserita nel finale della tappa Treviso – San Martino di Castrozza, terminata con il successo del colombiano Esteban Chaves, mentre a transitare per primo sotto lo striscione del GPM di Lamon è stato il vicentino Manuele Boaro.

Sella di Arten (319 metri).Si trova nei pressi dell’omonima località, frazione del comune di Fonzaso.

Sella di Santa Lucia (319 metri). Attraversata dalla Strada Statale 50 “del Grappa e del Passo Rolle” tra Feltre e Arten, coincide con il bivio per Caupo e per il versante settentrionale del Monte Grappa.

Nota. Il testo di riferimento è “Valichi stradali d’Italia” di Georges Rossini (editore Ediciclo).

CIAK SI GIRO

Parliamo ancora del Prato della Valle, un luogo che ha affascinato anche la “settima arte”. Il sito www.davinotti.com, che da diversi anni sta mappando i luoghi del cinema italiano, finora ha censito sei film girati nella piazza padovana, il primo dei quali è Lettere di una novizia, pellicola del 1960 firmata dal regista Alberto Lattuada e tratta dall’omonimo romanzo dello scrittore vicentino Guido Piovene, dato alle stampe una ventina d’anni prima. Il film è incentrato sulle vicende della novizia del titolo, costretta a prendere i voti dalla madre anche se innamorata di Giuliano, l’uomo che ha instaurato una relazione proprio con la genitrice: una delle scene che vede protagonisti i due, interpretati dagli attori francesi Pascale Petit e Jean-Paul Belmondo, è girata proprio nel “Prato”, dove Giuliano offrirà un cono gelato a Margherita – questo il nome della novizia – dolce che lei getterà via in un momento di rabbia. Quattro anni più tardi ritroveremo in questo luogo un altro divo straniero, il britannico Dirk Bogarde, che calcherà il palcoscenico del Prato della Valle in una scena del film “Troppo caldo per giugno”, dove reciterà accanto a Sylva Koscina, l’attrice jugoslava che deve l’inizio della sua carriera proprio al Giro d’Italia. A spalancarle le porte del cinema fu Eduardo De Filippo che il 26 maggio del 1954, quando era ancora era una studentessa di fisica e non aveva velleità di sfondare nel mondo dello spettacolo, la notò mentre consegnava al belga Rik Van Steenbergen i fiori destinati al vincitore della tappa di Napoli della Corsa Rosa.

In collaborazione con www.davinotti.com

Pascale Petit e Jean-Paul Belmondo in una scena di “Lettere di una novizia” girata in Prato della Valle (www.davinotti.com)

Pascale Petit e Jean-Paul Belmondo in una scena di “Lettere di una novizia” girata in Prato della Valle (www.davinotti.com)

Dirk Bogarde seduto ad uno dei tavolini di un bar affacciato sul Prato della Valle nel film “Troppo caldo per giugno”: sullo sfondo si notano le cupole della celebre basilica di Basilica di santAntonio di Padova (www.davinotti.com)

Dirk Bogarde seduto ad uno dei tavolini di un bar affacciato sul Prato della Valle nel film “Troppo caldo per giugno”: sullo sfondo si notano le cupole della celebre basilica di Basilica di sant'Antonio di Padova (www.davinotti.com)

Le altre location del film citati

https://www.davinotti.com/forum/location-verificate/lettere-di-una-novizia/50028412

https://www.davinotti.com/forum/location-verificate/troppo-caldo-per-giugno/50027670

FOTOGALLERY

Lago dello Schenèr

Feltre, Piazza Maggiore

Feltre, Santuario dei Santi Vittore e Corona

Castello di Quero

Valdobbiadene, Piazza Marconi

Col San Martino, i vigneti del Prosecco e la chiesetta di San Martino

Sernaglia della Battaglia, chiesa di Santa Maria Assunta

La collina del Montello

Ponte della Priula, tempio votivo

Spresiano, il luogo dove sorgerà il velodromo

Treviso, Piazza dei Signori

Maerne di Martellago, Chiesa della Cattedra di San Pietro

Mirano, Parco di Villa Belvedere

Dolo, Villa Ferretti Angeli vista dal Naviglio del Brenta

Stra, Villa Pisani

Saonara, l’ingresso a Villa Cittadella Vigodarzere Valmarana

SUL PASSO BROCON FA FESTA STEINHAUSER. POGACAR SEMPRE PIU’ ROSA

Georg Steinhauser (Team EF Education EasyPost) attacca nella fuga del mattino ed anche dopo essere stato ripreso dal gruppo maglia gialla. Una vittoria fortemente voluta dal giovane ciclista tedesco, la prima al Giro, che lo proietta in una nuova dimensione, in attesa di diventare un uomo di classifica da GT.

Dopo la problematica tappa di ieri che ha visto la vittoria di Tadej Pogacar (UAE Team Emirates) ma sopratutto le inevitabili polemiche sui vari cambi di percorso, il Giro prova a voltare pagina ed a guardare avanti con una tappa, la diciassettesima, che verrà corsa integralmente secondo l’originario disegno. Si parte da Selva di Val Gardena e si arriva al Passo Brocon dopo 159 km. La distanza non è eccessiva ma ci sono comunque cinque gpm da scalare che la rendono abbastanza dura. Il primo di questi è il Passo Sella, che è diventato anche la nuova Cima Coppi dopo i tagli dello Stelvio e dell’Umbrell Pass. IL Passo Sella vedeva subito attacchi e contrattacchi per portare via la fuga ma alla fine il gruppo raggiungeva la sommità piuttosto compatto con Giulio Pellizzari (VF Group – Bardiani CSF – Faizanè) che scollinava in prima posizione. Nella discesa successiva il ciclista italiano continuava nell’azione e trainava con sé Julian Alaphilippe (Team Soudal Quick Step), Nairo Quintana (Team Movistar) ed Amanuel Ghebreigzabhier (Team Lidl Trek). Sui quattro ciclisti di testa rientravano anche Davide Ballerini (Team Astana Qazaqstan), Georg Steinhauser (Team EF Education EasyPost) e Marco Frigo (Team Israel Premier Tech). Dopo il primo traguardo volante di Predazzo posto al km 46.7 e vinto da Ballerini, rientravano sui battistrada anche Attila Valter (Team Visma Lease a Bike), Damiano Caruso (Team Bahrain Victorious) e Nicola Conci (Team Alpecin Deceuninck). All’inizio del secondo gpm di Passo Rolle i dieci uomini in testa avevano 1 minuto e mezzo di vantaggio sul gruppo maglia gialla. Pellizzari scollinava in prima posizione sul gpm di Passo Rolle posto al km 67.6. Il gruppo rientrava sui fuggitiva all’inizio della salita verso il Passo Gobbera dopo un forsennato forcing da parte del Team DSM Firmenich PostNL. Ghebreigzabhier attaccava nuovamente e scollinava per primo sul gpm di Passo Gobbera posto al km 100.4. Steinhauser raggiungeva il battistrada dopo un paio di km. La nuova coppia al comando della corsa si accingeva così ad affrontare la prima scalata verso il Passo Brocon dopo aver transitato sul traguardo Intergirodi Canal San Bovo posto al km 112 e vinto da Steinhauser. IL tedesco scollinava in prima posizione anche sul primo gpm di Passo Brocon posto al km 127.2. Steinhauser restava da solo in testa alla corsa e si aggiudicava il traguardo volante di Pieve Tesino posto al km 147.2. Il ciclista tedesco iniziava la scalata finale del secondo Passo Brocon con un vantaggio di 2 minuti e 40 secondi sul gruppo maglia rosa. Il ritmo del tedesco era incisivo ed arrivava ad avere un vantaggio di oltre 3 minuti sul gruppo maglia rosa tirato dall’INEOS Grenadiers. Steinhauser dopo il terzo posto ottenuto sul Mottolino andava a vincere in solitaria la sua prima tappa al Giro 2024 nonché la prima in un GT. Secondo era Tadej Pogacar a 1 minuto e 24 secondi di ritardo, dopo aver accelerato negli ultimi 2 km ed aver lasciato al palo i diretti avversari. Al terzo posto si piazzava Antonio Tiberi (Team Bahrain Victorious) a 1 minuto e 42 secondi di ritardo mentre chiudevano la top five Geraint Thomas (Team INEOS Grenadier) in quarta posizione e Daniel Martinez (Team BORA Hansgrohe) in quinta posizione. Da segnalare la crisi di Ben O’Connor (Team Decathlon AG2R La Mondiale) che perdeva una quarantina di secondi sul gruppetto Tiberi. Pogacar è sempre più maglia rosa, avendo ora 7 minuti e 42 secondi di vantaggio su Martinez e 8 minuti e 4 secondi di vantaggio su Thomas. Domani è in programma la diciottesima tappa da Fiera di Primiero a Padova di 178 km . SI scende a valle dopo aver affrontato l’unico gpm di giornata di Lamon posto al km 14.5. Gli ultimi 100 km sono totalmente pianeggianti poer cui torneranno di scena i velocisti con Jonathan Milan (Team Lidl Trek) che proverà ad ottenere la quarta vittoria al Giro 2024.

