GILBERT, UNA PRIMAVERA DAVVERO HUY!
aprile 20, 2011 by Redazione
Filed under 6) FRECCIA VALLONE, News
E’ davvero una primavera d’oro per l’asso belga, che sta sbaragliando la concorrenza nelle classiche del nord . Prima la Freccia del Brabante, domenica scorsa l’Amstel e oggi un’altro successo in casa, un’altra freccia, quella più prestigiosa, tracciata sulle strade della Vallonia. Le stesse che, il giorno di Pasqua, vedranno Gilbert contro tutti alla Liegi, corsa che il campione dell’Omega Pharma Lotto finora non ha mai vinto.
Foto copertina: Gilbert si trangugia anche il Muro di Huy (www.ispaphoto.com)
E due. Sempre lui, sempre Gilbert. Dopo la bellissima e perfetta vittoria all’Amstel di domenica, Philippe va a trionfare sul Muro di Huy andando così ad arricchire il personale palmarès. Questa volta il belga sembra nascondersi nella pancia del gruppo, mentre l’Omega Pharma Lotto non si vede mai in testa a tirare, nonostante ci sia una fuga che arriva a guadagnare 17 minuti. “Che pensi alla Doyenne?” viene da chiedersi. Ogni dubbio viene fugato quando al penultimo passaggio sul Muro di Huy tutta l’Omega è schierata in testa per far prendere la salita nella miglior posizione al proprio bel capitano, pimpante ed agile insieme a tutti i big annunciati. Ma da solo ed in uno straordinario stato di grazia negli ultimi 400 metri finali del successivo ultimo passaggio. Tutti in piedi ad applaudire l’idolo di casa. Il tris delle Ardenne, ora, appare davvero possibile.
Si parte da Charleroi fin verso Huy con l’omonimo e terribile Muro ad attendere i ciclisti in gara per un percorso di 201 Km. Bel tempo anche quest’oggi, sole e temperatura piacevole con tanti appassionati lungo il percorso. Non c’è il vincitore dell’edizione 2010, Evans, vittima di un infortunio.
La fuga va via al secondo chilometro di corsa, protagonisti sono Macej Paterski (Liquigas), Maxime Vantomme (Katusha), Matti Helminen (Landbouwkredit) e Preben Van Hecke (Top Sport Vlaanderen).
I quattro raggiungeranno un vantaggio massimo di 17’ affrontando il primo dei tre passaggi previsti sul Muro di Huy. A 90 Km dall’arrivo il vantaggio resta ancora di 12’ con il compagno di Joaquim Rodriguez che non collabora mentre, in testa al gruppo, iniziano a tirare di comune accordo sia la Saxo Bank, squadra di un attesissimo Contador, sia la Leopard dei fratelli Schleck. Grazie alla collaborazione dei due team il vantaggio dei quattro battistrada rientra, in pochi chilometri, nei 10 minuti ed in vista della Côte d’Ahin (2,3 Km con pendenza media del 6,5%), la settima delle dieci previste, si riduce a 3’. E’ il segno evidente che il ritmo in testa al gruppo è notevolmente aumentato, grazie anche all’aiuto di una terza squadra, la Sky, fiduciosa di Gerrans, terzo all’Amstel. Da segnalare, verso la cima di Ahin, una caduta senza conseguenze per Cunego, rientrato agevolmente in gruppo con l’aiuto dei compagni di squadra. In discesa provano un contrattacco alcuni uomini tra cui Kadri (Ag2R), ripreso a circa 3 Km dal penultimo passaggio sul Muro di Huy, con l’Omega Pharma Lotto che si mette improvvisamente in testa per far prendere nelle posizioni di testa le terribili rampe della salita al proprio capitano Gilbert. In cima il gruppo transiterà con un ritardo di 1’.25” poi, nella successiva discesa, provano ad avvantaggiarsi Gasparotto (Astana), Kolobnev (Katusha), Van Garderen (Htc) e Lövkvist (Htc) a cui si aggiungeranno Verdugo (Euskadi) e Kiryienka (Movistar). I sei, riassorbono la fuga del mattino ma il gruppo, tirato ancora dall’Omega, concederà un vantaggio che, in vista della Côte d’Ereffe, penultima prevista, raggiungerà al massimo 25”. Gilbert sta bene, e vuole provarci anche oggi, nonostante le pendenze dell’erta finale non gli si addicano particolarmente. I più attivi tra i sei, Kiryienka e Lövkvist, rimangono soli al comando a 13 Km dalla fine con 18” di vantaggio. I 2,1 Km della Côte d’Ereffe vengono presi in testa dalla Katusha con un generosissimo Di Luca al servizio del capitano Rodriguez. Intanto, il gruppo transita con 10” dal duo di testa mentre in vista dello scollinamento si avvantaggia Devenyns (Quickstep). Resta l’atteso ultimo passaggio sul Muro di Huy, con i big fino ad ora tutti ben coperti dai rispettivi compagni di squadra. Altro duetto di testa con Marcato (Vacansoeil) e Pineau (Quickstep) i quali si troveranno ai piedi di Huy con 15”. In testa ci sono tutti i migliori, il nostro Cunego, Contador, Andy Schleck, Sanchez, Anton, Rodriguez e l’immancabile Gilbert. Ai 400 metri dall’arrivo va di scena l’azione del belga, da gustare più e più volte, un allungo micidiale per sbarazzarsi di tutti. In un attimo guadagna tantissimo, ha quasi 100 metri per esultare di continuo, felicissimo e con il pensiero già a domenica. Poco più indietro la fatica di Rodriguez, ancora secondo, ancora battuto, poi Sanchez a chiudere il podio. Più indietro Vinokourov ed Anton. Chi riuscirà a batterlo domenica alla Liegi? La sfida è lanciata!
Antonio Scarfone
C’ERA UNA VOLTA L’AMSTEL
aprile 19, 2011 by Redazione
Filed under 5) AMSTEL GOLD RACE, Approfondimenti
Questa volta la lode è rimasta nella penna del nostro pagellista che, vedendo l’ultima edizione dell’Amstel, ha rimpianto gli anni passati, quando in questa gara i protagonisti si chiamavano solo Boogerd, Di Luca, Rebellin, Bettini e Vinokourov. Gilbert ha comunque ottenuto il massimo dei voti ma, visto il livello della concorrenza, c’è da dire che stavolta la vittoria era praticamente scontata in partenza.
Foto copertina: la facile vittoria di Gilbert sul Cauberg (foto Bettini)
Vedendo l’edizione di quest’anno viene una gran malinconia a pensare come veniva corsa questa gara quando i protagonisti si chiamavano Boogerd, Di Luca, Rebellin, Bettini e Vinokourov. Solo una fuga di alcuni comprimari ha animato la fase centrale della gara mentre nel finale i big, ad esclusione di Andy Schleck e Rodriguez, sono rimasti in attesa dello show di Gilbert che, portato in carrozza ai piedi del Cauberg, li ha puntualmente giustiziati. Gli italiani saranno protagonisti della prossima puntata di ‘Chi l’ha visto?’.
Philippe Gilbert: già da febbraio è in ottima forma e, fresco vincitore della Freccia del Brabante, ha condotto la gara con sicurezza e in maniera ineccepibile. Supportato da un compagno di squadra della levatura di Van den Broeck (voto: 8 ), ha di fatto controllato con freddezza gli ultimi 20 km di corsa. Bisogna sottolineare, tuttavia, che la facilità con la quale ha gestito la gara è dipesa anche dal fatto che gli avversari non hanno nemmeno provato a fargli il solletico. Aspettiamo ad attribuire la lode al belga quando riuscirà a dar prova della sua classe anche sul Muro di Huy. Voto: 10.
Joachim Rodriguez: ha tentato una prima sparata sul Keutenberg sperando, forse, di riuscire a portarsi dietro un compagno per potersi giocare la vittoria sull’ultimo strappo. Inspiegabile, altrimenti, lo spreco di energie effettuato dall’iberico su quella côte. Tanto più ingiustificabile dal momento che al traguardo mancavano ancora più di 10 km, molti dei quali in pianura. Sarebbe stato, forse, più efficace riservare tutte le proprie forze per tentare uno scatto secco sul tratto più duro del Cauberg poiché il suo tentativo su quest’ultimo strappo non è stato, infatti, molto efficace. Lo attendiamo mercoledì sul Muro di Huy dove, in assenza di Evans, potrà finalmente aggiudicarsi (Contador permettendo) la più prestigiosa fra le ‘Frecce’. Voto: 7,5.
