PHILIPSEN BIS AL TOUR, SECONDA VITTORIA IN VOLATA PER IL BELGA
Jasper Philipsen vince in volata l’arrivo a Pau al Tour de France 2024, questa volta il belga parte lungo e fa tuto da solo dimostrando una gamba superiore a tutti i diretti avversari, seondo chiude, ancora, Wout Van Aert (Visma|Lease a Bike), terzo invece Pascal Ackermann (Israel – Premier Tech), la maglia verde Biniam Girmay (Intermarché – Wanty) si accontenta del quarto posto.
Il Tour de France registra l’assenza di Primož Roglič (Red Bull-Bora-Hansgrohe), lo sloveno non parte dopo la caduta di ieri, chi invece parte forte subito dopo il via è Mathieu van der Poel (Alpecin-Deceuninck) che riesce a portar via la fuga di giornata con un gruppetto di ben 23 uomini: Jan Tratnik (Team Visma | Lease A Bike), Adam Yates (UAE Team Emirates), Michał Kwiatkowski (INEOS Grenadiers), Julien Bernard (Lidl-Trek), Toms Skujiņš (Lidl-Trek), Matej Mohorič (Bahrain Victorious), Kevin Geniets (Groupama-FDJ), Romain Grégoire (Groupama-FDJ), Mathieu Van Der Poel (Alpecin-Deceuninck), Axel Laurance (Alpecin-Deceuninck), Rui Costa (EF Education EasyPost), Neilson Powless (EF Education EasyPost), Marijn Van Den Berg (EF Education EasyPost), Arnaud De Lie (Lotto Dstny), Cedric Beullens (Lotto Dstny), Brent Van Moer (Lotto Dstny), Jakob Fuglsang (Israel Premier Tech), Hugo Houle (Israel Premier Tech), Oier Lazkano (Movistar Team), Frank Van Den Broek (Team dsm-firmenich PostNL), Davide Ballerini (Astana Qazaqstan Team), Magnus Cort (Uno-X Mobility), Jonas Abrahamsen (Uno-X Mobility) e Mathieu Burgaudeau (TotalEnergies) che però poco dopo si stacca. Il gruppo lascia fare, in testa al plotone si portano inizialmente sia la Jayco-AlUla sia la Visma|Lease a Bike per cercare di organizzare l’inseguimento. In un tratto in rettilineo con vento laterale Wout van Aert (Visma|Lease a Bike), con una grande gamba, allunga e spezza il gruppo, il belga si porta dietro un gruppetto con dentro anche la maglia gialla Tadej Pogačar (UAE Team Emirates) e Jonas Vingegaard (Team Visma | Lease A Bike) riuscendo ad avere circa una ventina di secondi di vangtaggio sul resto del gruppo, dietro sono gli Ineos Grenadiers a dover chiudere. Il vento intanto cala di intensità ed il gruppo va a ricompattarsi. Da segnalare il ritiro in questo frangente di Juan Ayuso (UAE Team Emirates) a causa, probabilmente di positività al Covid. Il drappello di testa nonostante la sfuriata del gruppo riesce a conservare un vantaggio di poco superiore al minuto, la presenza di Adam Yates fa si che il vantaggio non dilaghi, invece di procedere di comune accordo Magnus Cort prova un allungo a cui si accodano Michal Kwiatkowski, Julien Bernard e Romain Grégoire, i quattro riescono ad avvantaggiarsi di un minuto sugli ex compagni di fuga che intanto vengo assorbiti dal gruppo. Nel tratto di tappa con qualche salita non segnalata come GPM i più attivo sono Rasmus Tiller e Jonas Abrahamsen, ci provano anche Campenaerts, Healy e Van Gils, poco dopo allungano Richard Carapaz (EF Education – EasyPost) e Tobias Halland Johannessen (Uno-X Mobility). I due sono io soli a riuscire a guadagnare qualche secondo e rimanere in testa alla corsa ma il gruppo li riprende grazie al loro delle squadre dei velocisti, soprattutto Alpecin – Deceuninck e Lotto Dstny vanno a chiudere. Nei chilometri conclusivi è la Visma | Lease a Bike a fare la voce grossa pilotando ad altissima velocità il gruppo, si entra nel rettilineo di arrivo dove una caduta, innescata da una manovra scellerata di Van Gils coinvolge Amaury Capiot (Arkéa-B&B Hotels), Axel Zingle (Cofidis) e Cees Bol (Astana Qazaqstan) che hanno la peggio, mentre De Lie rimane in piedi ma è tagliato fuori dalla volata. In testa questa volta è Laporte a lanciare al meglio Wout Van Aert che non parte nel momento giusto e si fa anticipare da Jasper Philipsen, il belga questa volta fa tutto da solo e con una volata lunghissima vince per la seconda volta, dietro di lui proprio Wout Van Aert ennesima volta secondo, una maledizione che incombe ancora sul belga, terzo, sempre più in crescita Pascal Ackermann (Israel – Premier Tech), quarto invece Biniam Girmay (Intermarché – Wanty). Domani cambierà lo scenario grazie all’arrivo in salita di Pla d’Adet affare per gli uomini di classifica che vogliono vincere il Tour de France.
Antonio Scarfone
GIRO D’ITALIA WOMEN: LOTTE KOPECKY INSIDIA LA MAGLIA ROSA DELLA LONGO BORGHINI
Con il successo e i relativi abbuoni nella quinta tappa nel Giro d’Italia Women la Campionessa del Mondo Lotte Kopecky si avvicina pericolosamente alla leadership di Elisa Longo Borghini. Podio di giornata anche per Chiara Consonni e Arlenis Sierra.
La conclusione in volata della Frontone-Foligno ha premiato la Campionessa del Mondo Lotte Kopecky (Team SD Worx – Protime). La maglia rossa – la belga è la leader della classifica a punti – dopo due secondi posti centra finalmente la vittoria davanti a Chiara Consonni (UAE Team ADQ) e Arlenis Sierra (Movistar Team). La maglia rosa Elisa Longo Borghini (Lidl – Trek) non ha preso parte alla volata e ha chiuso diciottesima, ma ha comunque mantenuto la leadership in classifica generale, anche se per soli 3”. Infatti, il primo posto odierno ha fruttato alla Kopecky 10” preziosissimi secondi d’abbuono.
Alle spalle delle tre cicliste citate la topten di questa quinta tappa è completata da Kathrin Schweinberger (CERATIZIT-WNT Pro Cycling Team), Barbara Guarischi (Team SD Worx – Protime), Vittoria Guazzini (FDJ – SUEZ), Ruby Roseman-Gannon (Liv AlUla Jayco), Martina Alzini (Cofidis Women Team) e Laura Tomasi (Laboral Kutxa – Fundación Euskadi).
Non aveva certo bisogno del successo odierno per dimostrarlo, ma la Kopecky è ogni tappa che passa un’avversaria molto pericolosa per la Borghini, dalla quale è divisa dall’inezia di 3” alla vigilia di un trittico decisivo, dove le favorite per la vittoria finale si dovranno affrontare a viso aperto fino a domenica prossima.