Antonio Scarfone

Georg Steinhauser vince sul Passo Brocon (foto: Getty Images)

Georg Steinhauser vince sul Passo Brocon (foto: Getty Images)

ALLA RISCOPERTA DEL BROCON

E’ il giorno dell’immancabile tappone dolomitico, presenza fissa nel percorso del Giro dal 1937. Quest’anno, dopo aver scalato i tradizionali passi Sella e Rolle, si andrà alla riscoperta del Passo del Brocon, che manca nel percorso della Corsa Rosa dal 1967. Ci si arriverà al termine di una tappa che, pur non presentando salite durissime, proporrà più di 4100 metri di dislivello e ben 60 Km d’ascesa complessiva. C’è lo spazio per clamorosi ribaltoni nel momento nel quale, oramai nella terza e ultima settimana di gara, le energie stanno cominciando a declinare.

Il 26 maggio del 1937 è una data storica per il Giro d’Italia. Quel pomeriggio la Corsa Rosa scoprì per la prima volta le Dolomiti, fortemente volute nel percorso dall’allora direttore Armando Cougnet per celebrare la 25° edizione del Giro. Gli prospettarono un disastro i detrattori di quell’idea, che cercarono invano di farlo desistere puntando l’indice sullo stato in cui versano le strade che conducevano verso i passi dei Monti Pallidi, segnate dal tempo, prive d’asfalto e di protezioni a valle. Poteva rivelarsi una tappa sciagurata ma, invece, quel pomeriggio scoccò la scintilla di un amore che non si è mai sopito, grazie non soltanto alla bellezza degli scenari di gara ma anche per l’impresa di Gino Bartali, vincitore della Vittorio Veneto – Merano con quasi 6 minuti di vantaggio sugli immediati inseguitori. Da allora le Dolomiti hanno sempre fatto parte del percorso, rendendo celebri nomi di passi come il Sella, il Falzarego o il Pordoi, la salita dolomitica più volte affrontata alla Corsa Rosa dall’alto dei suoi quarantuno transiti. Nel corso degli anni si è andati alla scoperta di altre mete che, seppur meno frequentate, sono anche loro entrate nella storia, come quelle Tre Cime di Lavaredo che dodici mesi fa hanno ospitato l’arrivo del tappone, finora ultima delle otto frazioni terminate lassù. Poi ci sono valichi come il Brocon, che la corsa ha letteralmente sedotto e abbandonato perché sul passo trentino il Giro non ci va dal lontano 1967, forse anche a causa dalla sua posizione un po’ defilata, fuori dai grandi giri turistici dei Monti Pallidi. Anche per colmare questa decennale lacuna il Giro ha deciso di tornare lassù e non per un semplice passaggio, ma per l’arrivo di una frazione che avrà in serbo ben due ascese al Brocon. Sarà questo il secondo e ultimo dei due tapponi inseriti nel tracciato del Giro 2024, forte di più di 4100 metri di dislivello distribuiti su 60 Km di salita complessiva. Avvertiamo subito che oggi i “girini” non si troveranno a pedalare su pendenze mostruose, nessun Mortirolo e nessun Zoncolan attenderà i corridori, ma la successione di difficoltà e il fatto di trovarsi ormai nella terza settimana di gara potrebbe portare i minuti a fioccare numerosi come i coriandoli al veglione di carnevale, considerato anche che oggi le inclinazioni più difficili s’incontreranno proprio lungo l’ascesa conclusiva. E, come il giorno precedente, tanto per gradire pure stavolta la partenza sarà in salita, per superare l’ultimo tratto della Val Gardena pedalando da Selva verso i quasi 2244 metri del Passo Sella. Affrontati i primi 9 Km al 7.4% di pendenza media si planerà su Canazei, la nota stazione di villeggiatura della Val di Fassa nel cui centro si adagia l’ex chiesa parrocchiale di San Floriano, impreziosita da altari barocchi. I successivi 26 Km rappresenteranno il più consistente dei due tratti di trasferimento di questa tappa, da pedalare prevalentemente in lieve falsopiano discendente verso Pera, piccolo centro che per gli appassionati di alpinismo rappresenta la porta d’accesso a uno dei gruppi dolomitici più celebri, quello delle Torri del Vajolet, sette guglie che furono per la prima volta “violate” dall’uomo il 28 agosto 1882, quando misero piede ai 2821 metri della Torre Principale l’alpinista fassano Luigi Bernard e il collega tedesco Gottfried Merzbacher. Anche gli estimatori del ciclismo conoscono le “Torri”, ai cui piedi – fino dove è possibile arrivare in sella a una bicicletta – sono terminate due tappe del Giro d’Italia, entrambe vinte da corridori spagnoli, Andrés Gandarias nel 1976 e Mikel Nieve nel 2011.
Sfiorata la non meno celebre località di Vigo di Fassa, dominata dal colle sul quale si staglia la quattrocentesca chiesa di Santa Giuliana, si giungerà a Moena, punto di contatto tra la Val di Fassa e l’adiacente Val di Fiemme, meta prediletta dai cacciatori di prelibatezze, che qui possono gustare e acquistare il formaggio DOP (Denominazione di origine protetta) un tempo noto con il semplice nome di “nostrano fassano” e che oggi è più rinomato come “Puzzone” per via del suo odore accentuato.
Sfiorato lo Stadio del Salto Giuseppe Dal Ben, costruito alla fine degli anni ’80 in occasione dei campionati mondiali di sci nordico e scelto per ospitare alcune delle gare delle prossime Olimpiadi di Milano-Cortina, si giungerà a Predazzo, dove si lascerà il fondovalle per svoltare in direzione del Passo Rolle, il primo dei due valichi – l’altro era il Costalunga – che nel 1937 fu inserito nel tracciato del primo tappone dolomitico della storia. Stavolta si salirà dal versante che 87 anni fa fu percorso in discesa, ufficialmente 20 km al 4.6% anche se in realtà la salita reale è lunga una decina di chilometri, essendo spezzata in due tratti da un troncone in quota. Percorsi i primi 6 Km al 6.6%, inizierà, infatti, un troncone quasi del tutto privo di pendenza lungo ben 7 Km, disegnato lungo le sponde del lago artificiale di Paneveggio, realizzato negli anni ’50 e la cui diga fu innalzata in prossimità del Forte Buso, costruito dall’esercito austro-ungarico per fortificare quella che era la linea di confine tra l’impero asburgico e il Regno d’Italia. Attraversando la foresta di Paneveggio, nota come “foresta dei violini” perché qui i più celebri liutai (su tutti Stradivari) venivano a procurarsi il legname necessario per realizzare gli strumenti, si riprenderà a salire e con l’ultima balza di 6.2 Km al 6.7% si arriverà ai quasi 2000 metri dal Rolle, altro valico frequentato dagli escursionisti, che da qui possono raggiungere la Baita Segantini e da lì le spettacolari Pale di San Martino.
Decisamente più “compatta” – quasi 22 Km al 5.7% – si presenta la successiva discesa, nel corso della quale si toccherà San Martino di Castrozza, oggi nota stazione di sport invernali e in epoca medioevale luogo conosciuto per la presenza di un monastero benedettino che sarà soppresso nel ‘400 e del quale rimane quella che oggi è la chiesa parrocchiale ai santi Martino e Giuliano. Si terminerà la discesa all’inizio dell’ultimo tratto “tranquillo” di questa tappa, poco più di 5 Km da pedalare in lievissima discesa sul fondovalle del Primiero, la valle trentina del quale è originario l’ingegnere austriaco Luigi Negrelli – nato e vissuto nel periodo nel quale queste terre appartenevano all’Impero austro-ungarico – celebre per aver progettato il Canale di Suez, inaugurato il 17 novembre 1869. Il Negrelli era di Fiera, il principale centro della valle, dove i “girini” sfrecceranno a due passi dall’arcipretale dell’Assunta – una delle più belle chiese gotiche della regione – per poi proseguire in direzione di Imer, il comune più meridionale della valle, dove riprenderanno le ostilità odierne. Nei rimanenti 64 Km da percorrere per andare al traguardo non ci saranno più momento di vero e proprio respiro, affrontando per la prima la non difficile salita che in poco meno di 6 Km (pendenza del 5.8%) condurrà al Passo Gobbera, ascesa caratterizzata da una serie di otto tornanti che offrono spettacolari viste verso la Gola dello Schenèr, attraverso la quale si transiterà l’indomani all’inizio della tappa che condurrà il gruppo a Padova.
In discesa ci si porterà a Canal San Bovo, il principale centro della Valle del Vanoi, conosciuta come “cuore verde del Trentino” per la varietà del suo patrimonio faunistico e vegetale e per questo motivo inclusa fin dal 1967 nel territorio del Parco naturale Paneveggio – Pale di San Martino. È proprio in questo centro che ha inizio la prima delle due ascensioni al Brocon, 14 Km al 6.4% per arrivare fino al valico geografico, dal quale si transiterà due chilometri e mezzo prima di giungere al traguardo, situato all’estremità opposta dall’altopiano sommitale, caratterizzato dalla fioritura nei mesi invernali dell’erica carnea, pianta perenne dai fiori rosa il cui nome dialettale è per l’appunto “brocon”. Transitati per la prima volta dalla linea d’arrivo, in località Marande, inizierà la discesa sul versante che conduce verso la Valsugana, del quale sarà percorsa la prima parte (13.5 Km al 6.2%), che ha termine poco dopo il passaggio da Castello Tesino, centro presso il quale si trova l’unica grotta carsica del Trentino accessibile al pubblico. Dopo un breve intervallo in quota si raggiungerà la vicina Pieve Tesino, il paese natale di Alcide De Gasperi, l’uomo politico che è non stato soltanto uno dei padri della Repubblica Italiana (ne fu il primo Presidente del Consiglio per ben sette mandati consecutivi, dal 1946 al 1953), ma anche uno dei fondatori dell’Unione Europea. È proprio da Pieve che si riprenderà a salire per far ritorno verso l’altopiano del Brocon, che si raggiungerà da un versante secondario asfaltato da non moltissimi anni, ma già noto ai cicloamatori perché dal 2021 al 2023 è stato inserito nel percorso corto della “Sportful Dolomiti Race”, una delle più celebri e dure gran fondo amatoriali, quella che fino al 2009 si era chiamata “Gran Fondo Campagnolo” in onore di uno dei più celebri meccanici di ciclismo, il vicentino Tullio Campagnolo, fondatore dell’omonima azienda di biciclette. Dei tre versanti possibili per arrivare al passo è il più impegnativo (10.1 Km al 7.3%), con le pendenze più esigenti nella seconda parte, anche se già un tratto con inclinazioni interessanti, 2600 metri al 7.5%, si incontra all’inizio risalendo la poco conosciuta Val Malene, base di partenza per gli escursionisti diretti alla Cima d’Asta (2847 metri), la principale cima dell’omonimo gruppo montuoso, considerato da alcuni geografi come un’appendice del confinante catena dolomitica del Lagorai. Nei pressi della piccola chiesetta di San Michele, costruita nel 1965 quale pertinenza di una vicina colonia montana, si lascerà la strada che risale la valle per deviare sulla stradina che ricondurrà sull’altopiano del Brocon e a questo cambierà decisamente la musica. Da qui all’arrivo, infatti, si “danzerà” su una pendenza media dell’ordine del 9.2% e in particolare subito dopo la chiesetta inizierà un troncone di 4.3 Km al 10.1% durante il quale potrebbero inscenarsi veri e propri crolli verticali. Come dicevamo in apertura, non ci troviamo al confronto con Mortiroli o Zoncolani… ma con le energie oramai al lumicino se ne vedranno di tutti i colori. Anche se alla fine a risplendere sarà unicamente il rosa, la tinta che rivestirà il capoclassifica all’uscita da questo tappone, la stessa dell’erica carnea che ammanta l’altopiano circostante il traguardo.

