GREENEDGE, L’INVINCIBILE ARMATA SBANCA ANCHE SANREMO
marzo 18, 2012 by Redazione
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La caratteristica peculiare della corsa è, lo si sa, l’imprevedibilità e anche quest’anno abbiamo assistito ad una gara incertissima, piena di colpi di scena e ad alto tasso di spettacolarità. A vincere, per il secondo anno di fila, è un ciclista australiano che ha scelto la Parigi-Nizza come corsa di preparazione alla Classicissima, Gerrans, capace di battere nell’ordine un superlativo Fabian Cancellara e il nostro Vincenzo Nibali, recente vincitore della Tirreno-Adriatico.
Foto copertina: il podio della Milano – Sanremo 2012 (foto RCS Sport)
Simon Gerrans: chi sostiene che abbia vinto un carneade o che l’australiano abbia rubato la vittoria a Cancellara, afferma due stupidaggini e ora cercherò di spiegare il perché.
Punto primo: Gerrans è uno dei pochi corridori ad essersi aggiudicato almeno una tappa in tutti e tre i Grandi Giri, tra cui spiccano quella magnifica al Tour de France sulle Alpi, a Prato Nevoso, e quella ottenuta al Giro D’Italia sulle durissime rampe del San Luca, a Bologna; non è un campione tra i più blasonati ma è comunque un ciclista che è stato capace di ottenere un piazzamento nei primi dieci in tutte e tre le classiche delle Ardenne; quest’anno solo un pimpante Valverde si è dimostrato più veloce di lui su arrivi posti in cima a strappetti.
Punto secondo: l’australiano è stato il primo a rispondere all’allungo di Nibali sul Poggio ed è stato anche in grado di ricucire un buco creato da una trenata di Cancellara (non proprio una passeggiata!). La volata finale, vinta sull’elvetico con un esiguo margine di vantaggio, dimostra chiaramente che, se avesse dato anche un solo cambio allo scatenato corridore svizzero, avrebbe perso lo sprint finale perché si sarebbe trovato senza più energie. Quindi, bravo a Gerrans che ha saputo sfruttare al meglio le sue caratteristiche e ha letto con la giusta freddezza la particolare situazione creatasi in corsa. D’altronde, chi grida allo scandalo, alla vittoria “mutilata”, come giudicherebbe, per esempio, i trionfi di Freire? Voto: 9
Fabian Cancellara: lo stesso corridore del 2008 non avrebbe avuto difficoltà a staccare i suoi avversari. Nonostante le splendide vittorie all’Eroica e nella crono alla Tirreno-Adriatico, infatti, non mi sembra esplosivo e potente come quattro anni fa. In ogni caso si rende protagonista di una gara meravigliosa in cui ha dimostrato forza, coraggio e determinazione. In discesa è riuscito addirittura a mettere in difficoltà Nibali lungo un paio di curve e, benché non abbia ricevuto nemmeno un cambio, ha proseguito ostinato fino al traguardo e si è lanciato in una volata furiosa che, tuttavia, lo ha visto perdente seppur di poco. Anche se oggi non ha raggiunto il risultato pieno, il Treno di Berna ha ricordato a molti appassionati perché il ciclismo è lo sport più bello del mondo. Voto: 10
Vincenzo Nibali: vedere un corridore da corse a tappe lottare per la vittoria in una grande Classica, peraltro non adattissima ai suoi mezzi, fa sempre un gran piacere. In effetti, Nibali è stato il primo a menare le danze sul Poggio ma poi, nonostante sia sempre stato a ruota (nel ruolo di stopper per Sagan), non è riuscito a fare una volata come si deve. Voto: 7
Peter Sagan: giovanissimo, 22 anni, alla seconda partecipazione alla Sanremo conquista un ottimo quarto posto. L’impressione è che gli siano state tarpate le ali sul Poggio che, cioè, abbia dovuto rispettare degli ordini di scuderia impartitigli dal più vecchio e autoritario compagno di squadra, Nibali. Avrà certamente l’occasione di rifarsi. Voto: 7
Filippo Pozzato: rispetto alle ultime stagioni ci troviamo di fronte ad un corridore diverso. Molto più motivato e voglioso di vincere, nonostante abbia gareggiato con una clavicola operata da poco più di un mese è stato capace di rimanere col gruppo dei migliori, e di concludere al sesto posto, al termine di una Sanremo combattuta e “tirata”. Mi aspetto che ci regali una vittoria tra Fiandre e Roubaix. Voto: 7
Oscar Freire: ha corso nella solita maniera, sempre nella pancia del gruppo, al riparo dal vento ed attento a non sprecare la minima energia. Era alla ricerca del poker e, se non fosse stata per la generosità di Cancellara, non ci sarebbe andato molto lontano perché, quando al traguardo mancavano solo 500-600 m era già a ruota di Sagan, pronto a beffarlo. Si deve accontentare del settimo posto in quella che, con ogni probabilità, resterà la sua ultima partecipazione alla Classicissima. Voto: 5
Tom Boonen: ha fatto tirare la squadra per buona parte degli ultimi 80 km ma poi, proprio sul più bello, è venuto a mancare. Sul Poggio è apparso in sofferenza, secondo me perché, come ho già avuto modo di dire, corre troppo al vento e, in una gara di 300 km, è fondamentale sapersi muovere nel gruppo, saper limare per non ritrovarsi con le gambe vuote. Gli anni passano, sono già 32 per Boonen, e questa grande Classica sembra stregata per il fuoriclasse belga che addirittura non riesce a piazzarsi nelle prime dieci posizioni. Peccato. Voto: 4
Mark Cavendish: vedere il Campione del Mondo, dato in grande spolvero e favorito della corsa, salire sulle Manie ad un’andatura cicloturistica, è alquanto penoso. Scopriremo nei prossimi giorni quale problema gli ha impedito di essere competitivo. Voto: 2
Philippe Gilbert: la caduta patita al termine della salita della Cipressa è stata causata dalla sfortuna o da una disattenzione dovuta a stanchezza fisica? Quest’anno, infatti, il dominatore assoluto delle Classiche della scorsa stagione è in forte ritardo di condizione, non si sa se per scelta o meno. Resta il fatto che Gilbert ha interpretato questa Sanremo nettamente al di sotto delle sue potenzialità. Dato, però, che l’incidente lo ha messo fuori gioco prima del Poggio, dove non so cosa avrebbe potuto combinare, non mi sento di esprimere un giudizio sull’atleta. Il Giro delle Fiandre che si correrà fra 15 giorni servirà a dare una risposta alla domanda iniziale. Voto: S.V.
Alessandro Ballan: quest’anno, che corre per un team (la BMC) in cui sono presenti pochi soldati e troppi caporali, deve saper sfruttare al massimo ogni occasione per poter giocare le sue carte. Alla Sanremo, per esempio, dove non era presente Thor Hushovd e che ha visto la partecipazione di un Gilbert non al cento percento, doveva rappresentare, per l’atleta veneto, un’opportunità assolutamente da non sprecare. Invece, sebbene abbia messo alla frusta la squadra, sul Poggio è stato inesistente. E pensare che alla vigilia della corsa aveva dichiarato di sentirsi in piena forma e che proprio quella salita lo ha esaltato parecchie volte gli anni passati. Voto: 4
E. Boasson Hagen: assolutamente insufficiente la gara del norvegese che avrebbe dovuto sfruttare la defaillance del capitano designato per la corsa, Cavendish. Totalmente deficitaria anche la strategia adottata dal Team SKY (voto: 3) che, invece di sacrificare fior di gregari nel vano tentativo di far rientrare un Cavendish evidentemente fuori condizione, avrebbe dovuto preservare gli uomini per supportare al meglio il valente Boasson. Voto: 2
Matthew Goss: il vincitore uscente si rende protagonista di una gara opaca, in cui già dal Poggio è apparso in evidente difficoltà. Per fortuna, Gerrans, suo compagno di squadra, è riuscito a compensare con un bellissimo successo la giornata no del suo capitano. Voto: 4
Francesco Gandolfi
TUTTO COME UN ANNO FA: CANCELLARA DOMINA, L’AUSTRALIA VINCE
marzo 17, 2012 by Redazione
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Il fuoriclasse elvetico risponde all’attacco di Nibali, ottimo terzo al traguardo, e Gerrans sul Poggio e tira praticamente da solo negli ultimi 6 km per poi venire beffato in volata dal 31enne di Melbourne, secondo canguro ad aggiudicarsi la Sanremo dopo il suo attuale compagno di squadra Goss nel 2011. A Sagan la volata dei battuti, subito fuori gioco Cavendish.
