VITTORIA DI CHARLOTTE KOOL NELLA PRIMA TAPPA DEL TOUR DE FRANCE FEMMES
Successo e prima maglia gialla per Charlotte Kool su Ahtosalo e Balsamo nella tappa d’esordio del Tour de France Femmes. Lunga fuga solitaria per Cristina Tonetti.
Spenti i riflettori sull’evento olimpico parigino la Francia mantiene l’attenzione degli sportivi con il Tour de France femminle griffato Zwift. La manifestazione ciclistica ha preso il via oggi dall’Olanda con la Rotterdam-L’Aia, frazione dedicata alle ruote veloci che ha visto il successo in volata della portacolori della Dsm-Firmenich PostNL Charlotte Kool. L’olandesE si è imposta su Anniina Ahtosalo (Uno-X Mobility), Elisa Balsamo (Lidl Trek), Lotta Henttala (EF-Oatly-Cannondale), Marianne Vos (Team Visma | Lease a Bike), Daria Pikulik (Human Powered Health), Mylène de Zoete (CERATIZIT-WNT Pro Cycling Team), Kimberley (Le Court) Pienaar (AG Insurance – Soudal Team), Emilia Fahlin (Arkéa – B&B Hotels Women) e Blanka Vas (Team SD Worx – Protime), ultima della TopTen. Piazzamenti anche per Barbara Guarischi (Team SD Worx – Protime), sedicesima, e per Martina Alzini (Cofidis Women Team), ventunesima.
L’ordine d’arrivo corrisponde, ovviamente, alla prima classifica generale che grazie agli abbuoni vede la vincitrice di giornata precedere di 4” la seconda classificata, di 6” la terza e di 10” le altre arrivate nel gruppo principale.
La prima tappa del Tour disputata in terra olandese ha visto anche l’azione di Cristina Tonetti (Laboral Kutxa – Fundación Euskadi). La brianzola, in fuga per una ventina di chilometri, è transitata per prima sull’unico Gpm di giornata, conquistando così la prima maglia a pois della classifica riservata alle scalatrici.
Ora il Tour de France Femmes prevede due tappe, una prova in linea mattutina di 67 chilometri da Dordrecht a Rotterdam e una cronometro individuale pomeridiana di 6 chilometri, da disputare sempre a Rotterdam.
Mario Prato
HIRSCHI VINCE LA CLASSICA DI SAN SEBASTIAN BATTENDO JULIAN ALAPHILIPPE IN UNA VOLATA RISTRETTA
In un finale scoppiettante della Classica di San Sebastian 2024 si avvantaggiano March Hirschi (UAE Team Emirates) e Julian Alaphilippe (Team Soudal Quick Step). Nella volata a due è lo svizzero ad avere la meglio sul francese.
La Classica di San Sebastian ‘unisce’ tradizionalmente Tour de France e Vuelta a Espana. Quest’anno la corsa WT spagnola si inserisce più che mai in un calendario folto, disputandosi dopo i Giochi Olimpici ed offrendo una starting list di assoluto livello con Jonas Vingegaard (Team Visma Lease a Bike) che vuole continuare nel suo processo di ‘carburazione’ dopo il secondo posto al Tour de France. Il danese è certamente tra i ciclisti da tenere in grande considerazione per la vittoria finale, non essendo presente Remco Evenepoel (Team Soudal Quick Step), vincitore delle ultime due edizioni. Il percorso differisce nel finale rispetto a quello dello corso anno anche se è salvo lo Jaizkibel, salita simbolo della corsa basca, penultima asperità in programma prima di Erlaitz e di Pilotegi, un muro vero e proprio con pendente che arrivano al 27%. Un primo tentativo di fuga ha visto protagonista la coppia francese formata da Axel Laurance (Team Alpecin Deceuninck) ed Alan Jousseaume (Team TotalEnergies). Una volta raggiunti dal gruppo, è ripartita un’altra fuga di dieci unità formata da Simon Carr (Team EF Education – EasyPost), Warren Barguil (Team dsm-firmenich PostNL), Amanuel Ghebreigzabhier (Team Lidl – Trek), Sylvain Moniquet (Team Lotto Dstny), Davide De Pretto (Team Jayco AlUla), Jesús Herrada (Team Cofidis), Ben Zwiehoff (Team Red Bull – BORA – Hansgrohe), Thibault Guernalec (Team Arkéa – B&B Hotels), Ådne Holter (Team Uno-X Mobility) e Pierre Latour (TotalEnergies). Dopo un vantaggio massimo di circa 4 minuti e 30 secondi raggiunto intorno al km 130, sotto l’impulso del team Soudal Quick Step e del team Visma Lease a Bike, la fuga perdeva terreno sul gruppo inseguitore. La fuga si sfaldava a poco a poco e l’ultimo ciclista ad arrendersi al ritorno del gruppo era Ghebreigzabhier poco più di 50 km dalla conclusione. Sul muro di Pilotegi la corsa esplodeva e il gruppo si riduceva ad una ventina di unità. Le squadre più attive erano Soudal Quick Step e Lotto Dstny. Nei km conclusivi si avvantaggiavano Marc Hirschi (UAE Team Emirates) e Julian Alaphilippe (Team Soudal Quick Step). Era ormai un duello tra lo svizzero ed il francese per la vittoria finale. Nello sprint a due Hirschi aveva la meglio su Alaphilippe mentre Lennert van Eetvelt (Team Lotto Dstny) chiudeva in terza posizione a 7 secondi di ritardo da Hirschi. La top five era completata da Kevin Vermaerke (Team dsm-firmenich PostNL) in quarta posizione a 17 secondi di ritardo da Hirschi e da Jhonatan Narvaez (Team INEOS Grenadiers) a 25 secondi di ritardo da Hirschi. Per Lo svizzero è la terza vittoria stagionale dopo aver vinto la Faun Drome Classic e la seconda tappa dello Czech Tour.