Mauro Facoltosi

Il Passo del Brocon e l’altimetria della diciassettesima tappa (www.visitvalsugana.it)

Il Passo del Brocon e l’altimetria della diciassettesima tappa (www.visitvalsugana.it)

I VALICHI DELLA TAPPA

Passo Sella (2213 metri). Chiamato anche Sellajoch, è una larga sella aperta tra i gruppi del Sasso Lungo e del Sella. Vi sorge l’omonimo rifugio e vi transita la SS 242 “di Val Gardena e Passo Sella” sul versante che da Selva di Val Gardena sale alla Sella di Col de Toi per poi scendere a Canazei.

Sella di Col de Toi (2244 metri). Valicata dalla SS 242 “di Val Gardena e Passo Sella” tra Selva di Val Gardena e Canazei, è l’ascesa che tradizionalmente è indicata sulle cartine del Giro come “Passo Sella”, anche se in realtà il passo in questione si trova 31 metri più in basso, sul versante gardenese. Il Giro l’ha inserita 17 volte nel tracciato, la prima in occasione della tappa Pieve di Cadore – Ortisei del 1940, con Bartali in testa al passo e poi primo al traguardo. Nei successivi 84 anni questo valico è stato conquistato due volte da Fausto Coppi (1952 e 1953), unico a fare il bis e successivamente dal trentino Claudio Michelotto (1969), dal parmense Luciano Armani (1970), dallo spagnolo Andrés Gandarias (1976), dall’elvetico Ueli Sutter (1977), dal bergamasco Alessandro Paganessi (1983), dai francesi Laurent Fignon (1984) e Jean-Claude Bagot (1987), dal modenese Maurizio Vandelli (1989), dal colombiano José Jaime González (1997), dal romagnolo Marco Pantani (1998), dal trentino Gilberto Simoni (2000), dal colombiano Ruber Marín (2002), dal venezuelano José Rujano (2005) e dallo spagnolo David López García nel 2016, l’anno dell’ultimo passaggio, avvenuto nel corso della tappa Alpago – Corvara in Badia (vinta dal colombiano Esteban Chaves).

Passo di Rolle (1970 metri). Depressione prativa aperta tra i monti Cavallazza e Castellazzo, funge da partiacque tra la Val Cismon (Primiero) e la Val Travignolo. Vi transita la SS 50 “del Grappa e del Passo Rolle” tra Paneveggio e San Martino di Castrozza ed è quotato 1972 sulle cartine ufficiali del Giro. Dal 1937, anno della prima scalata (nella leggendaria tappa di Merano citata nell’articolo) a oggi è stato inserito 25 volte nel percorso. Oltre a conquistare questa salita nel 1937, Gino Bartali è tornato a transitare per primo in vetta al Rolle nel 1939, nel 1946 e nel 1949; dopo il toscano nell’albo d’oro del passo figurano il varesino Bernardo Rogora (1938), il francese Jean Robic (1950), il biellese Giancarlo Astrua (1954), il toscano Gastone Nencini (1955, 1957), il lussemburghese Charly Gaul (1956, 1959), gli abruzzesi Vincenzo Meco (1962, tappa interrotta in vetta al Rolle per l’impossibilità di raggiungere il traguardo di Moena a causa della neve) e Vito Taccone (1963, 1964), gli spagnoli Aurelio González (1967), Santiago Lazcano (1974) e Faustino Fernández (1977), l’elvetico Ueli Sutter (1978), lo spagnolo Pedro Muñoz (1986), i colombiani Nelson Rodríguez (1991) e Freddy Excelino González (2001, 2003), il venezuelano Carlos José Ochoa (2009) e l’abruzzese Giulio Ciccone nel 2019, l’anno dell’ultima scalata, avvenuta nel corso della tappa Feltre – Croce d’Aune / Monte Avena, conquistata dallo spagnolo Pello Bilbao. Il Rolle era previsto anche nel tracciato della Trento – Marmolada del 1969, interrotta a causa del maltempo.

Passo di Gobbera (988 metri). Quotato 985 metri sulle cartine del Giro 2024, vi transita la Strada Provinciale 79 “del Passo Brocon” tra Imer e Canal San Bovo, in corrispondenza dell’omonimo abitato. Il Giro d’Italia vi è transitato cinque volte tra il 1955 e il 1967, sempre in tappe che presentavano anche la scalata al Passo del Brocon. Solamente nel 1956, durante la storica tappa del Monte Bondone, ci fu il traguardo del GPM, al quale transitò in testa il laziale Bruno Monti.

Passo del Brocón (1615 metri). Valicato dalla Strada Provinciale 79 “del Passo Brocon” tra Canal San Bovo e Castello Tesino, è stato scalato cinque volte al Giro d’Italia, la prima durante la tappa Cortina d’Ampezzo – Trento del Giro del 1955, vinta dal corridore francese d’origine italiana Jean Dotto, che è stato anche il primo a “battezzare” questo valico. La scalata più celebre rimane quella dell’anno successivo, quando il Brocon costituì la penultima difficoltà del tremendo tappone che da Merano condusse al Monte Bondone, dove la pioggia che aveva imperversato tutta la giornata si trasformò in neve: storica divenne così la vittoria di Charly Gaul, ma pochi ricordano che una novantina di chilometri prima anche sul Brocon era transitato per primo il lussemburghese. Ci si tornerà anche nel 1957, quando il passo trentino fu inserito nel finale della tappa Trento – Levico Terme e anche in questo caso sarà Gaul ha fare l’en plein portandosi a casa il GPM e la vittoria di tappa. Nel 1959 sarà il trevigiano Vito Favero a transitare per primo in vetta al Brocon, stavolta inserito nelle fasi iniziali del tappone dolomitico Trento – Bolzano che, nonostante le salita (c’era anche il Rolle), terminò senza lotta tra i favoriti e con la vittoria di un velocista, lo spagnolo Miguel Poblet, che allo sprint ebbe la meglio sul belga Rik Van Looy e sullo stesso Favero. Risale, infine, al 1967 l’ultimo passaggio sul Brocon che, come in occasione del transito del 1955, fu affrontato nel corso di una frazione che da Cortina d’Ampezzo portava fino a Trento: qui colse la vittoria il parmense Vittorio Adorni, mentre lasciò la sua firma sul passo lo scalatore spagnolo Vicente López Carril.

Sella Castello Tesino (861 metri). Coincide con l’omonimo centro, situato nell’insellatura che separa il Colle di Sant’Ippolito dal Monte Picosta.

Colle di Malga Marande (1600 metri). Valicato dalla Strada Provinciale 79 “del Passo Brocon” tra Castello Tesino e il Passo del Brocon. Si trova nei pressi del luogo dove si concluderà la tappa.

Nota. Il testo di riferimento è “Valichi stradali d’Italia” di Georges Rossini (editore Ediciclo).