Ora la classifica vede, dietro alle due “primedonne” di questo Giro d’Italia Women, Cecilie Uttrup Ludwig (FDJ – Suez) a 38″, Juliette Labous (Team dsm-firmenich PostNL) a 49″, Kimberley (Le Court) Pienaar (AG Insurance – Soudal Team) a 51″, Antonia Niedermaier (Canyon//SRAM Racing) a 1′06″, Niamh Fisher-Black (Team SD Worx – Protime) a 1′07″, Mavi García (Liv AlUla Jayco) a 1′33″, Katrine Aalerud (Uno-X Mobility) e Pauliena Rooijakkers (Fenix-Deceuninck) a 1′34″, Gaia Realini (Lidl – Trek) a a 1′44″, un gradino fuori dalla topten.
Al termine della sua prima vittoria in questa edizione del Giro Lotte Kopecky ha così commentato “Ho sfiorato il successo tante volte da inizio Giro e finalmente ce l’ho fatta. Ci tengo a ringraziare il mio team che mi ha posizionato alla perfezione nel finale. Le prossime frazioni saranno complicate, vedremo come riuscirò ad andare Devo ringraziare il mio team che ha controllato la corsa tutto il giorno. Nel finale Elena Cecchini e Barbara Guarischi mi hanno pilotato alla perfezione per raggiungere questo successo che era il mio grande obiettivo fin da inizio Giro. Sono a 3 secondi dalla Maglia Rosa ma credo che il Blockhaus sia un ostacolo troppo grande per me. Corro senza lo stress della classifica generale vedendo come evolverà la situazione giorno dopo giorno”.
Numeri alla mano e visto lo sviluppo preso fin dalle prime pedalate della corsa oggi, Elisa Longo Borghini non rischiava di perdere la maglia, ma quei soli 3” non sono un gruzzoletto che può far stare tranquilli. Queste sono state le sue parole dopo l’arrivo: “Oggi è stata una buona tappa nella quale ho cercato di salvare la gamba in vista del prossimo trittico che sarà decisivo per la classifica generale. Lotte Kopecky si è avvicinata ma per me cambia poco perchè nei prossimi giorni i distacchi saranno molto più rilevanti. La tappa di domani mi piace molto e voglio fare bene”.
La sfida tra queste due atlete è stata lanciata e ora si prospetta un finale da fuochi artificiali,
Ora si disputerà la San Benedetto del Tronto-Chieti di 154 Km, caratterizzata da un susseguirsi di colline senza neanche un tratto di pianura. I momenti più impegnativi si avranno lungo la salita finale verso Chieti, 6.5 Km al 4.2% con la prima metà al 7.9% e uno ripido strappo al 19%
Mario Prato
GIRMAY CENTRA UN TERNO AL LOT. TERZA VITTORIA PER L’ERITREO AL TOUR 2024
A Villeneuve-sur-Lot su un arrivo in leggera salita, ottimo per le sue caratteristiche, Biniam Girmay (Team Intermarchè Wanty) vince con una volata bruciante davanti a Wout van Aert (Team Visma Lease a Bike) ed Arnaud Démare (Team Arkea B&B Hotels), successivamente retrocesso. Primoz Roglic (Team BORA Hansgrohe) cade a 12 km dalla conclusione e perde più di 2 minuti
Sono quasi 204 i km da Aurillac a Villeneuve-sur-Lot per la dodicesima tappa del Tour 2024. Continua la marcia del gruppo verso il sud ovest della Francia, ovvero verso i Pirenei che in questo fine settimana saranno grandi protagonisti. Se dopo la tappa di ieri la maglia gialla Tadej Pogacar (UAE Team Emirates) inizia a temere Jonas Vingegaard (Team Visma Lease a Bike), vedremo se al termine della tappa odierna la maglia verde Biniam Girmay (Team Intermarchè Wanty) dovrà guardarsi dalla rimonta di Jasper Philipsen (Team Alpecin Deceuninck). Sulla carta è una nuova possibilità per le ruote veloci visto che il percorso è complessivamente pianeggiante. La presenza di tre facili gpm di quarta categoria posti nella parte centrale non dovrebbe impensierire più di tanto i velocisti. Alla partenza da Aurillac non si presentava Michael Morkov (Team Astana Kazakstan), vittima del Covid, è così Mark Cavendish perdeva il suo migliore apripista per la volata. Dopo un paio di km dalla partenza si avvantaggiavano di una ventina di secondi Kevin Geniets (Team Groupama FDJ) e Thomas Gachignard (Team TotalEnergies). I due ciclisti francesi venivano raggiunti da Louis Meintjes (Team Intermarchè Wanty) ma il gruppo non concedeva troppo spazio e rientrava sul terzetto di testa dopo un paio di km. Una caduta a centro gruppo rallentava Tadej Pogacar che era costretto a mettere il piede a terra ma il ciclista sloveno rientrava rapidamente dopo che un compagno di squadra lo aveva atteso. Alla fine la fuga di giornata si concretizzava grazie all’azione di Jonas Abrahamsen (Team Uno X Mobility), Anthony Turgis (Team TotalEnergies), Quentin Pacher e Valentin Madouas (Team Groupama FDJ). Dopo 60 km i quattro battistrada avevano 3 minuti di vantaggio sul gruppo maglia gialla tirato dagli uomini del team Alpecin Deceuninck. Abrahamsen vinceva i tre gpm di tappa, nell’ordine la Côte d’Autoire posta al km 62.8, la Côte de Rocamadour posta al km 84.3 e la Côte de Montcléra posta al km 135.5, mentre Turgis si aggiudicava l’unico traguardo volante di Gourdon posto al km 110. Durante lo svolgimento della tappa si segnalavano anche i ritiri di Fabio Jakobsen (Team DSM Firmenich PostNL) e di Pello Bilbao (Team Bahrain Victorious). La fuga veniva ripresa a 42 km dalla conclusione. A 12 km dalla conclusione una caduta in mezzo al gruppo coinvolgeva tra gli altri Primoz Roglic (Team BORA Hansgrohe) che al traguardo sarebbe arrivato dolorante con oltre 2 minuti di ritardo. Nella volata finale, in leggera pendenza al 2-3 %, Biniam Girmay sceglieva alla perfezione i tempi della sua progressione e batteva di mezza ruota Wout Van Aert (Team Visma Lease a Bike) mentre terzo era tedesco Pascal Ackermann (Israel – Premier Tech), terzo dopo la retrocessione di Arnaud Démare (Team Arkea B&B Hotels). Chiudevano la top five Jasper Philipsen (Alpecin – Deceuninck) in quarta posizione e Arnaud De Lie (Lotto Dstny) in quinta posizione. Per Girmay è la terza vittoria di tappa aTour 2024 e l’eritreo vede sempre più sua la maglia verde. In classifica generale resta tutto invariato nelle prime tre posizioni con Tadej Pogacar in maglia gialla davanti a Jonas Vingegaard (Team Visma Lease a Bike) e Remco Evenepoel (Team Soudal Quick Step). Domani è in programma la tredicesima tappa da Agen a Pau do 165.3 km. Ancora protagonista la vallonata pianura francese con due gpm di quarta categoria posti negli ultimi 30 km che potrebbero riservare qualche sorpresa, estromettendo dal probabile sprint finale i velocisti meno resistenti.