Simon Gerrans, Jakob Fulgsang, Alexandre Kolobnev: non me ne vogliano questi tre bravi corridori ma vederli rispettivamente 3°,4° e 5° in una gara come questa riesce a dare la misura del livello di partecipanti che oggi è possibile schierare in questa tipologia di corse. Il solo Kolobnev ha tentato di favorire il compagno Rodriguez con un tentativo di allungo nel finale. Voto: 7.
Andy Schleck: sapendo di essere battuto in partenza sul Cauberg ha provato, con una azione alla Vinokourov, di andarsene sul falsopiano che segue il duro strappo del Keutenberg. Il problema è che il lussemburghese non ha le qualità da passista del corridore kazako e per questo motivo non è riuscito a fare il vuoto. Ripreso negli ultimi 800 m, ha fatto ricordare la gara di Kolobnev dell’anno passato. Sicuramente la condizione migliorerà in vista della Doyenne.Voto: 8.
Damiano Cunego, Alexandre Vinokourov: entrambi hanno preparato le classiche delle Ardenne ai Paesi Baschi ma, evidentemente, la condizione deve ancora affinarsi. In seria difficoltà sul Keutenberg, lo strappo più arcigno, ci auguriamo di vederli pimpanti alla Liegi. Voto: 5.
Rabobank: il team di casa delude profondamente. Rimasta con ben quattro atleti nel finale non ha accennato minimamente a fare gioco di squadra, per cercare di prendere in una morsa il favorito Gilbert. Un atleta del calibro di Gesink (voto: 4) atteso e pronosticato fra i favoriti alla vigilia ha tenuto un atteggiamento rinunciatario quando la gara è entrata nel vivo. Si pensi che un ciclista come Freire (voto: 7), con caratteristiche sicuramente non del tutto compatibili con un finale come quello dell’Amstel, ha ottenuto un onorevole sesto posto. Voto: 4.
Francesco Gandolfi
DA GILBERT A… GILBERT
aprile 18, 2011 by Redazione
Filed under 5) AMSTEL GOLD RACE, News
Gilbert succede a se stesso, vincendo per il secondo anno consecutivo l’Amstel Gold Race, a pochi giorni dal successo conseguito alla Freccia del Brabante. Una vittoria perfetta quella del campione belga, coadiuvato da una squadra da applausi, scaturita lungo la finale scalata al Cauberg.
Foto copertina: Gilbert sembra quasi salutare tutti gli avversari sul traguardo dell’Amstel (foto Bettini)
Dal Brabante all’Amstel, da Gilbert a Gilbert. Si cambia regione geografica passando dal Belgio all’Olanda, ma il nome del vincitore resta lo stesso. Sempre lui, Philippe, pronto ancora una volta a stupire tutti con una facilità d’azione disarmante che fa così sembrare l’ultimo passaggio sul mitico Cauberg una passeggiata. Questa volta non solo il vallone mostra una condizione di forma eccelsa ma anche una gestione della corsa impeccabile. Grandi meriti vanno anche all’Omega Pharma Lotto capace di condurre il proprio capitano tra le insidiose stradine olandesi proteggendolo al meglio in ogni fase della gara. Si piazza al secondo gradino del podio Joaquim Rodriguez, terzo è un ottimo Gerrans.
Il tempo, nella piazza del mercato di Maastrich, è bellissimo. Il sole risplende sulla folla degli appassionati che fin dal mattino vi si sono radunati. La fuga della prima ora vede protagonisti gli italiani Ponzi e De Negri, l’olandese Timmer ed il belga Degand, evasi dal gruppo intono al Km 60. I quattro avranno un vantaggio massimo di circa 12 minuti ai meno 100 Km dall’arrivo. Le côtes si susseguono, con il Cauberg che quest’oggi sarà affrontato ben 3 volte, l’ultima coinciderà con l’arrivo. Il ritmo in testa al gruppo aumenta prima con un allungo di Luis Leon Sanchez nell’ascesa del Sibbergrubbe e poi ancor di più al secondo passaggio sul Cauberg grazie all’impulso del campione belga Devolder. Il vantaggio dei quattro in fuga è ormai rientrato nel minuto. Davanti rsetano i soli De Negri e Degan. La Rabobank sente la corsa di casa ed è allora la volta di Barredo a sganciarsi dalla testa del gruppo per riuscire a raggiungere il duo al comando. Insieme avranno un vantaggio massimo mai superiore al minuto. Davanti c’è l’Omega Pharma Lotto a guidare il plotone quando, in vista del Kruisberg, due possibili protagonisti dell’Amstel escono in pessimo modo fuori dai giochi. Una caduta, infatti, vede coinvolti Cancellara e Frank Schleck. Lo svizzero, dolorante, riparte per ultimo, cercando poi, insieme al campione lussemburghese, di riacciuffare la coda di un gruppo ormai allungato alla cui testa i migliori sono già schierati nelle posizioni che contano. E’ la volta dell’Eyserbosweg, ben 1100 metri all’8,1 % di pendenza media. La sua ascesa mette a nudo i reali valori in gioco. Il gruppo, numerosissimo fino a quel punto, si riduce ad una ventina di unità grazie ad uno bello scatto del russo Kolobnev. In cima, tra i migliori, scollinano Gilbert con altri 2 Omega Pharma (Van Den Broeck e Vanendert) ben 4 Rabobank (Gesink, Freire, Martens e Tankink) il duo Katusha Kolobnev-Rodriguez, Leukemans, Vinokourov, Cunego ed Andy Schleck, “libero” ormai di agire vista l’inattesa assenza del fratello maggiore. Riesce, tra il tratto in discesa ed il successivo e più facile Fromberg, ad accodarsi anche Di Luca ma l’abruzzese insieme a Cunego usciranno di scena sul Keutenberg, penultima côte prevista. E’ Rodriguez a scollinare con pochi secondi di vantaggio. La cosa non impensierisce Gilbert, rassicurato anche dal lavoro di Vanendert che ricuce il gap. Restano i 1200 metri del Cauberg da affrontare per l’ultima volta con ormai soli 12 Km da percorrere. Va di scena una bella azione di Andy Shleck che arriva a guadagnare 12” sugli inseguitori. Gilbert dà una mano al compagno di squadra, cerca poi collaborazione con i quattro Rabobank, non la ottiene. Oggi, però, niente può scalfire la superiorità di Philippe. Prontissimo si rimette in testa ad aumentare l’andatura e far si che tutti possano arrivare all’ultimo chilometro con soli 5” di ritardo da Andy che già assaggia le prime rampe del Cauberg. Ai 600 metri è prima Rodriguez a raggiungere e superare Andy, Gilbert non si fa sorprendere, in un attimo passa prima il lussemburghese ormai stanchissimo, e poi lo spagnolo andando così a bissare il successo dello scorso anno.
Antonio Scarfone
LA FORZA DELLA SQUADRA
aprile 11, 2011 by Redazione
Filed under 4) PARIGI - ROUBAIX, Approfondimenti
Ancora un 10 e lode e non poteva che andare al vincitore della classica del pavè, Johan Van Summeren, riuscito a sgominare non solo le pietre dell’Inferno del Nord ma anche una concorrenza di tutto rispetto. Elogi anche per Cancellara e tutte le seconde linee che, per una volta, si sono ritrovate davanti a giocarsi un posto al sole in una delle gare più nobili del calendario.
Foto copertina: Van Summeren esulta sotto il sole della Roubaix (foto Bettini)
Anche questa seconda Classica del Nord si conclude con la vittoria di un corridore, Van Summeren, che alla vigilia non compariva di certo fra i favoriti. Ottima, ancora una volta, la prestazione di Cancellara giunto alle spalle del vincitore. Corsa caratterizzata dalle innumerevoli cadute che hanno coinvolto, e messo fuori gioco, alcuni fra i favoriti come Boonen, Haussler, Pozzato e Chavanel. Disgustosa, ancora una volta, la condotta dei motociclisti al seguito della gara i quali ne hanno più volte influenzato l’esito, spesso in momenti topici. Ottima la prestazione di Alessandro Ballan che ha colto un meritato sesto posto.