CIAK SI GIRO

Si è trattato di uno dei set più alti della storia del cinema e a raggiungerlo non è stata una troupe nostrana ma nientemeno che una produzione hollywoodiana. Stiamo parlando del Passo Sella (o, per meglio dire, la Sella di Col de Toi), che nel 2003 fu immortalato nel film “The italian job”, rifacimento di una pellicola britannica del 1969 dallo stesso titolo, da noi uscita come “Un colpo all’italiana” (mentre il titolo del film del 2003 rimase in inglese). L’oggetto delle due trame era un colpo milionario che nel film del 1969 aveva come bersaglio un furgone portavalori carico d’oro per un valore di 4 milioni di dollari, in viaggio sulle strade di Torino verso la sede della FIAT. L’oro costituirà anche il bottino della colossale rapina del film girato nel 2003, ma stavolta non si troverà in viaggio, ma in una cassaforte conservata in un palazzo di Venezia, dal quale la banda riuscirà a trafugarla in maniera rocambolesca, riuscendo a svuotarla sott’acqua in mondo da eludere la polizia. Effettuato il colpo l’azione si trasferisce ad un imprecisato passo innevato al confine con l’Austria, dove i due gruppi della banda che avevano contribuito alla realizzazione del colpo si separano. In realtà, dopo una precedente scena girata presso la diga del Lago di Fedaia, quel che si vede nel film è il Passo Sella, anche se non è immediatamente riconoscibile e non soltanto perché ne viene proposta un’inquadratura invernale, con le alture circostanti ricoperte da una pesante coltre nevosa. Terminate le riprese del film, in fase di montaggio si decise inspiegabilmente di ribaltare le sequenze che mostrano il Passo Sella dall’alto mediante un drone, come se la scena fosse riflessa su di uno specchio. Curiosamente, i primi piani sugli attori in scena in vetta al passo furono trasmessi senza alcune manomissione. Rimandiamo al link sottostante per la dimostrazione di tale “ribaltamento”

In collaborazione con www.davinotti.com

Il Passo Sella “ribaltato” come appare dall’alto nel film “The Italian Job” (www.davinotti.com)

Il Passo Sella “ribaltato” come appare dall’alto nel film “The Italian Job” (www.davinotti.com)

La scena girata con gli attori non fu oggetto di modifiche (www.davinotti.com)

La scena girata con gli attori non fu oggetto di modifiche (www.davinotti.com)

Le altre location del film citato

https://www.davinotti.com/forum/location-verificate/the-italian-job/50004255

FOTOGALLERY

Passo Sella

Canazei, chiesa di San Floriano

Le Torri del Vajolet

Vigo di Fassa, chiesa di Santa Giuliana

Predazzo, Stadio del salto Giuseppe Dal Ben

Forte Buso

Uno scorcio della Foresta di Paneveggio

Passo Rolle e Pale di San Martino

San Martino di Castrozza, chiesa dei Santi Martino e Giuliano

Fiera di Primiero, chiesa arcipretale dell’Assunta

Il monumento al culmine del Passo del Brocon

Pieve Tesino, casa natale di Alcide De Gasperi

Val Malene, chiesetta di San Michele

CAOS ALLA PARTENZA, POI POGACAR FA LO SHOW ANCHE IL VAL GARDENA

Il maltempo ed i continui tagli al percorso della sedicesima tappa non preoccupano più di tanto Tadej Pogacar (UAE Team Emirates) che sferra un attacco mortifero a meno di 2 km dall’arrivo del Monte Pana e va a vincere ancora una volta in solitaria per la quinta volta in questo Giro 2024

La sedicesima tappa del Giro d’Italia doveva essere una delle più spettacolari dell’edizione 2024 ma il triplice taglio del percorso che vedeva prima il taglio dello Stelvio, poi quello dell’Umbrell Pass ed infine la partenza in piano nientepopodimenoche da Lasa per un maltempo neanche troppo accentuato ha fatto storcere il naso agli appassionati. Il ciclismo forse non è più quello dei tempi eroici e neanche quello del Gavia ‘88 ma la nouvelle vague della cantilena sulla sicurezza dei ciclisti è ormai un mantra che siamo costretti ad ascoltare quasi quotidianamente. Andiamo perciò avanti e limitiamoci perciò alla semplice cronaca della tappa odierna. Come detto si parte da Laas e si arriva al Monte Pana dopo 118.7 km. Il Passo Pinei ma soprattutto gli ultimi 2 km verso il Monte Pana con pendenze spesso e volentieri in doppia cifra sarano decisivi per la vittoria della tappa che poteva arridere agli uomini da fuga e invece con il nuovo percorso appare molto più favorevole ai big di classifica, con Tadej Pogacar (UAE Team Emirates) in pole position per la quinta vittoria al Giro 2024. La fuga di giornata ha visto protagonisti quattro ciclisti, partiti dopo una trentina di km: Julian Alaphilippe (Team Soudal Quick Step), Mirco Maestri (Team Polti Kometa), Andrea Piccolo (Team EF Education EasyPost) e Davide Ballerini (Team Astana Qazaqstan). Il Team Movistar ha controllato la fuga nel lungo falsopiano che precedeva la salita verso Bolzano. All’inizio del Passo Pinei Alaphilippe aveva qualche secondo di vantaggio su Ballerini, Maestri e Piccolo. Con uno sforzo immane Alaphilippe riusciva a vincere il gpm di Passo Pinei posto al km 106.7 ed era il primo ad affrontare in testa la salita finale vesro il Monte Pana. Una volta ripreso dal gruppo grazie al forcing dell’UAE Team Emirates, si segnalava un nuovo attacco di Cristian Scaroni (Team Astana Qazaqstan), Ewen Costiou (Team Arkea B&B Hotels) e Giulio Pellizzari (Team VF Group Bardiani CSF Faizanè) a circa 14 km dalla conclusione. Il terzetto di testa si avvantaggiava di una ventina di secondi sul gruppo maglia rosa tirato sempre dall’UAE Team Emirates. A poco più di 1 km dall’arrivo Tadej Pogacar rompeva gli indugi e si involava da solo riprendendo prima Scaroni e poi Costiou. L’ultimo ad arrendersi alla furia del campione sloveno era Pellizzari che veniva ripreso e superato a circa 300 metri dalla conclusione, in uno dei tratti più duri della salita finale. Pogacar andava a vincere in solitaria con 16 secondi di vantaggio su Pellizzari che nello sprint per il secondo posto aveva la meglio su Daniel Martinez (Team BORA Hansgrohe). Chiudevano la tip five Scaroni in quarta posizione e Antonio Tiberi (Team Bahrain Victorious) in quinta posizione, rispettivamente a 31 e 33 secondi di ritardo da Pogacar. SI segnalava anche la crisi di Geraint Thomas (Team INEOS Grenadiers) e Ben O’Connor (Team Decathlon AG2r La Mondiale), addirittura fuori dalla top ten a 49 secondi di ritardo da Pogacar che ottiene la quinta vittoria al Giro 2024 ormai messo in cassaforte, avendo adesso oltre 7 minuti da gestire sugli immediati inseguitori, ovvero Martinez e Thomas. Domani a meno di sorprese è in programma la diciassettesima tappa da Selva di Val Gardena al Passo Brocon di 159 km e soprattutto con cinque gpm, l’ultimo dei quali decisamente impegnativo visto che è un prima categoria di 12 km al 6.4% e con una parte centrale molto dura. La fuga dovrebbe essere favorita ma con un Pogacar in queste condizioni mai dire mai.

Antonio Scarfone

Tadej Pogacar vince sul Monte Pana (foto: Dario Belingheri/Getty Images)

Tadej Pogacar vince sul Monte Pana (foto: Dario Belingheri/Getty Images)

STELVIO ALL’ANGOLO, ATTENZIONE!!!

Gli organizzatori del Giro l’hanno messo in angolo, ma arrivare sino ai 2758 metri del Passo dello Stelvio non è mai una passeggiata. Anche se i “girini” dovranno affrontarlo a soli 34 Km dal via, i suoi 20 Km potrebbero rimanere nelle gambe e farsi sentire nel finale di gara, quando ci si dovrà arrampicare verso il Passo Pinei – la salita più chilometrica di questa edizione – e il successivo arrivo in quota in Val Gardena.

