POURÇAIN MISERIA, CHE PEDERSEN!

giugno 2, 2024 by Redazione  
Filed under News

Nella prima tappa del Giro del Delfinato con partenza ed arrivo a Saint-Pourçain-sur-Sioule, Mads Pedersen (Team Lidl Trek) vince in volata davanti a Sam Bennett (Team Decathlon AG2R La Mondiale) ed Hugo Page (Team Intermarchè Wanty). Vittoria da favorito per l’ex campione del mondo che è la prima maglia gialla della breve corsa transalpina

Il Giro del Delfinato conferma la sua tradizione di mini Tour ed anche quest’anno, forse soprattutto quest’anno, offre un percorso davvero interessante spalmato su otto tappe in cui i presunti protagonisti del prossimo Tour – ad esclusione di Tadej Pogacar e di Jonas Vingegaard – affineranno la loro condizione. Delle otto tappe, due sono favorevoli ai velocisti, mentre gli uomini di classifica saranno i protagonisti delle restanti sei, tra le quali spicca una cronometro individuale di oltre 34 km e tre tappe finali davvero esigenti con tre difficili arrivi in salita consecutivi. Si parte oggi con la Saint-Pourçain-sur-Sioule – Saint-Pourçain-sur-Sioule di 174.8 km. Dopo una prima parte vallonata con tre gpm, dove la fuga di giornata potrà evadere dal gruppo, il finale quasi completamente piatto dovrebbe consentire alle squadre dei velocisti di annullare la fuga e di permettere ai propri capitani di giocarsi la vittoria di tappa. Nei primi cinque km dopo la partenza si formava la fuga di giornata grazie all’azione di Mark Donovan (Team Q36.5 Pro Cycling) e di Mathis Le Berre (Team Arkea B&B Hotels). Donavan scollinava in prima posizione sulla Côte de Jenzat, primo gpm della tappa posto al km 17.5. Donovan si ripeteva poco dopo scollinando per primo anche sul successivo gpm della Côte de Gannat posto al km 26.9. Il ciclista britannico metteva la firma sulla personale tripletta giornaliera scollinando in prima posizione ance sul terzo ed ultimo gpm della tappa, la Côte de Chouvigny posta al km 44.4. Le squadre impegnate maggiormente nell’inseguimento dei due battistrada erano il Team Lidl Trek ed il Team Decathlon AG2R La Mondiale. Le Berre transita in prima posizione sul traguardo volante di Chantelle posto al km 77.3. Dopo un vantaggio massimo che aveva sfiorato i 5 minuti, la coppia di testa veniva progressivamente avvicinata dal gruppo. A 50 km dalla conclusione Donovan e Le Berre avevano 2 minuti e 40 secondi di vantaggio. A 30 km dalla conclusione il gruppo inseguitore aveva rosicchiato un altro minuto e 20 secondi ai due uomini di testa. La fuga veniva ripresa definitivamente a 16 km dalla conclusione. Il gruppo, una volta raggiunti Donovan e Le Berre, rallentava l’andatura mentre si segnalava un problema meccanico a Luca Vergallito (Team Alpecin Deceuninck) il quale era costretto a cambiare la bici. Ua 12 km dalla conclusione uno scatto improvviso di Nils Politt (UAE Team Emitares) smuoveva le acque in testa al gruppo. Marco Haller (Team BORA Hansgrohe) si piazzava alla sua ruota ma a 10 km dalla conclusione il gruppo ritornava pressochè compatto. Team INEOS Grenadiers e UAE Team Emirates erano costantemente nelle prime posizioni del gruppo che sfiorava i 100 km/h nella breve ma ripida discesa verso il traguardo. La Lidl Trek prendeva in mano le redini della situazione e con Alex Kirsch e Ryan Gibbons spianava la strada a Mads Pedersen per la volata finale. Il danese era artefice di una volata di grande potenza ed andava a vincere con una certa autorevolezza davanti a Sam Bennett (Team Decathlon AG2R La Mondiale) ed Hugo Page (Team Intermarchè Wanty). Chiudevano la top five Clément Venturini (Team Arkea B&B Hotels) in quarta posizione ed Owain Doull (Team EF Education EasyPost) in quinta posizione mentre nella top five si segnalava il buon sesto posto di Michele Gazzoli (Team Astana Qazaqstan). Pedersen, prima maglia gialla del Delfinato davanti a Bennett e Page, torna ad alzare le braccia al cielo dopo oltre due mesi visto che la sua ultima vittoria, in un 2024 finora comunque ottimo, risaliva al 24 marzo scorso quando si impose nella Gand – Wevelgem. Domani è in programma la seconda tappa da Gannat al Col de la Loge. Sarà il primo esame per gli uomini di classifica che dovranno affrontare quattro gpm. L’ultima salita verso il Col de la Loge non è classificata come gpm ma si sale comunque per circa 7 km al 3-4%. Se di una cosa possiamo essere certi è che cambierà la maglia gialla.

Antonio Scarfone

Mads Pedersen vince a Saint-Pourçain-sur-Sioule (foto: Getty Images)

Mads Pedersen vince a Saint-Pourçain-sur-Sioule (foto: Getty Images)

GIRO DI NORVEGIA 2024, VITTORIA FINALE DI LAURENCE

maggio 29, 2024 by Redazione  
Filed under News

La conclusione del Tour of Norway 2024 ha visto Alexander Kristoff conquistare l’ultima tappa e il francese Axel Laurance,vincitore della seconda tappa, conquistare la corsa a tappe

In questo maggio ricco di appuntamenti ciclistici la settimana scorsa si è disputato anche il Tour of Norway. La corsa a tappe scandinava si è sviluppata su 4 tappe dal 23 al 26 maggio ed era resa interessante dal rientro in gruppo del belga Wout Van Aert (Visma), rimasto lontano dalle corse per quasi due mesi in seguito al tremendo infortunio occorsogli il 27 marzo alla Dwars door Vlaanderen e nella quale aveva riportato fratture a clavicola, costole e sterno. La vittoria finale, dopo aver dimostrato il belga di esseresulla via del ritorno alla normalità (nell’ultima tappa si è piazzato terzo in volata), è andata al francese Axel Laurance (Alpecin – Deceuninck) con il quale sono saliti sul podio Bart Lemmen (Team Visma | Lease a Bike) e Ådne Holter (Uno-X Mobility), mentre primo degli italiani si è classificato Luca Vergallito (Alpecin – Deceuninck), undicesimo.
La manifestazione norvegese aveva con un tappa di 142 Km disegnata nei dintorni del centro di Voss. Il tracciato vallonato e l’arrivo in salita presso il Voss Resort (4 Km al 5.8%) ha premiato Thibau Nys (Lidl – Trek), fresco vincitore del Giro d’Ungheria, che è transitato per primo sul traguardo con un vantaggio di 4″ su Holter e Laurance, due corridori che si sapranno far valere in chiave classifica generale.
L’indomani è stata la volta della tappa più impegnativa, tracciata per 205 Km tra Odda e Gullingen. L’arrivo in salita, più impegnativo rispetto a quello del giorno precedente (5.5 Km all’8.9%) ha premiato il già citato Laurance, che ha regolato in una volata a tre Ethan Hayter (INEOS Grenadiers) e Lemmen. Come il giorno prima, quando si era piazzato undicesimo, il mighliore degli italiani è stato il milanese Vergallito, stavolta decimo, mentre grazie al successo di tappa Laurance è salito al vertice della classifica.
Sabato si è disputata la terza tappa, la Sola – Egersund di 173.1km, frazione dedicata alle ruote veloci che ha visto il successo di Jordi Meeus (BORA – hansgrohe) su Pavel Bittner (Team dsm-firmenich PostNL) e l’esperto Alexander Kristoff (Uno-X Mobility). Quinto si è piazzato Elia Viviani (INEOS Grenadiers), preceduto da Van Aert, al suo primo sprint dopo l’infortunio.
La quarta ed ultima tappa si è disputata domenica in circuito per 124 Km attorno a Stavanger. La presenza di uno strappo di 600 metri al 7,5%, da ripetere sei volte, non ha rovinato la festa agli sprinter, che sono riusciti a giocarsi anche questa tappa, andata vecchia volpe delle volate del calibro di Alexander Kristoff (Uno-X Mobility). La seconda piazza è andata a Meeus davanti al connazionale Van Aert (Team Visma | Lease a Bike), mentre stavolta il primo degli italiani è stato il bergamasco Lorenzo Rota (Intermarché – Wanty), quattordicesimo.
In classifica Laurence ha anticipato di 12″ Lemmen e di 13″ Hotel, con Vergallito che si è confermato migliore dei nostri terminando 12° con quasi un minuto di distacco. Le altre classifiche hanno visto imporsi il norvegese Eirik Vang Aas del team nazionale (GPM), il ceco Mathias Vacek della Lidl – Trek (giovani) e il team di casa Uno-X Mobility (squadre), mentre non era eccezionalmente prevista la classifica a punti e la rispettiva leadership

Mario Prato

La vittoria di Laurence nella tappa decisiva del Giro di Norvegia (Eurosport)

La vittoria di Laurence nella tappa decisiva del Giro di Norvegia (Eurosport)

VITTORIA ITALIANA IN FRANCIA, BETTIOL CONQUISTA I “GIRI DELLA MAYENNE”

maggio 27, 2024 by Redazione  
Filed under News

Successo italiano alla Boucles de la Mayenne – Crédit Mutuel. Il toscano della EF grazie alla vittoria in solitaria riportata nella seconda tappa ha messo il sigillo sul successo finale. Podio finale per i francesi Cosnefroy e Zingle

Successo “Made in Italy” alla Boucles de la Mayenne – Crédit Mutuel, breve corsa a tappe francese disputata in contemporanea all’ultima settima del Giro d’Italia e vinta dl toscano Alberto Bettiol. Al portacolori della EF Education – EasyPost, dopo un buon piazzamento nel prologo e l’insediamento in cima alla classifica dopo il successo in solitaria nella seconda tappa, è bastato controllare la situazione nella terza e ultima frazione per portarsi a casa il la vittoria finale.
La Boucles de la Mayenne ha preso il via lo scorso 23 maggio con il prologo di 5.4 Km disputato sulle strade di Laval, il capoluogo del dipartimento della Mayenne. Contro il tempo il più veloce è stato Benoît Cosnefroy (Decathlon AG2R La Mondiale Team) che ha preceduto nell’ordine Ivo Oliveira (UAE Team Emirates) di un secondo e Samuel Watson (Groupama – FDJ) di tre secondi. Quarto a 5 secondi si è piazzato Bettiol, che ha così iniziato a gettare le basi per il successo finale.
Il giorno successivo si è disputata la Renault – Saint-Berthevin – Ernée, tappa di 167.5 Km prevalentemente pianeggiate. La scontata conclusione in volata ha visto il successo di Emilien Jeannière (TotalEnergies) su Paul Penhoët (Groupama – FDJ) e Axel Zingle (Cofidis), mentre primo italiano si è piazzato Matteo Moschetti (Q36.5 Pro Cycling Team), sesto.
il 25 maggio è stato il giorno di Alberto Bettiol. Mentre in Italia assistevamo allo show di Pogacar sul Monte Grappa il toscano si è imposto nella Le Ham – Villaines-la-Juhel di 208.6 Km, tappa regina della corsa francese, strutturata attorno ad un circuito che prevedeva di ripetere per 5 volte la salita della Côte des Égoutelles. Dopo il traguardo vittorioso di Bettiol si è dovuto attendere 17 secondi per assistere all’arrivo di Marc Hirschi (UAE Team Emirates), che ha regolato un gruppetto di tre corridori, tra i quali c’era Cosnefroy, che così ha perso la maglia di leader della corsa. Autori di una buona gara sono stati anche gli italiani Vincenzo Albanese (Arkéa – B&B Hotels), settimo, e Filippo Baroncini (UAE Team Emirates), ottavo.
Domenica la corsa si è conclusa con il ritorno a Laval, sede d’arrivo anche dell’ultima frazione, partita da Quelaines-Saint-Gault e lunga 169 Km. Anche qui erano favoriti i velocisti, ma uno dei tre fuggitivi di giornata,
Valentin Retailleau (Decathlon AG2R La Mondiale Team), è riuscito a conservare un secondo di vantaggio sulla linea del traguardo, dove la volata del gruppo inseguiitore è stata conquistata da Gorka Sorarrain (Caja Rural – Seguros RGA) sull’italiano Matteo Moschetti. Terminata la tappa in gruppo, Bettiol si è così portato a casa la sua prima corsa a tappe in carriera precedendo di 23″ l’ex leader della classifica Cosnefroy e di 28″ l’altro francese Zingle.
Le classifiche accessorie sono state rispettivamente conquistate dal vincitore della prima tappa Emilien Jeannière (a punti), da Alex Martin (GPM), da Samuel Watson (giovani) e dalla formazione francese Decathlon AG2R La Mondiale Team, che si è portata a casa quella riservate alla squadre, un successo quest’ultimo che la medesima formazione ha conseguito anche al Giro d’Italia.