Foto copertina: il successo di Gerrans alla Milano – Sanremo (foto Bettini)
I 106 anni di storia e il percorso sulla carta non impegnativo ma proprio per questo di difficile interpretazione hanno fatto della Milano-Sanremo una corsa dal fascino misterioso con atleti veloci in volata come il campione del mondo Cavendish (Sky), Farrar (Garmin), Freire (Rabobank), Petacchi (Lampre), Greipel (Lotto-Belisol), Boonen (Omega-QuickStep) e il vincitore dell’edizione 2011 Goss (GreenEdge), altri in grado di fare la differenza con un’azione da finisseur come Gilbert (Bmc), Pozzato (Farnese) e Nibali (Liquigas) e altri ancora in grado di fare entrambe le cose come Cancellara (Radioshack), Boasson Hagen (Sky) e Sagan (Liquigas) senza contare gli innumerevoli altri nomi più o meno illustri candidati a un posto al sole in una corsa apertissima come poche altre.
Alla vigilia si temeva per le condizioni meteo e invece la gara si è disputata con un clima primaverile e solo un leggero vento contrario una volta approdati in Liguria con Cheng Ji (Project 1T4I), Suarez (Colombia-Coldeportes), Gruzdev (Astana), Pagani (CSF), Laengen (Team Type 1), Oroz (Euskaltel), De Negri (Farnese), Morkov (Saxo Bank) e Berdos (UtensilNord) che hanno vissuto la loro giornata di gloria andando in fuga dopo pochi km e guadagnando fino a 13′ sul plotone ridottisi a poco più di 4 sotto la spinta principalmente di Sky e Farnese all’imbocco della salita delle Manie, primo punto chiave del percorso posto al km 204 di gara. Sull’ascesa introdotta nel 2008 che aveva prodotto grandissima selezione un anno fa gli uomini della Liquigas si sono portati al comando con un’andatura in realtà non molto sostenuta ma sufficiente per mettere in difficoltà una cinquantina di atleti tra cui Farrar e soprattutto Cavendish, che in ogni caso era apparso poco brillante già alla Tirreno-Adriatico malgrado il successo di tappa in quel di Donoratico. a questo punto il ritmo si è improvvisamente alzato nei km successivi con Bmc, Katusha, Farnese e Omega-QuickStep a tirare a tutta per impedire il rientro del britannico sia dietro con gli uomini della Sky a supportare il loro leader che non è però più riuscito a rientrare: queste accelerazioni si sono fatte sentire nelle gambe dei corridori nel finale della corsa e ancor prima in quelle di Petacchi, indebolito da un’infezione intestinale che ne aveva messo in forse la partecipazione alla Sanremo, che ha alzato bandiera bianca sul Capo Berta.
Una volta ripresi i fuggitivi iniziali e tagliato fuori definitivamente Cavendish è seguita una lunga fase di attendismo proseguita sulla Cipressa affrontata a ritmo relativamente blando con ancora la Liquigas in testa e i soli Hoogerland (Vacansoleil) e Vila (Utensilnord) a tentare di andarsene venendo però immediatamente riassorbiti e si sarebbe arrivati senza colpo ferire all’imbocco Poggio se non fosse per la caduta che ha coinvolto direttamente Gilbert, che sembrava finalmente in buona giornata dopo un avvio di stagione in cui è stato la brutta copia dell’atleta dominante nel 2011, e indirettamente Di Luca (Acqua&Sapone) che è rimasto intruppato in un gruppo di una trentina di unità dicendo addio a ogni speranza di ben figurare.
Sulle prime rampe è stato ancora la Liquigas con Agnoli, successivamente raggiunto e superato da Madrazo (Movistar) a smuovere le acque in vista di un attacco di Nibali che puntualmente è avvenuto a 1 km dallo scollinamento: il recente vincitore della Tirreno-Adriatico si è alzato sui pedali con grande potenza e solo il campione australiano Gerrans (GreenEdge) è riuscito a prenderne immediatamente la ruota mentre Cancellara rimasto inizialmente sorpreso ha operato una progressione impressionante lasciando sul posto tutti gli altri, riportandosi sui primi due in cima al Poggio e prendendo il comando. Con il diretto di Berna a disegnare le curve in discesa e a mulinare i lunghi rapporti, senza ricevere nessun cambio dai compagni d’avventura se non uno brevissimo da Gerrans mentre Nibali si è mantenuto a ruota sperando nel rientro di Sagan, nei 3 km che separavano la fine della stessa dal traguardo di via Roma è apparso subito chiaro che i tre atleti di testa si sarebbero giocati il successo malgrado il grande impegno degli uomini della Katusha nel gruppetto degli inseguitori. Cancellara ha semplicemente tirato dritto fino agli ultimi 200 metri incurante dei due uomini che aveva a ruota ma nulla ha potuto allo sprint di fronte alla maggiore freschezza di Gerrans che ha portato a casa un successo insperato dopo la caduta che ne aveva condizionato il rendimento alla Parigi-Nizza e oltre a essere il secondo australiano di fila a vincere la Sanremo dopo il successo del suo attuale compagno di squadra Goss, che dal canto suo non è mai stato in corsa, può essere considerato il primo corridore con caratteristiche non da sprinter nè da passista veloce ad aggiudicarsi la Classicissima dopo Tchmil nel 1999, chiaro segnale di una corsa che alla lunga si è rivelata più impegnativa del previsto. Nibali non ha avuto chances e ha dovuto accontentarsi del terzo posto davanti a Sagan che ha regolato Degenkolb (Project1T4I), un ritrovato Pozzato, ultimo azzurro a imporsi nella Sanremo nel 2006, e Freire nella volata per il 4° posto, cui non hanno partecipato Van Avermaet (Bmc) e Boonen volati in terra senza conseguenze nell’ultima curva: con il senno del poi viene da pensare che se Nibali non fosse scattato sul Poggio e fosse rimasto al fianco di Sagan probabilmente lo slovacco avrebbe avuto maggiori chances. I corridori saranno ora attesi dalle sfide della campagna del Nord con la Gand-Wevelgem, il Giro delle Fiandre e la Parigi-Roubaix in rapida successione dal 25 marzo all’8 aprile.
Marco Salonna
UN VALLONE PER DOMARLI: GILBERT, IL SIGNORE DELLE CLASSICHE
aprile 24, 2011 by Redazione
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Tripletta, anzi poker. Gilbert affianca il solo Rebellin nell’impresa straordinaria di conquistare in uno stesso anno l’intero trittico delle Ardenne, ma suggella la propria unicità quadrando il cerchio con l’ulteriore vittoria al Brabante, non a caso l’ibrido di transizione tra le pietre e le côtes. Ancora una volta schiacciati senza appello i vari e più eminenti specialisti di ciascuna delle corse in questione.
Foto copertina: Gilbert, il signore delle Ardenne, si gode il trionfo sul trono di Ans (foto Bettini)
Una progressione lineare verso la gloria. Una linea retta fissa sul numero uno. Un cerchio che si chiude. Un rettangolo aureo, quadrilatero di eccelsa armonia. Solo la geometria ci può regalare le metafore per raccontare la perfezione del cammino di Gilbert attraverso il suo regno, dal Brabante al cuore del Vallonia, al cuore del proprio cuore: alla Liegi.
Al Brabante era stato sottomesso Freire, plurititolato campione di una gara che si concede a chi sa adattarsi, a chi non si limita ad eccellere nei rigidi confini di una specialità pura. Lì Gilbert aveva rimarcato il passaggio da un Fiandre già di per sé brillante alle classiche a lui più congeniali. Poi l’Amstel, gara sfuggente come poche altre, insidiosa, nervosa, dominata proprio con la gestione strategica e con il sangue freddo. Quindi la Freccia Vallone, con il muro di Huy divelto di sotto i pedali al favoritissimo e quanto mai specialista di strappi in doppia cifra Joaquin Rodriguez, stracciato sul proprio terreno. E ora la Liegi, la classica più amica dei corridori da GT, corsa tattica, anzi strategica come poche altre: ghermita pur essendone il favoritissimo, di contro alle lamentele e alle scuse che aveva invece avanzato in tal senso l’altro Cannibale delle corse in linea, Cancellara; artigliata proprio sottraendola alla morsa del duo Schleck, i fratellissimi, compagni dello svizzero in una Leopard se vogliamo superiore all’Omega come squadra, e ciò nondimeno incapace di andare oltre a un altro podio pure “da collezione” (e in effetti la Leopard sta facendo proprio collezione di podi).
Una gara ridotta alla linearità più assoluta dalla legge del più forte, applicata ancora una volta in modo matematico da un corridore che, nato generoso e dissipatore, è diventato magnanimo e ponderato: magnanimo però nella condotta di gara (mai un cambio negato, mai un sotterfugio, mai un bluff), non nel dispensare regali, perché Gilbert è un asso che quest’anno ha pigliato tutto.
Come in un sistema di equazioni le sterminate variabili della corsa sono state ridotte implacabilmente, fino al risultato voluto; fino a individuare la singola variabile del talento puro, tradottasi immediatamente in una costante: Philippe Gilbert.
