PAGELLE 2013: PROMOSSI E BOCCIATI DEL GIRO DELLE FIANDRE
aprile 2, 2013 by Redazione
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Insuperabile Cancellara, bravo Sagan ma ancora una volta battuto. Prova opaca degli italiani, ad esclusione dell’ottima prestazione di Mirko Selvaggi.
Foto copertina: il podio del Giro delle Fiandre 2013 (foto Bettini)
Fabian Cancellara: nelle pagelle della Milano – Sanremo avevo scritto che l’elvetico sembrava aver perso parte della sua eccezionale potenza. Dopo le fenomenali progressioni viste sul vecchio Kwaremont e sul Paterberg devo con piacere rivedere la mia tesi precedente. Tutti, non solo Sagan, sono stati demoliti dal ritmo asfissiante imposto alla corsa da Cancellara e dai suoi gregari. Questa vittoria lo inserisce di diritto tra i più grandi interpreti di corse sul pavè della storia, perché vincere in solitaria dopo aver fatto il vuoto sui muri è una impresa d’altri tempi. Voto: 10
Peter Sagan: l’età è dalla sua ma per il momento deve ancora inchinarsi di fronte alla potenza incontenibile del ‘ treno di Berna’. Sperava di restare agganciato alle ruote dello svizzero, ma dapprima il Kwaremont e successivamente le accelerate sul Paterberg da parte di Cancellara lo hanno piegato. Il Fiandre è la seconda grande classica che sfugge allo slovacco il quale, per il momento, si consola con la Gand – Wevelgem. Voto: 8
Jurgen Roelandts: prima classica corsa da capitano, il forte belga della Lotto è stato capace di centrare subito un podio prestigioso. Molto bravo nell’anticipare l’azione dei favoriti, ha dimostrato di possedere delle notevoli doti di fondo grazie alle quali potrà togliersi diverse soddisfazioni in futuro. Voto: 7,5
Alexander Kristoff: dopo il bronzo conquistato alle Olimpiadi del 2012, coglie un quarto posto che risolleva in parte il bilancio della squadra. Voto: 6,5
Mirko Selvaggi: l’unica nota positiva per gli italiani l’ha rappresentata questo giovane passista della Vacansoleil che, in fuga per molti chilometri, ha dimostrato di trovarsi a proprio agio sulle pietre del Fiandre. Voto: 7
Luca Paolini: sorretto da un buono stato di forma, sempre tra i primi fino alle battute decisive, ha provato sino all’ultimo di ottenere un posto nei primi cinque quando ormai l’esito della corsa era già segnato. Voto: 6
Filippo Pozzato: grande delusione di giornata, nonostante la pedalata sembrasse quella dei giorni migliori, non si fa trovare pronto nel momento cruciale della corsa. Lo aspettiamo fiduciosi la prossima settimana alla Roubaix. Voto: 4
Sylvain Chavanel: uscito con una grande condizione dalla Tre giorni di La Panne, poteva sfruttare i gradi di capitano dopo l’uscita di scena di uno sfortunato Tom Boonen. La squadra lo ha supportato al meglio, specialmente Kwiatkowski (voto: 7), ma le gambe del francese hanno mal digerito le trenate di Cancellara. Voto: 4
Thor Hushovd: data l’assenza di Gilbert, il norvegese era il capitano designato della BMC. Non è mai entrato nel vivo della corsa. Rimandato alla prossima Roubaix. Voto: 4
Francesco Gandolfi
gandolfi.francesco@libero.it
FIANDRE 2013, L’ARTE DELLA GUERRA. FABIAN FA BIS, SAGAN COLPITO E (NON) AFFONDATO
marzo 31, 2013 by Redazione
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Cancellara mette nel carniere il suo secondo Giro delle Fiandre. Nel 2010 l’impallinato era stato il campione di casa, Tom Boonen, oggi messo fuori gioco da una caduta e dunque impossibilitato a bissare il successo conseguito l’anno scorso. Stavolta a finire dietro all’elvetico è stato il non meno atteso Sagan, al quale va riconosciuto il fatto di esser riusciuto a tenere nella sconfitta e a non affondare. Tra gli italiani si salvano solo Selvaggi e Paolini, il primo in ordine d’arrivo è Oss mentre delude Pozzato.