Mario Prato

A ROMA MERLIER FULMINA MILAN. POGACAR VINCE IL GIRO 2024

Nella volata finale di Roma Tim Merlier (Team Soudal Quick Step) vince davanti a Jonathan Milan (Team Lidl Trek) e Kaden Groves (Team Alpecin Deceuninck). Tadej Pogacar (UAE Team Emirates) vince il Giro 2024

La ventunesima ed ultima tappa del Giro 2024 vede Roma come scenario ideale per il vincitore della maglia rosa Tadej Pogacar che in questi ventitre giorni di corsa, compresi i due giorni di riposo, ha onorato il ciclismo. Un campione a tutto tondo che ha meritatatamente vinto, anzi dominato, dalla seconda all’ultima tappa, nonostante la brevissima parentesi di Jhonatan Narvaez (Team INEOS Grenadiers) che gli ha impedito di indossare la maglia rosa in tutte le tappe. L’ultima tappa misura 125 km e i ciclisti dopo una veloce sortita verso il litorale laziale dove toccheranno Ostia Lido, ritorneranno nella Capitale dove è presente il circuito conclusivo da percorrere otto volte. La tappa vera e propria iniziava proprio sul primo passaggio del circuito, quando prendeva il via l’ultima fuga del Giro 204 formata da Ewen Costiou (Team Arkea B&B Hotels), Martin Marcellusi (Team VF Group Bardiani CSF Faizanè), Mikkel Honorè (Team EF Education EasyPost) ed Alex Baudin (Team Decathlon AG2R La Mondiale). Il vantaggio massimo della fuga arrivava a 30 secondi con le squadre dei velocisti che controllavano la situazione, in particolare Team Lidl Trek, Team Soudal Quick Step, Team Tudor Pro Cycling e Team Alpecin Deceuninck. La fuga veniva ripresa a circa 15 km dalla conclusione dopodichè Jonathan Milan (Team Lidl Trek) era vittima di un problema meccanico a circa 7 km dalla conclusione. La rincorsa della maglia ciclamino, favorita dai suoi compagni di squadra, si concludeva a circa 2 km dalla linea del traguardo. Nella convulsa volata Tim Merlier (Team Soudal Quick Step) vinceva davanti a Milan e Kaden Groves (Team Alpecin Deceuninck) mentre chiudevano la top five Fernando Gaviria (Team Movistar) in quarta posizione e Tim van Dijke (Team Jumbo Lease a Bike). Merlier otteneva così la terza vittoria al Giro 2024 pareggiando quelle di Milan che vince la maglia ciclamino. Pogacar vince con merito il Giro 2024 ed è primo anche nella classifica gpm. Antonio Tiberi (Team Bahrain Victorious) vince la classifica dei giovani mentre il Team Decathlon AG2R La Mondiale vince infine la classifica a squadre. Pogacar dopo qualche giorno di riposo andrà ad allenarsi in altura a Isola 2000 e sarà pronto per il Tour dove partirà di nuovo come uomo da battere.

Antonio Scarfone

Pogacar solleva il Trofeo Senza Fine sul podio finale del Giro dItalia (Getty Images)

Pogacar solleva il Trofeo Senza Fine sul podio finale del Giro d'Italia (Getty Images)

PASSERELLA FINALE SULLE STRADE DELLA GRANDE BELLEZZA

Ultima tappa della Corsa Rosa sulle strade della capitale. Roma accoglierà il Giro all’EUR, poi si pedalerà in direzione del mare prima di riprendere la strada che conduce dritta nel cuore della città eterna. Cinque saranno i giri, da 9.5 Km ciascuno, che si dovranno compiere attorno al Palatino e alle Terme di Caracalla prima di raggiungere il traguardo conclusivo, quest’anno fissato in Via di San Gregorio.

Per la sesta volta il Giro ha scelto Roma per l’atto finale della corsa, una serie di arrivi conclusivi nella capitale che si apre nel lontano 1911, quando l’ultima tappa fu conquistata dal bolognese Ezio Corlaita, mentre a vincere il Giro fu il milanese Carlo Galetti, al suo secondo trionfo consecutivo (diventeranno tre l’anno successivo). Bisognerà poi attendere quasi 40 anni per tornare a vedere calare il sipario sul Giro a Roma e accadde in occasione dell’anno santo celebrato nel 1950, quando l’epilogo romano portò la firma del friulano Oreste Conte, con l’elvetico Hugo Koblet che veniva celebrato primo vincitore straniero del Giro. Servirà un anniversario di prestigio per riportare il Giro all’ultimo giorno nella capitale e così per celebrare il centenario della prima edizione (1909 – 2009) l’organizzazione opterà per una conclusione a cronometro sulle strade della “città eterna”, poco più di 14 Km che videro sfrecciare più veloce di tutti il lituano Ignatas Konovalovas mentre un altro corridore che arrivava dall’Europa orientale, il russo Denis Menchov, concludeva il Giro con la maglia rosa sulle spalle nonostante una scivolata sui sampietrini a pochi passa dal traguardo. Gli stessi sampietrini saranno la “croce” della tappa conclusiva dell’edizione 2018, quando i corridori protestarono per lo stato delle strade e convinsero il collegio di giuria a neutralizzare la tappa ai fini della classifica, che venne comunque disputata fino alla volata finale, conquistata dall’irlandese Sam Bennett senza troppi patemi per la maglia rosa di turno, il britannico Chris Froome. Memori di questo precedente, lo scorso anno gli organizzatori hanno predisposto un circuito più sicuro, meno porfido e più asfalto, e, infatti, la tappa è terminata senza problemi con il successo del britannico Mark Cavendish prima della consacrazione del vincitore assoluto Primoz Roglic, impostosi con appena 14” di vantaggio sul gallese Geraint Thomas.
Anche quest’anno si arriverà a Roma – e sarà così anche nel 2025 (e forse nel 2026) – dove sarà riproposto un tracciato quasi fotocopia di quello sul quale si è pedalato dodici mesi fa, pur con quale modifica, la più rilevante delle quali sarà rappresentata dall’accorciamento del circuito finale, che presenterà anche un traguardo differente. Il via sarà dato dal quartiere dell’EUR, con l’ultimo raduno di partenza fissato presso il Palazzo della Civiltà Italiana (il cosiddetto “Colosseo Quadrato”), poi si andrà subito ad affrontare l’unica vera salita inserita nel tracciato, uno strappo di 900 metri al 5.8% che si concluderà presso i cancelli della Tenuta di Castelporziano, dal 1872 di proprietà dello Stato Italiano: inizialmente acquistata per farne una riserva di caccia a uso di re Vittorio Emanuele II (e fino al 1977 utilizzata a tale scopo anche dai Presidenti della Repubblica), dal 1999 è una riserva naturale statale, nonché una delle tre residenze ufficiali del capo dello stato dopo il Quirinale e la napoletana Villa Rosebery. Una decina di chilometri più avanti i “girini” raggiungeranno il mare e qui ci sarà la prima modifica rispetto al tracciato dello scorso anno perché, anziché effettuare subito il “giro di boa” per ritornare verso l’EUR, si dovrà compiare una vera e propria passeggiata sul lungomare verso il Lido di Ostia, la più nota località balneare del Lazio, nata in epoca fascista a pochi chilometri di distanza dall’area archeologica dell’antica Ostia, fondata nel VII secolo a.C. da Anco Marzio, il quarto dei sette leggendari Re di Roma. Terminata questa escursione, si tornerà a imboccare la strada percorso in precedenza, che riporterà il gruppo sulle filanti strade dell’EUR. Sfilato accanto al circolare Palazzo dello Sport, progettato per le Olimpiadi del 1960, il gruppo attraverserà il Parco Centrale del Lago, sorto attorno al laghetto pensato – come il resto del quartiere – per l’Esposizione Universale che si doveva svolgere nel 1942 e che sarà definitivamente annullata a causa dello scoppio della Seconda Guerra Mondiale. Prima di lasciare l’EUR si giungerà quindi nel cuore del quartiere, dove svetta dall’alto dei suoi 45 metri quello che fino al 2004 era l’obelisco più recente di Roma, eretto nel 1959 in ricordo di Guglielmo Marconi e il cui primato è stato battuto nove anni fa da quello realizzato da Arnaldo Pomodoro e collocato presso il Palazzo dello Sport.
Pedalando in direzione del centro della capitale il gruppo andrà a lambire i confini della Garbatella, uno dei quartieri popolari più noti di Roma, realizzato a partire dal 18 febbraio del 1920, giorno della posa della prima pietra presso l’odierna Piazza Benedetto Brin, cerimonia presieduta personalmente dall’allora re Vittorio Emanuele III. Varcata la cinta delle Mura Aureliane attraverso Porta Ardeatina, la corsa farà quindi l’ingresso sul circuito quando mancheranno 1600 metri al traguardo che, seconda modifica apportata al tracciato, non sarà posto in Via dei Fori Imperiali ma in Via di San Gregorio, la strada lastricata in sampietrini che collega il Circo Massimo al Colosseo, incorniciata sullo sfondo dalla mole bianca dell’Arco di Tito: non si tratta di una scenografia inedita per il ciclismo per questo è stato per anni il rettilineo d’arrivo del Giro del Lazio, corsa uscita dal calendario nel 2017 dopo 76 edizioni disputate. Inizierà ora la prima delle otto tornate da 9.5 Km ciascuna, quasi 4 Km in meno rispetto al circuito dello scorso anno per la scelta di tagliare il tratto che si era svolto sulle strade del quartiere Prati e nel quale si sfioravano monumenti come Castel Sant’Angelo e la Basilica di San Pietro. Subito dopo il passaggio dalla linea d’arrivo si girerà attorno al Colosseo per poi imboccare il rettifilo di Via di Fori Imperiali, una delle strade più scenografiche della capitale, realizzata all’epoca del regime fascista per collegare in linea retta l’Anfiteatro Flavio a Piazza Venezia, opera che fu compiuta demolendo il “quartiere Alessandrino”, realizzato alla fine del XVI secolo. Voltando le spalle all’Altare della Patria – cuore del complesso del Vittoriano, realizzato dall’architetto marchigiano Giuseppe Sacconi ispirandosi alle scenografie delle Dolomiti – s’imboccherà la strada intitolata a Vittorio Emanuele II, il primo re d’Italia, sulla quale si affacciano le imponenti facciate delle chiese del Gesù, di Sant’Andrea della Valle e di Santa Maria in Vallicella, presso la quale si trova quella che da molti è stata definita come la più bella e monumentale sacrestia della capitale. Al termine di questa strada una netta svolta a sinistra rappresenterà l’inizio del tratto – lungo circa 2 Km – che si snoderà lungo le sponde del Tevere, costeggiato a breve distanza dalle sponde dell’Isola Tiberina, sulla quale in antichità sorgeva un tempio dedicato a Esculapio, il dio della medicina, situato nel punto dove in seguito sarà costruita la basilica di San Bartolomeo all’Isola (ma la tradizione medica non è mai venuta meno, perché qui si trova uno dei 31 ospedali di Roma, per secoli e fino al 2022 gestito dall’Ordine ospedaliero di San Giovanni di Dio, più conosciuto come Ordine dei Fatebenefratelli). Ci si discosterà dal Tevere all’altezza del Tempio di Ercole Vincitore – nome esatto dell’edificio che per secoli è stato erroneamente attribuito alla dea Vesta – per attraversare la piazza sulla quale si affaccia una delle chiese più visitate della capitale per la presenza della celebre Bocca della Verità sotto il porticato di Santa Maria in Cosmedin. Subito dopo si percorrerà la strada che corre tra le prime pendici dell’Aventino e la cavea del Circo Massimo, luogo dove avvenne il mitico episodio del “ratto delle Sabine”, con il quale il fondatore della città Romolo intese fondere il popolo romano con quello sabino. Ci si porterà ora su strade ben note a molti corridori, quelle del cosiddetto “circuito delle Terme di Caracalla”, che dal 1946 ospita il 25 aprile di ogni anni il Gran Premio della Liberazione, una delle principali corse del calendario riservato ai dilettanti, gara che nell’albo d’oro vanta nomi come quelli dell’ex campione europeo Matteo Trentin e del vincitore del Giro del 1990 Gianni Bugno, mentre ad aprire le danze nella prima edizione fu proprio un corridore originario di Roma, Gustavo Guglielmetti. Girando attorno alle celebri terme – che perse da secoli la loro funzione oggi ospitano le rappresentazioni della stagione estiva del Teatro dell’Opera di Roma, mentre nel 1960 furono “prestate” allo sport per accogliere le gare di ginnastica dell’olimpiade – si ritornerà a pedalare in direzione del Circo Massimo per poi imboccare il breve rettilineo d’arrivo di Via di San Gregorio, tracciato tra i colli Palatino e Celio, sul quale troneggia la barocca chiesa di San Gregorio al Celio, realizzata accanto a un complesso di tre piccoli oratori, due dei quali risalenti al XII secolo. Qui, nel cuore della “grande bellezza”, si concluderà la 107a edizione della Corsa Rosa, poi tutti a pensare al Tour, che quest’anno scatterà tra un mese esatto, anticipato di una settimana per lasciar posto alle Olimpiadi di Parigi. E il primo a pensarci sarà proprio Tadej Pogacar, che punta a una straordinaria doppietta, un’impresa che non si vede da 26 anni, da quando Marco Pantani riuscì a vincere nella medesima stagione prima la Corsa Rosa e poi la Grande Boucle.