Johan Van Summeren: vale il discorso fatto la settimana scorsa per Nuyens, vincitore delle Fiandre. La differenza sostanziale tra le due vittorie risiede nel fatto, però, che Van Summeren ha conquistato il successo dopo che, in fuga per quasi 70 km con un drappello di una ventina di corridori, ha saputo trovare le energie per salutare il resto della compagnia (lungo il famigerato Carrefour de l’Arbre) e percorrere in solitaria gli ultimi chilometri di gara. Dopo i buoni piazzamenti ottenuti in edizioni precedenti della corsa, finalmente anche Johan potrà annoverare, tra i suoi trofei, quello più prestigioso, l’ormai famoso blocco di pavè. Voto : 10 e lode
Fabian Cancellara: se la settimana scorsa potevamo imputargli di aver perso la gara per un errore tattico, questa volta l’atleta svizzero ha corso in maniera ineccepibile. Purtroppo, quest’anno, non può disporre di una squadra attrezzata per affrontare le Classiche del Nord e, conseguentemente, in grado di supportarlo. Così, Fabian, si è trovato stretto nella morsa di due formazioni (BMC e Garmin) che invece hanno saputo, per lo meno la seconda, sfruttare alla perfezione il gioco di squadra. E’ doveroso sottolineare che ha corso con entusiasmo tutta la gara e, anche quando al traguardo mancavano solo pochi chilometri e il successo di Van Summeren era quasi scontato, ha continuato a credere nella vittoria spremendosi fin sulla linea d’arrivo. Voto : 9
Maarten Tjallingii, Gregory Rast, Lars Bak: queste seconde linee hanno avuto l’intelligenza di cogliere il momento opportuno per andarsene dal gruppo di corridori avvantaggiatosi dopo la Foresta di Arenberg. Purtroppo, sulla loro strada, hanno incontrato Van Summeren che è molto più adatto di loro per le corse sul pavè. Rispettivamente 3°, 4°, 5° sul traguardo, possono ritenersi più che soddisfatti. Voto : 8
Alessandro Ballan: tornato a correre la Parigi-Roubaix dopo due anni, si è dimostrato davvero in forma. Dopo aver ricucito tutto solo e con relativa facilità lo strappo creato da uno scatenato Cancellara in uno dei tanti tratti di pavè, evidenziando una condizione di forma superlativa, si è trovato costretto ad obbedire ad una logica di gara della BMC (voto al direttore sportivo : 4) che, per favorire il compagno Quinziato rimasto nel gruppo di testa, ha finito per bloccare ogni eventuale tentativo di Ballan di giocarsi la vittoria. Voto : 8
Thor Hushovd: sicuramente uno dei più in forma insieme a Cancellara, ha finito per correre da stopper per tutta la gara, svoltasi all’insegna dei tatticismi. La Garmin è riuscita, quindi, come la Quick Step domenica scorsa, ad obbligare il campione elvetico ad esporsi in prima persona, assumendosi da solo il peso della corsa. Questa è la dimostrazione che, nel ciclismo di oggi, non solo nelle corse a tappe ma anche in quelle in linea il corridore, anche se campione formidabile, può vincere solo se ha il supporto della squadra. Voto : 7
Juan Antonio Flecha: bravo corridore da pavè, forse i suoi anni migliori sono già passati. Soffre le accelerazioni di Cancellara e Ballan, e, anche nel finale, si è dimostrato il meno brillante tra i favoriti. Riesce comunque ad entrare nella top ten. Voto : 6
Tom Boonen: la sua gara termina, di fatto, lungo la Foresta di Arenberg, dove un incidente meccanico lo mette fuori dai giochi. Bravo nella rimonta successiva, cade quando ormai stava per rientrare sul gruppo di testa. Può consolarsi con la vittoria nella Gand-Wevelgem. Voto : n.c
Filippo Pozzato, Heinrich Haussler, Sylvain Chavanel: altre vittime dell’Inferno del Nord, a differenza di Boonen tornano a casa con l’amaro in bocca per le occasioni mancate. Voto : n.c
Francesco Gandolfi
SUMMER(EN)TIME ALLA ROUBAIX. PER GLI ALTRI, CHIEDI ALLA POLVERE
aprile 10, 2011 by Redazione
Filed under 4) PARIGI - ROUBAIX, News
Van Summeren finalizza la perfetta tattica Garmin in una Roubaix estiva. Nella polvere finiscono Boonen, Chavanel, Pozzato, vittime di cadute e incidenti. Cancellara domato da un Hushovd magistrale si scatena nel finale per fregiarsi almeno del podio, il terzo in tre “monumento”, ma ciò nonostante resta con un retrogusto di bocca asciutta. Buona la gara di Ballan.
Foto copertina: Van Summeren, dalla polvere alle stelle (foto Bettini)
Boonen si staglia nel cuore della foresta di Arenberg, la bici azzoppata, si guarda le dita sporche di olio nero come l’eroe di un kolossal che si scopre ferito a morte. Si asciuga gli occhi, più che le lacrime probabilmente è quel sudore che acceca quando, fermandosi all’improvviso, si gronda senza rimedio.
La gara fin qui era stata regolare: un’evasione precoce che diverrà poi la scommessa del giorno per l’Omega Pharma con Boucher, Greipel e Roelandts (aggregatosi dopo Arenberg); scommessa tuttavia persa, a differenza di quella spregiudicata di Tjallingi, che rilancerà fino al podio, alfiere di una Rabobank complessivamente positiva.
Arenberg, come spesso accade, è la svolta. Una svolta tragica per Boonen, che attende invano un cambio di bicicletta, rifiuta quella di Steegmans sperando di poter contare sul compagno per il recupero, infine riparte con un paio di minuti da recuperare sul gruppo.
Un’altra svolta, però, contraddistingue l’uscita dal micidiale settore: Boom aveva condotto sulle pietre un’offensiva veemente da vero crossista, e quando si torna a mordere l’asfalto promuove un’azione di peso assieme a Roelandts, come detto, e altri rappresentanti di rilievo delle principali squadre. Ci sono ottime seconde punte come Quinziato per la BMC di Ballan, o Van Summeren per la Garmin di Hushovd, Hayman per la Sky di Flecha, Bak per l’HTC, o veri e propri capitani di giornata come Cooke per la Saxo, e Guesdon per la FDJ. In breve queste forze vanno a ingrossare la fuga iniziale, e ad essi si aggiungono altri elementi in un secondo momento altre pedine fondamentali, come Degenkolb dell’HTC (bravo il giovanissimo tedesco), Rasch della Garmin o Leezer della Rabobank, utilissimi a rafforzare la rappresentanza e la capacità di sacrificio delle rispettive squadre, unitamente a Rast, lo svizzero che sarà capitano di giornata per la Radioshack.
Lo scacchiere tattico della giornata è quasi delineato a perfezione: gli ultimi tratti cruciali sono una foratura con successiva caduta di Chavanel, che liquideranno le residue speranze odierne di risultato per la Quickstep, assieme alla definitiva caduta di Boonen. Tom, parallelamente a quanto aveva fatto sul rettilineo finale del Fiandre, sfodera invano una classe e un’energia disperate: recupera quasi integralmente i due minuti di distacco accumulati sul peloton in Arenberg, per un poco aiutato da due compagni, ma ben presto solo, troppo superiore alle retroguardie stremate che sorpassa come un lampo. Un gesto tecnico impressionante, pur nella consapevolezza che il solo compierlo avrebbe tarpato ogni susseguente chance di vittoria (ma l’adrenalina a volte fa miracoli): se non che a poche decine di metri dalla coda del gruppo principale la caduta di un Rabobank travolge inevitabilmente e irreparabilmente anche Boonen. Risalirà in bici sotto la sferza della squadra, ma la sua Roubaix finisce di fatto qui, formalmente qualche inutile decina di chilometri più in là.
In molti, come spesso accade, cadono o rompono. Di meglio senza incidenti avrebbe potuto fare Boom, appiedato dal gruppetto che lui stesso aveva fatto decollare: ritornerà davanti nel finale, ma deprivato di posizioni e minuti preziosi. Il suo esempio, certo, potrebbe dire qualcosa a chi dopo una caduta è affondato, come Sagan (ma la gioventù è più che scusante) o soprattutto Pozzato; pur sempre considerando che c’è caduta e caduta, da alcune ci si rialza più malconci che da altre. Ma questa è l’ordinaria amministrazione della Roubaix.
A questo punto abbiamo davanti un gruppetto corposo, composto di apporti vari, ma senz’altro volenteroso e tutto sommato sostenuto da diverse coppie di squadre importanti. Il distacco oscilla costantemente intorno al minuto, salvo rare puntate intorno ai due. Dietro, Cancellara è costretto a sfiancare l’unico compagno superstite, un O’Grady ancora una volta straordinario nel suo farsi letteralmente uomo squadra: alla Leopard i nomi di spicco non mancano, sarà forse il caso di interrogarsi sulla loro gestione nella stagione e sull’acume strategico di chi siede in ammiraglia. Sa un po’ di beffa il fatto che Cancellara se ne sia andato dalla corte di Riis perché temeva che con Contador la squadra non si sarebbe focalizzata nel sostenere degnamente la campagna del nord cara alla svizzero! Nessun altro ha motivo di collaborare all’inseguimento, men che meno chi davanti possiede possibili corridori già in grado di realizzare delle top ten pur servendo da gregari.