Antonio Scarfone
BITTNER FA DOPPIETTA IN VOLATA, KUSS VINCE LA VUELTA A BUGOS
Pavel Bittner (Team dsm-firmenich PostNL) apre e chiude la Vuelta a Burgos 2024, il velocista dopo aver vinto la prima tappa conquista anche l’ultima sul traguardo di Condado de Treviño, secondo si piazza Nicolò Parisini (Q36.5 Pro Cycling Team), terzo Ivan Garcia Cortina (Movistar). Nulla cambia in classifica generale con Sepp Kuss (Visma | Lease a Bike) ad aggiudicarsi la corsa davanti a Max Poole (Team dsm-firmenich PostNL) e Finn Fisher-Black (UAE Team Emirates).
Dopo il via da Frias la fuga va a formarsi grazie a Patrick Gamper (Red Bull – Bora – hansgrohe), Michael Leonard (INEOS – Grenadiers) e da Ivo Oliveira (UAE Emirates), il terzetto in testa riesce ad avere un vantaggio massimo poco inferiore ai 3’. Dopo la prima ora di corsa le squadre degli uomini veloci iniziano a fare capolino in testa l gruppo inseguitore e così il vantaggio della fuga pian piano inizia a diminure, sono la Q36.5 e Visma|Lease a Bike a tirare in modo deciso. Verso gli ultimo chilometri di corsa quando si entra ai meno venticinque dall’arrivo, la fuga perde Oliveira, il primo a staccarsi. Il gruppo ormai ha nel mirino i fuggitivi, dopo il traguardo volante di Franco, dal gruppo provano un allungo Victor Lafay (Decathlon AG2R La Mondiale) e Davide Piganzoli (Polti – Kometa) ma il leader Sepp Kuss (Visma | Lease a Bike) è in totale controllo anche quando, subito dopo, prova uno scatto Max Poole (dsm-firmenich PostNL), non c’è terreno per fare selezione. Il gruppo è alla caccia sia Gamper sia Leonard, i due in pratica sono ripresi a 400 metri dall’arrivo, la volata è lanciata è lanciata da Pavel Bittner (dsm-firmenich PostNL) imprendibile per tutti, Nicolò Parisini (Q36.5 Pro Cycling Team) chiude secondo, mentre Ivan Garcia Cortina (Movistar) terzo, grazie alle due vittorie in volata Bittner conquista anche la maglia della sepciale classifica a puni. La classifiuca generale va a Sepp Kuss (Visma | Lease a Bike) per soli 5 secondi davanti a Max Poole (dsm-firmenich PostNL), terzo Finn Fisher Black (UAE Team Enirates).
Antonio Scarfone
KUSS IN TRIONFO ALLE LAGUNAS DE NEILA, POI VINE RISORGE NELLA CRONO
Nelle due tappe decisive della Vuelta a Burgos, la terza e la quarta, Sepp Kuss (Team Visma Lease a Bike) vince prima sull’insidioso arrivo in salita delle Lagunas de Neila conquistando la maglia ‘rosada’, poi la salva per soli 5 secondi nella cronometro successiva di Pampliega – vinta da Jay Vine – dal ritorno del britannico Max Poole (Team DSM Firmenich PostNL).