Mauro Facoltosi

Via di San Gregorio a Roma l’altimetria della ventunesima tappa (Google Street View)

Via di San Gregorio a Roma l’altimetria della ventunesima tappa (Google Street View)

FOTOGALLERY

EUR, Palazzo della Civiltà Italiana

Tenuta presidenziale di Castel Porziano

Il Palazzo dello Sport all’EUR

Parco Centrale dell’EUR

L’obelisco dedicato a Guglielmo Marconi

Piazza Damiano Sauli, cuore del quartiere della Garbatella

Porta Ardeatina

Vittoriano

Santa Maria in Vallicella

Santa Maria in Cosmedin con la fila di turisti in attesa di vedere la Bocca della Verità

Terme di Caracalla

San Gregorio al Celio

LE IMPRESE SONO DUE: POGACAR E PELLIZZARI SHOW

Come ampiamente previsto ed annunciato, Tadej Pogacar ha vinto la sua sesta tappa in questa edizione del Giro d’Italia con oltre 2 minuti sui primi avversari e in classifica generale ha un vantaggio di 10 minuti sul secondo. Ma anche Giulio Pellizzari ha compiuto una grande impresa, partendo sulla prima scalata al Grappa, andando a riprendere uno ad uno tutti i fuggitivi e riuscendo ad arrivare al traguardo con il gruppetto degli uomini di classifica.

Era l’ultima tappa che poteva dire qualcosa, l’ultima prova in montagna. Una frazione disegnata benissimo, con la salita più dura del giro dopo l’eliminazione prima della Forcola di Livigno e dello Stelvio. Una salita di 18 Km con una pendenza media dell’8% da scalare due volte è davvero tosta. Ha i numeri del Col de la Madeleine, considerata una della più dure salite di Francia.
La doppia scalata ha portato i corridori ad affrontare un grande sforzo e, dal secondo passaggio al GPM di Monte Grappa, mancavano ancora 30 Km all’arrivo, con una lunghissima discesa tecnica ed un durissimo strappo in contropendenza a spezzarla.
Una tappa del genere non permetteva di limitarsi a fare la sparata all’ultimo chilometro per tentare di guadagnare qualche secondo sugli avversari.
Tadej Pogacar (UAE Team Emirates), che non è nuovo ad attacchi da lontano, è partito a 5 km dal secondo passaggio sul Grappa e quindi a oltre 35 Km dalla conclusione, staccando agevolmente tutti. Ma sulla sua strada verso Bassano del Grappa ha trovato un immenso Giulio Pellizzari (VF Group – Bardiani CSF – Faizanè), che invece si era mosso sulla prima scalata al monte veneto, quando ancora mancavano 80 Km dall’arrivo, andando a riprendere uno ad uno tutti i fuggitivi e passando primo sul GPM. Dopo questo grande sforzo il marchigiano non ha mollato il colpo, si è gettato in discesa, ha usufruito del lavoro di un compagno di squadra per pochi chilometri e poi ha affrontato la seconda scalata al Grappa riuscendo, nonostante il grande sforzo fatto, a mantenere un buon ritmo, tanto da essere superato solo da un Pogacar lanciatissimo, e a transitare dietro lo sloveno anche al secondo passaggio sul Grappa. Successivamente sul traguardo di Bassano Pellizzari è arrivato insieme a tutti gli altri uomini di classifica. La prestazione del marchigiano è stata superlativa, se si pensa ai chilometri affrontati da solo in testa alla corsa e allo sforzo in più rispetto a quello fatto dai migliori della classifica generale. In altre parole, gli uomini che domani saliranno sul podio Roma accanto alla maglia rosa non sono riusciti a staccare un corridore che era partito da solo ed era allo scoperto da 50 Km, di cui quasi la metà su una salita durissima. Viene da pensare che, se Pellizzari non avesse passato giorni difficilissimi nella prima parte del Giro fino ad arrivare ad un passo dal ritiro, sarebbe stato certamente della partita per una top five.
La speranza è che non si tratti di una meteora perché, se riuscirà a confermarsi su questi livelli, potrebbe essere davvero un uomo da corse a tappe per il futuro.
Per quel che riguarda gli altri uomini, non c’è molto da dire sulla maglia rosa, che non ha fatto altro se non confermare quanto sia era visto sinora, ossia di essere su un altro livello rispetto agli avversari. Oggi è partito da lontano, ha dato 2 minuti a tutti e ha lasciato il secondo della classifica a 10 minuti, con distacchi che non si vedevano da decenni. Domani concluderà il suo primo Giro d’Italia in maglia rosa e si lancerà alla ricerca della doppietta che da oltre un quarto di secolo nessuno ha più realizzato.
Daniel Felipe Martínez (BORA – Hansgrohe) ha messo in saccoccia il secondo posto alla meno peggio. Non è che abbia fatto nulla di particolare oggi: seguendo il ritmo impostato da Rafał Majka (UAE Team Emirates) per lanciare Pogacar, il colombiano si è ritrovato ad avere qualche secondo di vantaggio su Geraint Thomas (INEOS Grenadiers) e si è messo alla ruota di Antonio Tiberi (Bahrain – Victorious) senza tirare un metro per poi provare uno scatto, tanto secco quanto velleitario, sullo strappo che divideva in due tronconi la discesa dal Monte Grappa. C’è da dire che la seconda posizione era abbastanza in cassaforte, dato che, per via dei distacchi, solo Thomas – che era già parso in difficoltà – poteva insidiarlo.
Il gallese, si sa, è un regolarista molto esperto e ha quindi badato ad evitare il fuori giri, non ha perso la calma, ha sfruttato il lavoro impostato da Valentin Paret-Peintre (Decathlon AG2R La Mondiale Team) in favore di Ben O’Connor ed è riuscito a mantenere il distacco entro pochi secondi fino allo scollinamento per poi rientrare in discesa. Tiberi doveva provare l’assalto alla quarta posizione, ma in realtà non ha davvero provato ad affondare il colpo, anche perché probabilmente le energie cominciano a scarseggiare. Il laziale, quando ha notato che O’Connor era in difficoltà, si è messo in testa al gruppetto con Martinez cercando di mantenere alto il ritmo, ma non è riuscito a essere abbastanza incisivo. Il suo non è stato un attacco vero e proprio, bensì un tentativo di tenere un ritmo elevato, nella speranza che l’australiano continuasse a perdere terreno, cosa che non è avvenuta. O’Connor, quarto della classifica, da tempo non sembra più brillante come nelle prime tappe e, dopo aver commesso l’errore di provare stare con Pogacar, ha badato a gestirsi e, nell’ultima settimana, è andato in difficoltà; tuttavia non ci sono stati attacchi nel senso vero della parola e, sotto questo punto di vista, forse qualche rimpianto ci può stare.
Oggi la salita era dura e sembravano tutti al limite; in più non c’erano uomini come Nibali capaci di guadagnare quasi un minuto nella difficile discesa finale-
Tiberi ha comunque incrementato il suo vantaggio su Thymen Arensman (INEOS Grenadiers), principale avversario per la maglia bianca, che però ha dovuto lavorare per Thomas. Ovviamente, anche Tiberi ha da recriminare per la sfortuna di aver forato due volte nella tappa con arrivo ad Oropa, nella quale ha accusato un ritardo importante senza il quale sarebbe stato vicinissimo al podio.
Da segnalare la defaillance di Filippo Zana (Team Jayco AlUla) che, in già crisi sulla prima ascesa al Monte Grappa, è uscito dalla top ten.
La tappa, nonostante la pioggia, ha visto immediatamente dopo il via ufficiale i primi attacchi. In testa, si forma una coppia con Davide Ballerini (Astana Qazaqstan) e Lorenzo Germani (Groupama-FDJ). Dopo qualche chilometro di bagarre, si forma alle spalle di battistrada un gruppetto di contrattaccanti con Nicola Conci (Alpecin-Deceuninck), Jimmy Janssens (Alpecin-Deceuninck), Henok Mulubrhan (Astana Qazaqstan Team), Rubén Fernández (Cofidis), Andrea Vendrame (Decathlon Ag2r La Mondiale Team), Edward Theuns (Lidl-Trek), Pelayo Sánchez (Movistar Team), Andrea Pietrobon (Team Polti Kometa) e Alessandro Tonelli (VF Group – Bardiani CSF – Faizanè). I nove riescono a portarsi sulla testa della corsa dopo il muro di Cà del Poggio.
La UAE rimane stabile in testa al gruppo e non concede un grande vantaggio a questa fuga, anche perché tutti sanno che la tappa è nel mirino della maglia rosa.
Sulla prima ascesa verso il Grappa ci sono vari tentativi di attacco tra i battistrada e, dopo una fase concitata di scatti, si portano in testa Janssens e Sánchez, che vengono raggiunti da un ottimo Tonelli, il quale mantiene un ottimo ritmo e rientra in progressione.
A 3 Km dal GPM dal gruppo parte Pellizzari con un’ottima pedalata. Il marchigiano non si limita a fare il ritmo ma propone continui rilanci fuori sella e riprende tutti i componenti della fuga, rientrando sul terzetto di testa a 200 metri dallo scollinamento, riuscendo a passare in prima posizione. Non sarà sufficiente per sfilare la maglia azzurra a Pogacar, ma potrà vestirla domani come secondo di questa speciale classifica, una bella soddisfazione dopo un avvio difficilissimo.
Mentre tutti gli altri componenti della fuga iniziale vengono ripresi, in discesa si lanciano Pellizzari, Tonelli e Sanchez, mentre Janssens perde contatto. Tonelli perde le ruote dei primi due sul tratto in contropendenza, sul quale anche Sanchez fatica non poco a tenere la ruota di Pellizzari. Tonelli riesce comunque a rientrare in discesa e a lavorare per il capitano nel breve tratto pianeggiante che prevede la seconda scalata verso il Monte Grappa.
Pellizzari stacca Sanchez già sulle prime rampe e conduce con 2 minuti e mezzo sul gruppo maglia rosa.
Il ritmo degli UAE erode ma non polverizza il vantaggio di Pellizzari che, anche se appesantito, tiene duro. Sotto il ritmo degli UAE il gruppo maglia rosa si riduce al punto che, ai 10 dal GPM, è costituito da 16 elementi: Pogačar, Thomas, Arensman, Martínez, O’Connor, Paret-Peintre, Majka, Tiberi, Einer Rubio (Movistar), Jan Hirt (Soudal Quick-Step), Mauri Vansevenant (Soudal Quick-Step), Romain Bardet (Dsm-Firmenich PostNL), Michael Storer (Tudor), Felix Großschartner (UAE), Domen Novak (UAE) e Damiano Caruso (Bahrain Victorious).
Quando Majka passa a fare il ritmo il drappello si sfalda con il terzo e il quarto della generale che vengono staccati di qualche secondo.
Davanti rimangono solo Majka, Pogacar, Martinez, Rubio e Storer con un minuto di ritardo da Pellizzari. Ai 5 dal GPM Pogacar piazza uno scatto micidiale al quale nessuno prova a replicare, ma Tiberi si mette immediatamente in testa a un terzetto con Martinez e Rubio per cercare di guadagnare su O’Connor, che lo precede in classifica.
Pogacar raggiunge Pellizzari che, con grande caparbietà, riesce a stare con la maglia rosa per qualche chilometro, finché non è costretto a lasciare la sua ruota. Il marchigiano non molla e il terzetto con Tiberi, Martinez e Rubio riesce a raggiungerlo solo al GPM, dove Pellizzari transita in seconda posizione.
Mentre nella discesa Pogacar, che ha già 2 minuti di vantaggio, si limita a gestire mantenendo invariato il gap, dietro è battaglia tra il terzetto con Tiberi, Martinez e Rubio ed il drappello con Thomas ed O’Connor, che ha potuto beneficiare del prezioso lavoro in salita di Paret-Peintre.
Sullo strappo in contropendenza Martinez prova uno scatto secco e riesce a staccare tutti, ma si tratta di un fuoco di paglia perché, una volta ripresa la discesa, il gruppetto degli uomini di classifica, nel quale rimane Pellizzari, si ricompatta e giunge al traguardo a 2′07″ dal vincitore della tappa e, a questo punto, anche del Giro d’Italia, Tadej Pogacar.
Sta per concludersi un Giro in cui non c’è stata storia e, anche se è mancata la suspence, abbiamo visto un grande spettacolo offerto da Pogacar, che ci ha per fortuna impedito di vedere scene come quella dell’anno scorso nel tappone delle Tre Cime di Lavaredo, concluso senza attacchi tra gli uomini di classifica.
La battaglia per il podio, in realtà quasi inesistente, ha però fatto capire che senza Pogacar il registro sarebbe stato probabilmente lo stesso. Tra gli uomini di classifica non c’è stato nessuno in grado di sferrare un vero attacco e sulle salite i vari Thomas, Tiberi e Martinez hanno sempre badato più a mantenere il ritmo che a provare a staccare gli avversari, sperando che fossero gli altri ad avere momenti di difficoltà. I 70 chilometri a cronometro, quanto mai opportuni, hanno dato alla classifica una fisionomia alla quale hanno anche contribuito episodi come le forature di Tiberi nella tappa di Oropa.
Sul fronte italiani, va detto che la maglia bianca di questo Giro si è comportata comunque abbastanza bene. In salita non è un attaccante, ma riesce a mantenere comunque il ritmo dei migliori e a cronometro se la cava egregiamente. Se riuscirà a crescere, nei prossimi anni, avremo un uomo in grado di lottare per la classifica, anche se sarà difficile riuscire a competere con uomini come Pogacar e Jonas Vingegaard (Visma).
Il Pellizzari del finale di Giro, invece, sembra un ottimo scalatore che potrebbe anche lui dire la sua in futuro, anche se deve ancora confermare le sue doti.
Domani, la passerella nella capitale precederà l’incoronazione del vincitore dell’edizione numero 107, che da Lunedì dovrà focalizzare l’attenzione sulla conquista del Tour de France.