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Foto copertina: Cancellara e Sagan sul Paterberg (foto AFP)
Qualcuno disse che il Giro delle Fiandre è un “gioco di guerra”. Una guerra che si può vincere con una singola giocata, anche se articolata in un uno-due pugilistico semplice e spietato. Così è stato per il Fiandre 2013, che si potrebbe riassumere in una sola azione implacabile: Cancellara che esegue puntualmente ciò che tutti sapevano avrebbe fatto, esponendosi al rischio di una reazione fatale da parte dell’unico rivale, altrettanto prevedibilmente Peter Sagan; ma il colpo di Cancellara è stato decisivo e perfetto.
Gli altri contendenti, a grandi linee, abdicano (con la sola eccezione della Lotto che raccoglie un meritato podio). Come in un apologo giapponese, le sorti della guerra vengono affidate interamente alla sfida tra due samurai. E dopo una lunga attesa la sfida si risolve in due soli colpi di katana: Cancellara sferra un poderoso fendente, Sagan para, Fabian lo trafigge con un affondo che coglie il bersaglio nell’ultimo istante disponibile.
La velocità, complice il bel tempo, è da subito sostenuta, e prestissimo comincia il computo delle vittime eccellenti di quella guerra di trincea che si combatte soprattutto nelle fasi interlocutorie, nella pancia del gruppo, o in mezzo alle ammiraglie: è la guerra delle rotture meccaniche, delle cadute, delle forature. Il caso ne è il sovrano assoluto, il proiettile vagante della malasorte può colpire il combattente più valoroso, anche se certo la distrazione e l’imprudenza espongono maggiormente al rischio. Dopo 19km, il campione in carica, l’eroe del pavé, Tom Boonen, cade malamente mentre si muove tra le ammiraglie, e le ferite lo costringono al ritiro.
Diciamo subito che l’assenza di Boonen si noterà. Gli assenti hanno sempre torto, e non c’è controprova, ma l’impressione è che Tom avrebbe introdotto una componente imprevista al duello tra i due campioni svizzero e slovacco. È più che probabile, diciamo pure quasi certo, che il più forte avrebbe vinto comunque, e perfino a maggior ragione: e il più forte, senza ombra di dubbio, era Fabian Cancellara. Nondimeno il campione in carica non avrebbe esitato a dar fuoco alle polveri ben prima della penultima ascesa.
L’elenco dei caduti, in senso metaforico o letterale, comprende tra i nomi illustri anche Sep Vanmarcke (peraltro non in formissima), ai 95km dalla fine; Geraint Thomas, formalmente capitano del Team Sky, a una trentina dall’arrivo, prima del penultimo Paterberg. Poco dopo, alle prime rampe di questo stesso muro, Flecha rompe la bicicletta e vede sfuggirgli la gara. Merita invece una menzione d’onore il soldato Kevin Hulsmans, che si improvvisa “medico di campo”, o meccanico fuori di metafora: quando Gatto fora in un momento critico, prima del secondo Oude Kwaremont, Hulsmans gli passa la propria ruota cambiandola a tempo di record. Collaborerà poi al rientro in gruppo, e il suo prezioso supporto cesserà nel finale solo per… una foratura!
La classica fuga del mattino non vede elementi di spicco, mentre sul Molenberg – poco prima di metà gara – prende consistenza un’azione che effettivamente connoterà il resto della gara. Poco più di una scaramuccia, una guerriglia di disturbo diciamo: visto che protagonista ne è un degnissimo André Greipel potremmo battezzarla “Gorilla Guerrilla”. La Lotto comincia la propria disperata battaglia, una carica di cavalleria contro i carri armati: ma oltre all’onore delle armi, raccoglieranno un riconoscimento concreto nell’affiancare sul podio i due fenomeni oggi protagonisti. Infatti dopo una ventina di minuti Sieberg raggiungerà Greipel, animando ulteriormente la fuga, i cui resti costituiranno più avanti il punto d’appoggio per l’attacco in anticipo di Roelandts.