Cancellara, improrogabilmente abbandonato ai -60km, è così forzato a prodursi in una serie di assalti feroci distribuiti negli ultimi dieci settori di pavé, a partire proprio dal durissimo Mons-en-Pévèle. Hushovd non gli concederà mai nemmeno un metro di spazio, mentre Ballan si dimostrerà sempre capace di rientrare in un secondo momento, sfogata la primissima fiammata dei due rivali. In queste occasioni Ballan dimostra invariabilmente una classe sopraffina, la capacità di recuperare gap anche importanti a un certo Fabian Cancellara tanto sulle pietre che sull’asfalto; la domanda è però se queste azioni del veneto fossero dettate da premeditazione (troppo violenta la fiammata di Cancellara così come quella di immediata reazione da parte di Hushovd, più consono alle corde di Alessandro un rientro in progressione considerando che all’esplosione dovesse seguire una velocità più ponderata) oppure da “distrazioni”: il secondo caso configurerebbe un vero spreco di forze di per sé però mirevoli, ma la ripetizione dello schema fa forse propendere per la prima opzione.
Il quarto uomo sarebbe Flecha, che però non mostra mai di avere il guizzo per recuperare quando l’azione è davvero nel vivo.
Cancellara deve così amaramente constatare che, pur esibendo una forma fisica che si direbbe finanche superiore a quella dell’anno passato, la stoccata vincente non è a sua disposizione, in assenza di condizioni di contorno favorevoli se non perfino provvidenziali. Al Fiandre 2010 Boonen collaborò con cavalleria perfino sfrontata e senz’altro esagerata, al Fiandre 2011 scopriamo che con un compagno di fuga più assennato come Chavanel il disco di Fabian non suona più allo stesso modo. Alla Roubaix 2010 la tattica dissennata di altri elementi del gruppetto (ostacolare Boonen e non inseguire Cancellara per distruggere il fiammingo?) favorì la ben nota cavalcata trionfale, alla Roubaix 2011 invece tutti gli altri finalmente si decidono a correre per vincere, fors’anche complice l’eliminazione “autonoma” di Boonen. Avrà un bel lamentarsi Cancellara, bussando perfino alle porte della ammiraglie Garmin e BMC, ma le sue rivendicazioni finali di avere il gruppo “che gli corre contro, per farlo perdere” sono abbastanza ridicole: la Garmin corre per vincere, avendo davanti l’atleta più forte in questa corsa di tutto il blocco dei fuggitivi, e altrettanto fa la BMC, con un rappresentante meno di spicco, ma pure validissimo quale Quinziato, epperò con un leader dietro quale Ballan sicuramente battuto in un finale ristretto tanto dal collega norvegese come dallo svizzero.
Cancellara rinuncia dopo “appena” una ventina di chilometri di assalti all’arma bianca, tira platealmente i remi in barca, e da dietro si materializzano i rientri. Cancellara presumibilmente sta rifiatando, in vista di una sparata finale: la stessa tattica che una settimana fa aveva adottato ai piedi del Muur, per poi provare nel tratto più impervio dell’ascesa una fucilata simile a quella dell’anno prima (abbiamo saputo da calcoli posteriori che quest’anno Cancellara ha scalato i 500m più duri del Muur vero e proprio in soli 5” in più che nel 2010). La Garmin studia e gestisce a meraviglia, recupera Vanmarcke da davanti e pure Rasch, li ruota come in un’orchestra, decide i tempi e i distacchi. Tutti i tentativi di Cancellara sono stroncati dall’implacabile campione del mondo.
Quando i primi raggiungono il Carrefour de l’Arbre, come ampiamente previsto, Van Summeren prende il volo. Lo rivedranno nel velodrono. Si segnala l’inseguimento disperato in particolare di Tjallingi, Bak e Rast, mentre Quinziato è beffato da una rottura della bicicletta proprio nel momento chiave. Passati i -5km là dietro Cancellara spara il suo colpo da finisseur rimuginato da un po’, e stavolta nessuno riesce a tenerlo, probabilmente perché le forze vengono meno assieme alla motivazione. La corsa è decisa, e solo lo svizzero ha il cuore smisurato di svenarsi per un piazzamento: d’altra parte forse ormai è solo lui ad avere qualcosa da dimostrare, ad essere lacerato tra l’umanità che gli fa ribadire quasi ossessivamente “nemmeno io sono una macchina”, e la brama di esibire una superiorità singolare schiacciante. Cancellara si mangia tutti, fuorché Van Summeren, che taglia il traguardo a braccia alzate diciotto secondi prima dello svizzero. Dietro volate e volatine, Ballan buon sesto ma soprattutto terzo “uomo più forte” dopo Cancellara e Hushovd.
Tuttavia la gloria luminosa in cui si è trasfigurata tutta quella polvere è per un uomo solo, e per la sua squadra, finalmente perfetta come un congegno a orologeria. Per gli altri, solo un pulviscolo di punteggi, chiacchere e interviste più o meno compiaciute. Per Boonen e la Quickstep, l’ombra nera di una maledizione.
Gabriele Bugada
UNA GIORNATA PERFETTA
aprile 6, 2011 by Redazione
Filed under 3) GIRO DELLE FIANDRE, News
Mai era successo, da quando giudichiamo i corridori di turno nelle grandi classiche, di far ricorso al voto massimo, il 10 con la lode. E’ capitato all’ultimo Fiandre, dove la prestazione di Nuyens ha quasi annichilito le pur ottime prestazioni di Chavanel e Cancellara e quelle, appena meno brillanti, di Gilbert e Ballan.
Foto copertina: Nuyens sul muro di Grammont (www.ispaphoto.com)
Nel Giro delle Fiandre 2011 i big si annullano a vicenda e alla fine a spuntarla è Nick Nuyens, buon corridore da pavè che, grazie ad una condotta di gara perfetta, ha saputo cogliere una occasione (forse) unica. Tra gli italiani, grintosa la prova di Ballan che per un soffio non riesce a fare il bis.
Un ringraziamento speciale alla Rai che, finalmente, ci ha consentito di seguire per più di quattro ore la diretta di una classica meravigliosa.
Nick Nuyens: ha saputo nascondersi per tutta la corsa e, capito il pericolo che poteva scaturire da un allungo di Cancellara negli ultimi tre chilometri, grazie ad una condizione fisica eccellente è riuscito ad accodarsi alla coppia Chavanel-Cancellara formando il terzetto che si è poi giocato la gara allo sprint. In una edizione percorsa a ritmi elevati, è stato in grado di gestirsi al meglio dimostrandosi il più lucido nel finale. Proprio una giornata perfetta! Voto: 10 e lode
Sylvain Chavanel: uscito in ottima condizione dal Tour de La Panne, è partito come co-capitano della Quick Step. Ha provato inizialmente un allungo a circa 90 km dal traguardo per coprire le spalle a Boonen ma raggiunto un discreto margine di vantaggio sul gruppo inseguitore ha avuto l’intelligenza di staccare i compagni di fuga e, da ottimo fondista qual è, provare a giungere al traguardo. Una volta ripreso è stato comunque, nonostante la lunga fuga, protagonista di tutte le principali azioni che si sono succedute fino al traguardo, dove si arrende solo al più fresco Nuyens. Voto: 9
Fabian Cancellara: indiscutibilmente il più forte, almeno fisicamente. Con una azione delle sue si toglie da ruota Boonen e compagnia e in pochi chilometri riprende la testa della corsa. Sembrerebbe la riproposizione di quanto accaduto lo scorso anno ma l’elvetico non capisce che il compagno di fuga, Chavanel, non è disposto a collaborare come Boonen nella passata edizione. Incomprensibile, poi, risulta la perdita netta del vantaggio accumulato di circa un minuto nel chilometro o poco più che precede il Muro di Grammont. Incomprensibile in quanto non dettata da una crisi ma da una precisa scelta tattica dello svizzero che, una volta iniziato lo strappo, imprime un’accelerazione incredibile che risulta quasi indigesta anche per gli immediati inseguitori capeggiati da uno Gilbert tanto determinato quanto stremato.