NOTA: Al posto della salita dello Stelvio si affronterà quella del Giogo di Santa Maria (16.7 Km al 7.2%), con scollinamento a quota 2500 metri e successiva discesa in territorio elvetico verso la Val Monastero. Rientrati in Italia attraverso il valico doganale di Tubre, si riprenderà il percorso originariamente prestabilito all’altezza di Spondigna. La salita al Giogo (noto anche come Umbrailpass) coincide fino a 200 metri dallo scollinamento con quella dello Stelvio, del quale non si percorreranno gli ultimi 3 Km a causa del divieto di transito imposto dalle autorità altoatesine per il rischio di valanghe

Verrebbe quasi da dire che lo Stelvio quest’anno gli organizzatori l’hanno messo in castigo, relegato in un angolo, e a vedere l’altimetria della seconda tappa alpina gli appassionati di percorsi più critici l’hanno marchiata come la frazione peggio disegnata del Giro 2024. Ma sarà davvero così? Anche se confinata a inizio tappa, a 50 Km dalla partenza e a 150 Km dall’arrivo, rimane pur sempre una salita di 20 Km al 7% che porterà i corridori fino a 2758 metri di quota e potrebbe rimanere nelle gambe al momento d’affrontare le due salite previste nel finale, soprattutto se qualcuno decidesse di aprire il gas magari già sul Pinei, che è la più lunga tra le salite inserite nel tracciato del Giro di quest’anno, anche se nel grafico altimetrico pare quasi sfigurare al confronto del più svettante Stelvio. Ecco così che al traguardo gardenese alcuni tra i favoriti potrebbero pagare un pesante dazio, di certo più salato di quel che lascerebbe intuire il tracciato.
E poi ci sarà da tenere in considerazione anche l’effetto boomerang indotto in alcuni dal giorno di riposo, che da un lato permette di rifiatare e ricaricare le “pile” e dall’altro si ritorce contro quei corridori che lo subiscono, perché c’è chi soffre questa sosta e il successivo momento nel quale ci si deve rimettere in sella, ritrovando a fatica il ritmo di gara spezzato da queste soste. Per questi corridori i danni rischiano di essere maggiori se si riparte proprio con una tappa d’alta montagna e ci sono diversi precedenti che mettono loro i “brividi”, come quello della debacle di Bugno e Chiappucci al Tour del 1993: erano al via della corsa francese inseriti nel novero dei grandi favoriti – il primo con indosso per il secondo anno consecutivo la maglia iridata, il secondo autore dodici mesi prima della fantastica impresa nel tappone del Sestiere – ma entrambi crollarono di schianto nella prima nella prima frazione alpina, disputata all’indomani del riposo, che prevedeva i mitici colli del Glandon e del Galibier e che li vide tagliare il traguardo di Serre Chevalier con un ritardo di quasi 10 minuti.
Tra l’altro in questa tappa non ci saranno da scavalcare solo lo Stelvio e le due salite finali perché in partenza bisognerà tornare ai 2210 metri del Passo d’Eira, 4.7 Km al 6.3% scavalcati i quali i “girini” saranno a Trepalle, il secondo centro abitato più elevato della catena alpina dopo il borgo elvetico di Juf, nel quale alla fine degli anni ’40 risiedeva Don Alessandro Parenti, energico parroco che ispirò a Giovanni Guareschi la figura di Don Camillo, il protagonista dei quattro romanzi che lo scrittore emiliano pubblicò tra il 1948 e il 1969 e che furono “tradotti” in cinque celebri film. Superata anche la cima del vicino Passo del Foscagno (4 Km al 6.5%) la corsa uscirà dai confini della zona franca di Livigno per planare verso Valdidentro, comune nel cui territorio ricadono le sorgenti del Fiume Adda e i due laghi artificiali di Cancano, costruiti tra il 1928 e il 1950 e in tempi recenti scoperti dal grande ciclismo grazie all’arrivo di una tappa del Giro d’Italia del 2020 e l’anno precedente di una frazione della Corsa Rosa riservata alle donne, vinte rispettivamente dall’australiano Jai Hindley e dall’olandese Annemiek van Vleuten.
Giunti alle porte di Bormio il gruppo volgerà le ruote in direzione dello Stelvio, che sarà così affrontato dal versante meno impegnativo percorrendo i tornanti della Spondalunga “disegnati” da Carlo Donegani, l’ingegnere bresciano al quale Francesco II d’Asburgo affidò nel 1818 l’incarico di rendere carrozzabile la vecchia mulattiera che raggiungeva il passo più alto d’Italia. In discesa si percorrerà il versante più celebre, consacrato il primo giugno del 1953 da una delle più mitiche imprese di Fausto Coppi che, nell’anno del debutto dello Stelvio nel percorso del Giro, riuscì a ribaltare a suo favore un’edizione della corsa che per lui sembrava compromessa e detronizzare l’elvetico Hugo Koblet, che alla partenza da Bolzano vestiva la maglia rosa con quasi 2 minuti di vantaggio sul “Campionissimo”. Percorsa la parte più “spigolosa” della discesa, che prevede ben 45 tornanti, i corridori saranno sulle strade di Trafoi, paese natale di Gustav Thöni – uno tra i più forti sciatori italiani della storia – e meta di pellegrinaggi diretti al santuario delle Tre Fontane Sacre, uno dei più antichi dell’Alto Adige, costruito nel 1229 in luogo ritenuto sacro fin dall’epoca dei druidi, che qui svolgevano la cerimonia del passaggio delle consegne ai novizi.
Terminata la discesa inizierà una lunga fase totalmente priva di ostacoli, quasi 90 Km tra pianura e leggere planate percorrendo la Val Venosta, dove il corso del fiume Adige farà da compagno di viaggio dei corridori. Il primo centro della valle toccato dalla corsa sarà Lasa, conosciuto per l’estrazione di una varietà di marmo piuttosto duro e resistente alle intemperie e le cui cave sono accessibili al pubblico in occasione d’interessanti visite guidate. Un primo scalino in discesa precederà il passaggio da Silandro, il capoluogo della valle presso il quale si erge il rinascimentale Schlandersburg, castello seicentesco che oggi accoglie la biblioteca comunale. Decisamente più famoso è il maniero ai cui piedi si transiterà una ventina di chilometri più avanti quando, all’altezza dell’imbocco della Val Senales – fino a qualche anno meta conosciuta tra gli amanti dello sci estivo, praticato fin quando le condizioni lo consentivano sul ghiacciaio del Giogo Alto – si costeggerà la rupe sulla quale si staglia Castel Juval, divenuto una vera e celebrità della valle da quando nel 1983 l’alpinista Reinhold Messner, originario di Bressanone, l’ha acquistato per farne la sua residenza estiva e la prima delle sei sedi del suo personale museo delle montagne (in questa sono esposti in particolare dipinti e cimeli di antichi popoli per i quali la montagna era considerata al pari di una divinità).
Un secondo e ultimo tratto in discesa s’incontrerà in corrispondenza della gola di Tell, all’uscita dalla quale un tempo il transito dei viandanti era sorvegliato da Castel Foresta, oggi abitato dai proprietari del vicino birrificio Forst, uno dei più noti d’Italia, fondato nel 1857. Giunti alle porte di Merano, i “girini” bypasseranno il capoluogo del cosiddetto Burgraviato seguendo la strada che li condurrà a Lana, località di villeggiatura situata all’imbocco della Val d’Ultimo e presso il quale si trova il Palazzo dell’Ordine Teutonico, la cui biblioteca accoglie gli oltre 60000 volumi raccolto nei secoli da questo istituto ospedaliero, fondato nel 1190 in Terra Santa da mercanti originari di Lubecca e Brema con il nome di “Fratelli della Casa Tedesca della Santa Maria di Gerusalemme” e successivamente stabilitosi a Bolzano, dove ancora oggi opera nel campo dell’assistenza agli anziani e agli studenti universitari.
Superato il corso dell’Adige si proseguirà lungo la sponda orientale del fiume in direzione di Bolzano, dove il gruppo lambirà il centro storico del capoluogo del Sud Tirolo, transitando a due passi dal duomo intitolato all’Assunta, edificio gotico le cui lontane origini paleocristiane furono riscoperte grazie ai lavori di restauro iniziati nel 1948 e resi necessari dai bombardamenti alleati di quattro anni prima, lavori che permisero di riportare alla luce le fondamenta di tre preesistenti chiese. Imboccata la valle dell’Isarco si dovranno percorrere ancora circa 8-9 Km di strada facile prima di salutare la pianura e imboccare l’interminabile ascesa verso il Passo di Pinei. Come dicevamo sarà la più lunga tra quelle inserite nel tracciato del Giro 2024, anche se il numero della sua pendenza complessiva – che risulta del 4.7% su quasi 24 Km – può non suscitare particolari timori. In realtà è molto più dura del previsto per via del suo andamento a “corrente alternata” e, se qualche corridore volesse provarci fin dall’inizio, potrebbe trovare terreno fertile per un attacco fruttuoso nei 7 Km iniziali al 7.3%, al termine dei quali i corridori raggiungeranno il panoramico altopiano dello Sciliar, frequentato per particolari cure termali nelle quali non si utilizza il potere terapeutico di acque e fanghi, bensì del fieno, nel quale immergersi per stimolare il sistema immunitario e per risolvere nevralgie, reumatismi, tensioni muscolari e stress. L’attraversamento dell’altopiano coinciderà con la fase intermedia della salita, che prenderà un aspetto pianeggiante per 6 Km fino allo strappo di 2.6 Km al 5% che termina in corrispondenza del bivio per l’Alpe di Siusi e che è seguito da una breve discesa e da ultimo tatto in quota. Attraversata Castelrotto – il comune più popoloso dell’area dolomitica (quasi 7000 abitanti) presso il quale si possono ammirare le facciate affrescate della liberty Villa Felseck, dal 1983 inserita nell’elenco dei monumenti storici – si giungerà ai piedi dell’ultima parte della salita, che in 5.5 Km al 7.2% raggiunge i 1442 metri del Passo Pinei, porta d’accesso secondaria alla Val Gardena, verso la quale si pedalerà affrontando una discesa di 4.2 Km al 6.8%. Non ci sarà il tempo per rifiatare perché subito si riprendere a salire, inizialmente senza incontrare grandi difficoltà perché l’ascesa – 7.6 Km al 6.1% – è di quelle che si possono definire “double face”, con una prima parte tenera e una seconda decisamente più “cattiva”. Quasi pianeggiante sarà l’attraversamento di Ortisei, località conosciuta non soltanto come meta di villeggiatura ma anche per le botteghe artigiane nelle quali si realizzano sculture in legno, poi le inclinazioni prendono lentamente a lievitare percorrendo la statale verso l’alta valle, dove si trova la celebre stazione di sport invernali di Selva di Val Gardena, che non sarà però raggiunta dal percorso di gara. Si lascerà, infatti, la statale di fondovalle una volta giunti nel centro di Santa Cristina, presso la quale si trova il rinascimentale Castel Gardena, maniero oggi di proprietà della nobile famiglia tra i cui esponenti c’è l’ancora vivente baronessa Afdera Franchetti, principalmente conosciuta per esser stata una vera e propria “regina del jet set”, quarta moglie dell’attore statunitense Henry Fonda. Con il cambio di scenario a mutare sarà anche la musica perché si andranno ad imboccare gli ultimi 2000 metri verso l’altopiano del Monte Pana, nei quali le pendenze torneranno a mordere, con la media che schizzerò ben al di sopra del 10%: e tra quei famelici denti potrebbe esserci ancora un canino del lontano Stelvio….