In questa fuga, sulle piste di Greipel, si affacciano anche un paio di Europcar, ma in generale tutto il contributo francese alla gara è stato volenteroso quanto assolutamente velleitario. Entra qui nell’avanscoperta anche Kwiatkowski, la cui prestazione sarà invece tutt’altro che velleitaria, visto che il polacco resterà incredibile protagonista per i successivi 110-120km. Un “ultimo soldato” rintanato a difendere la sua buca nella giungla, mentre il suo esercito, la poderosa Omega-Quickstep, si lascia affondare tristemente.
Per chilometri e chilometri di muri e pavé non ci sarà praticamente più nulla da segnalare, se non il mostruoso lavoro della Radioshack, e nella fattispecie di Rast, Roulston, Devolder, Popovych – titanico. Andatura eclatante con lo sporadico contributo di una comunque ottima Cannondale, tenendo la fuga sempre a tiro, e ammazzando fino al momento chiave una gara tutt’altro che facile da controllare, presa qui in pugno e stritolata fino alla noia. Ma questo era esattamente quello che Cannondale e Radioshack dovevano fare. Le truppe schierate per poter inscenare il grande duello finale.
Si possono citare uno spunto di Offredo sul primo Kwaremont, un più concreto attacco di un ardito Selvaggi nei tratti in pavé dopo il Koppenberg (con Minard), che porterà l’italiano a condividere la testa della corsa con Kwiatkowski dopo il penultimo Paterberg… ma sono episodi. Gesta eroiche senza costrutto.
Più decisiva, ma solo per un uomo, la “sortita napoleonica” in corrispondenza del secondo Patersberg: ben tre francesi (Turgot, di nuovo Offredo e S. Hinault) a scortare Tjallingi e, quel che più conta, Roelandts, che andrà a – per così dire – rimpiazzare Selvaggi nel fare da testa di ponte, e testa della corsa, assieme a Kwiatkowski.
Quel che è davvero degno di nota è… l’assenza di altre azioni degne di nota. La robusta corazzata BMC, l’impressionante moloch Sky, anche se deprivato di Thomas, la stessa Omega che senza Boonen poteva vantare un Chavanel visto in grandissima forma, come anche Vanderbergh, e poi Langeveld della Orica, Boom della Blanco, Haussler della IAM, a quanto pare tornato competitivo. Tutti uomini in formissima, che arriveranno nei dieci o giusto a ridosso. È mai possibile che nessuno di loro abbia provato l’assalto all’arma bianca, l’aggiramento inatteso, l’imboscata? Tutti sapevano quel che sarebbe successo di lì a poco, ed è successo appunto quel che tutti quanti, indovini o strateghi, pronosticavano da tempo.
Sull’ultimo Kwaremont Cancellara apre il gas. Restano in gara lui e Sagan. Timida e inconsistente la reazione dei nomi roboanti come Boasson Hagen o del cavallino Chavanel. Gatto si vedrà sullo sfondo a condurre l’inseguimento del gruppo, ma, in termini tattici, ormai il gruppo è solo uno stuolo di vittime di guerra. Per quanto riguarda la vittoria, morti che pedalano.
Qualche pallida chance solo per chi ha anticipato: il monumentale soldato Kwiatkowski, poi fermato ad aiutare capitan Chacha (i duri ordini dei generali che sacrificano gli eroi della trincea), e Roelandts, che si accoda al duo di campionissimi.
Sagan dà qualche cambio, ma con molta parsimonia. Patersberg. Cancellara apre il gas. Se Peter ne avesse, contrattacco e addio Fabian. Ma Peter è al gancio. Se Peter resistesse, chissà poi il finale. Ma Peter non resiste. Negli ultimi venti metri Cancellara sempre seduto spalanca un abisso. È il colpo del ko. Tutti sanno che Fabian tornerà in vista solo per ritirare il premio in cima al podio.