La Vuelta a Burgos si fa interessante con la terza e quarta tappa, quelle che al 99% ci diranno chi vincerà l’edizione 2024 della breve corsa spagnola, anticamera del Giro di Spagna Ieri era in programma la tappa in linea più difficile dal punto di vista altimetrico, con la partenza da Gumiel de Izán e il tradizionale approdo alle Lagunas de Neila. L’arrivo in salita di 11 km al 5.5% era particolarmente impegnativo negli ultimi 3 km, quando la strada si impennava offrendo pendenze in doppia cifra. La fuga di giornata ha visto l’azione di quattro ciclisti ovvero German Dario Gomez (Team Polti Kometa), Alex Diaz (Team Caja Rural Seguros RGA), Jetse Bol (Team Burgos BH) e Nikolas Vinokurov (Team Astana). Dopo un vantaggio massimo che ha sfiorato i 7 minuti, i fuggitivi hanno visto il loro vantaggio diminuire progressivamente. Le squadre più attive all’inseguimento del quartetto di testa sono state la Visma Lease a Bike, la Red Bull BORA Hansgrohe, la Bahrain Victorious e la INEOS Grenadiers. Il gruppo ha annullato la fuga a circa 25 km dalla conclusione. Nel tratto più difficile della salita finale Antonio Tiberi (Team Bahrain Victorious) si è staccato a circa 3 km dalla conclusione. Il pressing della Visma ha consentito a Sepp Kuss di involarsi negli ultimi 2 chilometri e di andare a vincere con 7 secondi di vantaggio su Lorenzo Fortunato (Team Astana Victorious) e Jefferson Alveiro Cepeda (Team Caja Rural). Il vincitore della Vuelta 2023 è balzato in testa alla classifica generale e nella successiva cronometro individuale di oggi ha avuto il match point per la vittoria finale. Su un percorso di 18.5 km da Santa María del Campo a Pampliega Jay Vine (UAE Team Emirates) ha sbaragliato la concorrenza vincendo in 19 minuti e 51 secondi, unico ciclista a scendere sotto i venti minuti. Per il corridore australiano questa era la prima gara dopo il tremendo infortunio ad aprile al Giro dei Paesi Baschi quando – nella medesima caduta nella quale avevano riportato gravi danni Remco Evenepoel e Jonas Vingegaard – si era fratturato quattro vertebre. Il podio parziale è andato a due italiani con Edoardo Affini (Team Visma Lease a Bike) che ha chiuso la sua prova in seconda posizione (12 secondi ritardo) mentre Antonio Tiberi (Team Bahrain Victorious) ha ottenuto il terzo tempo (13 secondi di ritardo). Kuss, partito molto forte, ha perso terreno successivamente chiudendo in quindicesima posizione a 43 secondi di ritardo da Vine. Max Poole (Team DSM Firmenich PostNL), ottavo con 21 secondi di ritardo da Vine, si avvicina moltissimo alla testa della classifica, guadagnando una posizione e portandosi a soli 5 secondi da Kuss, il quale ora precede di 34″ il terzo classificato, Finn Fisher-Black (UAE Team Emirates). Domani si correrà la quinta ed ultima tappa da Frías a Treviño per 156 Km. Pur non essendoci GPM la parte centrale è piuttosto vallonata e a circa 20 km dalla conclusione una salitella di quasi 4 km al 4,5% potrebbe scatenare la bagarre tra i big di classifica. Kuss dovrà restare attaccato alla ruota di Poole per portare a casa la vittoria finale
Giuseppe Scarfone
CALEB EWAN IMPRENDIBILE IN VOLATA ALLA VUELTA A BURGOS, TAPPA E MAGLIA PER L’AUSTRALIANO
Altra volata ieri alla Vuelta a Burgos che vede questa volta la vittoria di Caleb Ewan (Team Jayco Alula) su Roger Adrià (Red Bull-Bora-hansgrohe) e Ivan Garcia Cortina (Movistar) quest’ultimo ancora terzo. In classifica generale Ewan grazie al miglior numero di piazzamenti prende la maglia da leader.