Benedetto Ciccarone

Pogacar allattacco sulle pendenze del Monte Grappa (foto Tim de Waele / Getty Images)

Pogacar all'attacco sulle pendenze del Monte Grappa (foto Tim de Waele / Getty Images)

LA PRIMA VOLTA NON SI SCORDA MAI, ANCHE SUL “VECCHIO” GRAPPA

Il Monte Grappa non è certo una novità per la Corsa Rosa, ma per la prima volta nella storia del Giro sarà scalato due volte nel corso della medesima tappa. E si salirà da uno dei versanti più difficili dell’ascesa veneta, che impegnerà i “girini” per quasi un’ora a scalata: c’è lo spazio per un ribaltone in extremis, come quello avvenuto lo scorso anno sul Monte Lussari e nel 2002 sulla Marmolada.

Il Giro d’Italia non è certo un novizio ma, nonostante le 107 edizioni fino ad oggi disputate, è abituato alle “prime volte”. Nel 1933 fu il primo fra i tre Grandi Giri a proporre una cronometro nel percorso, nel 2018 con il via da Gerusalemme è stato il primo a uscire dai confini del continente europeo, anche se le prime volte che hanno lasciato il segno sono quelle relative alle grandi salite. Rimaste nella storia sono state le prime ascensioni a Stelvio (1953) e Gavia (1960) e anche in tempi recenti si sono andati a scoprire passi che subito hanno fatto “colpo”, come il Mortirolo, lo Zoncolan e il Colle delle Finestre, il cui inserimento nel 2005 segnò anche la riscoperta degli sterrati. Adesso protagonista della prima volta sarà il Monte Grappa, anche se non costituisce una novità vera e propria, perché nel percorso del Giro la salita alla celebre montagna veneta è già stata inserita sei volte e in due di queste occasioni era previsto anche il traguardo di tappa. Ma mai era venuto in mente agli organizzatori di far ripetere la salita per due volte nel corso della medesima occasione e sarà proprio quello che accadrà al penultimo giorno di gara, tra l’altro salendo da uno dei versanti più impegnativi del Grappa, al quale è stato abbinata – pure lei da “reiterare” – la breve e ripida ascesa (e questa si che è una novità) del Pianaro, mentre nelle fasi iniziali ci sarà da fare i conti con l’arcinoto muro di Cà del Poggio. Con un percorso del genere anche una maglia rosa dotata di un vantaggio granitico potrebbe sgretolarsi come niente e c’è un precedente molto recente che ci ricorda quanto questo rischio sia concreto: nonostante l’inezia di tre secondi di vantaggio sul secondo, pochi si sarebbero aspettati il crollo dell’ecuadoriano Richard Carapaz al Giro del 2022 nel tappone dolomitico del penultimo giorno, quando si dovevano scalare i passi di San Pellegrino e del Pordoi prima del tremendo arrivo in salita alla Marmolada. E poi come non dimenticare il definitivo avvicendamento al vertice della classifica, e per soli 14 secondi, tra Primoz Roglic e Geraint Thomas dopo la cronoscalata al Monte Lussari lo scorso anno.
L’ultima grande tappa di montagna del Giro 2024 scatterà dall’Alpago, lungo le sponde del Lago di Santa Croce, bacino d’origine naturale che nel XVIII secolo fu collegato al Piave mediante un torrente artificiale che serviva per far fluitare verso Venezia il legname proveniente dalla soprastante foresta del Cansiglio. Anche i “girini” si ritroveranno a fluitare nelle fasi iniziali perché, scavalcato il dentello della Sella di Fadalto (2.2 Km al 4%), la tappa debutterà con la dolce discesa verso Vittorio Veneto, la cittadina che deve la sua fama alla vittoria dell’esercito italiano nella Prima Guerra Mondiale e che merita la sosta anche per ammirarvi i centri storici di Ceneda e Serravalle, i due borghi che nel 1866 decisero di rinunciare alla loro autonomia per andare a costituire il comune attuale, così chiamato in onore di Re Vittorio Emanuele II. Disegnata ai piedi della catena delle Prealpi Trevigiane, inizierà ora una fase caratterizzata da alcuni lievi saliscendi, percorrendo la quale si andranno a costeggiare i piccoli laghi di Revine (uno dei quali si chiama curiosamente “Lago di Lago”) nei quali si racconta che durante la Prima Guerra Mondiale fu fatto affondare – non si sa ad opera di quale esercito – un intero treno, diretto all’aeroporto militare di Tovena. Queste lievi difficoltà altimetriche costituiranno l’aperitivo al successivo muro di Cà del Poggio, salita che deve la sua scoperta proprio al Giro d’Italia, che lo fece scoprire nel 2009, in occasione di una tappa diretta a Valdobbiadene e terminata con il successo in volata di Alessandro Petacchi. L’anno successivo è stata la volta del campionato nazionale (con ben 10 passaggi) vinto da Giovanni Visconti, poi sono arrivati il Giro femminile e quello Under23, i gemellaggi con il Muro di Grammont e quello di Mûr-de-Bretagne, mentre la Corsa Rosa vi è tornata finora altre cinque volte e in una di queste occasioni (nel 2020) i suoi 1200 metri al 12.3% di pendenza media furono affrontati a cronometro, sempre nel contesto di una tappa che terminava a Valdobbiadene: quel pomeriggio il più veloce fu il piemontese Filippo Ganna che, dopo aver fatto registrare il miglior tempo di scalata, si impose alla media di quasi 48 Km/h staccando di 26” l’australiano Rohan Dennis. Raggiunta la cima del muro i corridori scenderanno verso Refrontolo, centro conosciuto per il suo vino Passito D.O.C.G. e che merita una sosta anche per ammirare l’antico e delizioso Molinetto della Croda, risalente al 1630.
S’imboccherà a questo punto un lungo settore pianeggiante che, tranne una breve intromissione, si dipanerà per una cinquantina di chilometri per terminare proprio ai piedi del Monte Grappa. All’inizio di questo settore si attraverserà Pieve di Soligo, dove si transiterà al cospetto del monumentale duomo neoromanico di Santa Maria Assunta, poi la Corsa Rosa sarà nuovamente sulle strade di Sernaglia della Battaglia, già solcate dal gruppo due giorni prima nel corso della tappa di Padova. Toccata la vicina Moriago, dove si può ammirare l’avveniristica Casa Fungo, progettata dall’ingegnere aerospaziale Dante Vendramini, si supererà il Piave sul Ponte di Vidor per portarsi a Cornuda, dove la chiesa sconsacrata di Santa Teresa dal 2002 ospita il Museo della stampa e del design tipografico. Qui ci sarà un cambio di direzione tornando a pedalare verso le montagne, anche se in realtà si dovrà pedalare in pianura per diversi chilometri, pur con l’inserimento qua e là di alcuni “scalini”, come quelli che s’incontreranno a cavallo dal passaggio da Possagno, la città natale di Antonio Canova, che qui vi realizzò la Chiesa della Santissima Trinità, nota come “Tempio Canoviano” perché vi fu anche sepolto il celebre scultore-