Qui il capolavoro di Sagan: non affondare. Si volta, vede Roelandts, si alleano. Il gruppo li tallona, ma i due stringono i denti all’impossibile, con corretta e inevitabile prevalenza di trenate dello slovacco. Paolini si danna tirando per portare a podio Kristoff, che infatti vincerà la volata dei battuti (il norvegese buono di oggi, dispersi Boasson e Hushovd).
È durissima lottare così quando la vittoria se n’è andata. Lottare con una katana infilata mortalmente tra le costole. Ma Sagan lo fa (e Roelandts pure).
È podio, un podio bellissimo per cui vale perfino la pena, con modestia, di esultare, come fa Peter alzando appena un pugno, ben lontano dall’amarezza di Sanremo. Sul podio indicherà Fabian: il più forte è lui. Il più forte ha vinto, e sembra incredibile che questo sia solo il suo secondo Fiandre.
Questa la top ten:
1 Fabian Cancellara (Swi) RadioShack Leopard 6:06:01
2 Peter Sagan (Svk) Cannondale Pro Cycling 0:01:27
3 Jurgen Roelandts (Bel) Lotto Belisol 0:01:29
4 Alexander Kristoff (Nor) Katusha 0:01:39
5 Matthieu Ladagnous (Fra) FDJ
6 Heinrich Haussler (Aus) IAM Cycling
7 Greg Van Avermaet (Bel) BMC Racing Team
8 Sébastien Turgot (Fra) Team Europcar
9 John Degenkolb (Ger) Team Argos-Shimano
10 Sebastian Langeveld (Ned) Orica-GreenEdge
Oss miglior italiano dodicesimo, poteva forse fare di più, ma Van Avermaet l’avrà voluto vicino (per fare settimo?). Gatto, altro ottimo italiano e comunque bravo, vista anche la sfortuna e la fatica del recupero, sarà quindicesimo. Pozzato impalpabile e deludente.
Gabriele Bugada
SPUNTINI DI GAND di Michele Tomasi – BUON COMPLEANNO ILCICLISMO.IT
marzo 26, 2013 by Redazione
Filed under 2) GAND - WEVELGEM, Approfondimenti
Quest’anno ilciclismo.it compie 10 anni, un traguardo che festeggeremo richiamando per un giorno in redazione i nomi storici della redazione, ai quali abbiamo chiesto di commentare un grande appuntamento della stagione 2013. Comincerà il vicentino Michele Tomasi, vicedirettore del sito all’epoca della direzione Patrone: a lui il compito di proporci alcune stuzzicanti spunti di riflessioni sulla Gand-Wevelgem di domenica scorsa.
Foto copertina: Sagan sul Kemmelberg (demotix.com)
Anche questa Gand è andata, anche se il meteo sembrava ancora una volta contro il ciclismo su strada; la corsa difatti è stata accorciata e con punto di partenza spostata per evitare la neve caduta nella notte.
Comunque tornando a noi, cosa possiamo trarre da questa Gand?
Ecco alcuni spunti per riflessioni.
Sagan
Se ce ne fosse stato bisogno, Sagan ha dimostrato di saper vincere e che vittoria!
Non solo vince volate di gruppetto, di gruppo, ma facendo anche azioni in prima persona quando avrebbe potuto attendere con abbastanza sicurezza la volata finale di gruppetto.
Ma anche qui ha dimostrato la sua intelligenza tattica, oltre che fisica; quando ha visto la scarsa collaborazione dei suoi compagni di fuga ha preso di petto la corsa, portando a casa una vittoria di classe.
Oramai sono stati usati tutti gli aggettivi possibili per Peter, e non sorprende che già in questo periodo girino voci di squadre ProTour intenzionate a portarselo in casa propria per il 2014.
Ricordiamoci inoltre che ha solo 23 anni!