Nel secondo giorno di corsa della Vuelta a Burgos 2024 il copione è lo stesso della prima tappa, pronti via e fuga che va formarsi grazie a Mario Aparicio (Burgos-BH), Gorka Sorarrain (Caja Rural-Seguros RGA), Xabier Isasa (Euskaltel-Euskadi) e Diego Pablo Sevilla (Team Polti-Kometa). Il gruppo concede il via libera ed il vantaggio dei quattro fuggitivi arriva subito a circa 3’ subito dopo il GPM dell’Alto del Carel e dell’Alto de Ro su cui transita per primo Sevilla rafforzando così il primato nella speciale classifica riservata al miglior scalatore. La fuga arriva a toccare poco più di 4’, vantaggio massimo che dal chilometro 70 di gara inizia pian piano a calare grazie alle squadre dei velocisti che iniziano a tirare con decisione. Nei successivi 30 chilometri il gruppo dimezza lo svantaggio portandosi a 2’, subito dopo c’è da registrar una brutta caduta in gruppo causata da Nairo Quintana (Movistar), purtroppo sono costretti al ritiro Damiano Caruso (Bahrain – Victorious), James Shaw (EF Education – EasyPost), Mika Heming (Tudor Pro Cycling Team) Tao Geoghegan Hart (Lidl – Trek). Non appena il gruppo si riorganizza per l’inseguimento è la EF Education-EasyPost ad imprimere una forte velocità in testa, l’azione porta i suoi frutti ed infatti alla fuga non restano che 35” di vantaggio, in testa non c’è accordo ed infatti Sorarrain poco prima dell’arco dei meno dieci chilometri all’arrivo prova uno scatto, il gruppo nel frattempo riprende i suoi tre ex compagni di fuga ma anche per lo spagnolo da solo in testa il destino è segnato, ripreso ai meno 6 Km dall’arrivo. Le squadre dei velocisti si portano in testa perchè l’arrivo tira leggermente all’insù, volata lanciata da Remy Rochas (Groupama-FDJ) ma il francese viene sopravanzato si da Caleb Ewan (Team Jayco Alula) sia da Roger Adrià (RedBull-Bora-hansgrohe) nonchè da Ivan Garcia Cortina (Movistar). L’australiano Caleb Ewan è imprendibile per tutti e va così ad alzare le braccia al cielo dopo la bella vittoria alla Vuelta a Castilla y Leon del fine luglio scorso, per lui tappa e maglia visto che il leader Pavel Bittner (Team dsm-firmenich PostNL) arriva soltanto nono.
Antonio Scarfone
CORT METTE LA CILIEGINA SULLA TORTA, VINCE ULTIMA TAPPA E CLASSIFICA FINALE IN NORVEGIA
Il leader della classifica generale si impone nell’ultima tappa: così Magnus Cort mette in bacheca l’11a edizione dell’Arctic Race of Norway, prima danese a vincere la corsa scandinava
Sono le 16.40 quando parte l’ultima tappa dell’Arctic Race, caratterizzata da un percorso un po’ diverso rispetto a quello delle precedenti frazioni. La partenza viene data a Glomfjord, un paese situato in riva a un fiordo non lontano dal mare aperto, dopo di che si percorrono strade costiere districandosi in mezzo ad altri fiordi sino a raggiungere l’ormai familiare ponte di Saltstraumen e poi rientrare a Bodø, dove un breve circuito verrà percorso due volte per poi vedere la tappa concludersi di fronte a un resort turistico situato appena sopra la città e che verrà raggiunto con una rampa breve (un chilometro o poco più) ma impegnativa (quasi un centinaio di metri di salita): tutto questo potrebbe bastare per decidere l’esito di una corsa che sinora si è retta sugli abbuoni e che vede i primi due classificati divisi da un solo secondo, e i primi 23 raccolti in soli 18 secondi (tra questi ci sono gli italiani Scaroni, Pozzovivo, Brambilla e Martinelli). A rendere le cose ancora più intriganti il fatto che oggi ci saranno piccoli abbuoni (da 3 secondi) anche su tre sprint intermedi (due nel circuito finale): basterà a rendere la tappa frizzante e movimentata? Ad ogni modo in maglia gialla è il danese Magnus Cort, professionista navigato senza grandi vittorie in carriera ma che vanta successi di tappa in ciascuno dei Grandi Giri; ad un secondo di distanza c’+ il vincitore di ieri, il belga Kamiel Bonneu, che dopo l’arrivo ha dedicato la vittoria al nonno, di cui aveva appreso la morte in mattinata. Nessun altro corridore, di quelli davvero conosciuti, sembra in lizza per la vittoria finale, tranne forse il solo Andreas Leknessund, che parte con 22 secondi di ritardo da Cort; ma correndo per la stessa squadra è improbabile che provi ad attaccarlo.