Antonio Scarfone
A URBINO VINCE LA EMOND, LONGO BORGHINI ANCORA IN ROSA
La quarta tappa del Giro d’Italia Women è andata a Clara Emond. Al secondo e terzo posto si sono classificate rispettivamente Soraya Paladin e Cecilie Uttrup Ludwig. Longo Borghini lotta con la Kopecky e mantiene la maglia rosa.
La Imola-Urbino, quarta tappa del Giro d’Italia Women, ha visto la prima vittoria in carriera della ventisettenne Clara Emond (EF Education – Cannondale). La canadese, andata in fuga con altre 4 “colleghe”, è partita sulla salita di San Marino, a più di 50 km dall’arrivo e non è stata più ripresa, nonostate l’inseguimento – partito in ritardo – di atlete del calibro di Kimberley (Le Court) Pienaar (AG Insurance – Soudal Team) e di Cecilie Uttrup Ludwig (FDJ – Suez). Quest’ultima sullo strappo finale in pavè provava un ultimo attacco assieme alla trevigiana Soraya Paladin (Canyon//SRAM Racing), che si piazzava seconda con 17″ di ritardo dalla Emond, alla sua prima vittoria da professionista. La canadese così ha commentato: “E’ la prima vittoria della mia carriera e ottenerla al Giro è un’emozione speciale. La Corsa Rosa per me e per il team non era iniziata benissimo e questo successo ci darà una grande spinta dal punto di vista del morale. Spero che possa essere una svolta nella mia carriera”.
La Maglia Rosa Elisa Longo Borghini (Lidl – Trek), oggi ottava al traguardo dopo aver “duellato” con Lotte Kopecky (Team SD Worx – Protime), ha conservato la leadership con 13″ di vantaggio sulla belga: “Era una tappa in cui pensavo potesse arrivare la fuga e così è stato. Sono contenta per Clara, è sempre bello vedere quando il coraggio viene premiato. Nel finale io e Lotte ci siamo sfidate a viso aperto, quasi come fosse una rivincita delle Strade Bianche, e sono contenta di esserle finita davanti. Non vuol dire nulla per la classifica generale ma dà morale”.
Da segnalare, infine, che grazie all’attacco nel finale, la Ludwig ha guadagnato sei posizione in classifica ed è risalita fino al terzo posto, con 38″ di passivo dalla Longo Borghini
Oggi si disputerà l’ultima tappa facile prima dell’impegnativo trittico finale che determinerà la classifica del Giro. Si dovranno percoprrere 108 Km tra Frontone e Foligno, senza affrontare particolari insidie.
Mario Prato
1+1+1+1 = ZONA ZERO; IL TOUR ESPLODE ANCORA
Quattro leoni scappano dalla gabbia verso Le Lioran, e il massiccio centrale, punto medio del Tour, fa dà perno di una giostra che si inclina in modo imprevedibile. Pogacar attacca, Vingegaard vince, Remco resiste e Roglic ringhia.
Se fosse calcio, Pogacar sbaglia per il raddoppio un appoggio sotto porta, poi parte un contropiede e segna Vingegaard. Uno a uno e palla al centro (forse Pogacar gioca in dieci). Ma calcio non è. Se fosse tennis, Vingegaard annulla un set point e poi porta a casa perfino un bel break. Ma non è nemmeno tennis. Se fosse basket, il danese ultima un recupero tumultuoso e si porta avanti di uno all’inizio del terzo tempo. Con tutta l’inerzia della partita dalla sua. Eppure non è nemmeno basket. È ciclismo folle, esaltante, da brividi e nervi a fior di pelle.
In questo ciclismo, dispiace per gli altri. Bruciati via dallo schermo perché davanti la corsa esplode in un fuoco bianco e giallo di fosforo e zolfo che sovraespone l’immagine e lascia in vista – a stento – solo i quattro fenomeni che già guidano la classifica generale. Pogacar, Evenepoel, Vingegaard, Roglic. E di questi quattro fenomeni lo scatto del fotofinish ne immortala solo due, Pogi e Vingo, gli extraterrestri, gli unici che contano quando si assaltano l’un l’altro e il resto del mondo si dissolve in polvere, fenomeni inclusi, come già s’intuiva nelle dinamiche viste sullo sterrato.
Per capirci, stiamo parlando di una delle poche tappe rimaste over 200 km nel panorama moderno dei Grandi Giri. Niente salitone alpine, ma più di 4.000 metri da macinare su stradine tortuose, tutte a mangia e bevi, con un finale brutale che inanella un muro dietro l’altro. Ciò nonostante, si parte con un bel paio d’ore a 50 km/h di media perché il gotha dei fugaioli mondiali si è andato risparmiando in vista di oggi, e viceversa la UAE di Pogacar non ha la benché minima intenzione di lasciare spazio a chicchessia. Quando la fuga costa così cara, rischia di aver vita breve, perché il dispendio di energie è sovrumano e nel finale lo si paga. In effetti sul traguardo i fuggitivi, a dispetto della loro indubbia qualità (dallo specialista Guillaume Martin al campione olimpico Carapaz, spesso frequentatore di podi a Giro, Vuelta e Tour, e tanti altri) finiscono a quasi un quarto d’ora di distacco da primi. Ma con un’eccezione: l’irlandese “cavallo pazzo” Ben Healy sarà 17esimo di giornata, contenendo in meno di cinque minuti il ritardo da Vingegaard. Ma dobbiamo liquidare questa prestazione fenomenale in una frase, così come in una frase facciamo cenno alla meravigliosa e insensata caparbietà di Carapaz che, agli sgoccioli ormai dell’avventura di giornata, quando si avvantaggiano il compagno Healy e l’arrembante giovane spagnolo Lazkano, non demorde, tiene duro, rientra sui due, il tutto con l’unica finalità di regalare a Healy un’ultima trenata: tutto questo con l’UAE lanciata come una locomotiva mezzo minuto dietro di loro, vale a dire nella futilità più assoluta. Correre comunque, correre alla grande, anche se non serve a niente e nessuno se ne ricorderà oltre le due righe in cronaca. Questo resta agli altri, a tutti gli altri.
Perché Pogacar ha messo la squadra a pestare duro, perché il peloton ormai conta meno uomini che la top ten in classifica generale, perché all’ultimo km del Puy Mary Pas de Peyrol, uno di quei nomi di valico impastati da ASO che suona più che altro come una bestemmia, ecco che Adam Yates, assistman di Pogi oggi, dà tutto, spreme le gambe sul 15%, e poi, bam!, scatta Pogacar, scatta forte, fa subito malissimo a tutti senza eccezioni, Vingegaard guarda gli altri, Roglic fa la mossa, tira un po’, ma niente ci vogliono proprio le gambe dell’unico altro extraterrestre o niente, e allora il danese apre gas, attacca pure lui, arranca ma c’è poco da fare, il distacco metro a metro si dilata, e infine sul falsopiano finale, come se fossimo in cima alla Redoute (ma una Redoute lunga due volte tanto), i metri non sono più decine ma centinaia, si parla di mezzo minuto, e tutti quanti già inseguono uno ad uno. Fuori quadro. Non ci sono moto o elicotteri per tutto e tutti. Pogacar. Vingegaard. Roglic. Evenepoel.