Intelligente invece la scelta di Cancellara di non rispondere alla sfuriata di Gilbert sul Bosberg, ma di salire del proprio passo e di guidare la successiva rincorsa al belga nel tratto pianeggiante. La volata finale e il suo esito evidenziano ancora una volta che, per vincere, oltre alle gambe occorre usare anche la testa. Voto: 8
Philppe Gilbert: qualcuno spieghi finalmente a questo atleta che con le sparate non si vincono le gare, o meglio non si vincono se un atleta brucia, con queste, tutte le energie che ha in corpo. Come già accaduto alla Liegi e al Mondiale dello scorso anno, il belga con le sue rasoiate stacca tutti di netto, salvo poi arenarsi un paio di chilometri dopo lo scollinamento dello strappo di turno. Così è accaduto anche oggi sull’ultimo muro, il Bosberg. Comunque brillante durante la corsa, ancora una volta non riesce a portare a casa il risultato a causa di una condotta di gara troppo dispendiosa. Voto: 7
Alessandro Ballan: una gara più che dignitosa quella del veneto. Sofferente un po’ sui muri più arcigni, si è preso la briga di far tirare la squadra (BMC: voto 9) nel tentativo, poi riuscito, di riagguantare i fuggitivi Cancellara e Chavanel. Molto lucido nel finale nel saper cogliere un paio di occasioni favorevoli alle sue caratteristiche di finisseur, è stato bravo perché ha creduto nel successo fino alla fine. Voto: 7
Juan Antonio Flecha: ha risposto sempre presente in tutte le fasi critiche della corsa, dimostrandosi uno dei migliori atleti internazionali per quanto riguarda le corse del Nord. Fin troppo generoso in alcune situazioni, si fa scappare l’occasione di seguire Cancellara nel finale. Crediamo che con questa condizione di forma anche l’iberico possa esprimersi al meglio nella Roubaix, una gara sicuramente a lui più congeniale rispetto al Fiandre. Voto: 6+
Tom Boonen: sfidare Cancellara sul pavè, quando davanti si ha un compagno di fuga ancora fresco e con un vantaggio in crescendo sul gruppo di oltre un minuto, equivale ad un suicidio. Sugli ultimi muri riesce a malapena a tenere la ruota dei primi, illudendo, comunque, i suoi tifosi di poter battere gli avversari allo sprint. Si è lasciato tuttavia sfuggire l’allungo decisivo di Cancellara nel finale e, con esso, la possibilità di fare tris nella gara da lui più amata. Ha provato un ultimo disperato tentativo di riaggancio negli ultimi 500 m, ma ormai i giochi erano stati fatti. Voto: 5
Filippo Pozzato: la sua gara avrebbe meritato la sufficienza se non fosse sparito completamente sul Muro di Grammont. Eppure in precedenza aveva dimostrato una condizione più che buona, riuscendo ad essere sempre tra i protagonisti nelle fasi calde della gara, rispondendo, ad esempio, con prontezza all’allungo di Boonen. Speriamo di poterlo ammirare, questa volta tra i primi, domenica prossima nella Parigi-Roubaix. Voto: 4
Thor Hushovd: data la sua eccezionale condizione di forma e la sua innata potenza, lo si credeva uno dei favoriti del Fiandre. Ha accennato solo un allungo in tutta la gara dileguandosi, poi, come Pozzato sugli ultimi muri. La Roubaix sicuramente si addice di più alle sue caratteristiche. Voto: 4
Francesco Gandolfi
LA PRIMAVERA DA SOGNO DI NUYENS
aprile 3, 2011 by Redazione
Filed under 3) GIRO DELLE FIANDRE, News
Tutti guardavano Cancellara e, invece, sotto il naso di tutti, e dell’elvetico in primis, è scappato un Nuyens galvanizzato da una primavera stratosferica. Quest’anno la campagna del nord l’avevo già visto trionfare nella Dwars door Vlaanderen, sorta di Giro delle Fiandre in miniatura, ed ora è arrivato un successo ancor più prestigioso e monumentale. Poche briciole da beccare per gli italiani, con Ballan solo dodicesimo.
Il Giro delle Fiandre 2011 sarà ricordato tra gli appassionati di ciclismo per le innumerevoli emozioni che si sono succedute durante i 258 Km di corsa. Alla partenza dalla mitica piazza di Brugge un solo nome, quello di Cancellara, riecheggiava nell’aria come il possibile vincitore. E lui, Fabian, tanto aveva fatto capire di voler, con tutta la determinazione che è abituato a dare in questo tipo di corse, concedere il bis dopo la splendida e roboante vittoria di un anno fa. Ma spesso, si sa, i favori del pronostico vengono disattesi, e se questo accade in una corsa come il Fiandre, allora lo spettacolo è assicurato. A riuscirci è stato Nick Nuyens, già protagonista una decina di giorni fa a la Dwars door Vlaanderen, trionfando quest’oggi in uno sprint ridotto a tre su uno strepitoso Chavanel ed un inesauribile Cancellara.
Alla partenza, nella piazza del mercato, il sole, il clima mite e piacevole accolgono la numerosa folla ed i circa 200 ciclisti in gara. Si parte verso i primi muri, 18 quest’anno, 3 in più dell’edizione 2010, giusto per rendere ancor più dura e maestosa una corsa dal fascino leggendario. La classica fuga della prima ora parte intorno al chilometro 50, composta da 5 atleti: Van Dijk, Hunt, Hammond, Turgot e Docker. Il quintetto raggiungerà un vantaggio massimo di poco superiore ai 7’ con quattro muri, Tiengeberg, Nokeremberg, Rekelberg e Kaperfil percorsi in testa. Proprio su quest’ultimo vi è un contrattacco dal gruppo da parte di Tjallingii il quale si porta con sé altri 18 atleti. Tra di loro spicca la presenza di Boasson Hagen, Kroon e Marcato. L’azione non piace alla Leopard di Cancellara, ed è per questo che in circa una ventina di chilometri l’azione viene riassorbita dal gruppo dei migliori. In vista del Paterberg, sull’ Oude-Kwaremont è Sylvain Chavanel ad andarsene tutto solo. Si muove quindi la Quick Step di Tom Boonen, mentre in testa al gruppo i Garmin del trio Hushovd, Haussler, Farrar, e gli Omega di Gilbert iniziano ad innalzare ulteriormente l’andatura. Si entra nel vivo della corsa, con le squadre organizzate nell’intento di voler sfiancare il detentore Cancellara. A lanciare un primo serio affondo allo svizzero, sul Paterberg, è Gilbert che scollina in testa seguito da Boonen. Stassa azione del vallone sui 600 metri del Koppenberg, il muro più ripido della giornata posto ai meno 70 chilometri dal traguardo di Ninove. Gilbert pare essere il più forte sulle pendenze del Koppenberg, la sua azione frammenta il grosso del gruppo ormai ridotto ad una cinquantina di unità. Riescono a rimanere agganciati alla scia di Gilbert ancora una volta Boonen, Cancellara, Leukemans, Flecha ed un sorprendente Voeckler. Tra gli italiani appare più in palla Pozzato, con Ballan che invece insegue, un po’ in affanno, le ruote dei migliori. E’ la volta di Boom che grazie ad un progressione fatta sul 12° muro di giornata, l’Eikenberg, riesce a portarsi prima su Boaason Hagen e poi su Chavanel. Il gruppo è segnalato a poco più di 20”. Per la Leopard di Cancellara diventa necessario evitare ulteriori scatti dal gruppo dei migliori ed è così che grazie al prezioso lavoro di Posthuma il gruppo viaggia veloce in fila indiana sul tratto di pavè che precede il Molenberg. Proprio su questo muro nel 2010 andò in scena l’azione con cui Cancellara si tolse di ruota Boonen. Il piano pare possa ripetersi visti i pochi secondi di distacco tra gli uomini di testa ma invece è proprio Chavanel a forzare e così scongiurare il ricongiungimento. Dietro tutti si guardano o meglio tutti guardano Cancellara e nessuno forza più tanto. Ed è così che il vantaggio del francese aumenta fin oltre il minuto. E’ nel successivo tratto in pavè ad Haaghoek a 43 Km dall’arrivo, dopo allungo di Hushovd, che accade ciò che non ti aspetti: Boonen in prima persona risponde allo scatto del campione del mondo scaricando sul pavè un misto di forza e rabbia, ripensando forse alle edizioni 2008 e 2009 in cui Devolder, suo compagno