Omega Pharma
Come succede da alcuni anni, l’Omega Pharma è la squadra da battere nelle Classiche sul pavè.
Però anche oggi qualcosa è mancato.
Avevano davanti Vanderbergh, uno degli uomini della squadra in palla in questo periodo, ma dietro nel gruppo principale sono mancati quei gregari a dar supporto a Cavendish, che di solito ci sono.
Inoltre Cavendish ha fatto una volata nel gruppo principale al di sotto delle sue possibilità, forse dovuto al nervosismo che aveva dimostrato a circa 35-40 km dalla fine, quando ha visto che non c’era molta collaborazione e si era messo in prima persona a tirare.
Quindi come detto, l’Omega Pharma ha deluso in una delle corse di casa, dove partiva come pretendente alla vittoria finale con 2 carte importanti come Boonen e Cavendish da giocare.
Team Sky
La squadra inglese dopo la scorsa campagna acquisti aveva dimostrato lo scarso interesse per le Classiche del Nord lasciando Eisel praticamente da solo.
Eisel oggi si è fatto vedere davanti nella classica che più gli si addice e che aveva vinto nel 2010, ma il resto della squadra è risultata abbastanza anonima.
Da una formazione del calibro del Team Sky e della sua disponibilità economica quindi ci si aspetterebbe molto di più; ci sono molti buoni corridori per corse come la Gand, ma quello che manca è l’uomo di punta che faccia la differenza.
Amador
Questo ragazzo merita una citazione, perché veramente sta dimostrando doti di versatilità che di questi tempi stanno diventando veramente rari.
In pochi lo conoscono anche se corre da diversi anni nella Movistar, da quando si chiamava ancora Caisse d’Epargne.
Già l’anno scorso aveva fatto intravedere qualcosa, sia nelle corse a tappe che nelle Classiche.
Ma anche oggi sembrava a proprio agio, in una corsa che vedeva neve e freddo, il tutto non molto comune se vieni dalla Costa Rica.
Sicuramente sarà un nome che sentiremo ancora presto.
Italiani
Ed i nostri?
A parte Paolini che si è messo davanti al gruppo a dar cambi, probabilmente con in previsione il Fiandre, i nostri sono un po’ mancati.
Pozzato era nel gruppo principale, come molti altri big, ma almeno oggi non è apparso brillantissimo.
Quindi incrociamo le dita e speriamo che per le prossime corse del Nord le cose vadano meglio, con i nostri nelle posizioni che contano.
Michele Tomasi
CHIAMIAMOLA SAGAN(D) – WEVELGEM
marzo 26, 2013 by Redazione
Filed under 2) GAND - WEVELGEM, News
Prima vittoria in carriera in una grande classica per il fuoriclasse slovacco che, ancora con il dente avvelenato dopo i secondi posti a Milano-Sanremo e Gp Harelbeke, conquista la corsa fiamminga disputata con temperature polari staccando a 4 km dal traguardo i nove compagni di fuga, tra cui il fondamentale gregario Maciej Bodnar, con Borut Bozic che conquista la piazza d’onore davanti a Greg Van Avermaet. Abbandonano Fabian Cancellara per scelta tecnica e il campione uscente Tom Boonen rimasto vittima di caduta, mai nel vivo della corsa gli azzurri primo dei quali è Viviani 15°.