Vingegaard tentenna in discesa e Rogla lo salva, lo riprende e gli traccia le linee, brevissima alleanza cruciale. Remco appena c’è una miseria, uno straccio di pianura, innesta il suo passo speciale e irrompe in coda al duo, trascinando con sé qualche resto di top ten che occhieggia da dietro nelle vesti del bravo discesista Carlos Rodríguez, di un eccellente Ciccone. Loro due i primi degli umani, a loro modo, scortati dai gregari di lusso dei primi Almeida, Yates o l’inossidabile Mikel Landa.
Ma la pianura è un fazzoletto e subito si risale verso il Perthus. Pogacar sembra opaco, chiede qualcosa all’ammiraglia, sospetta anche lui dei tubeless come già Remco a crono, o forse ha bisogno di rifocillarsi, ma la solitudine del primato è tremenda. Non ci sono i puntuali ometti del team a rifornirlo di beveroni a scansioni regolari come li ebbe Froome dopo il Finestre: la UAE è un superteam ma in certe cose continua a somigliare alla vecchia Lampre più che alla vecchia Sky.
Vingegaard ricambia il favore e in salita tira lui, pure abbastanza regolare, non giochicchia né scatta. Ma arriva il momento in cui fiuta il sangue di un Pogacar che si dissangua di vaga stanchezza, e in quel momento innesca una progressione assolutamente devastante. Di nuovo, uno ad uno. E presto due a due.
Pogacar è ripreso. Extraterrestri in testa. Fenomeni a inseguire, Remco e Rogla. Poi niente, poi niente, poi ancora niente. Poi i grandi ciclisti polverizzati dal superciclismo.
I valori espressi da Vingegaard nei dodici minuti del Perthus in cui riprende Pogacar corrispondono ai massimi assoluti mai toccati dal ciclismo di ogni tempo. 1900 di VAM. 6,9 watt/kg. Evidentemente, la forma è tornata.
Il duo di testa si alterna con cambi regolari. Sprint tiratissimo al Gpm. La spunta Pogi per un’incollatura. Ancora (brevi) discese ardite, ancora (brevissime) risalite. Tensione più appicciosa del sudore, fatica e dolore. Cambi regolari, prudenza, ma nessuna strategia: Pogacar potrebbe facilmente rifiutarsi di prendere la testa, e lasciare così a Vingegaard la scelta fra tirare e veder sprecati i propri sforzi pregressi a fronte di un potenziale rientro da parte di Remco e Rogla, già espulsi dai picchi di velocità ascensionale ma solidissimi sulla tenuta e in avvicinamento ad ogni incertezza davanti. Tuttavia Pogacar non esita mai. Tornano in mente le immagini di Boonen contro Cancellara al Fiandre, ancora ai tempi del Kapelmuur e del Bosberg, il terreno prediletto del belga, i muri su cui accelerare con brutalità in cui sembrava inevitabile che a prevalere dovesse essere l’esplosività del più grande ciclista da pavé di tutti i tempi, e quando ancora lo svizzero era un punto interrogativo in queste gare. Ma nella fuga a due, col passare dei km, subentra la certezza che Cancellara ne abbia di più: Boonen si potrebbe mettere a ruota più che legittimamente, forte del proprio spunto veloce, ma non ci pensa neppure. Cambi regolari anche se vuol dire avviarsi al macello, come puntualmente avviene. Qui Tadej è su un terreno che per lui dovrebbe essere il più consono in assoluto. Un incrocio fra Lombardia e Liegi, le gare in linea nelle quali è il dominatore incontrastato. Il passo, la potenza, l’esplosività. Ma le energie vengono meno. Gli equilibri dell’universo si sono spostati impalpabilmente ma implacabilmente e chi a stento teneva le ruote ora a più energia nelle gambe. Pogacar, però, si nega a risparmiarsi. E puntualmente va a giocarsi da favoritissimo la volata, per puntualmente perderla, “scioltosi il nodo delle ginocchia” come recitano i versi dell’epica greca, non può spingere in piedi sui pedali allo sprint, si alza, si risiede, si rialza, si risiede, è sconfitto.
Dietro Roglic casca all’ultima curva dell’ultima discesa, ma la regola dei 3 km neutralizzati, inspiegabilmente indicata da regolamento per la tappa odierna, lo salva. I quattro arrivano in 2-1-1, ma sull’ordine d’arrivo saranno due coppie. Vingegaard-Pogacar. Evenepoel-Roglic.
Il Tour è ancora una volta nuclearizzato. Vingo guadagna un secondo, solo un secondo, nel gioco degli abbuoni vari, ma lo scossone è brutale. Pogacar avrebbe dovuto guadagnare e ha fatto di tutto per riuscirci. Senza esito. L’inerzia della gara precipita a favore di Vingegaard in modo assolutamente folle. Sul Pas de Peyrol Pogacar ha staccato Vingegaard con maggior nettezza ancora che sul Galibier. Ma Vingegaard è tornato con forza ancor maggiore. Sulla carta le tappe che ci attendono, anzi la settimana che ci attende, è molto favorevole al danese. Gli sterrati e il massiccio centrale sarebbero dovuti essere molto favorevoli a Pogacar e si sono tradotti in moltissimo frastuono per un nulla in classifica. Dunque da ora prevarrà con nettezza Vingegaard? O viceversa altre sorprese ci attendono, con un’inversione di ruoli? I due gemelli diversi come in ogni caccia mortale, preda e predatore, detective e serial killer, divengono l’uno il doppio dell’altro, s’immedesimano e rispecchiano: ho allenato espressamente gli strappi dice Vingegaard; ho allenato espressamente le salite lunghe, dice Pogacar. Quel che è sicuro è che in ogni fondamentale, a prescindere dalla loro condizione, sono su un pianeta a parte, con Remco e Roglic unici a poterli sfiorare o a fatica sfidare. Di Pogacar sappiamo con certezza assoluta che ha corso il Giro, seppur con le tabelle d’allenamento in mano. Di Vingegaard sappiamo che è finito in ospedale, anche se dubbi crescenti e legittimi si addensano sull’effettiva natura e gravità delle lesioni dichiarate, stante comunque l’indiscutibile bruttezza dell’incidente. Certamente entrambi non dovrebbero essere al picco teorico e assoluto del proprio potenziale – altrettanto certamente vi sono arrivati molto vicini. Per ora. Certamente entrambi si sono spremuti alla morte in questa prima metà di Tour (e ben più dei loro rivali vicini e lontani): mentre Evenepoel ridacchiava sui rulli il gilet gelato facendo cooling down, Pogacar era piegato in due sulla bici statica, la faccia nera di polvere, come un minatore estratto dopo settimane da un crollo nelle profondità della terra; Vingegaard pure stentava a tenere il capo dritto davanti al microfono, bianco, emaciato, grondante sudore a fiotti, come un marinaio estratto dagli abissi dopo lo sprofondamento di un sottomarino atomico.
Tutto è (ancora) possibile? Proprio tutto? Quanto tutto? Ci resta mezzo Tour per scoprirlo. Intanto si riparte da 1+1+1+1 = ZERO. Il tutto, il niente, il mistero, un cerchio che si chiude, un varco che si apre.