alla Quick Step, andò a vincere con un’azione simile a quella odierna. E’ la goccia che fa traboccare l’effimero vaso custode della strategia di casa Quick Step. Il belga si porta dietro Pozzato e Cancellara. Si avvicina il 14° muro di giornata, il Leberg. E’ qui che è giunta l’ora che tutti aspettavano: l’affondo deciso e risolutore di Cancellara. Avviene. E sembra come al solito quello decisivo, Boonen non ce la fa, Pozzato neanche. Il treno svizzero è partito e sui suoi vagoni non è riuscito a “salire” nessuno. Il destino di Chavanel, ai meno 40 Km da Ninove, appare segnato ed aggravato ancor di più dagli ultimi quattro muri da affrontare. Riprendere Chavanel è un attimo, lo svizzero ed il francese ai meno 30 dal traguardo viaggiano con circa 40 secondi di vantaggio su Van Avermaet, Boom, Boasson Hagen e Leukemans che intanto hanno raggiunto Pozzato e Boonen. Là davanti Chavanel non dà nessun cambio a Cancellara e nostante ciò il loro vantaggio assume proporzioni importanti, superiore ad un minuto. Tra il Valkenberg ed il Tenbosse dietro al duo di testa rientrano intanto Gilbert, vittima di una foratura prima del Leberg, Hushovd e ben sette BMC con Ballan ed Hincapie. Sono gli uomini in rosso a riuscire ad organizzare un valido inseguimento in vista del leggendario Kapelmuur portando così gli inseguitori a soli 10” di distacco da Cancellara e Chavanel. Rientrano in gioco molti big, l’azione di Cancellara e Chavanel sta per essere annullata dalla riscossa di Gilbert che scollina in terza posizione seguito da un ritrovato Ballan. Seguono Nuyens, Flecha e Boonen. Resta l’ultimo muro di giornata il Bosberg ai meno 13,5 da Ninove. Sui 400 metri del Bosberg è Gilbert a provare, ancora una volta, l’azione solitaria. Nessuno riesce ad accodarsi al vallone, Cancellara mostra per la prima volta segni di cedimento, Ballan è l’ultimo a mollare scollinando in seconda posto. Gilbert riesce, ai meno 12, a guadagnare fino a 12”. Pochi troppo pochi per andare tutto solo nella pianura che lo dividono dl traguardo. Decide quindi di rialzarsi e così, su di lui, si riportano Cancellara, ripresosi da un attimo di crisi, il nostro Ballan, Leukemans, l’instancabile Chavanel e la sorpresa del giorno Scheirlinckx. Poco dopo si accodano ai sei uomini di testa Boonen, Flecha, Langeveld, Nuyens, Geraint Thomas ed Hincapie. Le forze sono al lumicino, si susseguono brevi azioni individuali. Ci prova prima Ballan, ai meno 6, ma subito Langeveld ricuce il buco per provare poi egli stesso a sorprendere tutti quando ormai mancano soli 4 km alla fine di un’ancora incertissimo Fiandre. I dodici ciclisti rimasti si frazionano di qualche metro, disgregandosi ancor di più quando a concedere un altro scatto, ai meno 3,5, è il redivivo Cancellara. Solo Chavanel e Nuyens, indubbiamente il meno affaticato dei due, riescono ad incollarsi alla sua ruota. I tre guadagnano qual tanto che basta da giocarsi la vittoria finale nell’ultimo chilometro con il solo Boonen che cerca disperatamente di riacciuffare i tre con una volata infinita. Ma sarà quarto. Cancellara si alza sui pedali, vuole il bis, lo cerca a tutti i costi, anche Chavanel sui pedali verso lo striscione di una corsa che ti consacra, stesso sforzo per Nuyens. E proprio Il belga a trionfare. Bravo Nuyens a condurre una gara attenta e poco dispendiosa di energie nei confronti degli immediati battuti. A marzo per Nick la Dwars door Vlaanderen, considerata il piccolo Giro delle Fiandre, oggi la Regina delle corse belghe. I sogni spesso possono avverarsi.
Antonio Scarfone
BOONEN METTE LA CILIEGINA AD UNA GAND SPETTACOLARE
marzo 28, 2011 by Redazione
Filed under 2) GAND - WEVELGEM, News
E’ stata una ridda di emozione l’ultima edizione della classica belga. Il continuo avvicendarsi delle situazioni di gara l’ha resa particolarmente appassionante agli occhi dei tifosi belgi che, si sa, hanno il palato fine. E’ andata a finire che si è arrivati comunque allo sprint, classica conclusione della Gand – Wevelgem, ma con un gruppo selezionato e privo dei velocisti più attesi. Tranne Boonen che non ha avuto nessuna difficoltà a regolare i più prossimi avversari, il primo dei quali è stato il nostro Bennati.
Foto copertina: la volata finale, con Boonen in pieno agone (foto Bettini)
L’edizione 2011 della Gand Wevelgem ha lasciato negli occhi dell’appassionato di ciclismo una serie di immagini che caratterizzano questo sport e che lo rendono così bello. Durante la corsa – specialmente quando mancavano una sessantina di km alla fine – si sono infatti mescolati continuamente scenari che l’hanno resa attraente e incerta fino alla linea del traguardo. In Belgio la variabilità del tempo accompagna spesso le gare ciclistiche ma, invece, questa volta è stata l’incertezza della corsa che, al contrario, ha animato una giornata meteorologicamente stabile. Pur nutrendo la sua fama di ‘sprinter classic’, includendo nella starting list diversi nomi ‘veloci’, la Gand Wevelgem comprendeva ai nastri di partenza anche uomini d’attacco, confermando in questo modo come tale corsa avrebbe potuto mantenere un andamento variegato. La fuga di giornata, ad esempio, già includeva un attaccante nato come Thomas Voeckler, al quale si univano Schmitz, Zingle, Timmer e Van Vooren. Il francese sembrava il più pimpante, tant’è che solo sul secondo passaggio del Monteberg alzava bandiera bianca mentre alle sue spalle facevano capolino Van Avermaet e Nuyens dopo un tentativo di un terzetto composto da Flecha, Boonen e Gilbert, abortito quasi subito. La corsa si animava quindi sull’ultimo passaggio del Kemmelberg, quando Sagan si lanciava deciso in testa. Alle sue spalle si creava un terzetto composto dal compagno di squadra Bodnar, Stannard e Sylvain Chavanel, che raggiungevano lo slovacco in discesa. A 35 km dalla fine i quattro in testa iniziavano ad aumentare il vantaggio sul gruppo, tirato a turno da BMC, Saxo, Omega Pharma e HTC, mentre la Quick Step nicchiava in sordina vista la presenza di Chavanel nel gruppo di testa. Il vantaggio massimo veniva segnato ai 26 Km dal termine, quando i quattro in testa riuscivano ad avere 42” sul gruppo. Una situazione simile a quanto visto ad Harelbeke il giorno prima, ma questa volta il gruppo decideva di aumentare il ritmo nell’impetuoso tentativo di risalita. Lo stesso Philippe Gilbert si metteva a tirare in testa , mentre una caduta con conseguente rallentamento metteva fuori gioco due nomi caldi per la vittoria finale come Hushovd e Cavendish. Si arrivava così ai meno 2 Km dall’arrivo con l’estremo tentativo di allungo di Stannard, con il gruppo ormai ad una decina di secondi di ritardo. A questo punto era proprio la Quick Step a prendere in mano le redini della corsa, visto che ormai Chavanel era stato risucchiato indietro insieme a Sagan e Bodnar. Era l’arrivo di un gruppo ristretto, dopo che anche l’inglese della Sky veniva raggiunto e superato ai 300 metri dal traguardo. Lo sprint vedeva così lo spunto vincente di Tom Boonen, che grazie ad una tattica di squadra ideale riusciva a imporsi su Bennati – finalmente uno squillo importante in una classica del nord per l’aretino della Leopard – e su Farrar.
Antonio Scarfone
SANREMO, CONTINUA IL DIGIUNO
marzo 20, 2011 by Redazione
Filed under 1) MILANO - SANREMO, Approfondimenti
Una delle più avvincenti Milano-Sanremo degli ultimi anni si conclude con la bella volata di Matthew Goss, nelle vesti di vice Cavendish. Deludono gli italiani, ancora a secco nelle grandi classiche dalla Freccia Vallone 2009. Solo la straordinaria prestazione di Scarponi e la convincente azione di Nibali sul Poggio riescono a risparmiare una figuraccia al ciclismo di casa nostra.