Mauro Facoltosi

Vista di Santa Cristina Valgardena e l’altimetria della sedicesima tappa (www.outdooractive.com)

Vista di Santa Cristina Valgardena e l’altimetria della sedicesima tappa (www.outdooractive.com)

I VALICHI DELLA TAPPA

Passo Eira (2208 metri). Quotato 2210 metri sulle cartine del Giro 2024, è valicato dalla Strada Statale 301 “del Foscagno” tra Livigno e Trepalle. Il Giro d’Italia finora vi è transitato quattro volte, la prima nel finale della tappa Parabiago – Livigno del 1972, vinta da Eddy Merckx, che vide il grande rivale del belga in quell’edizione, lo spagnolo José Manuel Fuente, transitare in testa sull’Eira. Non ci fu GPM in vetta al passo, invece, nel finale della Egna – Livigno del 2005, vinta da colombiano Iván Parra. L’ultimo passaggio ufficiale risale al 2010, quando l’australiano Matthew Lloyd conquistò questa vetta durante la tappa Bormio – Ponte di Legno / Passo del Tonale del Giro del 2010, vinta dall’elvetico Johann Tschopp. Poche ore prima, infine, vi è transitata la tappa di Livigno durante l’ascesa finale al Mottolino.

Passo di Foscagno (2291 metri). Quotato 2281 metri sulle cartine del Giro 2024 è valicato dalla Strada Statale 301 “del Foscagno” fra Trepalle e Valdidentro e funge da spartiacque tra il bacino del Po (Adda) e del Danubio (Inn). In occasione delle pocanzi citate tappe del Giro d’Italia a transitare per primi in vetta al passo sono stati Fuente, Parra e il frusinate Stefano Pirazzi.

Passo dello Stelvio (2758 metri). Valicato dalla Strada Statale 38 “del Passo Stelvio” tra Bormio e Trafoi, costituisce il punto più elevato della rete stradale italiana. Nella speciale classifica dei valichi carrozzabili più alti d’Italia precede di una manciata di metri il franco-piemontese Colle dell’Agnello (2748m) mentre estendendo la lista anche ai valichi ciclabili su sterrato scende all’ottavo posto (il record è detenuto dai 3000 metri del Colle Sommeiller Est, situato in Piemonte, nei pressi di Bardonecchia). Lo Stelvio è stato regolarmente affrontato tredici volte al Giro, mentre in cinque occasioni (1967, 1984, 1988, 1991 e 2013) la corsa è stata respinta dalla neve. Storica la prima scalata, nella tappa Bolzano – Bormio, che consentì a Fausto Coppi, primo in vetta e al traguardo, di imporsi nel suo quinto e ultimo Giro d’Italia (1953). Gli altri corridori a tagliare in testa lo Stelvio sono stati: Aurelio Del Rio nel 1956 (Sondrio – Merano, vinta da Cleto Maule); il lussemburghese Charly Gaul nella Trento – Bormio del 1961 (da lui vinta); Graziano Battistini che nel 1965 si impose proprio sul passo, dove si decise di stabilire un traguardo d’emergenza perché la neve non permise di completare la Campodolcino – Solda; gli spagnoli José Manuel Fuente nel 1972 (tappa Livigno – Passo dello Stelvio) e Francisco Galdós nella storica tappa conclusiva del Giro del 1975 (Alleghe – Passo dello Stelvio), con il duello tra il corridore iberico e la maglia rosa Fausto Bertoglio; il francese Jean-René Bernaudeau nella Cles – Sondrio del 1980, che poi vinse davanti al capitano Bernard Hinault; Franco Vona nella non meno storica Merano – Aprica del 1994, la tappa che lanciò Marco Pantani nell’olimpo dei grandi; il colombiano Josè Rujano durante la Egna – Livigno del 2005, vinta dal connazionale Iván Ramiro Parra Pinto; il belga Thomas De Gendt al termine della tappa Caldes – Passo dello Stelvio dell’edizione 2012; Dario Cataldo nel corso della tappa Ponte di Legno – Val Martello del 2014, vinta dal colombiano Nairo Quintana; lo spagnolo Mikel Landa nel 2017, durante la Rovetta – Bormio, che fu l’unica tappa di quell’edizione vinta da un italiano (Vincenzo Nibali) mentre l’ultimo corridore ad aver avuto l’onore di inserire lo Stelvio nel suo palmares è stato l’australiano Rohan Dennis nel 2020, quando la mitica salita fu affrontata nel finale della tappa che da Pinzolo conduceva ai Laghi di Cancano, vinta dal britannico Tao Geoghegan Hart. Nel 2010 vi si è conclusa, prima volta nella storia, anche una tappa del Giro Donne, conquistata dalla statunitense Mara Abbott, che si è imposta anche nella classifica finale.

Sella di Fiè allo Sciliar (859 metri). Vi sorge l’omonimo abitato. Il Giro d’Italia vi è transitato l’ultima volta nel 2000, durante la tappa Selva di Val Gardena – Bormio vinta dal trentino Gilberto Simoni.

Sella di Telfen (1090 metri). Si trova nei pressi dell’omonima località ed è attraversata dalla Strada Provinciale 24 tra Siusi e Castelrotto, all’altezza del bivio per l’Alpe di Siusi. Il Giro vi è transitato l’ultima volta nel 2017, durante la tappa Moena – Ortisei (vedi sotto).

Passo di Pinei (1442 metri). Quotato 1437 metri sulle cartine del Giro 2024, è chiamato anche Panider Sattel ed è valicato dalla Strada Provinciale 64 tra Castelrotto e Ortisei. Il Giro l’ha affrontato tre volte come GPM, la prima nel 1991 subito dopo la partenza della tappa Selva di Val Gardena – Passo Pordoi (vinta da Franco Chioccioli), quando questo traguardo della montagna fu conquistato dal corridore basco Iñaki Gastón. Nel 1997 vi si salì dallo stesso versante di questa (imboccandolo, però, già in quota) nel corso della tappa Predazzo – Falzes (vinta dallo spagnolo José Luis Rubiera), quando a transitare per primo in vetta fu il colombiano José Jaime “Chepe” González. L’ultimo a lasciare la firma sul Pinei è stato lo spagnolo Mikel Landa nel 2017, nel finale della citata tappa Moena – Ortisei). Vi si salì anche nel 2000, pochi chilometri dopo la partenza della Selva di Val Gardena – Bormio, tappa pure pocanzi menzionata, ma in quell’occasione il passaggio non fu considerato valido per la classifica degli scalatori.

Nota. Il testo di riferimento è “Valichi stradali d’Italia” di Georges Rossini (editore Ediciclo).

CIAK SI GIRO

Nel dicembre del 2022 ci ha lasciato uno dei grandi del cinema italiano, Lando Buzzanca. L’attore siciliano, noto in particolare per il film del 1971 “Il merlo maschio” (un titolo che per lui divenne negli anni quasi un inscindibile soprannome), debuttò nel 1953 nel colossal “Ben Hur”, dove interpretò non accreditato un ruolo marginale (uno schiavo nel deserto) e fino al 2019 ha girato qualcosa come 113 film, conteggiando anche serie concepite per la televisione come “Il restauratore”, della quale furono prodotte due stagioni. La sua carriera l’ha portato in giro per l’Italia e non solo (per “Il pupazzo” emigrerà fin nel lontano Messico) e tra i luoghi che ha avuto l’occasione di calcare ci fu anche la Val Venosta, che i partecipanti al Giro percorreranno tra lo Stelvio e la Val Gardena. L’anno fu il 1975, quando il regista romano Lucio Fulci lo scelse per il ruolo del protagonista del film “Il cav. Costante Nicosia demoniaco, ovvero: Dracula in Brianza”, pellicola della quale lo stesso Fulci aveva scritto la sceneggiatura, ispirato dal successo ottenuto l’anno precedente da Mel Brooks con il celebre “Frankenstein Junior“. Buzzanca interpretò ovviamente il cavalier Nicosia, superstizioso industriale brianzolo che durante un viaggio d’affari in Romania conoscerà nientemeno che il conte Dracula, che qui si chiama Dragulescu ed è interpretato dal britannico John Steiner. Il conte finirà per azzannare al collo il Nicosia, che suo malgrado si ritroverà vampirizzato e assetato di sangue, al punto da iniziare una serie di tragicomiche avventure che lo porteranno dal truffaldino Mago di Noto (è l’indimenticato Cicco Ingrassia), convinto che si tratti di una maledizione scagliatagli da una zia, e poi da un “collo” all’altro, sempre alla ricerca di quel sangue che poi gli darà l’idea di istituire in azienda un’emoteca per averne sempre a disposizione. Nonostante il titolo, il film non fu per nulla girato in Brianza pur trovarsi in Lombardia quasi tutte le location che si vedono nella pellicola, la principale delle quali è ovviamente la fabbrica di dentrifici del Nicosia, in realtà la nota azienda cosmetica Avon di Olgiate Comasco. Per quanto riguarda le scene ambientate presso il castello di Dracula si preferì, invece, risparmiare sulla trasferta fino in Romania, scegliendo di girate in teatri di posa romani le scene in interni, mentre per gli esterni si optò sull’altoatesino Castel Juval, che all’epoca ancora non era stato acquistato da Reinhold Messner.