Gabriele Bugada
NIAMH FISHER-BLACK PRIMA A TOANO, LONGO BORGHINI ANCORA IN ROSA
Il primo arrivo in salita del Giro d’Italia Women 2024 ha visto il successo della neozelandese Niamh Fisher-Black; seconda con leggero distacco la compagna di squadra Lotte Kopecky davanti a Juliette Labous e Elisa Longo Borghini, che conserva la maglia Rosa.
La terza tappa del Giro Women da Sabbioneta a Toano era il primo vero banco di prova per le aspiranti alla vittoria finale, che non si sono tirate indietro. Si è ridisegnate in parte la classifica generale, che vede sempre al comando Elisa Longo Borghini (Lidl-Trek) oggi quarta a sei secondi dalla vincitrice, la neozelandese Niamh Fisher-Black (Team SD Worx – Protime). Insieme alla campionessa italiana sono arrivate, precedendola sul traguardo, Lotte Kopecky (Team SD Worx – Protime) e Juliette Labous (Team DSM-Firmenich PostNL).
Con la vittoria di oggi la Fisher-Black porta per la prima volta nella storia del Giro la bandiera neozelandese alla vittoria. Non era mai successo fino a oggi che un’atleta del paese australe si imponesse in una tappa e lo ha fatto rispondendo all’attacco di Mavi Garcia (Liv AlUla Jayco) ai meno 2, per poi lasciare la compagna di strada nel tratto più duro andando a centrare il successo. Il secondo posto della campionessa del mondo Lotte Kopecky, nuova maglia rossa della classifica a punti, sancisce il successo odierno del Team SD Worx – Protime.
La nuova classifica generale vede sempre, come già detto, al comando la Longo Borghini sulla Kopecky (a 13″) e sulla Labous (a 25″) risalite rispettivamente al secondo e terzo posto scavando un piccolo solco sulla maglia bianca Antonia Niedermayer (Canyon//SRAM Racing, a 59″) e sulla vincitrice di giornata e nuova maglia azzurra dei GPM Fisher-Black (a 1′00″). Seguono la Garcia a 1’26”), Katrine Aalerud (Uno-X Mobility) e Pauliena Rooijakkers (Fenix-Deceuninck) a 1′27″, Cecilie Uttrup Ludwig (FDJ – SUEZ) a 1′30″ e Kimberley (Le Court) Pienaar (AG Insurance – Soudal Team) a 1′31″.
Al termine della prova la Fisher-Black si è così espressa: “Questo successo è la ciliegina sulla torta dopo un anno non facilissimo. Mi sentivo bene nelle settimane precedenti al Giro e il risultato di oggi è il frutto di ciò che ho seminato in allenamento. Il risultato del team è eccellente e ci dà grande morale. E’ la più bella vittoria della mia carriera! Sono arrivata al Giro in buona forma ma sicuramente un risultato del genere dà una svolta positiva anche per il morale. Nel finale io e Lotte abbiamo studiato le avversarie e abbiamo deciso che toccava a me anticipare. Ho colto l’attimo giusto ed è andata bene. La Maglia Azzurra è un bel traguardo ma non è il mio obiettivo principale. Mi piace puntare in alto”.
Lotte Kopecky ha aggiunto: “Il secondo posto di oggi è molto più dolce rispetto a quello di ieri. Sono contentissima per Niamh, perchè da sempre la incito a credere in sè stessa e sono convinta che questo successo la proietterà in un’altra dimensione. Per quanto mi riguarda, continuerò a cercare la vittoria di tappa, ci sono tante occasioni da qui a L’Aquila”.
La maglia rosa Elisa Longo Borghini ha, invece, così commentato la sua gara: “La tappa è andata come me l’aspettavo. Non era una salita da distacchi folli ma il caldo l’ha resa molto dura. Avevo timore di questa frazione perchè nelle corse a tappe soffro sempre il terzo giorno ma oggi è andato tutto liscio. Lotte Kopecky sta andando forte su ogni terreno ma sia io che Gaia Realini stiamo molto bene e restiamo fiduciose”.
Domani la quarta tappa potrebbe influire nuovamente sulla classifica. La Imola-Urbino di 134 Km presenta una seconda parte appenninica con tre ascese, la prima a San Marino, concentrate negli ultimi 50 km. L’ultimissimo tratto si disputerà nel centro storico di Urbino con strade in pavè e pendenze che raggiungono il 14%.
Mario Prato
FINALMENTE PHILIPSEN, ALPECIN PERFETTA NELLA VOLATA, PRIMA VITTORIA PER IL BELGA
La decima tappa del Tour de France 2024 sorride a Japser Philipsen (Alpecin – Deceuninck) il velocista belga vince nettamente la volata odierna grazie soprattutto ud una squadra perfetta con l’ultimo uomo Mathieu Van Der Poel che lancia il proprio compagno di squadra in modo impeccabile, secondo Biniam Girmay (Intermarché – Wanty), terzo Pascal Ackermann (Israel – Premier Tech).Nulla cambia in classifica generale, Tadej Pogacar (UAE Team Emirates) in maglia gialla.
La decima tappa del Tour de France 2024 da Orléans a Saint-Amand-Montrond con i suoi 187,3 chilometri verrà ricordata sostanzialmente per due motivi diversi, uno negativo per essere stata la tappa più soporifera degli ultimi dieci anni della Grande Boucle, l’altro positivo perchè ha visto il ritorno alla vittoria del dominatore delle tappe in volata dello scorso anno ovvero Jasper Philipsen (Alpecin – Deceuninck). In partenza le squadre sono appallate a centro strada e nessuno tenta di portar via la fuga se non, quasi per caso Kobe Goossens (Intermarché-Wanty), seguito da Harm Vanhoucke e Maxim Van Gils (Lotto Dstny) provano un allungo, Van Gils si rialza subito, mentre la coppia con Valentin Madouas e Kevin Geniets (Groupama-FDJ) provano a farsi sotto ma si rialzano anche loro. La coppia di testa prosegue così fino al traguardo volante, dove di fatto tolgono punti sia alla maglia verde, a cui va bene così, sia a Jasper Philipsen che va a prendersi il terzo posto. Il gruppo subito dopo lo speciale traguardo volante riprende la “fuga” e torna compatto. L’unica speranza di vedere la tappa accendersi è nel vento che nella parte finale, ai meno 22 dall’arrivo soffia laterale da destra verso sinistra, ma appena il gruppo arriva nel lungo rettilineo che può creare ventagli anche il vento è debole. la corsa si infiamma soltanto ai meno 10 dalla conclusione quando, anche grazie ad un leggero tratto di strada in discesa, si viaggia a sopra gli 80Km/h. Le squadre dei velocisti si portano in testa, quelle degli uomini di clasifica anche, l’attenzione è massima con ancje la maglia gialla Tadej Pogacar (UAE Team Emirates) davanti al gruppo per evitare rischi. Si aspetta soltanto la volata dove l’Alpecin torna a fare l’Alpecin, il campione del mondo Mathieu Van Der Poel ritorna a fare ciò che meglio gli è riuscito lo scarso anno, ovvero proteggere, condurre, e lanciare la meglio il compagno di squadra Jasper Philipsen ed ecco che la volata è affere del belga. Imprendibile per tutti, vittoria netta con la resa di Biniam Girmay (Intermarché – Wanty) secondo mentre terzo chiude Pascal Ackermann (Israel – Premier Tech). I due maggiori pretendenti alla maglia verde del Tour de France 2024 sono adesso distanziati da 74 punti con l’eritreo che è al comando sul belga. Domani torna a salire con la tappa da Évaux-les-Bains a Le Lioran, ben sei GPM con l’unico di prima categoria nei trenta chilometri finali, seguirà uno di seconda e successivamente uno di terza. Frazione da possibile fuga con gli uomini di classifica che potrebbero stuzzicarsi nel finale.