Sembrava complessa la corsa, se non complicata: sull’innocua fuga del mattino si era innestato un contrattacco più minaccioso, a una cinquantina dall’arrivo davanti si contavano più di una dozzina di atleti; c’erano figure di spessore come Van Avermaet, e uomini che allo spessore aggiungevano una possibile funzione tattica, come Gasparotto per l’Astana di Vinokourov. C’erano pure delle belle coppie di medesimo team, un fattore assai favorevole per la riuscita delle evasioni: il belga della BMC era spalleggiato da Frank, Cataldo faceva da gregario a un buon Pineau, Garate e Ten Dam si proponevano come supporto di qualità e quantità per la Rabobank di un Gesink ancora una volta carente. Segnaliamo per la cronaca la coraggiosa presenza del giovane Damiano Caruso della Liquigas.
Il vantaggio oscilla tra il minuto e i due minuti, gli uomini dell’Omega vanno esaurendosi. Dietro comincia a subentrare la Leopard, perché Gilbert è già pressoché isolato dopo aver spremuto Van den Broeck ed aver conservato solo un già stanco Vanendert. La Katusha che pure aveva in precedenza dato qualche bella frustata con Di Luca per alzare il ritmo e fare corsa dura ha pur sempre davanti Vorganov, la Liquigas appunto Caruso. Solo le due formazioni dei principali favoriti hanno tenuto tutto il proprio potenziale attorno ai leader, e ora lo devono spremere.
Sulla Redoute Fuglsang scandisce dietro, ma davanti uno scatenato Gasparotto si fa tutta la salita in testa, e frammenta i fuggitivi: così facendo però il vantaggio cala molto relativamente, una ventina di secondi appena, rimanendo poco sotto al minuto. Chi si giova di più di questo contesto è molto giustamente Vinokourov, l’unico ad aver orchestrato un piano collettivo di qualche rilievo, ancora circondato da pretoriani solidissimi, potenziali corridori da primi posti si direbbe quasi, come Kreuziger, Iglinsky, Di Gregorio. Monfort partorisce il massimo sforzo nell’avvicinamento alla Rocca dei Falchi, riducendo il gap sulla testa della corsa, che le prime pendenze dell’impervio strappo han ridotto ai soli Gasparotto e Van Avermaet. La variabile fuga è quasi azzerata.
Sulla Rocca, i due eventi fatali: Andy allunga, si slancia in micidiale progressione. Gli resistono unicamente il fratellone e Gilbert.
Dietro, Vinokourov rompe la bici, la cambia con Iglinsky ma è tardi! Vino non potrà più recuperare, e così decade anche la possibilità di avere un’armata Astana al gran completo per mantenere a tiro ed eventualmente riassorbire i falchi fuggiti dalla gabbia. Nell’Astana regna il caos, Gasparotto – faticando assai a tenere il passo dei primi cui pure si era agganciato con Van Avermaet – molla la presa nel terribile falsopiano che corona la Rocca, e preferisce tenersi per aiutare chi dei compagni è in rimonta (cosa che farà, a sigillo di una gara comunque encomiabile). La confusione sotto il cielo è grande, c’è Anton, sì, c’è Kolobnev, ci sono Kreuziger e Nibali, si intravedono Cunego e Samuel Sanchez, c’è anche qualcuno che tira come appunto Gasparotto o Dani Moreno.
La grande confusione però rende la situazione eccellente per i guastatori sublimi, per i sovrumani, quei tre che volano via di comunissimo accordo al di sopra del cielo tempestoso dei “corridori normali”; con l’aggiunta di Van Avermaet a ruota fisso, e in ciò bravissimo, ma, lo possiamo già anticipare, fatalmente staccato alle prime asperità del Sant Nicolas. Il destino ci ha messo del suo, perché con Vinokourov a rullare il tempo alla sua armata interamente dispiegata, la musica avrebbe potuto cambiare (visto anche che dopotutto il distacco ha rasentato il minuto, ma più spesso i venti-trenta secondi): ma al destino si è aggiunto il gesto discriminante, lo scatto, la selezione.
La gara è finita.
I chilometri passano nell’attesa che i due fratelli comincino una sequenza di fucilate alternate, ma l’attesa resta inesaudita. Il giovane Schleck, con l’arroganza che pare caratterizzare tutta la sua formazione, diceva che avrebbe firmato per trovarsi in trio con Gilbert e il fratello alla “salita degli italiani”. Che lì sì, che lì allora, che così certo.
Invece niente. Un timido allungo di Andy che non fa male a nessuno, poi invece una progressione violenta ma controllata, diremmo quasi contenuta, da parte di Philippe, conclusa in scatto appena pennellato: abbastanza per ammansire i due avversari, tra i quali il più in palla pare comunque Frank. Tra il talento non scortato dalla dedizione e dal carattere, e la combinazione inversa, sembra prevalere quest’ultima. Andy è insipido, moscio, si stacca poco prima dello scollinamento. Frank lo attende, Gilbert lascia fare, Andy rientra. Proverà a tirare la volata del comunque più veloce, o meno lento, Frank.
La gara è finita.
La gara è finita da un pezzo, principalmente nell’incapacità della coppia Leopard di infrangere il corso di pensiero dominante imposto da Gilbert. Il più forte ha vinto perché aveva le gambe più forti, sicuramente, ma ai nostri occhi soprattutto perché più forte era il suo animo, il suo carattere, la sua deliberazione, il suo carisma.
Gilbert ha sempre collaborato, sempre. Attentissimo, puntuale, presente. Un vero padrone. Ma non ha mai tentennato di fronte alla possibilità di prolungare senza risparmio l’impari sfida (impari a suo svantaggio in termini strategico-matematici, ma che si scoprirà impari in ben altro direzione nella verità della strada!).
Invece per gli altri due le infinite possibilità tattiche che si sciorinavano lungo gli ultimi venti (venti!) chilometri di Liegi si sono assottigliate, esaurite, impoverite. Fino all’epilogo, quasi patetico: Gilbert che decide come e quando e dove lanciare la propria inarrestabile volata, Andy che malamente cerca di lanciare Frank, e il Vallone che vince per distacco, che si rialza ai meno 100 per esultare, che si volta, che sorride, mentre i fratellini si allargano uno di qua e uno di là, in parata, come damigelle d’onore, per scortare la scia già evaporata del trionfatore.
Resta da dire degli uomini, lì dietro, dei bei promettenti nomi di Kreuziger, Uran e Nibali (4.o, 5.o, 8.o), dell’orgoglio magnifico di Van Avermaet (7.o), del mestiere di Kolobnev e Samuel Sanchez, a cavallo dei dieci. Ma è già “parlare d’altro”, perché la Liegi… “ha già detto tutto”.
Un Vallone per domarli tutti, e ultimi i “re degli elfi” lussemburghesi; un Vallone per ghermirle tutte, le Grandi Classiche che dopo lunga secessione paiono pronte a riunificarsi in un solo impero (che la soluzione alla crisi di governo belga possa essere fare primo ministro
Philippe?).
Gabriele Bugada
GILBERT, UNA PRIMAVERA DAVVERO HUY!
aprile 20, 2011 by Redazione
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E’ davvero una primavera d’oro per l’asso belga, che sta sbaragliando la concorrenza nelle classiche del nord . Prima la Freccia del Brabante, domenica scorsa l’Amstel e oggi un’altro successo in casa, un’altra freccia, quella più prestigiosa, tracciata sulle strade della Vallonia. Le stesse che, il giorno di Pasqua, vedranno Gilbert contro tutti alla Liegi, corsa che il campione dell’Omega Pharma Lotto finora non ha mai vinto.
Foto copertina: Gilbert si trangugia anche il Muro di Huy (www.ispaphoto.com)
E due. Sempre lui, sempre Gilbert. Dopo la bellissima e perfetta vittoria all’Amstel di domenica, Philippe va a trionfare sul Muro di Huy andando così ad arricchire il personale palmarès. Questa volta il belga sembra nascondersi nella pancia del gruppo, mentre l’Omega Pharma Lotto non si vede mai in testa a tirare, nonostante ci sia una fuga che arriva a guadagnare 17 minuti. “Che pensi alla Doyenne?” viene da chiedersi. Ogni dubbio viene fugato quando al penultimo passaggio sul Muro di Huy tutta l’Omega è schierata in testa per far prendere la salita nella miglior posizione al proprio bel capitano, pimpante ed agile insieme a tutti i big annunciati. Ma da solo ed in uno straordinario stato di grazia negli ultimi 400 metri finali del successivo ultimo passaggio. Tutti in piedi ad applaudire l’idolo di casa. Il tris delle Ardenne, ora, appare davvero possibile.
Si parte da Charleroi fin verso Huy con l’omonimo e terribile Muro ad attendere i ciclisti in gara per un percorso di 201 Km. Bel tempo anche quest’oggi, sole e temperatura piacevole con tanti appassionati lungo il percorso. Non c’è il vincitore dell’edizione 2010, Evans, vittima di un infortunio.