Dai delicati colpi di scalpello del massimo esponente del neoclassicismo a quelli più incisivi del Monte Grappa il passo sarà breve, giusto gli ultimi 10 Km tranquilli che si dovranno percorrere per arrivare a Semonzo, il centro dove si andrà ad imboccare il versante intitolato a Gaetano Giardino, il maresciallo che fu comandante dell’Armata del Grappa guidandola verso la vittoria e che dopo la morte nel 1935 fu sepolto nel sacrario realizzato sulla cima della montagna, progettato dall’architetto milanese Giovanni Greppi. Da questo lato la salita misura complessivamente quasi 20 Km, con i “girini” che si fermeranno circa 800 metri a valle del punto terminale, affrontata fin lì una pendenza media dell’8.1%. In tutto s’incontreranno 28 tornanti, la maggior parte dei quali concentrati nei primi 11 Km , che, inclinati al 7,6% medio, conducono a Campo Croce, località frequentata dagli appassionati di parapendio. Poco più di 1500 metri pedalabili, contenenti anche una brevissima discesa, permetteranno di rifiatare prima d’iniziare la seconda parte dell’ascesa, la più impegnativa pur avendo una pendenza media inferiore (8,7% negli ultimi 7,2 Km) per la presenza di un tratto di 2,6 Km al 10,5% nel quale si raggiungerà il picco di pendenza massima di questo versante (14%). In discesa si percorrerà la principale via d’accesso alla cima, quella strada che porta il nome del generale Luigi Cadorna, il Capo di Stato Maggiore dell’esercito che l’aveva fatta tracciare tra il 1916 e il 1917 dopo aver intuito l’importanza strategica del monte e la necessità di armarlo a difesa. Rispetto al 2010, quando scendendo da questo versante Vincenzo Nibali costruì il suo primo successo al Giro d’Italia (la tappa era quella di Asolo, che lo “Squalo dello Stretto” vinse con 23 secondi di vantaggio sul suo capitano Ivan Basso), a un certo punto si abbandonerà la Strada Cadorna per inerpicarsi verso il Pianaro, affrontando una salita corta da decisamente “puntuta” perché in quei 1500 metri i corridori troveranno sotto le ruote una pendenza media del 9%, dato che si fa particolarmente “acre” nel chilometro conclusivo, dove l’inclinazione media schizza quasi al 13%. Ritrovata la “Strada Cadorna” ci si tufferà quindi su Romano d’Ezzelino, centro che fu feudo di una delle più potenti e importanti famiglie medioevali venete, quella del condottiero e dittatore Ezzelino III, crudele al punto da essere relegato da Dante nel “girone dei violenti”, condannato per l’eternità a nuotare in un fiume di sangue bollente. Per i corridori, invece, si prospetta nuovamente un “girone del Grappa” perché non distante da Romano è Semonzo e da lì a poco dovranno ripetere nuovamente sia l’ascesa alla montagna sacra alla patria, sia il velenoso Pianaro. Solo allora potranno dire di essersi messi alle spalle l’ultima montagna del Giro 2024 e lanciarsi verso il traguardo di Bassano del Grappa, la città del celebre Ponte degli Alpini sul quale – secondo una celebre canzoncina – gli innamorati si scambiano un bacino d’amore. Ma oggi, al termine di una tappa massacrante, almeno un bacio spetterà a tutti i corridori che avranno portato la bici fin sul traguardo, non soltanto quello d’ordinanza della miss destinato al vincitore.

Mauro Facoltosi

Il sacrario di Cima Grappa e l’altimetria della ventesima tappa (www.maddalene101.it)

Il sacrario di Cima Grappa e l’altimetria della ventesima tappa (www.maddalene101.it)

I VALICHI DELLA TAPPA

Sella di Fadalto (489 metri). Separa il Col Visentin dal Cansiglio ed è valicata dalla SS 51 “di Alemagna” tra il lago di Santa Croce e Negrisiola (Vittorio Veneto). È quotata 488 sull’atlante stradale del TCI e 487 sulle cartine del Giro. Il Giro vi è transitato spesso, senza mai effettuare traguardi GPM.

Sella di Revine (262 metri). Coincide con l’omonimo comune, è quotato 248 metri sulle cartine del Giro. L’ultimo passaggio del Giro da questo centro risale al 1988, quando vi transitò la seconda semitappa della frazione conclusiva, una cronometro individuale di 43 Km vinta dal polacco Lech Piasecki.

Sella di Tarzo (269 metri). Coincide con l’omonimo comune

Sella di Mire (220 metri). Valicata dalla SP 86 “delle Mire” nel corso della discesa da San Pietro di Feletto (Muro di Cà del Poggio) a Refrontolo

Sella di Campo Croce (1048 metri). Vi transita la “Strada Generale Giardino” (SP 140), salendo da Semonzo verso il Monte Grappa. Coincide con l’omonima località.

Nota. Il testo di riferimento è “Valichi stradali d’Italia” di Georges Rossini (editore Ediciclo).

CIAK SI GIRO

Oggi il Giro è partito dall’Alpago, la regione storico-geografica della provincia di Belluno dove si trova il Pian del Cansiglio, lo spettacolare altopiano celebre per le sue foreste e per la scelta di farne, da parte dell’ex Presidente della Repubblica Francesco Cossiga, la meta delle sue vacanze estive quando era al Quirinale. Lassù è arrivato anche l’occhio della macchina da presa quando il Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma lo scelse nel 2014 per girarvi le scene finali di “Leoni”, film uscito nelle sale l’anno successivo e interpretato da Neri Marcorè, attore marchigiano particolarmente a suo agio quando si tratta di recitare con la cadenza veneta (non a caso, per questa sua dote, era stato scelto nel 2006 per interpretare Papa Giovanni Paolo I nella fiction dedicata a Papa Luciani). Marcorè qui è Gualtiero Cecchi, imprenditore spiantato che decise di risanare le sue magre casse con la produzione di crocefissi realizzati con plastica riciclata. L’idea sembra vincente e riesce a ottenere anche il benestare della Curia, ma per avere la plastica a basso prezzo si rivolge a un faccendiere napoletano colluso con la camorra, il quale gli vende del materiale pericoloso, che ha il difetto di esplodere al contatto con l’acqua, come scoprirà per primo il sacerdote incaricato di benedirne uno. L’azione si svolge in Veneto e principalmente nella città di Treviso, ma anche con capatine fuori città (suggestive le scene “dall’aldilà” girate presso i ruderi dell’Abbazia di Sant’Eustachio, sulle prime pendici del Montello) e in alcuni centri delle provincie di Belluno, Vicenza e Padova, dove si trova la spettacolare Ca’ Marcello, la villa situata in quel di Piombino Dese che in questo film è dimora del protagonista e dell’anziana madre. L’Alpago si vede solo alla fine, dopo che l’impresa di crocefissi è impietosamente fallita e il Cecchi è finito in ospedale proprio a causa di una delle esplosioni: se il padre è fallito, a risollevare il buon nome della famiglia interviene suo figlio Martino, che con successo avvia un allevamento per la produzione di formaggio sulle alture del Cansiglio, scene che mostrano la bellezza dell’altipiano circostante la Malga Valmenera, presso la località Pian Osteria (Tambre)

In collaborazione con www.davinotti.com

Scena di “Leoni” girata sul Pian del Cansiglio (www.davinotti.com)

Scena di “Leoni” girata sul Pian del Cansiglio (www.davinotti.com)

Le altre location del film citato

https://www.davinotti.com/forum/location-verificate/leoni/50037571

FOTOGALLERY

Il lago di Santa Croce visto dalla strada per la Sella di Fadalto

Vittorio Veneto, il centro storico di Serravalle

Lago di Lago

Muro di Cà del Poggio

Refrontolo, Molinetto della Croda

Pieve di Soligo, Duomo di Santa Maria Assunta

Casa Fungo, Moriago della Battaglia

Cornuda, Museo della stampa e del design tipografico

Possagno, Tempio Canoviano

Monte Grappa, località Campo Croce

Lo scollinamento del Monte Grappa

L’imbocco della salita del Pianaro

Romano d’Ezzelino, Torre Ezzelina

Bassano del Grappa, Ponte degli Alpini

A SAPPADA E’ IL GIORNO DI VENDRAME. SPLENDIDO TRIONFO IN SOLITARIA DEL VENETO. CLASSIFICA IMMUTATA

A Sappada è il giorno di Andrea Vendrame. Il veneto della Decathlon-Ag2r La Mondiale ha vinto in solitaria la 19a tappa del Giro d’Italia staccando i compagni di fuga a 30 km dall’arrivo. Per il ragazzo di Conegliano è il secondo successo al Giro dopo quello ottenuto nel 2021. Alle sue spalle, staccato di 54″ Pelayo Sanchez (Movistar Team), già vincitore della tappa dei sterrati, che nel finale ha anticipato Georg Steinhauser (EF Education-EasyPost), a sua volta primo sul Passo Brocon due giorni fa. No contest tra i big della classifica che resta completamente immutata alla vigilia dell’ultima frazione di montagna, quella del doppio passaggio sul Monte Grappa. Unico sussulto la caduta a 6 km dall’arrivo che ha visto come protagonista un Geraint Thomas (Ineos Grenadiers) piuttosto distratto.