Foto copertina: per Sagan un successo che punta verso l’alto (Photopress.be)
Dopo lo spettacolare Gp Harelbeke dominato da Fabian Cancellara (RadioShack) davanti a Peter Sagan (Cannondale) e a una settimana dal Giro delle Fiandre la stagione delle classiche del Nord è proseguita con la 75a edizione della Gand-Wevelgem, che nelle ultime stagioni ha trovato questa nuova collocazione nel calendario dopo che in passato veniva tradizionalmente disputata a metà della settimana che separa la Ronde dalla Parigi-Roubaix: per la verità si è rischiato a causa delle abbonanti nevicate che hanno colpito il Belgio nelle ultime giornate che questa edizione venisse spostata in avanti di un giorno oppure addirittura cancellata ma alla fine si è corso regolarmente, sia pure su un tracciato accorciato a 190 km rispetto ai 235 originariamente previsti con la partenza spostata in avanti in località Gistel. Grandi favoriti alla vigilia erano considerati ancora Sagan, secondo un anno fa, e Cancellara oltre al duo dell’Omega-QuickStep composto da Marc Cavendish, uomo da battere in caso di arrivo in volata, e un Tom Boonen vittorioso nelle ultime due edizioni oltre che in quella del 2004 a caccia di una rivincita dopo un Gp Harelbeke chiuso al 7° posto senza però riuscire a competere con i migliori: accanto a loro al via anche Edvald Boasson Hagen e Mathew Hayman (Team Sky), André Greipel e Jürgen Roelandts (Lotto-Belisol), Yauheni Hutarovich (Ag2r), Borut Bozic e Maxim Iglinskiy (Astana), Lars Boom e Marc Renshaw (Blanco), il campione del mondo Philippe Gilbert e Thor Hushovd (Bmc), Arnaud Démare (Fdj), Tyler Farrar e Johan Vansummeren (Garmin-Sharp), Matthew Goss (Orica-GreenEdge), Alexander Kristoff (Katusha), José Joaquín Rojas e Francisco Ventoso (Movistar), John Degenkolb (Argos-Shimano), Matti Breschel (Saxo-Tinkoff), Juan Antonio Flecha e Björn Leukemans (Vacansoleil) e Heinrich Haussler (Iam Cycling) con i nostri Daniel Oss (Bmc), splendido 3° al Gp Harelbeke, Filippo Pozzato e Alessandro Petacchi (Lampre-Merida), Elia Viviani (Cannondale), Luca Paolini (Katusha), Giacomo Nizzolo (RadioShack) e Daniele Bennati (Saxo-Tinkoff) pronti a dire la loro.
La corsa è stata disputata in condizioni atmosferiche difficilissime con temperature anche al di sotto dello zero e un forte vento che ha fatto sentire la propria presenza, facendo sì che dopo pochi km il gruppo già si spezzasse in cinque tronconi con Boonen, Cavendish, Greipel, Sagan, Oss e Paolini rimasti nel plotoncino di testa composto da 26 unità mentre Cancellara, Flecha, Goss, Hushovd e Gilbert tra gli altri sono stati costretti a inseguire per 60 km prima di chiudere un gap che era arrivato vicino ai 2′ grazie soprattutto al lavoro della RadioShack e Pozzato, che si era fatto sorprendere rimanendo nel terzo troncone, è riuscito a sua volta a rientrare grazie al rallentamento che è seguito al rientro del gruppo di Cancellara: la corsa dello svizzero è però finita pochi km dopo quando, a termine di un colloquio con il suo direttore sporivo Dirk Demol, ha scelto di salire in ammiraglia evidentemente per non compromettere la preparazione per Fiandre e Roubaix. Un attacco in forze della Bmc in un tratto di vento laterale ha nuovamente spezzato il plotone con Sagan tra coloro che hanno perso qualche decina di metri ma questa volta l’azione si è esaurita in breve e immediatamente dopo il ricompattamento Flecha è scattato seguito da Matthieu Ladagnous (Fdj) e Assan Bazayev (Astana) arrivando a guadagnare poco meno di 1′ sul gruppo tirato dalla Cannondale, che si è dimostrata molto più solida e compatta rispetto alle aspettative e ha saputo competere alla pari con corazzate come l’Omega-QuickStep e la Bmc, prima che iniziasse la parte del percorso più impegnativa con 9 muri, su tutti il Kemmelberg da scalare per due volte, da scalare tra i -97 e i -42 dal traguardo prima del finale completamente pianeggiante. Sullo strappo del Baneberg è stato Gilbert, piuttosto anonimo in questo inizio di 2013, a smuovere le acque