Antonio Scarfone
GIRO D’ITALIA WOMEN: A CHIARA CONSONNI LA SECONDA TAPPA
Chiara Consonni si è aggiudicata la seconda tappa del Giro d’Italia Women. Lo ha fatto imponendosi in volata a Volta Mantovana su Lotte Kopecky ed Elisa Balsamo. Elisa Longo Borghini ancora in Maglia Rosa
“E’ stata una vittoria molto complicata perchè la fuga ci ha dato del filo da torcere. Fortunatamente avevamo visionato il finale al primo passaggio, e ho capito che per vincere dovevo essere più avanti possibile all’ultimo km. E’ stato un gran duello con Lotte Kopecky, vincerlo è stato magnifico”. Sono state queste le prime parole di una raggiante Chiara Consonni (UAE Team ADQ) dopo essersi messa alle spalle Lotte Kopecky (Team SD Worx – Protime), Elisa Balsamo (Lidl – Trek), Arlenis Sierra (Movistar Team), Mylène de Zoete (CERATIZIT-WNT Pro Cycling Team), Kimberley (Le Court) Pienaar (AG Insurance – Soudal Team), Silvia Zanardi (Human Powered Health), Letizia Borghesi (EF Education-Cannondale), la maglia rosa Elisa Longo Borghini (Lidl – Trek) e Kathrin Schweinberger (CERATIZIT-WNT Pro Cycling Team), tutte con lo stesso tempo della vincitrice, così come le altre componenti del primo troncone del gruppo di ragazze impegnate nella corsa rosa a loro dedicata.
Sulla carta la tappa odierna era “affare” per velociste, come poi in realtà è stato. Bisogna però dire che Ana Vitória Magalhães, brasiliana della Bepink – Bongioanni, ha fatto di tutto per far sì che le ruote veloci rimanessero con un palmo di naso. La sua azione tutt’altro che velleitaria è terminata solo ai meno 2, quando le squadre delle velociste hanno dovuto produrre il massimo sforzo per chiudere sulla battistrada. Alla coraggiosa Magalhães rimane, però, la soddisfazione di andare ad indossare la prima maglia zzzurra dei GPM
Chiara Consonni, alla terza vittoria in tre edizioni, ha così commentato la sua vittoria: “E’ una vittoria molto importante, sia per la qualità delle atlete che mi sono lasciata alle spalle che per lo sviluppo della tappa. Sapevamo che era un percorso adatto alle fughe, e il gruppo ha lasciato fare, tanto che le atlete in testa hanno guadagnato fino a oltre 6′. La squadra ha fatto un grandissimo lavoro per rientrare sulla battistrada, voglio ringraziare tutte le mie compagne. Ho un grande obiettivo, la prova su pista a Parigi, e questo successo mi motiverà ancora di più”.
La classifica generale non ha visto movimenti nelle prime tre posizioni. La maglia rosa è sempre indossata dalla Longo Borghini, che ha così commentato il suo primo giorno in rosa: “Vestire la Maglia Rosa in gara è speciale. Molte atlete sono venute a congratularsi, e in strada ho visto tanti cartelli che mi incitavano. Ad un certo punto ho avuto timore di perderla, perchè la fuga aveva preso tanto vantaggio, ma la situazione è tornata tranquilla nel finale. Domani sarà una giornata importante, anche se non credo che la salita farà troppe differenze tra le big”. Sul podio provvisorio ci sono sempre Grace Brown (FDJ-Suez) a 1″ e Brodie Chapman (Lidl – Trek) a 13″. Segue la Kopecky con un ritardo di 19 secondi e una posizione guadagnata. Hanno invece guadagnato due posizioni rispetto alla cronometro di ieri Juliette Labous (Team dsm-firmenich PostNL), quinta a 29″, Ruth Edwards (Human Powered Health), sesta a 30″, Cédrine Kerbaol (CERATIZIT-WNT Pro Cycling Team), settima a 38″, Loes Adegeest (FDJ – SUEZ), ottava con il medesimo ritardo, Katrine Aalerud (Uno-X Mobility), nona a 45″ e Franziska Koch (Team dsm-firmenich PostNL), decima a 47″.
Oggi questa classifica potrebbe almeno parzialmente venire ridisegnata essendo previsto il primo arrivo in salita al termine della Sabbioneta – Toano di 113 Km, con gli ultimi 12 in costante ma pedalabile salita verso il traguardo.
Mario Prato
GIRO DELL’AUSTRIA, ULISSI TRIONFA MA IL DRAMMA DI DREGE SPEGNE TUTTI I SORRISI
Si è concluso con l’annullamento dell’ultima tappa il Giro d’Austria funestato dalla tragedia della morte del corridore norvegese André Drege, caduto in discesa durante la quarta frazione. Per rimanere nella stretta cronaca sportiva il successo finale è andato a Diego Ulissi, mentre gli italiani De Pretto, Ulissi e Ganna hanno centrato la vittoria di tappa.
Il fato, il destino, lo zampino del diavolo, la sfortuna, chiamatelo come volete, ma da ieri lo sport del ciclismo annovera un’altra vittima. Durante lo svolgimento della quarta tappa del Giro d’Austria, affrontando la discesa del Grossglockner il norvegese in forza alla Team Coop – Repsol André Drege ha perso la vita, vittima di una caduta che, a sentire le prime voci arrivate, sarebbe stata provocata dallo scoppio di un tubolare.
Un fatale evento che ha fatto si che la corsa a tappe austriaca si fermasse con un giorno d’anticipo. Nella giornata di domenica era prevista la quinta e ultima tappa che poteva essere decisiva prevedendo l’impegnativo arrivo in salita a Kühtai. L’intero gruppo ha, invece, preferito svolgere una passerella per commemorare lo sfortunato venticinquenne che ha visto infrangere il suo sogno di entrare nel WorldTour: era, infatti, previsto per lui il passaggio al Team Jayco AlUla a fine stagione.
Nonostante quanto accaduto faccia passare in secondo piano l’intero svolgimento della corsa, non si può non dare il dovuto risalto all’aspetto sportivo di questi sei giorni di gara.
Il Giro d’Austria 2024 è iniziato con la vittoria di Cameron Rogers (Lidl – Trek Future Racing) nel prologo di Sankt Pölten, 3 Km percorrendo i quali ha fatto registrare un tempo inferiore di un solo secondo rispetto a quelli di Filippo Ganna (INEOS Grenadiers) e Tomáš Kopecký (TDT – Unibet Cycling Team).