La terzultima tappa della corsa rappresentava sulla carta una ghiotta occasione per i cacciatori di tappe. I 157 km che portavano la carovana rosa da Mortegliana a Sappada erano infatti particolarmente adatti a chi aveva intenzione di giocarsi le sue chance inserendosi nella fuga di giornata. I primi 85 km erano sostanzialmente piatti, mentre il finale era reso più complicato da serie di salite non eccessivamente difficili. La prima ascesa, non classificata come gpm, era quella della Rosa dei Venti (6,2 km al 4,8%) al km 92. Quindi, dopo l’intergiro di Paularo (km 100), iniziava il Passo Duron (6,9 km al 5,8%) la cui cima era posta al km 105. La successiva discesa portava allo sprint intermedio di Cercivento (km 113) posto ai piedi della Sella Valcalda (8,9 km al 3,7%) che terminava ai -36. Al termine della relativa discesa aveva inizio un lugo tratto di leggera salita alternata a qualche breve contropendenza che accompagnava i corridori ai piedi dell’ultima salita di giornata, quella di Cima Sappada caratterizzata dagli ultimi 2,8 km all’8.5% e posta ad appena 7 km dal traguardo.

La corsa si è accesa sin dai primi km in particolare per merito delle aziondi di Edoardo Affini (Visma | Lease a Bike) e Ryan Mullen (Bora-Hansgrohe). Nel giro di pochi chilometri si è formato un drappello di 10 uomini, che oltre ai due già citati comprendeva Magnus Sheffield (Ineos Grenadiers), Simone Velasco (Astana Qazaqstan Team), Andrea Vendrame (Decathlon Ag2r La Mondiale Team), Andrea Piccolo (EF Education-EasyPost), Daan Hoole (Lidl-Trek), Lorenzo Milesi (Movistar), Giovanni Lonardi (Team Polti Kometa)e Attila Valter (Visma | Lease A Bike). Dietro però vi erano diverse squadre, e tra queste l’Alpecin-Deceuninck, la Soudal-Quick Step e la Bahrain-Victorius, rimaste fuori dal tentativo e che volevano a tutti i costi giocarsi la tappa. Di conseguenza il gruppo non ha concesso spazio ai 10 battistrada che sono stati poi ripresi introno al km 30.
Come logica conseguenza, è immediatamente partita una nuova azione, promossa stavolta dall’indomabile Julian Alaphilippe (Soudal-QuickStep) a cui si sono rapidamente aggiunti Jhonatan Narváez (Ineos Grenadiers), Quinten Hermans (Alpecin-Deceuninck), Andrea Vendrame (Decathlon Ag2r La Mondiale Team) e Pelayo Sánchez (Movistar Team). Una manciata di chilometri dopo al quintetto si è aggiunto anche Luke Plapp (Team Jayco AlUla). La bagarre in testa al gruppo non era però destinata a spegnersi, in particolare grazie all’attivismo degli uomini Lidl-Trek che ha lanciato al contrattacco la coppia formata da Jasper Stuyven ed Edward Theuns. I due fiamminghi, in compagnia di Enzo Paleni (Groupama-FDJ) e Mattia Bais (Team Polti-Kometa) sono rietrati sulla testa della corsa ai -98, dopo il traguardo volante di Peonis. Di lì a poco dal gruppo è evaso un altro drappello che comprendeva 9 corridori: Mikkel Frølich Honoré e Michael Valgren (EF Education-EasyPost), Alessandro De Marchi (Team Jayco AlUla), Jan Tratnik e Tim van Dijke (Visma | Lease A Bike) e Manuele Tarozzi (VF Group – Bardiani CSF – Faizanè), oltre a Simone Velasco (Astana Qazaqstan), Dries De Pooter (Intermarché-Wanty) e Georg Steinhauser (EF Education-EasyPost). Tale gruppetto è finalmente rientrato sui battistrada ai -80, andando dunque a comporre ul folto drappello di testa formato da ben 19 corridori. Alle loro spalle si era mosso ormai tardivamente Alessandro Verre (Arkea-B&B Hotels), poi rimasto a lungo nella terra di mezzo prima di essere ripreso dal plotone.

A quel punto il gruppo ha visibilmente rallentato, tanto che ai -75 il gap dei fuggitivi era già lievitato oltre i 6 minuti, chiaro segnale del fatto che a giocarsi la tappa sarebbero stati i fuggitivi che hanno proseguito di comune accordo fino all’intergiro di Paularo (-57) vinto da Tarozzi. Proprio a Paularo iniziavano le prime rampe del Passo Duron, lungo le quali è arrivata l’accelerazione di Alaphilippe a cui hanno subito risposto Steinhauser, Narvaez e Tarozzi che però ha perso le ruote degli altri tre quando mancavano 3 km alla vetta. Per contro lungo la parte finale della salita sono rientrati sui 3 battistrada prima Pelayo Sanchez e poi Quinten Hermans, mentre poco dopo lo scollinamento è stata la volta di Vendrame. Tarozzi, ormai staccato è stato invece raggiunto nel corso della discesa da Velasco, Valgren, Plapp, Bais e Tratnik. Il nuovo sestetto di testa è così transitato all’ultimo sprint intermedio, quello di Cercivento, con 35″ sui 6 immediati inseguitori, mentre il gruppo era nel frattempo naufragato a 11′20″ dai battistrada.
Lungo la Sella Valcalda, Alaphilippe ha nuovamente accelerato portando con se ancora Narvaez, Steinhauser e Sanchez, mentre Vendrame ed Hermans hanno proceduto del loro passo venendo poi raggiunti da Luke Plapp. I due drappelli si sono però ricongiunti in prossimità del gpm.

L’attacco decisivo è così arrivato lungo la successiva discesa, resa pericolosa dalla pioggia: Vendrame ha deciso di assumersi qualche rischio, guadangando una decina di secondi su Alaphilippe e Narvaez e una ventina su Steinhauser, Plapp, Sanchez e Hermans. Questi ultimi sono rientrati sul francese e sull’ecuadoriano al termine della discesa, ma è stato subito evidente che non ci fosse un accordo sufficiente per organizzare l’inseguimento al corridore della Decathlon che ha così continuato a guadagnare secondi su secondi. Ai -20 il vantaggio del corridore di Conegliano aveva già raggiunto i 40 secondi, mentre ai piedi dell’ultima salita il gap era lievitato ad 1′10″. Vendrame ha così potuto gestire con relativa calma l’ampio vantaggio accumulato, mentre dietro Steinhauser staccava gli altri compagni di fuga prima di venire ripreso da Sanchez ad un km dello scollinamento. Lo spagnolo ha poi staccato il tedesco, ma a quel punto era ormai impossibile riprendere lo scatenato Vendrame che poteva vantarea ancora circa 1′ di vantaggio.
Il veneto, visibilmente commosso, ha tagliato il traguardo con 54″ su Pelayo Sanchez e 1′07″ su Georg Steinhauser. Ben più staccati gli altri fuggitivi: Jhonatan Narvaez ha chiuso in 4a posizione (2′27″ il suo distacco) in compagnia di Luke Plapp. Sesta posizione per Simone Velasco (2′30″) giunto insieme a Jan Trantik e Michael Valgren. Chiudono la top ten di giornata Alaphilippe (2′32) ed Herman (2′52″).

Nel gruppo maglia rosa, arrivato con quasi 16′ di ritardo da segnalare solo la caduta di Geraint Thomas (Ineos Grenadiers) avvenuta ai-6. Il gallese è però riuscito a rientrare sul drappello dei migliori, giunti tutti insieme al traguardo. Resta ovviamente saldamente in testa alla graduatoria Tadej Pogacar (UAE Team Emirates) con un vantaggio enorme (7′42″) sul primo degli umani, Daniel Martinez (Bora-Hansgrohe). Terza posizione proprio per Thomas (ad 8′04″) chiamato domani a difendere il podio da Ben O’Connor (Decathlon-Ag2r La Mondiale) che paga 9′47″ e Antoni Tiberi (Bahrain-Victorius) che invece si trova a 10′29″.

Proprio domani è in programma l’ultima tappa di montagna, la Alpago-Bassano del Grappa che propone la doppia scalata del Monte Grappa (versante di Semonzo). Sarà logico aspettarsi un pò di battaglia per la conquista dei due gradini più bassi del podio.

Pierpaolo Gnisci.

SAPPADA VUOL DIRE TRADIMENTO

Il Giro fa ritorno in una sede di tappa storica per la Corsa Rosa e ci arriverà al termine di quella che, sulla carta, è la meno impegnativa tra le frazioni alpine dell’edizione 2024. Ma siamo oramai nella fase calante della corsa, le energie stanno inevitabilmente diminuendo e salite come quelle del Duron, della Sella Valcalda e di Cima Sappada potrebbero far vedere i proverbiali “sorci verdi” a qualche big.