In collaborazione con www.davinotti.com

Castel Juval inquadrato nel film ”Il cav. Costante Nicosia demoniaco, ovvero: Dracula in Brianza“ (www.davinotti.com)

Castel Juval inquadrato nel film ”Il cav. Costante Nicosia demoniaco, ovvero: Dracula in Brianza“ (www.davinotti.com)

Le altre location del film citato

https://www.davinotti.com/forum/location-verificate/il-cav-costante-nicosia-demoniaco-ovvero-dracula-in-brianza/50001343

FOTOGALLERY

Trepalle, Chiesa di Sant’Anna

Valdidentro, sorgenti del fiume Adda

Valdidentro, Laghi di Cancano

Passo dello Stelvio, tornanti della Spondalunga

Trafoi, santuario delle Tre Fontane Sacre

Lasa, turisti in visita alla Cava di Acqua Bianca

Silandro, Schlandersburg

Castel Juval

Foresta, Castel Foresta

Lana, Palazzo dell’Ordine Teutonico

Bolzano, duomo dell’Assunta

Castelrotto, Villa Felseck

L’altipiano dello Sciliar visto dalla salita di Passo di Pinei

Santa Cristina Valgardena, Castel Gardena

SAM BENNETT PADRONE ASSOLUTO DELLA QUATTRO GIORNI DI DUNKERQUE

maggio 20, 2024 by Redazione  
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Nei sei giorni della gara francese l’irlandese Sam Bennett non è mai sceso dal podio. Per lui 4 vittorie di tappa, un secondo e un terzo posto.Con uno score così ovvia la conquista della classifica generale e di quella a punti.Fausto Masnada si aggiudica la classifica degli scalatori.

Si è conclusa domenica la Quatre Jours de Dunkerque. La breve corsa a tappe francese, a dispetto del nome disputata in sei giornate, ha visto il predominio quasi assoluto dell’irlandese Sam Bennett (Decathlon AG2R La Mondiale Team), che ha esordito nella prima tappa con un terzo posto alle spalle di Milan Fretin (Cofidis) e Paul Hennequin (Nice Métropole Côte d’Azur). Il giorno dopo un’altra volata ha messo la parola fine alla seconda tappa. A primeggiare è stato l’irlandese, che si è così insediato in vetta alle due classifiche più importanti, quella generale e quella a punti, grazie al piazzamento nelle retrovie dei due corridori che lo hanno preceduto il giorno prima. A salire sul podio di giornata con il vincitore sono stati Paul Penhoët (Groupama – FDJ) e Sasha Weemaes (Bingoal WB). La terza tappa è stata ancora appannaggio del portacolori della Decathlon AG2R La Mondiale, che in volata si è imposto su Fretin e Amaury Capiot (Arkéa – B&B Hotels). La quarta tappa, una delle più temute per la presenza di quasi 20 Km da percorrere sul pavè, si è conclusa ancora in volata e ha visto il successo di Warre Vangheluwe (Soudal Quick-Step), ultimo “residuato” della fuga del mattino, ripreso proprio sulla linea d’arrivo da Bennett, che però si è dovuto accontentare del secondo posto, mentre terzo ha terminato Corbin Strong (Israel – Premier Tech).
Leggemente diversa è stata la conclusione della quinta tappa, la più impegnativa per via della salita verso Cassel da ripetere per ben 18 volte, anche se da versanti diversi. L’esigente circuito ha fatto si che a giocarsi la vittoria si siano presentati in tre con una manciata di secondi sugli inseguitori. A sorpresa a regolare il terzetto ci ha pensato Bennett che si è messo dietro Penhoët e Jenno Berckmoes (Lotto Dstny). Dopo 3″ Luca Van Boven (Bingoal WB) ha regolato un altro terzetto.
L’ultima tappa è stata ancora corsa nel segno del dominatore irlandese poichè nella volata finale di Dunkerque il primo è ancora stato il portacolori della Decathlon AG2R La Mondiale. Stavolta le posizioni di rincalzo sono andate a Weemaes e Pascal Ackermann (Israel – Premier Tech).
Con la conclusione dell’ultima tappa è così iniziata la lunga teoria delle premiazioni finali. Protagonista assoluto è stato ovviamente Bennett che si è aggiudicato le due principali classifiche. In quella generale sono saliti sul podio con l’irlandese Penhoët e Berckmoes, ovvero i protagonisti della decisiva quinta tappa. Nella classifica a punti il solito Bennett ha preceduto con ben 47 punti di distacco il vincitore della prima tappa Milan Fretin e Paul Penhoët, entrambi classificati con il medesimo punteggio.
Per la sparuta pattuglia italiana presente nel nord della Francia, onori e gloria per Fausto Masnada. Il portacolori della Soudal Quick-Step si è portato a casa la classifica dei GPM, per la quale nei primi giorni si era alternati in vetta i francesi Gwen Leclainche (Philippe Wagner/Bazin) e Maxime Jarnet (Van Rysel – Roubaix). Tutto questo ha avuto fine alla quinta tappa, quando il bergamasco si è insediato al primo posto, anche se ai due “galletti” è rimasta la soddisfazione di salire comunque sul podio. Per quanto riguarda le altre classifiche accessorie Penhoët ha vinto quella riservata ai giovani precedendo di soli 3 secondi Berckmoes, mentre la migliore tra le 18 squadre al via è stata la belga Lotto Dstny

Mario Prato

Sam Bennett vince la tappa regina della 4 Giorni di Dunkerque (Getty Images)

Sam Bennett vince la tappa regina della 4 Giorni di Dunkerque (Getty Images)

UN MONUMENTALE POGACAR APPONE IL QUARTO SIGILLO NELLA TAPPA REGINA

Impresa dalla maglia rosa che attacca a 5 Km dalla vetta del Passo del Foscagno, riprende tutti i superstiti di una popolatissima fuga partita al mattino e taglia il traguardo braccia al cielo poco meno di tre minuti prima dei suoi diretti avversari in classifica generale, che ora accusano un ritardo davvero enorme. Giornata non positiva per gli italiani, tutti in crisi.