La prima tappa in linea ha visto il primo successo italiano di questa edizione poichè Davide De Pretto (Team Jayco AlUlaBad) si è imposto in volata a Bad Tatzmannsdorf., mettendosi alle spalle Rui Oliveira (UAE Team Emirates), Niklas Behrens (Lidl – Trek Future Racing), Diego Ulissi (UAE Team Emirates), Martin Marcellusi (VF Group – Bardiani CSF – Faizanè) e il resto del plotone.
Anche la seconda tappa si è conclusa in volata, con la vittoria a Steyr del colombiano Brandon Smith Rivera (INEOS Grenadiers) su Marcellusi, Xandro Meurisse (Alpecin – Deceuninck), De Pretto, Giulio Pellizzari (VF Group – Bardiani CSF – Faizanè), Ulissi e gli altri.
La Schladming-Alpendorf, terza tappa della corsa austriaca, prevedeva l’arrivo in salita al termine di una rampa di 2.5 Km al 6.5% che ha visto salire in cattedra di Ulissi. Il toscano ha preso la maglia di leader della classifica imponendosi con un vantaggio di 3″ su Magnus Sheffield (INEOS Grenadiers), Felix Grossschartner (UAE Team Emirates) e Adrien Maire (TDT – Unibet Cycling Team). Dopo 6” Rafał Majka (UAE Team Emirates) ha regolato un gruppetto di 8 elementi, comprendente anche Giulio Pelizzari, settimo.
La tappa funestata dalla tragedia di Drege prevede un altro arrivo in salita, ai quasi 1300 metri di quota di Kals am Grossglockner, dove Ganna ha preceduto allo sprint Ulissi, mentre dopo 3″ Brandon Smith Rivera ha anticipato Felix Engelhardt (Team Jayco AlUla), Sheffield (INEOS Grenadiers) e gli altri componenti del gruppo che inseguiva la coppia italiana al comando.
Diego Ulissi si è aggiudicato così il Giro d’Austria precedendo di 6” Rivera e di 9” Sheffield. Il toscano si è imposto anche nella cassifica a punti dove pure ha preceduto Rivera, mentre terzo si è piazzato De Pretto.
Samuele Zoccarato (VF Group – Bardiani CSF – Faizanè) si è aggiudicato la classifica GPM, la speciale classifica dei giovani ha premiato Sheffield, mentre l’UAE Team Emirates di Ulissi è risultata la migliore squadra, con 31 secondi di vantaggio sul Team Jayco AlUla, la formazione nella quale avrebbe dovuto passare nel 2025 André Drege
Mario Prato
TURGIS ESULTA NELLA TEMUTA TAPPA DEGLI STERRATI. POGACAR CI PROVA, MA RESTA TUTTO INVARIATO
L’attesissima e controversa tappa degli sterrati regala tanto spettacolo, ma alla fine si può dire che la montagna (non in senso lettarale) ha partorito il topolino. Ad esultare sul traguardo di Troyes al termine di una fuga nata a circa 150 km dall’arrivo, è stato Anthony Turgis (TotalEnergies) che ha battuto in una volata ristretta Tom Pidcock (INEOS Grenadiers) e Derek Gee (Israel-Premier Tech). Per il francese, già piazzato in diverse classiche di peso, si tratta della vittoria più importante della carriera. Grande battaglia tra i big della classifica, grazie ai numerosi attacchi messi in opera da Tadej Pogacar (UAE Team Emirates) che però non è riuscito a staccare un tenace Jonas Vingegaard (Visma | Lease a Bike). Resta così praticamente immutata la classifica generale che vede lo sloveno in testa con 33″ su Remco Evenepoel (Soudal-Quick Step) ed 1′15″ sul danese vincitore uscente.
La 9a tappa, 199 km con partenza e arrivo nella città di Troyes, proponeva uno scenario del tutto inedito nella storia recente del Tour de France grazie alla presenza, molto criticata da diversi Team Manager, di ben 14 tratti di sterrato tutti concentrati nel dipartimento dell’Aube. Dopo i primi 45 km abbastanza semplici i corridori erano attesi dal 1° sterrato, quello di Bligny-à-Bergères (km 49) al termine del quale il primo gpm (4a cat) di giornata, la Cote de Bergères (km 51,5). Un tratto di saliscendi precedeva il secondo tratto di strada non asfaltata (Baroville) e la successiva Cote. Quindi al km 95 iniziava una sequenza di sterrati caratterizzati da un continuo saliscendi: Haut-Fortes (km 95), Polisy à Celles-sur-Ource (km 105), Loches-sur-Ource à Chacenay (km 118), Plateau de la côte des Bar (km 132), Thieffrain à Magnant (km 141) e Briel-sur-Barse (km 152). Infine, il tratto finale completamente piatto proponeva l’ultima serie di strade bianche: Rue de Paradis (km 165), Fresnoy-Le-Château à Clérey (km 169) Verrières (km 175), Daudes (km 178), Montaulin à Rouilly-Saint-Loup (km 182) e Saint-Parres-aux-Tertres (189). Dal termine dell’ultimo tratto al traguardo mancavano poco meno di 10 chilometri.
Una tappa difficile da interpretare e che lasciava spazio a colpi di scena e imprevisti in grado di mutare la fisionomia della classifica generale.
La frazione è stata contrassegnata sin dai primissimi chilometri da una notevole bagarre, tanti erano i corridori desiderosi di azzeccare la fuga di giornata. Perciò diventa quasi pleonastico snocciolare tutti i vari tentativi che si sono sprecati nei pimi 40 km della tappa. L’azione buona è partita infatti soltanto poco prima del primo tratto di sterrato quando sono evasi dal gruppo 10 corridori: Gianni Vermeersch (Alpecin-Deceuninck), Alexey Lutsenko (Astana Qazaqstan), Neilson Powless (EF Education-EasyPost), Derek Gee (Israel-Premier Tech), Elmar Reinders (Jayco-AlUla), Jasper Stuvyen (Lidl-Trek), Maxim van Gils (Lotto Dstny), Oier Lazkano e Javier Romo (Movistar) ed Anthony Turgis (TotalEnergies). Proprio lungo lo sterrato di Bligny-à-Bergères (km 49) dal gruppo sono evasi anche Alex Aranburu (Movistar Team) e Axel Zingle (Cofidis), poi rientrati sulla testa della corsa pochi chilometri dopo.
Ma la battaglia non era ancora terminata perchè alla spicciolata sono usciti fuori dal gruppo anche i vari Davide Ballerini (Astana), Tom Pidcock (INEOS Grenadiers), Ben Healy (EF), Arnaud De Lie (Lotto) e Romain Bardet.
Healy e Pidcock hanno rapidamente preso e lasciato sul posto Ballerini, mentre Powless (-135) si rialzava per aspettare il compagno Healy, rientrato sulla testa della corsa insieme a Pidcock un paio di chilometri più tardi.
Dietro invece si era formato un gruppo inseguitore con Bardet, Ballerini, De Lie, Stefan Kung e Clement Russo (Groupama-FDJ), Jake Stewart (Israel-Premier Tech) e Magnus Cort (Uno-X Mobility).