Ci sono date che, per mille motivi diversi, sono entrate nella storia dello sport. E anche il Giro non fa eccezione e se ne potrebbero citare diverse, come il 26 maggio del 1937 (giorno del primo tappone dolomitico, al quale abbiamo già accennato in occasione della frazione del Brocon) o il 5 giugno del 1999, quando Pantani fu estromesso dal Giro con la maglia rosa sulle spalle per la nota questione dell’ematocrito fuori norma, anche se la data per eccellenza è quella del 13 maggio del 1909, quando alle 3 di notte prese il via da Piazzale Loreto a Milano la prima edizione della Corsa Rosa. E poi c’è il 6 giugno del 1987, il giorno nel quale si corse la storica tappa con arrivo a Sappada e dal quel momento il nome della località di sport invernali del Cadore divenne per gli appassionati di ciclismo sinonimo di tradimento. Per raccontare quanto accaduto quel pomeriggio di 37 anni fa bisogna prima fare un passo indietro di due settimane, a quando quell’edizione del Giro prese il via da Sanremo con Roberto Visentini nel ruolo di grande favorito per la vittoria finale. Il bresciano si era imposto al Giro l’anno precedente e nel 1987 il percorso particolarmente montagnoso – come non si vedeva da anni – si adattava alla perfezione alle sue doti di scalatore in grado di egregie prestazioni a cronometro. E, infatti, Visentini inizia la corsa con il piede giusto vincendo il cronoprologo, per poi cedere la maglia rosa all’olandese Breukink nella semitappa con arrivo in salita a San Romolo e venir sorpassato di poco in classifica dal suo fin a quel momento fidato gregario Stephen Roche dopo la pomeridiana cronodiscesa dal Poggio. Un paio di giorni più tardi la cronometro a squadre sancisce la supremazia della Carrera, con Roche primo in classifica, Visentini secondo a 15” e gli altri avversari già oltre il minuto di distacco. Roche guadagna un’altra quindicina di secondi a Montalcino, poi la situazione si cristallizza fino alla 13a tappa, che prevede lo svolgimento di una cronometro di 46 Km disegnata tra Rimini e San Marino, con il finale in salita. Qui Visentini è autore di una vera e propria prestazione “monstre” e volando a quasi 39 Km/h straccia la concorrenza, con distacchi che ricordano quelli affibbiati dal danese Vingegaard al Tour dell’anno scorso nella crono di Combloux: il secondo è staccato di 1’11”, Roche è 12° con quasi 3 minuti di passivo ed è costretto a rientrare nei ranghi perché è ovviamente Visentini a vestirsi di rosa, precedendo in classifica di 2’42” proprio il compagno di squadra. Nessuno può immaginare come quei nove giorni trascorsi in maglia rosa abbiano fatto venire appetito all’irlandese, appetito che si trasforma in vera e propria fame il 6 giugno, quando è in programma la prima frazione alpina. Quella fame si concretizza con due attacchi a sorpresa, il primo sulla salita della Forcella di Monte Rest, il successivo su quella della Sella Valcalda: dopo il primo l’ammiraglia al seguito dell’irlandese si spacca, tra le incitazioni di chi lo invoglia a proseguire nell’azione e gli urlacci di chi lo invita a rispettare il capitano. Se il primo tentativo abortisce e viene annullato, il secondo causa una pesantissima crisi – fisica e soprattutto di nervi – a Visentini, che all’arrivo accuserà 7 minuti di ritardo e dovrà dire addio alla maglia rosa. La botta psicologica sarà forte al punto da bloccargli letteralmente la carriera al bresciano (si ritirerà nel 1990 e quella di San Marino sarà la sua ultima vittoria), che in tempi recenti rivelerà di non aver mai perdonato il compagno di squadra, considerando morto come uomo pur riconoscendone le doti: non va dimenticato che in quella stagione Roche non vinse solo il Giro, ma anche il Tour e il Mondiale, una tripletta riuscita soltanto a un altro corridore, il belga Eddy Merckx.
Ora il Giro si appresta a fare ritorno a Sappada, dove un’altra frazione è terminata nel 2018, e ci arriverà al termine di quella che sulla carta è la meno impegnativa tra le cinque tappe alpine del Giro 2024. Ma non dobbiamo dimenticare che siamo a soli tre giorni dalla conclusione, si sta correndo da tre settimane, le energie stanno declinando e anche le salite odierne potrebbero far male e creare sensibili distacchi, consacrando ancora una volta il nome della località friulana sulle pagine dei quotidiani sportivi. In quanto al tracciato, gli ultimi 40 Km saranno gli stessi della tappa del 1987 mentre al posto del Monte Rest si scalerà il più breve e impegnativo Passo Duron, che ha anche il pregio di trovarsi molto più vicino alle due salite finali, con la Cima Sappada che è quasi un arrivo in salita poiché dopo lo scollinamento mancheranno soli 6 Km al traguardo.
Prima di tornare a misurarsi con le montagne bisognerà pedalare a lungo in pianura che – a parte qualche rara intrusione – caratterizzerà i primi 86 Km, con la partenza oggi prevista all’ombra dello svettante campanile di Mortegliano, il più alto d’Italia dall’alto dei suoi 113 metri, costruito negli anni ’50 battendo di 66 centimetri il record precedentemente detenuto dal Torrazzo di Cremona. Il tratto iniziale si snoderà nei territori pianeggianti a ovest di Udine, dirigendosi in leggerissimo falsopiano prima verso Mereto di Tomba e poi su San Daniele del Friuli, località che i golosi conoscono per il suo prosciutto crudo, prelibatezza per il palato da degustare magari dopo un piccolo giro turistico per questa cittadina, che vanta monumenti poco conosciuti come la Chiesa di Sant’Antonio Abate (soprannominata la “Sistina del Friuli”), Porta Gemona e la Biblioteca Guarneriana, tra le più antiche d’Italia.
Transitati ai piedi del Monte di Ragogna, sulle cui prime pendici si trovano i suggestivi resti del castello di San Pietro, si varcherà il corso del Tagliamento sul Ponte di Pinzano, costruito tra il 1903 e il 1906 e in seguito ricostruito due volte, la prima per riparare i danni della Prima Guerra Mondiale – quando fu minato dalle truppe italiane in ritirata dopo la disfatta di Caporetto – e la seconda in seguito ad una piena del fiume avvenuta il 4 novembre del 1966, lo stesso giorno nel quale a Firenze l’Arno provocò una storica e disastrosa alluvione.
Percorsi una cinquantina di chilometri dal via si giungerà ai piedi della prima delle due salitelle che spezzano il tratto iniziale pianeggiante, 1.7 Km al 5.3% in vetta ai quali si attraverserà il centro di Forgaria nel Friuli prima di riprendere la pianura in vista di Peonis, dove si giungerà dopo aver sfiorato la riserva naturale del Lago di Cornino, le cui acque provengono da sorgenti sotterranee. Transitati al cospetto del monumento che ricorda Ottavio Bottecchia nel luogo dove il primo italiano a vincere il Tour de France (nel 1924 e nel 1925) fu trovato agonizzante il 3 giugno del 1927 – morirà 12 giorni dopo senza aver mai ripreso conoscenza e mai si riuscirà a far piena luce sulle cause del malore – i “girini” si dirigeranno verso un altro lago, quello di Cavazzo, il più vasto della regione tra quelli di origine naturale, verso le cui acque precipitano le pendici del Monte San Simeone, che per anni è stato erroneamente indicato come epicentro del terremoto che colpì il Friuli nel 1976 (studi successivi l’hanno collocato più a est, tra i centri di Gemona e Artegna).
Un’altra piccola salita, la facile Selletta di Mena (1,8 Km al 5,5%), costituirà per il gruppo l’accesso alla regione storico-geografica della Carnia, che corrisponde con il settore settentrionale della Provincia di Udine e la cui fama ciclistica ha avuto una decisa accelerata da quando, nel 2003, l’organizzazione del Giro ha deciso di inserire nel suo “parco salite” il Monte Zoncolan, anche se bisognerà aspettare fino al 2007 per vedere i corridori affrontare il tremendo versante di Ovaro. La Carnia accoglierà i “girini” sulle strade del suo capoluogo, la cittadina di Tolmezzo, in mezzo alla quale spicca tra gli altri edifici il Duomo di San Martino, consacrato nel 1764 nel luogo dove in precedenza sorgeva un demolito luogo di culto intitolato al medesimo santo. Alle porte di Zuglio, uno dei centri più antichi della Carnia (vi si può visitare il Foro di Iulium Carnicum, la città romana più settentrionale d’Italia), si lascerà la pianura, anche se non è ancora arrivato il momento si affrontare le ostiche pendenze del Passo Duron. Ci sarà, infatti, un antipasto di 5.5 Km al 5% risalendo il cosiddetto Canale d’Incaroio, nome con il quale è conosciuta la Val Chiarsò, e – a differenza dall’ultima volta nella quale si è transitati da queste parti – non si percorrerà la statale di fondovalle, ma una provinciale più stretta e defilata. Arrivati a Paularo si alzerà il sipario sulle fasi più attese di questa tappa perché è proprio da questo centro che hanno inizio i 3.3 Km al 12,2% che conducono al Passo Duron, salita che esibisce un “biglietto da visita” niente male perché è proprio nei 500 metri iniziali che viene raggiunto il picco massimo di pendenza, una sventagliata al 18% che contribuirà ulteriormente a “epurare” il gruppo di testa. Dopo un brevissimo tratto in quota si affronterà una discesa nettamente meno pendente dell’ascesa appena affrontata, che porterà la corsa rosa a Paluzza, paese la cui frazione di Timau – famosa per il sacrario nel quale riposano le spoglie di più di 1700 soldati italiani e austriaci – costituisce al pari di Sappada un’isola linguistica tedesca, in quanto fin dall’epoca medioevale vi si parla un dialetto d’origine carinziana.
Attraversato quello che è anche il borgo natale di Manuela Di Centa, la fondista che conquistò la medaglia d’oro alle Olimpiadi Invernali di Lillehammer nel 1994, si andrà subito ad affrontare la salita successiva, che sulla carta può sembrare la più semplice fra le tre che caratterizzano il finale. Invece non andranno sottovalutati i 6 Km al 6.2% della Sella Valcalda, che contengono un tratto intermedio di 1200 metri nei quali la pendenza media schizza al 10.7%. Raggiunto il valico, situato alle porte della stazione di sport invernali di Ravascletto e dal quale è possibile raggiungere comodamente in funivia la cima del Monte Zoncolan, si scenderà su Comeglians, dove si andrà all’attacco della lunga ascesa finale verso Cima Sappada, molto più lunga rispetto a quanto annunciato sulle cartine ufficiali del Giro 2024. Lì sono stati, infatti, presi in considerazione solo gli ultimi 8.5 Km, ma la strada in realtà prende a salire quasi 12 Km prima, anche se nella parte iniziale procede a corrente alternata, con tratti d’ascesa reale intercalati ad altri in quota. La prima balza – 3.5 Km al 5.5% – serve per risalire la Val Degano fino a Rigolato, tipico paese carnico che nel XV secolo godette di una certa fama per il rame e il ferro che si cavava dalle miniere del Monte Avanza, successivamente abbandonate. L’attività estrattiva è oggi rammentata dal nome del vicino centro di Forni Avoltri, al quale i “girini” giungeranno al termine del tratto intermedio della salita, in parte pianeggiante e in parte in leggero falsopiano, immediatamente seguito dalla parte più impegnativa. I dati reali del tratto conclusivo dicono che la salita è lunga 5.5 Km e presenta una pendenza media del 6.3%, numeri discordanti da quelli riportati sul “Garibaldi” (il road book ufficiale della corsa) perché l’organizzazione ha deciso di inserire a circa metà salita una lunga deviazione pianeggiante per far attraversare ai corridori la Carnia Arena, impianto realizzato negli anni ’90 nella spianata dei Piani di Luzza per la pratica del biathlon. Proprio all’uscita dall’arena i corridori si troveranno ad affrontare il tratto più difficile dell’ascesa friulana, quello che i cicloamatori hanno ribattezzato “Muro della Cleva” perché per 900 metri si deve pedalare su di una pendenza media dell’11.5% (la massima è del 15%) e a rendere il tutto ancora più asfissiante è la quasi totale mancanza di curve in questo tratto. Dopo un momento di respiro la “Cleva” propone un’altra stilettata di 600 metri all’11.4%, questa ammorbidita dalla presenza di due tornanti, poi le pendenze scemano con decisione nei conclusi 800 metri al 4.7% che conducono alla Cima Sappada. La tappa si può considerare finita, anche se mancano ancora 6 Km e 200 metri al traguardo, tracciati in leggera discesa fino al cartello dei meno 2000 metri all’arrivo, quando la strada tornerà a salire fino allo striscione dell’ultimo chilometro, affrontando per ultimo un tratto che presenta una pendenza media del 5.4% e da un picco massimo del 10%. In precedenza ci sarà anche un insolito ma non atipico (ricordate la crono che aprì la scorsa edizione del Giro?) passaggio su una pista ciclabile, quella realizzata a pochi metri dal corso del Piave, che da queste parti – a pochi passi dalle sorgenti sul Monte Peralba – ha ancora l’aspetto di un torrente e non ancora i tratti del fiume che mormorò il 24 maggio del 1915. Ironia del destino sarà un 24 maggio anche il giorno di questa tappa. E se il Piave mormorerà anche stavolta e il nome di Sappada tornerà a risuonare sulle pagine delle cronache sportive? Con la speranza che stavolta il tradimento non sia opera dell’uomo.

POST SCRIPTUM

Vi abbiamo parlato della tappa del Giro del 1987 ma non abbiamo fatto alcun accenno al corridore che quel giorno tagliò per primo la linea d’arrivo. Era Johan van der Velde, corridore olandese che aveva già all’attivo tre successi al Tour de France e una alla Corsa Rosa dall’anno precedente, quando si era imposto sull’arrivo in salita di Pejo Terme. Le vicende di Roche e Visentini quel giorno fecero scivolare in secondo piano le sue gesta, ma ci pensò lui stesso a far tornare l’attenzione dei media sulla sua persona e ventiquattrore dopo andò a segno anche nel tappone dolomitico di Canazei, una dura frazione che aveva in programma salite del calibro dei mitici passi Gardena, Sella e Pordoi, ma soprattutto prevedeva nel finale la tremenda ascesa della Marmolada. Lui, però, non sarà ricordato né per le tre vittorie al Tour, né per quelle al Giro: per tutti lui sarà l’eroe del Gavia, che al Giro dell’anno successivo affrontò con una mise estiva sotto una pesante nevicata, rischiando il congelamento e il tempo massimo, terminando la tappa con 47 minuti di ritardo, ma riuscendo a conservare la maglia di leader della classifica a punti, che porterà fino al traguardo conclusivo di Vittorio Veneto.