Alla vigilia della frazione odierna erano stati ipotizzati vari scenari tattici e quasi tutti prefiguravano un attacco della maglia rosa. Le differenze tra opinionisti ed appassionati riguardavano il punto che Tadej Pogacar (UAE Team Emirates) avrebbe scelto per l’attacco. I più romantici si erano spinti ad ipotizzare un attacco già dal Mortirolo, anche se il lungo fondovalle da affrontare dopo il termine della discesa portava ad escludere una simile soluzione. Le ipotesi più gettonate riguardavano un attacco sul Foscagno oppure un tentativo sulla salita finale divisa in due tronconi, il primo fino a Passo d’Eira e il secondo dal valico sino alla cima della pista da sci in località Mottolino.
Manco a dirlo, Pogacar ha scelto la seconda soluzione, scattando a circa 13 chilometri dall’arrivo e mettendo in scena uno spettacolo di raro pregio. Il ritmo del leader della classifica è stato elevatissimo, tanto da permettergli di recuperare, in pochissime pedalate, tutti i reduci della fuga di giornata e solo uno scalatore di razza come Nairo Quintana (Movistar), oggi in giornata di grazia, è riuscito a resistere sino alla prime rampe della salita finale.
Gli avversari di classifica hanno accusato distacchi molto pesanti, anche se va detto che ci hanno messo del loro, rallentando parecchio l’andatura dopo che Pogacar li aveva salutati, tanto da consentire a corridori staccati di rientrare agevolmente nel gruppetto.
La battaglia per il podio è andata in scena solo nel finale e a farne le spese è stato soprattutto Antonio Tiberi (Bahrain – Victorious), andato in crisi sulle accelerate nel finale (non può parlarsi di attacchi veri e propri); va detto, però, che il laziale ha stretto i denti ed è riuscito a conservare la quinta posizione e la maglia bianca per una manciata di secondi nei confronti di Tymen Arensman (INEOS), che ora si fa minaccioso dopo aver guadagnato quasi un minuto nei confronti di Tiberi.
Dopo questa mazzata sportiva e morale agli avversari, rimane da capire se Pogacar avrà ancora voglia di vincere, visto che ci sono almeno quattro tappe che, fuga permettendo, potrebbe portarsi a casa senza problemi (Monte Pana, Sappada, Passo Brocon e Bassano del Grappa).
La frazione ha visto sin da subito partire un attacco di 12 uomini – vale a dire Tobias Bayer (Alpecin-Deceuninck), Davide Ballerini (Astana Qazaqstan Team), Simone Velasco (Astana Qazaqstan Team), Harrison Wood (Cofidis), Laurence Pithie e Lewis Askey (Groupama-FDJ), Olivier Le Gac (Groupama-FDJ), Lilian Calmejane (Intermarché Wanty), Bert Van Lerberghe (Soudal Quick-Step), Caleb Ewan (Team Jayco – AlUla), Davide Bais (Team Polti Kometa) e Alessandro Tonelli (VF Group – Bardiani CSF – Faizanè) – che, dopo aver rapidamente guadagnato 3 minuti, si sono ritrovati ad essere seguiti da un foltissimo gruppo di atleti partiti sotto l’impulso di Simon Geschke (Cofidis), che indossava la maglia azzurra in prestito da Pogacar. Si forma quindi un gruppo di contrattaccanti popolato dal citato Geschke, Tobias Foss e Jhonatan Narváez (Ineos Grenadiers), Kaden Groves, Nicola Conci e Edward Planckaert (Alpecin-Deceuninck), Ewen Costiou, Michel Ries e Alessandro Verre (Arkéa-B&B Hotels), Christian Scaroni (Astana Qazaqstan Team), Jonas Koch e Maximilian Schachmann (Bora-hansgrohe), Enzo Paleni (Groupama-FDJ), Andrea Vendrame (Decathlon Ag2r La Mondiale Team), Jefferson Alexander Cepeda e Georg Steinhauser (EF Education-EasyPost), Kevin Colleoni (Intermarché Wanty), Andrea Bagioli, Juan Pedro López e Amanuel Ghebreigzabhier (Lidl-Trek), Lorenzo Milesi, Quintana, Will Barta e Pelayo Sánchez (Movistar Team), Julian Alaphilippe e Mauri Vansevenant (Soudal Quick-Step), Chris Hamilton e Gijs Leemreize (Team dsm-firmenich PostNL), Alessandro De Marchi e Luke Plapp (Team Jayco AlUla), Davide Piganzoli, Matteo Fabbro, Mattia Bais, Mirco Maestri e Francisco Muñoz (Team Polti Kometa), Jan Tratnik e Attila Valter (Team Visma | Lease A Bike), Matteo Trentin, Michael Storer e Florian Stork (Tudor Pro Cycling Team), Luca Covili, Filippo Fiorelli, Martin Marcellusi, Giulio Pellizzari e Manuele Tarozzi (VF Group – Bardiani CSF – Faizanè).
L’inseguimento dura parecchi chilometri e si concretizza solo lungo la salita inedita di Colle San Zeno. Nella discesa, però, c’è un nuovo frazionamento e si ritrovano davanti Bayer, Ballerini, Scaroni, Wood, Pellizzari e Tonelli, mentre alcuni atleti del gruppo inseguitore perdono contatto e il gruppo controlla, mantenendo il ritardo sui 3 / 4 minuti.
Sul Mortirolo, si avvantaggiano Scaroni e Pellizzari, sui quali si riporta Conci in vista del GPM.
Tra la discesa ed il successivo falsopiano, nel fondovalle, la situazione si ricompatta e il gruppo di testa è composto da Narváez, Conci, Ries, Scaroni, Geschke, Steinhauser, Ghebreigzabhier, López, Quintana, Sánchez, Alaphilippe, Vansevenant, Piganzoli, Valter, Storer, Covili e Giulio Pellizzari.
Mentre il gruppo maglia rosa procede sornione, ma senza concedere troppo vantaggio, gli uomini davanti si danno battaglia sulla salita delle Motte, non classificata come GPM. Ad avvantaggiarsi sono Conci, Steinhauser, Piganzoli, Valter e Covili, che vengono ben presto raggiunti da Narváez, Geschke, Quintana, Alaphilippe e Storer.
Sul Foscagno attacca Steinhauser, che viene raggiunto e staccato da Quintana, rimasto sempre a ruota nel corso della fuga, mentre dietro il gruppo maglia rosa comincia ad assottigliarsi sotto l’azione di Rafal Majka (UAE Team Emirates).
E’ il preludio all’attacco della maglia rosa che arriva a 5 km dal Passo del Foscagno. Il leader della classifica generale se ne va in progressione, nessuno può far nulla e neppure Daniel Felipe Martinez (Bora – Hansgrohe), l’unico che aveva provato ad uscire dal gruppo, riesce ad avvicinarsi. Mentre gli altri uomini di classifica addirittura rallentano pur di non tentare un attacco tra di loro prima degli ultimi chilometri, Pogacar va a riprendere in men che non si dica tutti i fuggitivi, eccetto Quintana, e passa secondo al GPM.
Nella discesa Pogacar non prende eccessivi rischi, mentre il vantaggio sugli avversari è già ben oltre i due minuti, ma nella salita verso Passo d’Eira il fuoriclasse sloveno prende e stacca Quintana, involandosi da solo negli ultimi due ripidissimi chilometri.
Secondo, a 30 secondi, si piazza un ottimo Quintana, che rischiava di rimanere addirittura senza squadra e invece ha sfiorato la vittoria nella tappa regina del Giro d’Italia.
Tra gli uomini di classifica, con un ritardo vicino ai 3 minuti, Romain Bardet (Dsm-Firmenich) conserva una manciata di secondi sugli altri big. Geraint Thomas (INEOS) e Martinez arrivano insieme mentre Ben O’Connor (Decathlon AG2R La Mondiale) paga qualche secondo insieme ad Arensman, che però guadagna oltre un minuto su un Tiberi in crisi, che taglia il traguardo con 4 minuti di ritardo dal vincitore.
Il laziale, però, mantiene sia la quinta posizione, sia la maglia bianca, mentre Lorenzo Fortunato (Astana) e Filippo Zana (Team Jayco AlUla), pure in difficoltà, perdono una posizione in classifica, con Fortunato che esce dalla top ten.
Al termine di questa frazione il distacco di Thomas da Pogacar è di 6 minuti e 41 secondi, mentre quello di Martinez sfiora i 7 minuti, O’Connor è a 7′43″ e Tiberi a 9′26″, con soli 19 secondi su Arensman, suo avversario nella lotta per la maglia bianca.
Completo il disastro, invece, della Rai nella copertura televisiva. Alle ore 14 e 40 vi è stato l’incomprensibile cambio di rete perchè Rai2 stava trasmettendo la finale del doppio femminile degli Internazionali d’Italia. Il cambio ha mandato il Giro su Rai2 e spostato il tennis su RaiSport e i programmi sono quindi continuati, invertendo però la rete. La cosa, per quanto riguarda il Giro, si è risolta nel taglio degli ultimi 3 Km del Mortirolo (i più duri nel versante affrontato oggi), anche perché, appena ripresa la trasmissione della tappa, mentre i cronisti parlavano è partita la pubblicità.
Ciliegina sulla torta è stata l’eliminazione del Processo alla Tappa. Ora, se la finale di singolare maschile degli internazionali di tennis poteva giustificare una cosa simile, lo stesso discorso non vale per le corse dei cavalli andate in onda su RaiSport.
Per l’azienda televisiva pubblica, che sembra puntare molto sul Giro d’Italia tanto da dedicargli numerosi programmi, uno scivolone del genere proprio nel giorno della tappa regina sembra davvero ingiustificabile.
Domani ci sarà il secondo giorno di riposo, mentre martedì andrà in scena una tappa che prevede la scalata del Giogo di Santa Maria nella prima parte (Cima Coppi al posto del Passo dello Stelvio) e, dopo un lungo tratto pianeggiante, un finale in salita con il Passo Pinei e l’arrivo a Monte Pana, sopra Santa Cristina Valgardena. Sulla prima parte della tappa, però, incombe l’incognita meteorologica, considerato il previsto peggioramento delle condizioni che potrebbe portare la neve sulla Cima Coppi. Al proposito mette qualche preoccupazione agli appassionati l’inqualificabile atteggiamento assunto dai corridori negli anni passati, che ha portato al taglio di frazioni solamente per la pioggia, e quello degli organizzatori che hanno ceduto alle loro pressioni.
Con l’attuale vantaggio sul secondo e con il Tour de France che incombe la maglia rosa potrebbe limitarsi a controllare e, al limite, a piazzare un allungo sulle rampe finale, anche perchè per un atleta come Pocacar potrebbe essere difficile resistere alla tentazione.
Il fatto è che quest’anno, con la partecipazione di Jonas Vingegaard (Visma) in forse, l’occasione della doppietta appare davvero ghiotta e questo potrebbe portare, se non il corridore, almeno il direttore sportivo a consigliare allo sloveno una condotta di gara più conservativa.

Benedetto Ciccarone

Pogacar viaggia solitario verso la cima innevata del Mottolino (Getty Images)

Pogacar viaggia solitario verso la cima innevata del Mottolino (Getty Images)

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