La corsa è però esplosa poco dopo, lungo il secondo sterrato, quello di Baroville (-132). La Visma ha preso in mano la situazione accellerando proprio lungo il tratto a massima pendenza. Il gruppo messo alla frusta si è letteralmente spezzato anche perchè in tanti sono stati costretti a mettere il piede a terra. Tra gli attardati anche Primoz Roglic (Red Bull-Bora-Hansgrohe) che si è ritrovato staccato di circa 30 secondi dal gruppo principale. Nel frattempo il drappello di testa perdeva i primi pezzi (Powless e Reinders).
Il gruppo maglia gialla, ridotto ad appena 25 unità al termine del secondo sterrato, aveva praticamente dimezzato il gap (circa 1′30″) dalla testa della corsa avvicinandosi pericolosamente al drappello dei contrattaccanti, poi ripreso ai -110. Roglic e gli altri big ritardari hanno invece approfittato del tratto successivo allo sterrato per rientrare in gurppo.
Lungo il terzo tratto di sterrato, quello di Chemin des Hautes Forêts (-102), il gruppo è stato nuovamente messo alla frusta, stavolta dagli uomini della UAE. Contemporaneamente Jonas Vingegaard era vittima di una foratura, circostanza che lo ha costretto a farsi dare la bici dal compagno Jan Tratnik, bici che non ha poi più potuto cambiare sino al traguardo.
Ai -90 è stato direttamente Pogacar ad allungare dal gruppo maglia gialla. Su di lui si è immediatamente riportato Remco Evenepoel e la coppia della Visma formata da Christophe Laporte e Matteo Jorgenson, che però non hanno ovviamente collaborato consentendo il pronto rientro del loro capitano Vingegaard. Una altro importante attacco è arrivato ai -77, stavolta ad opera di Remco Evenepoel. Pogacar ha temporeggiato solo qualche secondo prima di lanciarsi all’inseguimento del belga con il solito Vingegaard a ruota. I vicintori degli ultimi 4 Tour de France si sono rapidamente riportati sul belga e nel giro di pochi chilometri il formidabile terzetto ha addirittura ripreso i battistrada (nel frattempo rimasti in 10 dopo le defezioni di Veermersch e Lazkano). Vingegaard però, evidentemente anche a causa della bici non della giusta taglia, non ha fornito collaborazione e così, rapidamente i primi tre della graduatoria si sono rialzati, lasciando gli altri 10 battistrada in testa alla gara. Pogacar, Evenepoel e Vingegaard sono così stati ripresi da quel che restava del gruppo dei big, consentendo a Roglic per la seconda volta nel corso della tappa di salvarsi.
Ai -57, lungo il settore di Thieffrain à Magnant, Evenepoel è stato vittima di un salto di catena, che lo ha costretto a rincorrere per qualche chilometro prima di rinvenire sulla testa del gruppo maglia gialla. Poco dopo (-50) Vlasov si è arruotato con un altro corridore finendo in un fosso. Il russo si è rapidamente rialzato, seppur portando con se diverse escoriazioni (al gluteo e alla coscia destra oltre che sul collo).
A quel punto, una volta usciti da una sequenza di sterrati e strappi, il gruppo si è leggermente rilassato, consentendo ai fuggitivi di riportare il gap a circa 2′. Come coseguenze di tale atteggiamento, dal plotone che si era rimpolpato, sono tornati gli scatti: ai -42 Michael Matthews (Jayco-AlUla) ha accelerato portando con se un redivivo David Gaudu (Groupama-FDJ). Alla suddetta coppia un pò per volta si sono uniti altri nomi altisonanti, quali il campione del mondo Mathieu Van der Poel (Alpecin-Deceuninck), la maglia verde Biniam Girmay (Intermarchè-Wanty) e poi Rui Costa (EF), Jakob Fuglsang (Free Palestine) e Rasmus Tiller (Uno-X). I 7 contrattaccanti si sono così lanciati all’inseguimento degli 8 battistrada superstiti (Pidcock, Stuyven, Healy, Gee, Aranburu, Romo, Lutsenko e Turgis), portando lo svantaggio a circa 1′.
La battaglia nel gruppo maglia gialla però non era ancora finita perchè ai -22 Pogacar ha nuovamente attaccato. Jorgenson e Laporte hanno reagito prontamente, riportando Vingegaard su Pogacar, mentre dietro il gruppo si disintegrava. Non contento, lo sloveno ha nuovamente riaccellerato poco dopo con Jorgenson ruota. Poco dietro Laporte trainava Vingegaard, poi aspettato anche da Jorgenson che lo ha riportato su Pogacar per l’ennesima volta. Di lì a poco (-18) è rientrato anche il quartetto formto da Laporte, Evenepoel e dai due UAE Juan Ayuso e Joao Almeida.
Nel frattempo nel gruppo di testa erano iniziate le scaramucce, mentre il gruppo di Girmay e Van der Poel non riusciva a recuperare altro terreno, galleggiando ad un distacco compreso tra i 45 e i 60 secondi.
Ai -11, dal gruppo di testa è invece partito in contropiede Stuyven. Il fiammingo ha subito guadagnato 10″ sugli altri 7 fuggitivi che però non hanno mollato la presa. Contemporanemente l’indomito Pogacar provava altri 2 allunghi, anche stavolta prontamente rintuzzati dai Visma con un Vingegaard bravissimo a non perdere le ruote dello sloveno. A questo punto gli animi nel gruppo dei big si sono definitivamente calmati.
Davanti continuava il braccio di ferro tra Stuyven e i 7 ex compagni di fuga che ai -3 avevano ancora 10″ di ritardo da recuperare. Le accelerazioni di Healy e Gee hanno però ricucito il gap e il belga è stato ripreso poco dopo lo striscione dell’ultimo chilometro. Healy ha provato nuovamente ad accelerare, ma ha così finito per tirare la volata agli altri fuggitivi. Lo sprint è stato lanciato da Aranburu alla cui ruota si era però collocato Anthony Turgis che è uscito al centro della sede stradale non lasciando scampo agli avversari. Il francese ha nettamente battuto Pidcock, Gee e Aranburu. Dietro di loro staccati di 2″ sono giunti i generosi Healy e Lutsenko. Poco più dietro Romo (a 12″) e Stuven (a 18″). Il gruppo inseguitore, giunto ad 1′17″ è stato regolato da Girmay che ha così portato a casa altri preziosissimi punti per la maglia verde, sempre più salda sulle sue spalle (ben 96 punti di vantaggio su Jasper Philipsen). 10a posizione per Matthews davanti ad un Van der Poel evidentemente non al meglio.
Resta sostanzialmente invariata la classific generale che vede Pogacar in testa con 33″ su Evenepoel, 1′15″ su Vingegaard e 1′36″ su Roglic. Seguono Ayuso a 2′16″, Almeida a 2′17″ e Carlos Rodriguez (INEOS Grenadiers) a 2′31″. Completano la top ten Mike Landa (Soudal-Quick Step) a 3′35″, Derek Gee a 4′02″ e Matteo Jorgenson a 4′03″.
Domani è in programma la prima giornata di riposo, che farà da vigilia ad una serie di tappe potenzialmente non così decisive.
Pierpaolo Gnisci