Mauro Facoltosi

Il borgo di Sappada e l’altimetria della diciannovesima tappa (www.e-borghi.com)

Il borgo di Sappada e l’altimetria della diciannovesima tappa (www.e-borghi.com)

I VALICHI DELLA TAPPA

Selletta di Mena (300 metri). È attraversata dalla Strada Statale 512 “del lago di Cavazzo” tra Somplago e Cavazzo Carnico. Mai affrontata come GPM, il Giro vi è transitato quattro volte e sempre in occasione di tappe di montagna. Il primo passaggio è avvenuto nel 2011 durante la tappa Spilimbergo – Grossglockner vinta dal colombiano José Rujano; nel 2013 vi è transitata la Cordenons – Altopiano del Montasio vinta da un altro colombiano, Rigoberto Urán; l’anno successivo vi si è passati durante la Maniago – Monte Zoncolan conquistata dall’australiano Michael Rogers mentre l’ultima volta correva l’anno 2018 e si viaggiava nuovamente verso lo Zoncolan (partendo quel giorno da San Vito al Tagliamento), dove s’impose il britannico Chris Froome.

Forcella Durone (1121 metri). È quello che viene tradizionalmente chiamato Passo Duron. La quota è differente rispetto a quella indicata sulle cartine del Giro (1076 metri), ma non si tratta di un errore. Il valico vero e proprio, infatti, non è direttamente toccato dalla Strada Provinciale 23 “della Val d’Incaroio” (tratto Paularo – Paluzza), dalla quale è raggiungibile deviando su di un sentiero sterrato per circa mezzo chilometro. La salita al Passo Duron è stata finora inserita due volte nel percorso del Giro e la prima fu conquistata dal francese Ludovic Turpin durante la tappa Mestre – Monte Zoncolan vinta dal varesino Ivan Basso. Il successivo passaggio è avvenuto nel 2018 durante la pocanzi citata tappa dello Zoncolan vinta da Froome, quando a scollinare in testa fu il romano Valerio Conti.

Forca di Liûs (1010 metri). Valico prativo attraversato dalla Strada Provinciale 24 “della Val Pontaiba” nel corso della discesa che dal Passo Duron conduce a Paluzza. Chiamata anche Forcella di Liûs, è quotata 1003 metri sulle cartine del Giro 2024.

Sella Valcalda (958 metri). Valico che separa il Monte Crostis dal gruppo del Monte Arvenis (del quale fa parte anche lo Zoncolan), è attraversato dalla Strada Regionale 465 “della Forcella Laverdet e di Valle San Canciano” tra le località di Cercivento e Comeglians. Finora è stata affrontata cinque volte come GPM e il primo passaggio avvenne proprio in occasione della storica tappa Lido di Jesolo – Sappada del 1987, quando questo valico fu tenuto a battesimo dal romagnolo Roberto Conti. Tre anni più tardi, nel Giro di Gianni Bugno (1990), la salita fu affrontata nel corso della tappa italo-austriaca Velden – Dobbiaco (vinta dal francese Eric Boyer) e vi svettò in testa nientemeno che il tre volte vincitore del Tour Greg Lemond. Terzo passaggio nel 2003, in occasione della San Donà di Piave – Monte Zoncolan, primo arrivo sul monte friulano: il GPM fu di Marzio Bruseghin poi la tappa andrà a Gilberto Simoni. La penultima scalata risale alla tappa dello Zoncolan del 2010 e pure questo valico finì del palmares di Ludovic Turpin mentre l’ultima volta, nel 2018, sempre in occasione di una frazione che terminava sulla temuta ascesa friulana, la Valcalda vide transitarvi in testa il romano Valerio Conti.

Valico di Cima Sappada (1276 metri). Erbosa sella spartiacque tra le valli del Piave e del torrente Degano, vi transita la Strada Regionale 355 “di Val Degano” che mette in comunicazione Forni Avoltri con Sappada. È quotato 1286 metri sull’atlante stradale del TCI è quotato, 1290 metri sulle cartine del Giro 2024. Il Giro l’ha affrontato due volte come GPM, la prima nel finale della storica tappa di Sappada del 1987 con passaggio in vetta dell’olandese Johan van der Velde – che poi vinse anche la frazione – la seconda nel 1990 nel corso della tappa Velden-Dobbiaco vinta dal francese Eric Boyer (primo a Cima Sappada il bresciano Bruno Leali). Non ci fu GPM, invece, nel 2007 e nel 2017, quando si salì dal più semplice versante occidentale e si preferì collocare nella sottostante Sappada un traguardo volante, rispettivamente vinto la prima volta dal toscano Paolo Bettini (tappa Lienz – Monte Zoncolan, primo al traguardo il trentino Gilberto Simoni) e il belga Dries Devenyns (tappa San Candido – Piancavallo, vinta dallo spagnolo Mikel Landa). A Sappada, sempre salendo da ovest, terminò anche una tappa nel 2018, conquistata da britannico Simon Yates.

Nota. Il testo di riferimento è “Valichi stradali d’Italia” di Georges Rossini (editore Ediciclo).

CIAK SI GIRO

Non ci sono solo film culto nella storia del cinema italiano. Ci sono anche pellicole che potremmo definire di “nicchia”, che al botteghino non hanno raccolto un granché ma che meritano comunque la visione, almeno per le tematiche trattate. È il caso, per esempio, di “Riparo”, film drammatico del 2007 firmato dal regista Marco Simon Puccioni, opera nella quale si affrontano due temi scottanti e all’ordine del giorno, quelli dell’immigrazione e delle coppie di fatto. L’unione tra queste tematiche è presente fin dall’inizio della pellicola quando, da ritorno da una vacanza in Tunisia, una coppia di fidanzate, Anna e Mara, scopre che sul traghetto un ragazzo extracomunitario si era nascosto nella loro auto. La prima, desiderosa di diventare madre, decide di non denunciarlo e di farlo rimanere nella casa dove convive con la fidanzata, la quale vede il ragazzo come un “intruso” e la situazione si complica quando quest’ultimo scoprirà con disappunto della relazione esistente tra le due donne. Per quanto riguarda le riprese, tolte un paio di scene in Lazio (al porto di Civitavecchia e nella villetta delle due donne, che si trova alle porte di Roma), il film fu prevalentemente girato in Friuli e in particolare una delle principali scene, quella nella quale Anis – così si chiama il ragazzo – scopre che le due donne non hanno gusti sessuali “tradizionali” e particolarmente scabrosi agli occhi di una persona di cultura islamica, fu girata sulle sponde del Lago di Cavazzo, sfiorato dal percorso di gara durante il viaggio verso la Carnia. Segnaliamo, infine, una curiosità: probabilmente per dare una particolare impronta al film il regista decise – nonostante le due donne siano di nazionalità italiana – di non doppiare le due attrici che le interpretarono e di farle parlare nella nostra lingua ma con il loro accento: a rivestire il ruolo di Mara è la slovacca Antonia Liskova mentre Anna è Maria de Medeiros, l’attrice portoghese principalmente nota per aver impersonato la fidanzata di John Travolta nel film “Pulp Fiction”.

In collaborazione con www.davinotti.com

Scena di “Riparo” girata sul Lago di Cavazzo (www.davinotti.com)

Scena di “Riparo” girata sul Lago di Cavazzo (www.davinotti.com)

Le altre location del film citato

https://www.davinotti.com/forum/location-verificate/riparo/50013839

FOTOGALLERY

Mortegliano, campanile del Duomo

San Daniele del Friuli, Chiesa di Sant’Antonio Abate

Ragogna, castello di San Pietro

Ponte di Pinzano sul Tagliamento

Forgaria nel Friuli, Lago di Cornino

Peonis, il monumento a Ottavio Bottecchia

Lago di Cavazzo

Tolmezzo, Duomo di San Martino

Zuglio, l’area archeologica di Iulium Carnicum

Paularo vista dai primi tornanti del Passo Duron

Paluzza, il sacrario militare di Timau

Ravascletto, la stazione di partenza della funivia per lo Zoncolan

Forni Avoltri, Carnia Arena

La pista ciclabile di Sappada

MERLIER VINCE A PADOVA. BATTUTI MILAN E GROVES

Tim Merlier (Team Soudal Quick Step) vince in volata a Padova nella penultima tappa del Giro 2024 favorevole ai velocisti. Battuti Jonathan Milan (Team Lidl Trek) e Kaden Groves (Team Alpecin Deceunnck).

Al Giro tornano di scena i velocisti con la diciottesima tappa da Fiera di Primiero a Padova di 178 km. L’unica asperità altimetrica di Lamon, dopo una ventina di km, potrebbe favorire la fuga di giornata dopodichè la strada quasi completamente pianeggiante, se si eccettua un paio di zampellotti nei dintorni del primo traguardo volante di Valdobbiadene, consentirà al gruppo e principalmente alle squadre dei velocisti di preparare il terreno ai capitani designati. Alla partenza da Fiera di Primiero non si presentava Christian Scaroni (Team Astana). Dopo una decina di km partiva la fuga di giornata caratterizzata dall’azione di quattro ciclisti: Mikkel Honorè (Team EF Education EasyPost), Filippo Fiorelli (Team VF Group Bardiani CSF Faizanè), Mirco Maestri e Andrea Pietrobon (Team Polti Kometa). Maestri scollinava per primo sull’unico gpm di Lamon posto al km 17.6. Gli uomini del Team Lidl Trek e del Team Soudal Quick Step controllavano la situazione e il vantaggio massimo della fuga arrivava a circa 2 minuti e mezzo sul gruppo maglia rosa. Pietrobon vinceva il primo traguardo volante di Valdobbiadene posto al km 67.9; era invece Fiorelli ad aggiudicarsi il traguardo Intergiro di Villorba posto al km 108.9. Infine il secondo traguardo volante di Martellago posto al km 131.5 se lo aggiudicava Fiorelli. Ad una trentina di km dalla conclusione Edoardo Affini (Team Visma Lease a Bike) evadeva dal gruppo maglia gialla e riusciva a raggiungere i quattro battistrada. Nonostante l’apporto dell’ottimo passista della Visma, le squadre dei velocisti aumentavano l’andatura fino a riprendere la fuga quando mancavano 10 km alla conclusione. Nella volata Tim Merlier (Team Soudal Quick Step) batteva Jonathan Milan (Team Lidl Trek) e Kaden Groves (Team Alpecin Deceuninck) mentre la top five era chiusa da Alberto Dainese (Team Tudor Pro Cycling) al quarto posto e da Stanislaw Aniolkowski (Team Cofidis) al quinto posto. Per Merlier è la seconda vittoria al Giro 2024 mentre la classifica generale resta invariata con Tadej Pogacar (UAE Team Emirates) in maglia rosa davanti a Daniel Martinez (Team BORA Hansgrohe) e Geraint Thomas (Team INEOS Grenadiers). Domani si ritorna a salire con la diciannovesima tappa da Mortegliano a Sappada di 157 km e tre gpm piuttosto duri tutti concentrati nei 60 km conclusivi. La fuga potrebbe avere chance di successo con i big che si controlleranno e si daranno battaglia nel finale.

Antonio Scarfone

Merlier batte Milan a Padova (Getty Images)

Merlier batte Milan a Padova (Getty Images)

« Pagina precedentePagina successiva »