Ecco le pagelle de ilciclismo.it sull’edizione 2011 della “classicissima”
Foto copertina: la Sanremo vista da un tunnel ferroviario quasi anticipa il “cannocchiale” del nostro Francesco Gandolfi sui protagonisti dell’edizione 2011 della classicissima (foto Bettini)
Matthew Goss. Molto abile nel saper cogliere l’occasione che la sorte gli ha riservato. Con il suo capitano Cavendish fuori dai giochi, a causa della caduta che ha coinvolto Freire lungo la discesa delle Manie, l’australiano, superato indenne il Poggio, riesce a sfruttare i ‘battibecchi’ nel finale di corsa fra le primedonne e a battere tutti grazie ad uno sprint regale. Possiamo immaginare che, da oggi, i rapporti con Cavendish non saranno più gli stessi perché Goss reclamerà maggiori libertà in corsa (come già accaduto l’anno scorso con Greipel). Voto : 10
Fabian Cancellara. Una condotta di gara quasi anonima quella dello svizzero. Accenna un allungo nel finale, cercando di ripetere l’exploit del 2008, ma questa volta i suoi compagni di fuga lo marcano molto da vicino, non lasciandogli scampo. Si conferma formidabile discesista, ricucendo insieme a Nibali lo strappo da Van Avermaet (voto 9) lungo la discesa del Poggio. Nella volata finale riesce ad ottenere un ragguardevole secondo posto davanti a corridori più veloci di lui, segno questo di una condizione di forma eccellente. Voto : 8
Philippe Gilbert. Tutti si aspettavano un suo scatto sul Poggio ma, evidentemente, le gambe lo hanno tradito. Sul Poggio è suo il primo tentativo di ricucire lo strappo con il quartetto che si era avvantaggiato prima dell’imbocco della salita senza però riuscirci. Sul finale di gara prova ad anticipare la volata ma viene prontamente stoppato da Pozzato. Voto 7
Vincenzo Nibali. Nonostante le caratteristiche del percorso non gli si addicano, tenta di aggiudicarsi la corsa negli unici punti dove può far valere le sue doti. Porta la sua firma l’unico vero scatto sul Poggio e, terminato quest’ultimo con un leggero margine di vantaggio sul gruppo, prova a fare la differenza anche in discesa, disegnando le curve come solo lui sa fare. Voto : 8
Michele Scarponi. Uscito dalla Tirreno-Adriatico in grande condizione, recupera più di un minuto al gruppo di testa con una strepitosa azione solitaria sulla Cipressa. Rientrato nel gruppo principale, non riesce, dopo lo sforzo profuso lungo la salita di Costarainera, a scattare nuovamente sul Poggio. Tenta ancora di anticipare la volata negli ultimi 500 m ma inutilmente. Voto : 9
Filippo Pozzato. Spreca l’occasione di far sua, per la seconda volta in carriera, la Classicissima interpretando la gara in maniera a dir poco anonima. Spreme la squadra per tantissimi chilometri per poi non provare nemmeno un timido allungo e, cosa forse ancor più grave, non tenta neppure di lanciarsi nello sprint finale. L’unica nota positiva è stata l’attenta marcatura svolta nel finale nei confronti del rivale Gilbert. Voto : 5
Petacchi, Boonen. Entrambi hanno la fortuna di trovarsi nel gruppo che è uscito indenne dalla discesa delle Manie. Anche se il ritmo su Cipressa e Poggio non è elevato, non riescono a tenere le ruote del gruppetto che si giocherà il successo.
Voto : 4
Freire, Hushovd. I due corridori più attesi vengono messi fuori gioco dalle Manie. Lo spagnolo cade lungo la discesa mentre il campione del mondo addirittura prima dell’imbocco della salita. Entrambi tentano, grazie al supporto delle rispettive squadre, di organizzare l’inseguimento al gruppo di testa. Il tentativo di ricucire lo strappo sembra poter avere esito positivo ma la salita della Cipressa toglie loro ogni speranza. N.C.
Francesco Gandolfi
GOCCE DI GLORIA PER GOSS: RICOMINCIAMO DALLA “A” DI AUSTRALIA
marzo 19, 2011 by Redazione
Filed under 1) MILANO - SANREMO, News
La prima vittoria per un corridore australiano in una Sanremo selettiva come poche negli ultimi anni. L’unico velocista a sopravvivere fino alla fine, in un ristrettissimo gruppetto di otto atleti tra i quali – non a caso e a suo merito – è di gran lunga il più veloce. Decisive le cadute attorno alle Manie.
Foto copertina: soddisfazione sanremese per Matthew Harley Goss (foto Bettini)
La Pompeiana può aspettare. La Sanremo così com’è si dimostra una gara ancora in grado di regalare emozioni per ore ed ore, già a cento chilometri dall’arrivo, come poche altre competizioni nel ciclismo moderno. Il tempo magico della Sanremo, con il suo precipitare a spirale verso unità di tempo sempre più frammentate e decisive, riesce ancora ad avvolgerci in un incantesimo unico.
Il caso, si dirà. Il caso la fa da padrone, scombina i piani meglio intessuti, riscrive una storia già scritta. Ma il caso è il ciclismo, uno sport che nella sua versione “su strada” è aria e asfalto e cambiamento senza fine: specialmente in una corsa verso l’infinito, dal cuore profondo della pianura che non sa che cosa sia il mare alla salsedine che impregna le colline.
Così anche oggi il caso si concreta etimologicamente in caduta, e proprio mentre la tradizionale fuga del primo mattino – il campione giapponese Miyazawa a ricambiare l’omaggio che il mondo del ciclismo offre oggi al popolo nipponico, Sjimens, De Marchi, poi bravo a tenere duro in gruppo, Ignatiev, nel seguito utile al servizio di Pozzato – si trova col fiato corto sulle Manie, dietro l’altrettanto leggendario nervosismo della Sanremo miete vittime. Ci si accalca per trovare la collocazione migliore in vista di questa asperità, che raramente emette verdetti senza appello, ma che ben più spesso scrive con inchiostro simpatico la propria sentenza sui muscoli di chi deve recuperare: un inchiostro che ricompare spietato a siglare “fine” solo più tardi, sul Poggio, o perfino all’ultimo chilometro. Finisce per terra Hushovd, e più o meno la sua Sanremo finisce qui. Rientrerà, ma a giochi fatti.
Sulle rampe della salita è la Liquigas che come da programma impone un ritmo infernale, ulteriormente stuzzicato dalle stilettate di Grivko, Pozzovivo, Txurruka che improvvisano un’evasione di breve durata. Ma la ruota della sorte ha in programma un altro giro quando dalle Manie si scende: una spruzzata di pioggia, appena accennata (la più pericolosa come è ormai ritornello televisivo d’ordinanza), e Freire finisce a terra, quindi nel medesimo luogo abbandona ogni speranza anche Allan Davis. Ogni errore, alla Sanremo, è fatale. Il debito d’ossigeno in salita e ancor più nel successivo falsopiano, la tensione, i rivoli d’acqua che rigano qui e là la strada. Semplicemente la sfortuna? Quel tornante destrorso è la svolta di questa Sanremo.
Sì, perché il destino è solo per metà in mano alla sorte, l’altra metà spetta al nostro coraggio: e la Katusha e la BMC ne hanno da vendere. I quarantaquattro uomini rimasti a combattere in prima linea non si mettono “in fila per tre”, ma in fila per uno e sul filo dei sessanta all’ora. Pozzato e Ballan, scortato dall’ottimo Van Avermaet, capiscono che l’attimo è giunto, ed è questo. C’è la Liquigas, che esibisce ottimamente Nibali e Sagan. Anche l’Omega Pharma Lotto di Gilbert dopo qualche esitazione si mette all’opera: e l’esitazione è paradossalmente dettata dalla presenza di un Greipel, pedina potenzialmente vincente, ma anche colosso dai piedi d’argilla se la corsa si fa dura, come inevitabilmente deve essere se non si vuole consentire il ritorno della massa che insegue. Un pur piccolo aiuto viene offerto – anche col buon Malacarne – pure dalla Quickstep di Boonen: il belga non sta bene, e si vede, ma è un campione che non sa e non vuole opporre mai alcun diniego alla responsabilità. Sornione invece il team Leopard, che pure schiera entrambi i capitani Cancellara e Bennati accanto a due pezzi da novanta come Gerdemann e O’Grady.
Non mancano altri nomi di rilievo, come Boasson Hagen e Goss, tuttavia praticamente isolati, le due ruote veloci della Movistar, Rojas e Ventoso; e ancora Haussler che fa tantissima paura ma si scioglierà come neve al sole, forse avendo curato troppo, nella propria preparazione, proprio lo spunto veloce.
Per l’Italia, oltre ai già citati assi da gare in linea, è d’obbligo segnalare Petacchi e Modolo, meritevoli anche solo di esserci, l’uno per la salute traballante, l’altro per la comunque giovanissima età.
I nomi che invece mancano eccome sono nomi pesanti, pesantissimi: ad esempio Cavendish con Renshaw e Farrar, oltre ai già citati portatori dell’iride (attuale e triplice) franati al suolo.