con Sagan, Boasson Hagen e Boonen pronti incollarsi alla sua ruota seguiti ma la corsa del fuoriclasse fiammingo terminerà di lì a poco in seguito a una brutta caduta poco prima del secondo passaggio sul Kemmelberg in cui ha battuto il ginocchio sinistro, anche se la partecipazione ai prossimi appuntamenti per lui non sembra essere a rischio. L’azione decisiva è arrivata a 57 km ad opera di Haussler, atleta che sembra aver trovato una nuova giovinezza con il trasferimento alla Iam Cycling, sul quale si sono portati Jens Debusschere (Lotto-Belisol), Bernhard Eisel (Team Sky), il sempre presente Greg Van Avermaet (Bmc), uno Stijn Vandenbergh (Omega-QuickStep) costantemente con i migliori da quando è iniziata la campagna del Nord, il sempre più sorprendente Andrey Amador (Movistar), un Borut Bozic ancora protagonista dopo il recente secondo posto nella recente Dwars door Vlaanderen alle spalle del nostro Oscar Gatto, uno Jaroslav Popovych (RadioShack) che sembra aver trovato nelle classiche del Nord il suo terreno ideale dopo aver abbandonato i sogni di fare classifica nei grandi Giri che aveva coltivato a inizio carriera e soprattutto la coppia della Cannondale composta da Sagan e dal forte cronoman polacco Maciej Bodnar, che si è messo a completa disposizione dello slovacco e con le sue trenate sarà determinante nell’impedire il ritorno del gruppo: i contrattaccanti si sono riportati su Ladagnous, Bazayev e un inesauribile Flecha, che ha comunque forzato ancora l’andatura sul Kemmelberg provocando il cedimento del kazako e mettendo in leggera difficoltà anche Haussler e Popovych che comunque sono prontamente rientrati, mentre dietro Omega-QuickStep, Lotto-Belisol e Blanco hanno atteso che arrivasse il tratto finale in pianura prima di iniziare l’inseguimento per non mettere in difficoltà i rispettivi velocisti ma quando iniziato a farlo il distacco dalla testa era già di 1′30” e si è rivelato impossibile da colmare.
Gli undici uomini al comando, rimasti successivamente in dieci per via di una foratura di cui è rimasto vittima Debusschere che verrà ripreso dal gruppo, hanno proseguito di comune accordo fino a 5 km dal traguardo, quando Bodnar dopo aver svolto il grosso del lavoro si è fatto da parte. Il primo a muoversi è stato Vandenbergh immediatamente seguito da Flecha e Sagan che a quel punto, memore forse di quanto accaduto alla Milano-Sanremo quando in una situazione analoga aveva atteso la volata in cui era stato battuto da Gerald Ciolek, malgrado fosse nettamente il più veloce allo sprint è partito in contropiede e, approfittando anche di un attimo di esitazione degli inseguitori, ha fatto subito il vuoto e ha continuato ad incrementare il vantaggio fino al traguardo, in cui si è prodotto in una delle sue tipiche esultanze un po’ sopra le righe e non troppo gradite da alcuni colleghi, primo fra tutti Cancellara, impennando la bici nel momento di varcare la linea bianca: l’impressione è che però lo svizzero e tutti gli altri dovranno rassegnarsi nei prossimi anni a subire la supremazia del fenomeno di Zilina, che sembra aver compiuto in questo 2013 il definitivo salto di qualità e che con questo successo alla Gand-Wevelgem ha rotto il ghiaccio anche in una grande classica dopo gli innumerevoli piazzamenti negli ultimi anni. La volata dei battuti giunti a 23” da Sagan ha visto prevalere Bozic su Van Avermaet, Haussler, un Flecha che avrebbe forse meritato la piazza d’onore per quanto fatto in precedenza, Ladagnous, Eisel, Vandenbergh, Popovych e Amador mentre il gruppo ha chiuso a 40” regolato da Greipel su Démare, Breschel, Kristoff e un Viviani 15° che ha salvato in parte l’onore del tricolore in una corsa in cui gli azzurri sono stati nel complesso molto deludenti a partire da Pozzato, ancora una volta mai nel vivo della battaglia come già era accaduto al Gp Harelbeke. La campagna del Nord proseguirà ora con la Tre Giorni di La Panne in programma dal 26 al 28 marzo prima dell’attesissimo Giro delle Fiandre che si disputerà domenica 31.