La fuga va via al secondo chilometro di corsa, protagonisti sono Macej Paterski (Liquigas), Maxime Vantomme (Katusha), Matti Helminen (Landbouwkredit) e Preben Van Hecke (Top Sport Vlaanderen).
I quattro raggiungeranno un vantaggio massimo di 17’ affrontando il primo dei tre passaggi previsti sul Muro di Huy. A 90 Km dall’arrivo il vantaggio resta ancora di 12’ con il compagno di Joaquim Rodriguez che non collabora mentre, in testa al gruppo, iniziano a tirare di comune accordo sia la Saxo Bank, squadra di un attesissimo Contador, sia la Leopard dei fratelli Schleck. Grazie alla collaborazione dei due team il vantaggio dei quattro battistrada rientra, in pochi chilometri, nei 10 minuti ed in vista della Côte d’Ahin (2,3 Km con pendenza media del 6,5%), la settima delle dieci previste, si riduce a 3’. E’ il segno evidente che il ritmo in testa al gruppo è notevolmente aumentato, grazie anche all’aiuto di una terza squadra, la Sky, fiduciosa di Gerrans, terzo all’Amstel. Da segnalare, verso la cima di Ahin, una caduta senza conseguenze per Cunego, rientrato agevolmente in gruppo con l’aiuto dei compagni di squadra. In discesa provano un contrattacco alcuni uomini tra cui Kadri (Ag2R), ripreso a circa 3 Km dal penultimo passaggio sul Muro di Huy, con l’Omega Pharma Lotto che si mette improvvisamente in testa per far prendere nelle posizioni di testa le terribili rampe della salita al proprio capitano Gilbert. In cima il gruppo transiterà con un ritardo di 1’.25” poi, nella successiva discesa, provano ad avvantaggiarsi Gasparotto (Astana), Kolobnev (Katusha), Van Garderen (Htc) e Lövkvist (Htc) a cui si aggiungeranno Verdugo (Euskadi) e Kiryienka (Movistar). I sei, riassorbono la fuga del mattino ma il gruppo, tirato ancora dall’Omega, concederà un vantaggio che, in vista della Côte d’Ereffe, penultima prevista, raggiungerà al massimo 25”. Gilbert sta bene, e vuole provarci anche oggi, nonostante le pendenze dell’erta finale non gli si addicano particolarmente. I più attivi tra i sei, Kiryienka e Lövkvist, rimangono soli al comando a 13 Km dalla fine con 18” di vantaggio. I 2,1 Km della Côte d’Ereffe vengono presi in testa dalla Katusha con un generosissimo Di Luca al servizio del capitano Rodriguez. Intanto, il gruppo transita con 10” dal duo di testa mentre in vista dello scollinamento si avvantaggia Devenyns (Quickstep). Resta l’atteso ultimo passaggio sul Muro di Huy, con i big fino ad ora tutti ben coperti dai rispettivi compagni di squadra. Altro duetto di testa con Marcato (Vacansoeil) e Pineau (Quickstep) i quali si troveranno ai piedi di Huy con 15”. In testa ci sono tutti i migliori, il nostro Cunego, Contador, Andy Schleck, Sanchez, Anton, Rodriguez e l’immancabile Gilbert. Ai 400 metri dall’arrivo va di scena l’azione del belga, da gustare più e più volte, un allungo micidiale per sbarazzarsi di tutti. In un attimo guadagna tantissimo, ha quasi 100 metri per esultare di continuo, felicissimo e con il pensiero già a domenica. Poco più indietro la fatica di Rodriguez, ancora secondo, ancora battuto, poi Sanchez a chiudere il podio. Più indietro Vinokourov ed Anton. Chi riuscirà a batterlo domenica alla Liegi? La sfida è lanciata!
Antonio Scarfone
C’ERA UNA VOLTA L’AMSTEL
aprile 19, 2011 by Redazione
Filed under 5) AMSTEL GOLD RACE, Approfondimenti
Questa volta la lode è rimasta nella penna del nostro pagellista che, vedendo l’ultima edizione dell’Amstel, ha rimpianto gli anni passati, quando in questa gara i protagonisti si chiamavano solo Boogerd, Di Luca, Rebellin, Bettini e Vinokourov. Gilbert ha comunque ottenuto il massimo dei voti ma, visto il livello della concorrenza, c’è da dire che stavolta la vittoria era praticamente scontata in partenza.
Foto copertina: la facile vittoria di Gilbert sul Cauberg (foto Bettini)
Vedendo l’edizione di quest’anno viene una gran malinconia a pensare come veniva corsa questa gara quando i protagonisti si chiamavano Boogerd, Di Luca, Rebellin, Bettini e Vinokourov. Solo una fuga di alcuni comprimari ha animato la fase centrale della gara mentre nel finale i big, ad esclusione di Andy Schleck e Rodriguez, sono rimasti in attesa dello show di Gilbert che, portato in carrozza ai piedi del Cauberg, li ha puntualmente giustiziati. Gli italiani saranno protagonisti della prossima puntata di ‘Chi l’ha visto?’.
Philippe Gilbert: già da febbraio è in ottima forma e, fresco vincitore della Freccia del Brabante, ha condotto la gara con sicurezza e in maniera ineccepibile. Supportato da un compagno di squadra della levatura di Van den Broeck (voto: 8 ), ha di fatto controllato con freddezza gli ultimi 20 km di corsa. Bisogna sottolineare, tuttavia, che la facilità con la quale ha gestito la gara è dipesa anche dal fatto che gli avversari non hanno nemmeno provato a fargli il solletico. Aspettiamo ad attribuire la lode al belga quando riuscirà a dar prova della sua classe anche sul Muro di Huy. Voto: 10.
Joachim Rodriguez: ha tentato una prima sparata sul Keutenberg sperando, forse, di riuscire a portarsi dietro un compagno per potersi giocare la vittoria sull’ultimo strappo. Inspiegabile, altrimenti, lo spreco di energie effettuato dall’iberico su quella côte. Tanto più ingiustificabile dal momento che al traguardo mancavano ancora più di 10 km, molti dei quali in pianura. Sarebbe stato, forse, più efficace riservare tutte le proprie forze per tentare uno scatto secco sul tratto più duro del Cauberg poiché il suo tentativo su quest’ultimo strappo non è stato, infatti, molto efficace. Lo attendiamo mercoledì sul Muro di Huy dove, in assenza di Evans, potrà finalmente aggiudicarsi (Contador permettendo) la più prestigiosa fra le ‘Frecce’. Voto: 7,5.
Simon Gerrans, Jakob Fulgsang, Alexandre Kolobnev: non me ne vogliano questi tre bravi corridori ma vederli rispettivamente 3°,4° e 5° in una gara come questa riesce a dare la misura del livello di partecipanti che oggi è possibile schierare in questa tipologia di corse. Il solo Kolobnev ha tentato di favorire il compagno Rodriguez con un tentativo di allungo nel finale. Voto: 7.
Andy Schleck: sapendo di essere battuto in partenza sul Cauberg ha provato, con una azione alla Vinokourov, di andarsene sul falsopiano che segue il duro strappo del Keutenberg. Il problema è che il lussemburghese non ha le qualità da passista del corridore kazako e per questo motivo non è riuscito a fare il vuoto. Ripreso negli ultimi 800 m, ha fatto ricordare la gara di Kolobnev dell’anno passato. Sicuramente la condizione migliorerà in vista della Doyenne.Voto: 8.
Damiano Cunego, Alexandre Vinokourov: entrambi hanno preparato le classiche delle Ardenne ai Paesi Baschi ma, evidentemente, la condizione deve ancora affinarsi. In seria difficoltà sul Keutenberg, lo strappo più arcigno, ci auguriamo di vederli pimpanti alla Liegi. Voto: 5.
Rabobank: il team di casa delude profondamente. Rimasta con ben quattro atleti nel finale non ha accennato minimamente a fare gioco di squadra, per cercare di prendere in una morsa il favorito Gilbert. Un atleta del calibro di Gesink (voto: 4) atteso e pronosticato fra i favoriti alla vigilia ha tenuto un atteggiamento rinunciatario quando la gara è entrata nel vivo. Si pensi che un ciclista come Freire (voto: 7), con caratteristiche sicuramente non del tutto compatibili con un finale come quello dell’Amstel, ha ottenuto un onorevole sesto posto. Voto: 4.
Francesco Gandolfi
DA GILBERT A… GILBERT
aprile 18, 2011 by Redazione
Filed under 5) AMSTEL GOLD RACE, News
Gilbert succede a se stesso, vincendo per il secondo anno consecutivo l’Amstel Gold Race, a pochi giorni dal successo conseguito alla Freccia del Brabante. Una vittoria perfetta quella del campione belga, coadiuvato da una squadra da applausi, scaturita lungo la finale scalata al Cauberg.