Dietro ci si mette un po’ ad organizzarsi, anche perché prima di partire in quarta bisogna accertarsi di non stroncare gli stessi atleti che si vorrebbe riportare in prima fila. Cosicché davanti il vantaggio lievita fino a sorpassare abbondantemente i due minuti. L’inseguimento però prende piede, e viene condotto con grinta dalla Rabobank prima e più di tutti – anche se Freire sa che in questa gara non ci sono seconde opportunità –, poi anche dall’Androni per Ferrari, dalla Farnese per Gatto e Visconti (un Visconti che scalpita, ma qui non è mai arrivato nei primi trenta, e quest’anno non migliore le cose), a tratti dalla Garmin, parecchio invece dalla Saxo probabilmente per Haedo. Tira parecchio anche la Lampre, alla faccia di Petacchi: o meglio, perché Petacchi, come diremo, sente di stare soffrendo.
Progressivamente in effetti il distacco cala e cala e cala, ma là dietro si nota una certa inerzia da parte dell’HTC, evidentemente non così ansiosa di riportarsi sotto. Qualcuno in ammiraglia si deve essere accorto che l’uomo con il migliore assetto per una gara così impostata è già in prima linea, si chiama Goss, e nessuno potrà mai rimproverargli di non tirare un metro e anzi stare ben coperto e tranquillo nella pancia della strana, corposa fuga.
Anche perché, e questa è una chiave tattica cruciale della gara odierna, con ritmi così elevati, dettati da una dinamica di fuga/gruppo in cui sia la preda sia il cacciatore sono forti di moltissimi uomini, ed in cui entrambe le parti sono decise a dare l’anima per raggiungere l’obiettivo, ebbene in circostanze simili anche i Capi diventano bestie minute ma velenosissime, che mordono i polpacci e inoculano tossine. Per cui anche a riportare sotto i vari Cavendish & C. il rischio sarebbe stato quello di una sonora delusione.
La riprova è anche nella prima trincea, dove Petacchi, Boonen, Bennati, Boasson Hagen e Greipel sono accomunati non solo da una salute malcerta, ma anche dal fatto di vedere il contagiri del loro motore schizzare alla stelle a ripetizione già prima della Cipressa.
Alla Cipressa il distacco è suppergiù intorno al minuto. La gara è decisa. La frattura è incolmabile. La fuga da adesso si chiama “gruppo” e incomincia a giostrare per il trionfo, con gli allunghi di Ballan e Popovych ad esempio.
La frattura è incolmabile tranne che per un corridore.
Michele Scarponi, che deve amare molto questa precisa salita, si produce in una progressione sconvolgente, chiarendo così le intenzioni tattiche della propria formazione. Tutto questo non ha molto senso, sapendo che comunque non esiste uno scenario in cui Scarponi potrà poi vincere. Non ha senso, ma resterà nella storia della Sanremo per straordinarietà. Come abbiamo avuto modo di scrivere appena ieri a proposito di Cunego, in questa gara si può lasciare i tifosi straniti, a bocca aperta, anche finendo sesti.
Visconti prova a resistere, ma finisce per scollarsi di ruota. Quello di Scarponi non è uno scatto, ma un’accelerazione infinita. Duque, disperso dal gruppo di testa, riesce ad esempio ad accordarsi, ma per pochi istanti. In solitaria, Scarponi sale a soli quindici secondi dal record assoluto della salita, e divora 45” agli uomini di testa.
Non è finita, perché il marchigiano si è tenuto qualcosa per non mollare in discesa e sul piano.
Metà dell’esito dipende dal coraggio da leone e dall’astuzia da volpe dell’uomo, l’altra metà è nelle mani della sorte.
La sorte aiuta Scarponi. Il gruppo – ormai è ufficiale che tale sia la quarantina scarsa di sopravvissuti – si studia, rallenta. Così entra Scarponi, mentre davanti scappa qualcun altro. Se ne vanno in quattro, sulla scia di una bella azione concertata di marca FdJ, con Chainel che allunga per favorire l’evasione di Offredo che salta sulla ruota degli accorrenti O’Grady e Van Avermaet. Bei nomi, e dietro si lascia fare. Non c’è più paura di rientri alle spalle, ma la corsa di rischia di scappare sul lato opposto, perché il distacco in poco tempo oltrepassa i 30”, una bella dote da gestire sul Poggio. Gilbert sacrifica Greipel, onorevolissimo gregario d’eccezione che “salva” la gara con una trenata paurosa fino all’imbocco del Poggio: senza questa mossa oggi avrebbe vinto uno di quei quattro.
Quel che è peggio per gli inseguitori è la struttura tattica assunta dalla gara: Ballan e Cancellara hanno un uomo davanti, quindi non solo non si muoveranno per primi, ma oltretutto costituiscono una pesante minaccia per chi volesse condurre un recupero, condannato a trovarsi quei due come zavorra – e che zavorra – pronti a rilanciare e salutare appena l’avversario contrattaccante cedesse appena. Ma non solo: Scarponi e Nibali hanno un “velocista” da salvaguardare, ma né Petacchi né Sagan stanno bene, non paiono in grado di poter reggere accelerazioni veementi. Stessa cosa per i compagni di Boonen, che non han motivo di stroncare il proprio capitano. Pozzato ha esaurito i suoi uomini prima, Gilbert ha giocato con Greipel l’estrema cartuccia.
Offredo e Greg Van Avermaet sono assai in palla, il secondo in particolare se ne va alla grande, rilancia come un assatanato. Proprio lui, la ruota veloce, fa una mossa “alla Ballan”, lascia lì il resto del quartetto. E col passare dei minuti tutto lascia credere che potrà andare a vincere in solitaria.
Il giro di vite, l’ennesimo rivolgimento della sorte, viene innescato però da Nibali. Il siciliano scatena un crescendo strepitoso, il gruppo esplode. Gilbert prova a reagire ma non ce la fa. O meglio, ha innestato un “limitatore di velocità” perché non può evitare di pensare alla volata. Nibali invece ha in mente che per farcela deve fare tutto da solo, qui e in discesa. I fuggitivi sono divorati uno dopo l’altro, Van Avermaet scollina con meno di 10”.
Dietro però si è svegliata la Movistar, che solo ora, inspiegabilmente, ha attivato Lastras per consentire il rientro delle proprie “mezze punte” Ventoso e Rojas: destinati poi a piazzarsi “primo” e “quarto”, con in mezzo Petacchi e Bennati, in quella che sarà la volata di gruppo (quindici atleti!); peccato che ci sia una “decina” di troppo a retrocederli nell’ordine d’arrivo, si lotta per le posizioni dalla undici in giù.
In discesa e in pianura è un susseguirsi di accelerazioni. Su Nibali si riportano altri sei atleti, sancendo chi siano oggi i Magnifici Sette con gambe da vendere – a cui aggiungere i tre fuggitivi del dopo Cipressa, Offredo, O’Grady e Van Avermaet per avere la top ten –.
Dicevamo, si riportano sul povero Greg: Goss, Cancellara, Gilbert, Ballan, Pozzato, Scarponi, Nibali. Questo è anche l’ordine con cui taglieranno il traguardo, anche se non sarà un ordine scontato. Nessuno di loro è disposto a rinunciare a una briciola delle proprie speranze di vittoria. Ci provano tutti, ma nessuno è disposto a lasciare spazio ai tentativi altrui. Goss stoppa Cancellara. Pozzato stoppa Gilbert. Perfino Scarponi e Nibali provano a inventarsi, con ben poche chance, finisseur. Gli ultimi due km sono fuochi d’artificio continui.
Poi l’arrivo, col vincitore più “scontato”.
Un velocista, “come sempre alla Sanremo”.
Ma se dobbiamo misurare questo velocista, il meno titolato finora di quel lotto, dal gruppetto che ha regolato, un brivido ci percorre la schiena.
Due dei migliori attuali interpreti italiani per le gare in linea, tra cui un campione del mondo. Due dei migliori attuali interpreti di corse a tappe, che illuminano di classe la meno “adatta” delle gare in linea. I due attuali capifila delle gare in linea “dure”, rispettivamente delle pietre e delle côte: probabilmente due atleti che già fin da oggi hanno prenotato un biglietto per accomodarsi a fine carriera tra i grandi di tutti i tempi.
Il resto del mondo è dietro.
Tra loro, davanti a loro, un velocista.
Perché la Sanremo alla fine la vince sempre un velocista… ma quando la vince così, dobbiamo ammettere che non ci dispiace proprio per niente.
Gabriele Bugada.