La tappa inizia nel solito modo, con una fuga che prende il largo poco dopo la partenza e il gruppo che segue sonnolento, già a 4 minuti dopo 40 chilometri. Nessun nome noto tra i fuggitivi, anche se va notata la presenza del nostro giovanissimo (neanche ventenne) neoprofessionista Alessandro Perracchione; il primo traguardo con abbuoni, dopo 21 chilometri, è vinto dal danese Jonas Gregaard, onesto gregario (nomen omen) della Lotto che non ha praticamente vinto nulla in carriera; peraltro è il solo, tra i fuggitivi, che avendo meno di un minuto di ritardo da Cort potrebbe covare qualche ambizione. Verso il 50esimo chilometro si passa la prima salita, Skauvoll (2 chilometri al 6%): Gregaard vince anche questo traguardo, dato che Joannink, ormai matematicamente sicuro della maglia a pois, non è tra i fuggitivi. All’80esimo chilometro si sale sull’Ertenvag Summit (3,6 chilometri al 4,5%), una collina a picco sul mare che vale qualcosa in più di una semplice “côte”; stavolta a vincere lo sprint è il giovane neozelandese Logan Currie. Il gruppo è sempre a 4 minuti, secondo un copione visto e rivisto in tutte le tappe. Passato il ponte di Saltstraumen e giunti nei pressi di Bodø, i fuggitivi iniziano a venire rimontati dal gruppo, copione già visto anche questo. Gregaard torna a farsi vedere, vincendo entrambi gli sprint intermedi (in tutto 6 secondi di abbuono) nei due giri del circuito cittadino. Con il gruppo a un solo minuto i corridori compiono l’ultimo mezzo giro, quello che li porta ai piedi della rampa finale; quando questa inizia il vantaggio è sceso a 30 secondi e dietro è Cort in persona a tirare, dato che la sua maglia gialla, come si era già notato prima, rischia di finire sulle spalle di Gregaard. Costui viene informato e cerca di lasciarsi dietro il resto dei fuggitivi quando mancano 800 metri al traguardo, ma invano. Cort è un passista di ben altra levatura e il suo ritmo è tale che il gruppo si frantuma e non riesce più a tenerlo; da solo Cort riprende Gregaard quando mancano 200 metri, prosegue sullo slancio e infine va a vincere. La tappa è sua, la classifica finale è sua, forse non la vittoria di maggior prestigio nel suo palmares, ma probabilmente quella che gli darà maggior piacere. Cort è danese, ma un tempo danesi e norvegesi (e svedesi) erano un solo popolo e per lui è come avere vinto in casa. I suoi rivali restano a debita distanza: Bonneu perde 12 secondi sulla rampa finale (scendendo al sesto posto nella generale), Gregaard, demoralizzato, ben 27. Per il gioco degli abbuoni il secondo della tappa odierna, il francese Champoussin (vincitore di una tappa alla Vuelta nel 2021), è secondo anche nella generale; terzo l’americano Vermaercke, giunto terzo nella tappa di ieri e vincitore della classifica dei giovani. Con la vittoria di oggi Cort porta a casa anche la classifica a punti, mentre quella degli scalatori va, come previsto, a Jelle Joannink. Primi degli italiani Scaroni e Brambilla, al 12esimo posto ex aequo; solo 49esimo Kristoff, che aveva iniziato alla grande la corsa vincendo in volata le prime due tappe; tra gli ultimi, a 24 minuti, c’è il sempre più sconsolato fantasma di Chris Froome. Sulla Norvegia è ancora giorno, come sempre da queste parti in questo periodo, ma prima o poi il sole tramonterà anche su questa 11esima edizione dell’Arctic Race of Norway.
Andrea Carta
CAMBIO ALL’ARCTIC RACE OF NORWAY, CORT NUOVO LEADER DOPO LA TAPPA REGINA
La tappa più difficile della corsa norvegese è terminata con la vittoria dello sconosciuto gregario belga Kamiel Bonneu e con il passaggio di consegne al vertice della classifica tra il corridore di casa Alexander Kristoff e un altro scandinavo, il danese Magnus Cort.
Sono le 14.20 e inizia la terza, e quasi certamente decisiva, tappa dell’Arctic Race of Norway. Siamo sempre nei dintorni di Bodø e stavolta si parte dal piccolo paese di Tverlandet, così detto dal ponte che lo unisce al capoluogo. Tuttavia non è in quella direzione che vanno i corridori, ma a Sud, per passare il ponte di Saltstraumen (ed è il terzo giorno consecutivo) e poi, dopo aver ripercorso l’itinerario della prima tappa sino al traguardo di Rognan, salire verso l’interno, verso le montagne al confine con la Svezia che consentiranno un arrivo in salita tutt’altro che banale. Dopo 25 chilometri si sale una côte breve ma ripida (Kvikstadheia) e, come sempre, parte un gruppetto di attaccanti tra i quali spicca, ebbene sìm Jelle Joannink! Da segnalare un italiano nel gruppetto di corridori più o meno sconosciuti: il giovane Filippo Ridolfo, al secondo anno tra i Pro. Di certo non punta alla maglia a pois, dato che neanche disputa lo sprint sul GPM, vinto come sempre da Joannink; intanto i fuggitivi hanno già 2 minuti sul gruppo e, dato che stavolta sarà difficile che qualcuno possa, sull’arrivo in salita, tirare la volata ad Alexander Kristoff, dovrà per forza succedere qualcos’altro: forse è questo che spera Ridolfo? La fuga che arriva e si fraziona sull’ultima salita?