Foto copertina: Gilbert sembra quasi salutare tutti gli avversari sul traguardo dell’Amstel (foto Bettini)
Dal Brabante all’Amstel, da Gilbert a Gilbert. Si cambia regione geografica passando dal Belgio all’Olanda, ma il nome del vincitore resta lo stesso. Sempre lui, Philippe, pronto ancora una volta a stupire tutti con una facilità d’azione disarmante che fa così sembrare l’ultimo passaggio sul mitico Cauberg una passeggiata. Questa volta non solo il vallone mostra una condizione di forma eccelsa ma anche una gestione della corsa impeccabile. Grandi meriti vanno anche all’Omega Pharma Lotto capace di condurre il proprio capitano tra le insidiose stradine olandesi proteggendolo al meglio in ogni fase della gara. Si piazza al secondo gradino del podio Joaquim Rodriguez, terzo è un ottimo Gerrans.
Il tempo, nella piazza del mercato di Maastrich, è bellissimo. Il sole risplende sulla folla degli appassionati che fin dal mattino vi si sono radunati. La fuga della prima ora vede protagonisti gli italiani Ponzi e De Negri, l’olandese Timmer ed il belga Degand, evasi dal gruppo intono al Km 60. I quattro avranno un vantaggio massimo di circa 12 minuti ai meno 100 Km dall’arrivo. Le côtes si susseguono, con il Cauberg che quest’oggi sarà affrontato ben 3 volte, l’ultima coinciderà con l’arrivo. Il ritmo in testa al gruppo aumenta prima con un allungo di Luis Leon Sanchez nell’ascesa del Sibbergrubbe e poi ancor di più al secondo passaggio sul Cauberg grazie all’impulso del campione belga Devolder. Il vantaggio dei quattro in fuga è ormai rientrato nel minuto. Davanti rsetano i soli De Negri e Degan. La Rabobank sente la corsa di casa ed è allora la volta di Barredo a sganciarsi dalla testa del gruppo per riuscire a raggiungere il duo al comando. Insieme avranno un vantaggio massimo mai superiore al minuto. Davanti c’è l’Omega Pharma Lotto a guidare il plotone quando, in vista del Kruisberg, due possibili protagonisti dell’Amstel escono in pessimo modo fuori dai giochi. Una caduta, infatti, vede coinvolti Cancellara e Frank Schleck. Lo svizzero, dolorante, riparte per ultimo, cercando poi, insieme al campione lussemburghese, di riacciuffare la coda di un gruppo ormai allungato alla cui testa i migliori sono già schierati nelle posizioni che contano. E’ la volta dell’Eyserbosweg, ben 1100 metri all’8,1 % di pendenza media. La sua ascesa mette a nudo i reali valori in gioco. Il gruppo, numerosissimo fino a quel punto, si riduce ad una ventina di unità grazie ad uno bello scatto del russo Kolobnev. In cima, tra i migliori, scollinano Gilbert con altri 2 Omega Pharma (Van Den Broeck e Vanendert) ben 4 Rabobank (Gesink, Freire, Martens e Tankink) il duo Katusha Kolobnev-Rodriguez, Leukemans, Vinokourov, Cunego ed Andy Schleck, “libero” ormai di agire vista l’inattesa assenza del fratello maggiore. Riesce, tra il tratto in discesa ed il successivo e più facile Fromberg, ad accodarsi anche Di Luca ma l’abruzzese insieme a Cunego usciranno di scena sul Keutenberg, penultima côte prevista. E’ Rodriguez a scollinare con pochi secondi di vantaggio. La cosa non impensierisce Gilbert, rassicurato anche dal lavoro di Vanendert che ricuce il gap. Restano i 1200 metri del Cauberg da affrontare per l’ultima volta con ormai soli 12 Km da percorrere. Va di scena una bella azione di Andy Shleck che arriva a guadagnare 12” sugli inseguitori. Gilbert dà una mano al compagno di squadra, cerca poi collaborazione con i quattro Rabobank, non la ottiene. Oggi, però, niente può scalfire la superiorità di Philippe. Prontissimo si rimette in testa ad aumentare l’andatura e far si che tutti possano arrivare all’ultimo chilometro con soli 5” di ritardo da Andy che già assaggia le prime rampe del Cauberg. Ai 600 metri è prima Rodriguez a raggiungere e superare Andy, Gilbert non si fa sorprendere, in un attimo passa prima il lussemburghese ormai stanchissimo, e poi lo spagnolo andando così a bissare il successo dello scorso anno.
Antonio Scarfone
LA FORZA DELLA SQUADRA
aprile 11, 2011 by Redazione
Filed under 4) PARIGI - ROUBAIX, Approfondimenti
Ancora un 10 e lode e non poteva che andare al vincitore della classica del pavè, Johan Van Summeren, riuscito a sgominare non solo le pietre dell’Inferno del Nord ma anche una concorrenza di tutto rispetto. Elogi anche per Cancellara e tutte le seconde linee che, per una volta, si sono ritrovate davanti a giocarsi un posto al sole in una delle gare più nobili del calendario.
Foto copertina: Van Summeren esulta sotto il sole della Roubaix (foto Bettini)
Anche questa seconda Classica del Nord si conclude con la vittoria di un corridore, Van Summeren, che alla vigilia non compariva di certo fra i favoriti. Ottima, ancora una volta, la prestazione di Cancellara giunto alle spalle del vincitore. Corsa caratterizzata dalle innumerevoli cadute che hanno coinvolto, e messo fuori gioco, alcuni fra i favoriti come Boonen, Haussler, Pozzato e Chavanel. Disgustosa, ancora una volta, la condotta dei motociclisti al seguito della gara i quali ne hanno più volte influenzato l’esito, spesso in momenti topici. Ottima la prestazione di Alessandro Ballan che ha colto un meritato sesto posto.
Johan Van Summeren: vale il discorso fatto la settimana scorsa per Nuyens, vincitore delle Fiandre. La differenza sostanziale tra le due vittorie risiede nel fatto, però, che Van Summeren ha conquistato il successo dopo che, in fuga per quasi 70 km con un drappello di una ventina di corridori, ha saputo trovare le energie per salutare il resto della compagnia (lungo il famigerato Carrefour de l’Arbre) e percorrere in solitaria gli ultimi chilometri di gara. Dopo i buoni piazzamenti ottenuti in edizioni precedenti della corsa, finalmente anche Johan potrà annoverare, tra i suoi trofei, quello più prestigioso, l’ormai famoso blocco di pavè. Voto : 10 e lode
Fabian Cancellara: se la settimana scorsa potevamo imputargli di aver perso la gara per un errore tattico, questa volta l’atleta svizzero ha corso in maniera ineccepibile. Purtroppo, quest’anno, non può disporre di una squadra attrezzata per affrontare le Classiche del Nord e, conseguentemente, in grado di supportarlo. Così, Fabian, si è trovato stretto nella morsa di due formazioni (BMC e Garmin) che invece hanno saputo, per lo meno la seconda, sfruttare alla perfezione il gioco di squadra. E’ doveroso sottolineare che ha corso con entusiasmo tutta la gara e, anche quando al traguardo mancavano solo pochi chilometri e il successo di Van Summeren era quasi scontato, ha continuato a credere nella vittoria spremendosi fin sulla linea d’arrivo. Voto : 9
Maarten Tjallingii, Gregory Rast, Lars Bak: queste seconde linee hanno avuto l’intelligenza di cogliere il momento opportuno per andarsene dal gruppo di corridori avvantaggiatosi dopo la Foresta di Arenberg. Purtroppo, sulla loro strada, hanno incontrato Van Summeren che è molto più adatto di loro per le corse sul pavè. Rispettivamente 3°, 4°, 5° sul traguardo, possono ritenersi più che soddisfatti. Voto : 8
Alessandro Ballan: tornato a correre la Parigi-Roubaix dopo due anni, si è dimostrato davvero in forma. Dopo aver ricucito tutto solo e con relativa facilità lo strappo creato da uno scatenato Cancellara in uno dei tanti tratti di pavè, evidenziando una condizione di forma superlativa, si è trovato costretto ad obbedire ad una logica di gara della BMC (voto al direttore sportivo : 4) che, per favorire il compagno Quinziato rimasto nel gruppo di testa, ha finito per bloccare ogni eventuale tentativo di Ballan di giocarsi la vittoria. Voto : 8
Thor Hushovd: sicuramente uno dei più in forma insieme a Cancellara, ha finito per correre da stopper per tutta la gara, svoltasi all’insegna dei tatticismi. La Garmin è riuscita, quindi, come la Quick Step domenica scorsa, ad obbligare il campione elvetico ad esporsi in prima persona, assumendosi da solo il peso della corsa. Questa è la dimostrazione che, nel ciclismo di oggi, non solo nelle corse a tappe ma anche in quelle in linea il corridore, anche se campione formidabile, può vincere solo se ha il supporto della squadra. Voto : 7
Juan Antonio Flecha: bravo corridore da pavè, forse i suoi anni migliori sono già passati. Soffre le accelerazioni di Cancellara e Ballan, e, anche nel finale, si è dimostrato il meno brillante tra i favoriti. Riesce comunque ad entrare nella top ten. Voto : 6
Tom Boonen: la sua gara termina, di fatto, lungo la Foresta di Arenberg, dove un incidente meccanico lo mette fuori dai giochi. Bravo nella rimonta successiva, cade quando ormai stava per rientrare sul gruppo di testa. Può consolarsi con la vittoria nella Gand-Wevelgem. Voto : n.c
Filippo Pozzato, Heinrich Haussler, Sylvain Chavanel: altre vittime dell’Inferno del Nord, a differenza di Boonen tornano a casa con l’amaro in bocca per le occasioni mancate. Voto : n.c
Francesco Gandolfi
SUMMER(EN)TIME ALLA ROUBAIX. PER GLI ALTRI, CHIEDI ALLA POLVERE
aprile 10, 2011 by Redazione
Filed under 4) PARIGI - ROUBAIX, News
Van Summeren finalizza la perfetta tattica Garmin in una Roubaix estiva. Nella polvere finiscono Boonen, Chavanel, Pozzato, vittime di cadute e incidenti. Cancellara domato da un Hushovd magistrale si scatena nel finale per fregiarsi almeno del podio, il terzo in tre “monumento”, ma ciò nonostante resta con un retrogusto di bocca asciutta. Buona la gara di Ballan.