Si arriva senza che nulla accada, né davanti né dietro, sulla seconda côte (Misvaer) e come al solito Joannink vince lo sprint. Il vantaggio del gruppetto sembra stabile sui due minuti e mezzo, mentre si avvicina il “terribile” Ljosenhammeren, che nulla aveva deciso nella prima tappa e nulla deciderà in questa. Ridolfo è sempre nel gruppetto dei primi, ora composto da sei corridori, e inizia a mettersi in luce giungendo secondo nello sprint in cima al GPM (ancora una volta vinto da Joannink). Nel gruppo inizia a tirare la Uno-x e il vantaggio dei fuggitivi scende a 2 minuti. Alla fine della discesa si arriva a Rognan e da qui in poi la tappa percorre strade finalmente inedite, lasciandosi alle spalle i fiordi e risalendo l’altopiano che porta vero le “vere” montagne, quelle in parte ancora ricoperte dai ghiacci. L’arrivo è situato sotto i celebri ghiacciai del Blamannsisen e del Sulitjelma, che trovandosi ad appena 1500/1600 metri di quota sono visibili dal basso, bel tempo e riscaldamento globale permettendo. Oggi il tempo è sempre buono – ad averla noi, un’estate così! – e il panorama è magnifico. Nel frattempo il gruppo rimonta i fuggitivi, anche perché la classifica, formatasi a forza di abbuoni, è talmente corta che due di loro potrebbero prendere la maglia gialla (è gialla davvero, come al Tour). A 30 chilometri dall’arrivo il loro vantaggio è sceso a un minuto; a 25 Joannink tira i remi in barca, soddisfatto dei punti guadagnati oggi. A 10 chilometri dall’arrivo i fuggitivi raggiungono il paese di Sulitjelma, circondato da laghi e da montagne innevate a dispetto di soli 140 metri di altitudine. Intanto il loro vantaggio è sceso a 50 secondi. Dal paese la strada risale verso il traguardo, dove si trova l’antico villaggio di minatori di Jacobsbakken: qui sino agli anni ’60 si estraevano rame e zinco, oggi c’è solo un gruppo di case sparse e un museo. La salita vera e propria, che si snoda senza tornanti tra boschi di betulle, è lunga circa 7 chilometri, ripida inizialmente, poi pedalabile sino in cima, con una pendenza media del 6,3%: non siamo al Tour e neanche sulle Alpi, ma non è un arrivo in salita da prendere sottogamba. Gli attaccanti sono subito ripresi; l’ultimo a cedere è il giovane norvegese Anton Stensby. Un chilometro solo e Kristoff, troppo velocista per queste salite, cede: chi prenderà la maglia gialla? Qualche attimo di pausa, poi ci prova il giovane Davide De Pretto, anche lui al secondo anno tra i Pro, e già vincitore di una tappa al Giro D’Austria; con lui il belga
Kamiel Bonneu, onesto gregario della Flanders-Baloise con un paio di vittorie in carriera. Entrambi potrebbero prendere la maglia gialla, e ci sperano: non è la buona volontà a mancargli. Ai – 3 chilometri hanno quei 20 secondi di vantaggio che gli darebbero il primato (senza neanche contare gli abbuoni); a – 2 chilometri tengono, col gruppo dietro che li vede sempre, su questa salita priva di tornanti… ma poche centinaia di metri dopo scatta l’ex campione di Danimarca Mads Würtz Schmidt, uno che ha vinto tappe alla Tirreno-Adriatico ed è stato campione del mondo a cronometro (da junior e under 23). La reazione del gruppo stavolta è decisa, e il vantaggio svanisce, De Pretto è ripreso mentre Bonneu tiene duro, rilancia, non si volta e… vince! Per un pelo: due secondi che grazie agli abbuoni gli fanno sfiorare la maglia gialla. Ma il nuovo leader della classifica è, per un solo secondo (!), quel Magnus Cort che a forza di tirare volate a Kristoff ora si ritrova primo in classifica quasi a sua insaputa. Domani la corsa norvegese giungerà al suo ultimo traguardo, un traguardo posto in cima ad una rampa di 1500 metri al 6.8% che, considerata la classifica generale cortissima (i primo 30 corridori sono raccolti in un fazzoletto di 30 secondi) e gli abbuoni in palio, potrebbe ribaltare la situazione proprio in extremis.