Foto copertina: Van Summeren, dalla polvere alle stelle (foto Bettini)
Boonen si staglia nel cuore della foresta di Arenberg, la bici azzoppata, si guarda le dita sporche di olio nero come l’eroe di un kolossal che si scopre ferito a morte. Si asciuga gli occhi, più che le lacrime probabilmente è quel sudore che acceca quando, fermandosi all’improvviso, si gronda senza rimedio.
La gara fin qui era stata regolare: un’evasione precoce che diverrà poi la scommessa del giorno per l’Omega Pharma con Boucher, Greipel e Roelandts (aggregatosi dopo Arenberg); scommessa tuttavia persa, a differenza di quella spregiudicata di Tjallingi, che rilancerà fino al podio, alfiere di una Rabobank complessivamente positiva.
Arenberg, come spesso accade, è la svolta. Una svolta tragica per Boonen, che attende invano un cambio di bicicletta, rifiuta quella di Steegmans sperando di poter contare sul compagno per il recupero, infine riparte con un paio di minuti da recuperare sul gruppo.
Un’altra svolta, però, contraddistingue l’uscita dal micidiale settore: Boom aveva condotto sulle pietre un’offensiva veemente da vero crossista, e quando si torna a mordere l’asfalto promuove un’azione di peso assieme a Roelandts, come detto, e altri rappresentanti di rilievo delle principali squadre. Ci sono ottime seconde punte come Quinziato per la BMC di Ballan, o Van Summeren per la Garmin di Hushovd, Hayman per la Sky di Flecha, Bak per l’HTC, o veri e propri capitani di giornata come Cooke per la Saxo, e Guesdon per la FDJ. In breve queste forze vanno a ingrossare la fuga iniziale, e ad essi si aggiungono altri elementi in un secondo momento altre pedine fondamentali, come Degenkolb dell’HTC (bravo il giovanissimo tedesco), Rasch della Garmin o Leezer della Rabobank, utilissimi a rafforzare la rappresentanza e la capacità di sacrificio delle rispettive squadre, unitamente a Rast, lo svizzero che sarà capitano di giornata per la Radioshack.
Lo scacchiere tattico della giornata è quasi delineato a perfezione: gli ultimi tratti cruciali sono una foratura con successiva caduta di Chavanel, che liquideranno le residue speranze odierne di risultato per la Quickstep, assieme alla definitiva caduta di Boonen. Tom, parallelamente a quanto aveva fatto sul rettilineo finale del Fiandre, sfodera invano una classe e un’energia disperate: recupera quasi integralmente i due minuti di distacco accumulati sul peloton in Arenberg, per un poco aiutato da due compagni, ma ben presto solo, troppo superiore alle retroguardie stremate che sorpassa come un lampo. Un gesto tecnico impressionante, pur nella consapevolezza che il solo compierlo avrebbe tarpato ogni susseguente chance di vittoria (ma l’adrenalina a volte fa miracoli): se non che a poche decine di metri dalla coda del gruppo principale la caduta di un Rabobank travolge inevitabilmente e irreparabilmente anche Boonen. Risalirà in bici sotto la sferza della squadra, ma la sua Roubaix finisce di fatto qui, formalmente qualche inutile decina di chilometri più in là.
In molti, come spesso accade, cadono o rompono. Di meglio senza incidenti avrebbe potuto fare Boom, appiedato dal gruppetto che lui stesso aveva fatto decollare: ritornerà davanti nel finale, ma deprivato di posizioni e minuti preziosi. Il suo esempio, certo, potrebbe dire qualcosa a chi dopo una caduta è affondato, come Sagan (ma la gioventù è più che scusante) o soprattutto Pozzato; pur sempre considerando che c’è caduta e caduta, da alcune ci si rialza più malconci che da altre. Ma questa è l’ordinaria amministrazione della Roubaix.
A questo punto abbiamo davanti un gruppetto corposo, composto di apporti vari, ma senz’altro volenteroso e tutto sommato sostenuto da diverse coppie di squadre importanti. Il distacco oscilla costantemente intorno al minuto, salvo rare puntate intorno ai due. Dietro, Cancellara è costretto a sfiancare l’unico compagno superstite, un O’Grady ancora una volta straordinario nel suo farsi letteralmente uomo squadra: alla Leopard i nomi di spicco non mancano, sarà forse il caso di interrogarsi sulla loro gestione nella stagione e sull’acume strategico di chi siede in ammiraglia. Sa un po’ di beffa il fatto che Cancellara se ne sia andato dalla corte di Riis perché temeva che con Contador la squadra non si sarebbe focalizzata nel sostenere degnamente la campagna del nord cara alla svizzero! Nessun altro ha motivo di collaborare all’inseguimento, men che meno chi davanti possiede possibili corridori già in grado di realizzare delle top ten pur servendo da gregari.
Cancellara, improrogabilmente abbandonato ai -60km, è così forzato a prodursi in una serie di assalti feroci distribuiti negli ultimi dieci settori di pavé, a partire proprio dal durissimo Mons-en-Pévèle. Hushovd non gli concederà mai nemmeno un metro di spazio, mentre Ballan si dimostrerà sempre capace di rientrare in un secondo momento, sfogata la primissima fiammata dei due rivali. In queste occasioni Ballan dimostra invariabilmente una classe sopraffina, la capacità di recuperare gap anche importanti a un certo Fabian Cancellara tanto sulle pietre che sull’asfalto; la domanda è però se queste azioni del veneto fossero dettate da premeditazione (troppo violenta la fiammata di Cancellara così come quella di immediata reazione da parte di Hushovd, più consono alle corde di Alessandro un rientro in progressione considerando che all’esplosione dovesse seguire una velocità più ponderata) oppure da “distrazioni”: il secondo caso configurerebbe un vero spreco di forze di per sé però mirevoli, ma la ripetizione dello schema fa forse propendere per la prima opzione.
Il quarto uomo sarebbe Flecha, che però non mostra mai di avere il guizzo per recuperare quando l’azione è davvero nel vivo.
Cancellara deve così amaramente constatare che, pur esibendo una forma fisica che si direbbe finanche superiore a quella dell’anno passato, la stoccata vincente non è a sua disposizione, in assenza di condizioni di contorno favorevoli se non perfino provvidenziali. Al Fiandre 2010 Boonen collaborò con cavalleria perfino sfrontata e senz’altro esagerata, al Fiandre 2011 scopriamo che con un compagno di fuga più assennato come Chavanel il disco di Fabian non suona più allo stesso modo. Alla Roubaix 2010 la tattica dissennata di altri elementi del gruppetto (ostacolare Boonen e non inseguire Cancellara per distruggere il fiammingo?) favorì la ben nota cavalcata trionfale, alla Roubaix 2011 invece tutti gli altri finalmente si decidono a correre per vincere, fors’anche complice l’eliminazione “autonoma” di Boonen. Avrà un bel lamentarsi Cancellara, bussando perfino alle porte della ammiraglie Garmin e BMC, ma le sue rivendicazioni finali di avere il gruppo “che gli corre contro, per farlo perdere” sono abbastanza ridicole: la Garmin corre per vincere, avendo davanti l’atleta più forte in questa corsa di tutto il blocco dei fuggitivi, e altrettanto fa la BMC, con un rappresentante meno di spicco, ma pure validissimo quale Quinziato, epperò con un leader dietro quale Ballan sicuramente battuto in un finale ristretto tanto dal collega norvegese come dallo svizzero.