Andrea Carta
LA VUELTA A BURGOS SI APRE CON LA VITTORIA IN VOLATA DI PAVEL BITTNER
Da ieri si corre la Vuelta Burgos 2024, la prima frazione in line conclusasi in volata ha visto lo sprint vincente di Pavel Bittner (Team dsm-firmenich PostNL) il giovane ventunenne ha bruciato in volata Giacomo Nizzolo (Q36.5 Pro Cycling Team) e Ivan Garcia Cortina (Mavistar). Oggi seconda tappa con profilo ondulato
La fuga si forma subito in avvio di tappa grazie a Rodrigo Alvarez (Burgos-BH), Iker Mintegi (Euskaltel-Euskadi) e Diego Pablo Sevilla (Team Polti-Kometa), i tre guadagnano subito circa 3’ sul gruppo. Le prime difficoltà altimetriche valevoli per i punti GPM sono superate in prima posizione da Alverez il GPM dell’Alto de Arroyo e da Sevilla il GPM dell’Alto de Manquillo entrambi di terzacategoria, allo scollinamento il gruppo passa con poco più di 2’ di ritardo. Il terzo ed ultimo GPM di giornata, sempre di terza categoria, è conquistato da Sevilla che va così a prendersi anche la maglia della speciale classifica, il gruppo insegue a 1’:40” e riprende poco dopo la fuga, restano 18 chilometri da percorrere. Lo sprint intemedio è vinto da Arroyal vede Max Poole (Team dsm-firmenich PostNL), si entra così nehli ultimi 5 chilometri di corsa con le squadre dei velocisti a fare capolino in testa al gruppo, sono soprattutto la Groupama-FDJ, la Movistar, la Bahrain Victorious, la Q36.5 Pro Cycling Team ed il Team dsm-firmenich PostNL ad aumentare la velocità. La volata è lanciata nel retilino d’arrivo ed appare subito molto caotica, a rompere gli indugi è van Garcia Cortina (Movistar) ma è troppo presto, lo spagnolo infatti rimbalza dietro sulla rimonta di Giacomo Nizzolo (Q36.5 Pro Cycling Team) che a sua volta viene bruciato da Pavel Bittner (Team dsm-firmenich PostNL) per il ceco tappa e maglia da leader con cui ripartirà quest’oggi.
Antonio Scarfone
KRISTOFF SORVOLA LO STERRATO E VINCE ANCHE LA SECONDA TAPPA
Bis di Alexandre Kristoff nella seconda frazione dell’Arctic Race of Norway. Lo sterrato e una piccola salitella nel finale non impedisco l’arrivo allo sprint, dove il capoclassifica ribadisce la sua supremanzia alla vigilia della tappa più impegnativa
Pronti, partiti, via la fuga! Inizia alla grande la seconda tappa dell’Arctic Race, la più lunga con i suoi 175
chilometri e con 4 GPM da superare. A dirla tutta solo il primo è un GPM vero, di quelli che non
sfigurerebbero al Tour: sono quasi 9 chilometri al 7%, si arriva a 637 metri di quota e la fuga è partita
subito proprio perché questa cima prestigiosa (chiamata Beiarfjellet, a chi interessa) fa gola a molti. E
infatti, chi rivediamo a sprintare sul GPM? Quello stesso Jelle Joannink che non si trova (non ancora) su
Wikipedia, ma che evidentemente ha fiutato l’occasione della vita per vincere qualcosa. Ignoti gli altri tre
compagni di fuga.
Consolidata la maglia a pois… cioè, la maglia di miglior scalatore… cioè, insomma, meglio chiamarla maglia a
pois, perché nessuno saprebbe come chiamare la maglia “pavone” di questa particolare classifica: verde
chiarissimo con tanti occhi di pavone sui due lati (una volta era solo verde, gli occhi di pavone sono
un’aggiunta recente). Basta vederne una foto per capire come mai Joannink ci tenga tanto. Insomma,
consolidata la maglia i fuggitivi si organizzano e prendono il largo. Il gruppo riposa, mentre lentamente
torna in direzione di Bodø – la località dove si era arrivati ieri – salendo su e giù dalle colline scavate dai fiordi, e supera dapprima il secondoGPM (che nelle Fiandre sarebbe chiamato “côte”: 3 chilometri al 7%), e poco dopo il ponte di Saltstraumen, già percorso ieri in senso opposto. Dicono che nelle acque sottostanti si formi un gorgo simile al leggendario Maelstroem, ma chi lo dice non ha mai visto le piene dei nostri torrenti, che di vittime ne fanno sul serio.