Cancellara rinuncia dopo “appena” una ventina di chilometri di assalti all’arma bianca, tira platealmente i remi in barca, e da dietro si materializzano i rientri. Cancellara presumibilmente sta rifiatando, in vista di una sparata finale: la stessa tattica che una settimana fa aveva adottato ai piedi del Muur, per poi provare nel tratto più impervio dell’ascesa una fucilata simile a quella dell’anno prima (abbiamo saputo da calcoli posteriori che quest’anno Cancellara ha scalato i 500m più duri del Muur vero e proprio in soli 5” in più che nel 2010). La Garmin studia e gestisce a meraviglia, recupera Vanmarcke da davanti e pure Rasch, li ruota come in un’orchestra, decide i tempi e i distacchi. Tutti i tentativi di Cancellara sono stroncati dall’implacabile campione del mondo.
Quando i primi raggiungono il Carrefour de l’Arbre, come ampiamente previsto, Van Summeren prende il volo. Lo rivedranno nel velodrono. Si segnala l’inseguimento disperato in particolare di Tjallingi, Bak e Rast, mentre Quinziato è beffato da una rottura della bicicletta proprio nel momento chiave. Passati i -5km là dietro Cancellara spara il suo colpo da finisseur rimuginato da un po’, e stavolta nessuno riesce a tenerlo, probabilmente perché le forze vengono meno assieme alla motivazione. La corsa è decisa, e solo lo svizzero ha il cuore smisurato di svenarsi per un piazzamento: d’altra parte forse ormai è solo lui ad avere qualcosa da dimostrare, ad essere lacerato tra l’umanità che gli fa ribadire quasi ossessivamente “nemmeno io sono una macchina”, e la brama di esibire una superiorità singolare schiacciante. Cancellara si mangia tutti, fuorché Van Summeren, che taglia il traguardo a braccia alzate diciotto secondi prima dello svizzero. Dietro volate e volatine, Ballan buon sesto ma soprattutto terzo “uomo più forte” dopo Cancellara e Hushovd.
Tuttavia la gloria luminosa in cui si è trasfigurata tutta quella polvere è per un uomo solo, e per la sua squadra, finalmente perfetta come un congegno a orologeria. Per gli altri, solo un pulviscolo di punteggi, chiacchere e interviste più o meno compiaciute. Per Boonen e la Quickstep, l’ombra nera di una maledizione.
Gabriele Bugada
UNA GIORNATA PERFETTA
aprile 6, 2011 by Redazione
Filed under 3) GIRO DELLE FIANDRE, News
Mai era successo, da quando giudichiamo i corridori di turno nelle grandi classiche, di far ricorso al voto massimo, il 10 con la lode. E’ capitato all’ultimo Fiandre, dove la prestazione di Nuyens ha quasi annichilito le pur ottime prestazioni di Chavanel e Cancellara e quelle, appena meno brillanti, di Gilbert e Ballan.
Foto copertina: Nuyens sul muro di Grammont (www.ispaphoto.com)
Nel Giro delle Fiandre 2011 i big si annullano a vicenda e alla fine a spuntarla è Nick Nuyens, buon corridore da pavè che, grazie ad una condotta di gara perfetta, ha saputo cogliere una occasione (forse) unica. Tra gli italiani, grintosa la prova di Ballan che per un soffio non riesce a fare il bis.
Un ringraziamento speciale alla Rai che, finalmente, ci ha consentito di seguire per più di quattro ore la diretta di una classica meravigliosa.
Nick Nuyens: ha saputo nascondersi per tutta la corsa e, capito il pericolo che poteva scaturire da un allungo di Cancellara negli ultimi tre chilometri, grazie ad una condizione fisica eccellente è riuscito ad accodarsi alla coppia Chavanel-Cancellara formando il terzetto che si è poi giocato la gara allo sprint. In una edizione percorsa a ritmi elevati, è stato in grado di gestirsi al meglio dimostrandosi il più lucido nel finale. Proprio una giornata perfetta! Voto: 10 e lode
Sylvain Chavanel: uscito in ottima condizione dal Tour de La Panne, è partito come co-capitano della Quick Step. Ha provato inizialmente un allungo a circa 90 km dal traguardo per coprire le spalle a Boonen ma raggiunto un discreto margine di vantaggio sul gruppo inseguitore ha avuto l’intelligenza di staccare i compagni di fuga e, da ottimo fondista qual è, provare a giungere al traguardo. Una volta ripreso è stato comunque, nonostante la lunga fuga, protagonista di tutte le principali azioni che si sono succedute fino al traguardo, dove si arrende solo al più fresco Nuyens. Voto: 9
Fabian Cancellara: indiscutibilmente il più forte, almeno fisicamente. Con una azione delle sue si toglie da ruota Boonen e compagnia e in pochi chilometri riprende la testa della corsa. Sembrerebbe la riproposizione di quanto accaduto lo scorso anno ma l’elvetico non capisce che il compagno di fuga, Chavanel, non è disposto a collaborare come Boonen nella passata edizione. Incomprensibile, poi, risulta la perdita netta del vantaggio accumulato di circa un minuto nel chilometro o poco più che precede il Muro di Grammont. Incomprensibile in quanto non dettata da una crisi ma da una precisa scelta tattica dello svizzero che, una volta iniziato lo strappo, imprime un’accelerazione incredibile che risulta quasi indigesta anche per gli immediati inseguitori capeggiati da uno Gilbert tanto determinato quanto stremato.
Intelligente invece la scelta di Cancellara di non rispondere alla sfuriata di Gilbert sul Bosberg, ma di salire del proprio passo e di guidare la successiva rincorsa al belga nel tratto pianeggiante. La volata finale e il suo esito evidenziano ancora una volta che, per vincere, oltre alle gambe occorre usare anche la testa. Voto: 8
Philppe Gilbert: qualcuno spieghi finalmente a questo atleta che con le sparate non si vincono le gare, o meglio non si vincono se un atleta brucia, con queste, tutte le energie che ha in corpo. Come già accaduto alla Liegi e al Mondiale dello scorso anno, il belga con le sue rasoiate stacca tutti di netto, salvo poi arenarsi un paio di chilometri dopo lo scollinamento dello strappo di turno. Così è accaduto anche oggi sull’ultimo muro, il Bosberg. Comunque brillante durante la corsa, ancora una volta non riesce a portare a casa il risultato a causa di una condotta di gara troppo dispendiosa. Voto: 7
Alessandro Ballan: una gara più che dignitosa quella del veneto. Sofferente un po’ sui muri più arcigni, si è preso la briga di far tirare la squadra (BMC: voto 9) nel tentativo, poi riuscito, di riagguantare i fuggitivi Cancellara e Chavanel. Molto lucido nel finale nel saper cogliere un paio di occasioni favorevoli alle sue caratteristiche di finisseur, è stato bravo perché ha creduto nel successo fino alla fine. Voto: 7
Juan Antonio Flecha: ha risposto sempre presente in tutte le fasi critiche della corsa, dimostrandosi uno dei migliori atleti internazionali per quanto riguarda le corse del Nord. Fin troppo generoso in alcune situazioni, si fa scappare l’occasione di seguire Cancellara nel finale. Crediamo che con questa condizione di forma anche l’iberico possa esprimersi al meglio nella Roubaix, una gara sicuramente a lui più congeniale rispetto al Fiandre. Voto: 6+
Tom Boonen: sfidare Cancellara sul pavè, quando davanti si ha un compagno di fuga ancora fresco e con un vantaggio in crescendo sul gruppo di oltre un minuto, equivale ad un suicidio. Sugli ultimi muri riesce a malapena a tenere la ruota dei primi, illudendo, comunque, i suoi tifosi di poter battere gli avversari allo sprint. Si è lasciato tuttavia sfuggire l’allungo decisivo di Cancellara nel finale e, con esso, la possibilità di fare tris nella gara da lui più amata. Ha provato un ultimo disperato tentativo di riaggancio negli ultimi 500 m, ma ormai i giochi erano stati fatti. Voto: 5
Filippo Pozzato: la sua gara avrebbe meritato la sufficienza se non fosse sparito completamente sul Muro di Grammont. Eppure in precedenza aveva dimostrato una condizione più che buona, riuscendo ad essere sempre tra i protagonisti nelle fasi calde della gara, rispondendo, ad esempio, con prontezza all’allungo di Boonen. Speriamo di poterlo ammirare, questa volta tra i primi, domenica prossima nella Parigi-Roubaix. Voto: 4
Thor Hushovd: data la sua eccezionale condizione di forma e la sua innata potenza, lo si credeva uno dei favoriti del Fiandre. Ha accennato solo un allungo in tutta la gara dileguandosi, poi, come Pozzato sugli ultimi muri. La Roubaix sicuramente si addice di più alle sue caratteristiche. Voto: 4
Francesco Gandolfi
LA PRIMAVERA DA SOGNO DI NUYENS
aprile 3, 2011 by Redazione
Filed under 3) GIRO DELLE FIANDRE, News
Tutti guardavano Cancellara e, invece, sotto il naso di tutti, e dell’elvetico in primis, è scappato un Nuyens galvanizzato da una primavera stratosferica. Quest’anno la campagna del nord l’avevo già visto trionfare nella Dwars door Vlaanderen, sorta di Giro delle Fiandre in miniatura, ed ora è arrivato un successo ancor più prestigioso e monumentale. Poche briciole da beccare per gli italiani, con Ballan solo dodicesimo.
Il Giro delle Fiandre 2011 sarà ricordato tra gli appassionati di ciclismo per le innumerevoli emozioni che si sono succedute durante i 258 Km di corsa. Alla partenza dalla mitica piazza di Brugge un solo nome, quello di Cancellara, riecheggiava nell’aria come il possibile vincitore. E lui, Fabian, tanto aveva fatto capire di voler, con tutta la determinazione che è abituato a dare in questo tipo di corse, concedere il bis dopo la splendida e roboante vittoria di un anno fa. Ma spesso, si sa, i favori del pronostico vengono disattesi, e se questo accade in una corsa come il Fiandre, allora lo spettacolo è assicurato. A riuscirci è stato Nick Nuyens, già protagonista una decina di giorni fa a la Dwars door Vlaanderen, trionfando quest’oggi in uno sprint ridotto a tre su uno strepitoso Chavanel ed un inesauribile Cancellara.
Alla partenza, nella piazza del mercato, il sole, il clima mite e piacevole accolgono la numerosa folla ed i circa 200 ciclisti in gara. Si parte verso i primi muri, 18 quest’anno, 3 in più dell’edizione 2010, giusto per rendere ancor più dura e maestosa una corsa dal fascino leggendario. La classica fuga della prima ora parte intorno al chilometro 50, composta da 5 atleti: Van Dijk, Hunt, Hammond, Turgot e Docker. Il quintetto raggiungerà un vantaggio massimo di poco superiore ai 7’ con quattro muri, Tiengeberg, Nokeremberg, Rekelberg e Kaperfil percorsi in testa. Proprio su quest’ultimo vi è un contrattacco dal gruppo da parte di Tjallingii il quale si porta con sé altri 18 atleti. Tra di loro spicca la presenza di Boasson Hagen, Kroon e Marcato. L’azione non piace alla Leopard di Cancellara, ed è per questo che in circa una ventina di chilometri l’azione viene riassorbita dal gruppo dei migliori. In vista del Paterberg, sull’ Oude-Kwaremont è Sylvain Chavanel ad andarsene tutto solo. Si muove quindi la Quick Step di Tom Boonen, mentre in testa al gruppo i Garmin del trio Hushovd, Haussler, Farrar, e gli Omega di Gilbert iniziano ad innalzare ulteriormente l’andatura. Si entra nel vivo della corsa, con le squadre organizzate nell’intento di voler sfiancare il detentore Cancellara. A lanciare un primo serio affondo allo svizzero, sul Paterberg, è Gilbert che scollina in testa seguito da Boonen. Stassa azione del vallone sui 600 metri del Koppenberg, il muro più ripido della giornata posto ai meno 70 chilometri dal traguardo di Ninove. Gilbert pare essere il più forte sulle pendenze del Koppenberg, la sua azione frammenta il grosso del gruppo ormai ridotto ad una cinquantina di unità. Riescono a rimanere agganciati alla scia di Gilbert ancora una volta Boonen, Cancellara, Leukemans, Flecha ed un sorprendente Voeckler. Tra gli italiani appare più in palla Pozzato, con Ballan che invece insegue, un po’ in affanno, le ruote dei migliori. E’ la volta di Boom che grazie ad un progressione fatta sul 12° muro di giornata, l’Eikenberg, riesce a portarsi prima su Boaason Hagen e poi su Chavanel. Il gruppo è segnalato a poco più di 20”. Per la Leopard di Cancellara diventa necessario evitare ulteriori scatti dal gruppo dei migliori ed è così che grazie al prezioso lavoro di Posthuma il gruppo viaggia veloce in fila indiana sul tratto di pavè che precede il Molenberg. Proprio su questo muro nel 2010 andò in scena l’azione con cui Cancellara si tolse di ruota Boonen. Il piano pare possa ripetersi visti i pochi secondi di distacco tra gli uomini di testa ma invece è proprio Chavanel a forzare e così scongiurare il ricongiungimento. Dietro tutti si guardano o meglio tutti guardano Cancellara e nessuno forza più tanto. Ed è così che il vantaggio del francese aumenta fin oltre il minuto. E’ nel successivo tratto in pavè ad Haaghoek a 43 Km dall’arrivo, dopo allungo di Hushovd, che accade ciò che non ti aspetti: Boonen in prima persona risponde allo scatto del campione del mondo scaricando sul pavè un misto di forza e rabbia, ripensando forse alle edizioni 2008 e 2009 in cui Devolder, suo compagno alla Quick Step, andò a vincere con un’azione simile a quella odierna. E’ la goccia che fa traboccare l’effimero vaso custode della strategia di casa Quick Step. Il belga si porta dietro Pozzato e Cancellara. Si avvicina il 14° muro di giornata, il Leberg. E’ qui che è giunta l’ora che tutti aspettavano: l’affondo deciso e risolutore di Cancellara. Avviene. E sembra come al solito quello decisivo, Boonen non ce la fa, Pozzato neanche. Il treno svizzero è partito e sui suoi vagoni non è riuscito a “salire” nessuno. Il destino di Chavanel, ai meno 40 Km da Ninove, appare segnato ed aggravato ancor di più dagli ultimi quattro muri da affrontare. Riprendere Chavanel è un attimo, lo svizzero ed il francese ai meno 30 dal traguardo viaggiano con circa 40 secondi di vantaggio su Van Avermaet, Boom, Boasson Hagen e Leukemans che intanto hanno raggiunto Pozzato e Boonen. Là davanti Chavanel non dà nessun cambio a Cancellara e nostante ciò il loro vantaggio assume proporzioni importanti, superiore ad un minuto. Tra il Valkenberg ed il Tenbosse dietro al duo di testa rientrano intanto Gilbert, vittima di una foratura prima del Leberg, Hushovd e ben sette BMC con Ballan ed Hincapie. Sono gli uomini in rosso a riuscire ad organizzare un valido inseguimento in vista del leggendario Kapelmuur portando così gli inseguitori a soli 10” di distacco da Cancellara e Chavanel. Rientrano in gioco molti big, l’azione di Cancellara e Chavanel sta per essere annullata dalla riscossa di Gilbert che scollina in terza posizione seguito da un ritrovato Ballan. Seguono Nuyens, Flecha e Boonen. Resta l’ultimo muro di giornata il Bosberg ai meno 13,5 da Ninove. Sui 400 metri del Bosberg è Gilbert a provare, ancora una volta, l’azione solitaria. Nessuno riesce ad accodarsi al vallone, Cancellara mostra per la prima volta segni di cedimento, Ballan è l’ultimo a mollare scollinando in seconda posto. Gilbert riesce, ai meno 12, a guadagnare fino a 12”. Pochi troppo pochi per andare tutto solo nella pianura che lo dividono dl traguardo. Decide quindi di rialzarsi e così, su di lui, si riportano Cancellara, ripresosi da un attimo di crisi, il nostro Ballan, Leukemans, l’instancabile Chavanel e la sorpresa del giorno Scheirlinckx. Poco dopo si accodano ai sei uomini di testa Boonen, Flecha, Langeveld, Nuyens, Geraint Thomas ed Hincapie. Le forze sono al lumicino, si susseguono brevi azioni individuali. Ci prova prima Ballan, ai meno 6, ma subito Langeveld ricuce il buco per provare poi egli stesso a sorprendere tutti quando ormai mancano soli 4 km alla fine di un’ancora incertissimo Fiandre. I dodici ciclisti rimasti si frazionano di qualche metro, disgregandosi ancor di più quando a concedere un altro scatto, ai meno 3,5, è il redivivo Cancellara. Solo Chavanel e Nuyens, indubbiamente il meno affaticato dei due, riescono ad incollarsi alla sua ruota. I tre guadagnano qual tanto che basta da giocarsi la vittoria finale nell’ultimo chilometro con il solo Boonen che cerca disperatamente di riacciuffare i tre con una volata infinita. Ma sarà quarto. Cancellara si alza sui pedali, vuole il bis, lo cerca a tutti i costi, anche Chavanel sui pedali verso lo striscione di una corsa che ti consacra, stesso sforzo per Nuyens. E proprio Il belga a trionfare. Bravo Nuyens a condurre una gara attenta e poco dispendiosa di energie nei confronti degli immediati battuti. A marzo per Nick la Dwars door Vlaanderen, considerata il piccolo Giro delle Fiandre, oggi la Regina delle corse belghe. I sogni spesso possono avverarsi.
Antonio Scarfone