Passato il ponte il percorso della tappa aggira a nord il gigantesco fiordo di Skjerstad (uno dei più grandi
della Norvegia, ieri aggirato a Sud) in direzione di Fauske, dove ci sarà l’arrivo di tappa dopo un tratto di sterrato e un breve circuito. Il vantaggio dei fuggitivi, salito fino a 4 minuti, cala tra un pascolo verde e
un’antica chiesa in legno (questi particolari edifici, patrimonio Unesco, risalgono agli anni 1100-1200,
quando i Vichinghi si convertirono). La terza côte – Seljeasnes – è a 48 chilometri dall’arrivo e i fuggitivi
iniziano a battagliare. Risultato: Joannink è solo secondo e in cima passa per primo il francese Simon
Pellaud, modesto gregario con un luminoso futuro ormai alle spalle, che decide di proseguire da solo
cercando quella che sarebbe la sola vittoria prestigiosa della sua carriera. Il quarto ed ultimo GPM – il Rodas
- è suo, poi il gruppo inizia a fare sul serio e a 8 chilometri dal traguardo, dopo il stratto sterrato, Pellaud è
ripreso. Il resto, direbbero tanti, è storia (già vista): la Uno-X, specialmente con Magnus Cort, tira la volata ad Alexander Kristoff, che la vince; secondo è Van Asbroeck (ieri terzo), terzo è proprio Cort. I primi due comandano anche la classifica generale, con Kristoff che vanta 10 secondi di vantaggio grazie agli abbuoni alla vigilia della frazione più impegnativa, che prevede l’arrivo in salita sulla Jakobsbakken (7 Km al 6,2% con i primo 2 Km al 9%). Non pervenuti i soliti noti; Froome, tanto per farsi ancora del male, riesce ad arrivare a 5 minuti.
Andrea Carta
ARCTIC RACE OF NORWAY, IL SIPARIO SI APRE SU KRISTOFF
Il norvegese Alexandre Kristoff vince la prima tappa della corsa di casa precedendo in volata i belgi Fretin e Van Asbroeck. Il corridore della Uno-X Mobility è, di conseguenza, il primo leader della classifica e domani potrà tranquillamente, viste le sue doti, fare il bis nella seconda frazione della corsa disegnata a nord del Circolo Polare Artico.
Che sono 25 gradi per chi da troppo tempo vive ai 40 dell’anticiclone africano? Le poche immagini che
arrivano dall’Arctic Race of Norway ci danno, del paese scandinavo un tempo patria dei Vichinghi, una
immagine quasi paradisiaca, ben diversa da quella ancora semi invernale che ci dà, invece, il più classico Giro
di Norvegia (che si disputa a maggio): prati e colline verdi, mare e fiordi azzurri, un sole che illumina e
scalda senza far soffrire, i cervi che saltano felici. Mancano solo i corridori, che partono sonnolenti alle
14.25 e, ben sapendo di dover girare in tondo nei pressi di Bodø per tre volte prima di dirigersi al traguardo
di Rognan (meno di 50 chilometri di distanza nonostante la tappa ne misuri 155) se la prendono comoda. È
così che dopo 30 chilometri vanno in fuga 5 carneadi; dopo 100 chilometri il gruppo si dà da fare e dopo 112
chilometri sono di nuovo tutti insieme. È allora, dopo qualche ulteriore attacco poco convinto, che arriva
il “terribile” GPM del Ljosenhammeren, ben 520 metri di quota che si raggiungono dopo 8 chilometri di
durissima salita al 3,5% (o no?). Vince un piccolo sprint il giovane (beh, quasi, 27 anni) olandese Jelle
Joannink, al secondo anno da Pro: non cercate il suo nome su Wikipedia, non lo trovereste. Sbrigata questa
fastidiosa formalità, nessuno si azzarda a muoversi sino al traguardo, quando parte il prevedibile treno della
Uno-X che prepara e serve sul classico piatto d’argento (o magari d’oro) la volata all’idolo di casa Alexander
Kristoff. Nessun problema per il vecchio leone – lui c’è su Wikipedia, con Monumento, argento mondiale e
non poche tappe al Tour – in cerca di quella vittoria che qui gli è sempre sfuggita (secondo dieci anni fa),
anche se nel suo palmares c’è, invece, un giro di Norvegia. Secondo è Milan Fretin, terzo Tom Van Asbroeck,
che almeno si trovano su Wikipedia ma che hanno perso una delle pochissime occasioni della loro carriera
per vincere qualcosa. Più interessante l’elenco dei non pervenuti, tra i quali c’è Leknessund (qui vincitore
due anni fa), il nostro incredibile, immortale Pozzovivo, e – incredibile ma vero – il fantasma di Chris
Froome, uno che un tempo avrebbe vinto la corsa solo con l’alluce sinistro e che oggi deve guardare il Tour
da lontano. E forse non solo quello.
Percorso nervoso, oggi (la Norvegia non è piatta, anzi: i fiordi scavano insenature e creano continui
saliscendi in quello che altrimenti sarebbe un vasto altopiano), col GPM alla fine. Domani sarà l’opposto: un
GPM all’inizio e poi nervosismo sino alla fine. Kristoff manterrà il primato? C’è da scommetterci.
Andrea Carta