Marco Salonna
PAGELLE 2013: PROMOSSI E BOCCIATI DELLA MILANO – SANREMO
marzo 19, 2013 by Redazione
Filed under 1) MILANO - SANREMO, Approfondimenti
Magistrale Ciolek, ottime prestazioni anche di Chavanel e Stannard. Male invece gli italiani Nibali e Pozzato, grandi attesi della vigilia.
Foto copertina: Ciolek giù dal Poggio (foto Bettini)
Gerald Ciolek: fino a qualche anno fa, dopo il ritiro di Zabel, contendeva insieme ad Haussler il titolo di miglior velocista di Germania. Il secondo fu battuto da Cavendish alla Classicissima 2009 per pochi millimetri, al termine di una volata tiratissima mentre Ciolek, erede designato di Zabel nonché suo pupillo, nelle ultime stagioni si era un po’ perso. Nelle volate di gruppo nei Grandi Giri risultava molto spesso piazzato e quasi mai vincente forse perché gli mancava la potenza necessaria per competere con gli sprinter puri più forti al mondo. La Sanremo ha dimostrato, infatti, che Gerald non può essere considerato solo un velocista ma un atleta completo capace, dopo tanti chilometri percorsi al freddo sotto la pioggia, di resistere agli allunghi degli scattisti sul Poggio. Nella volata finale, poi, è emerso il suo istinto da velocista che gli ha permesso di “saltare” agevolmente lo slovacco Sagan, autore di una volata totalmente sbagliata. Voto: 10 e lode
Peter Sagan: il secondo posto costituisce il meritato riconoscimento per chi, come lo slovacco, non dimostra rispetto per gli avversari in gara. Sempre smargiasso e un po’ arrogante, anche in questa Sanremo ha aspettato che altri ciclisti prendessero l’iniziativa per poi, eventualmente, batterli in volata. Molto lesto nel seguire Paolini e Cancellara sul Poggio, sperava che quest’ultimo si mettesse come suo solito in testa a tirare a tutta fin sul traguardo, per poi ripagare questa generosità bruciandolo sulla linea del traguardo. Invece, lo svizzero quest’anno (memore delle due passate edizioni) ha collaborato con il gruppetto degli attaccanti ma con meno foga e così lo slovacco ha dovuto esporsi maggiormente per riuscire a tenere compatto il drappello fin sull’arrivo. In volata, poi, ha incredibilmente sottovalutato le potenzialità di Ciolek (che, da bravo velocista, gli si era incollato a ruota) impostando un lungo sprint e partendo spavaldamente dalla testa del gruppo, nell’assoluta certezza di poter comunque battere tutti. Con questa sbruffoneria non si vincono le corse, né tantomeno una gara difficile e ambita come la Classicissima. Voto: 8
Fabian Cancellara: l’impressione è che nelle ultime due stagioni abbia perso parte della potenza che lo ha reso famoso e questo spiegherebbe la condotta di gara meno arrembante tenuta alla Sanremo. Oltre a questo aspetto è necessario, tuttavia, sottolineare il fatto che tra lo svizzero e Sagan non corre buon sangue e quindi per nessuna ragione Cancellara avrebbe favorito una vittoria dello slovacco. Inoltre, già nelle edizioni 2011 e 2012 la Locomotiva di Berna era stata beffata proprio sul traguardo da avversari che, in entrambe le occasioni, avevano sfruttato indecorosamente la sua generosità. Conquista comunque un podio prestigioso che non può non confortarlo in vista delle sue classiche preferite: Giro delle Fiandre e Parigi – Roubaix. Voto: 8
Luca Paolini: senza questa vecchia guardia del ciclismo molto probabilmente il drappello di uomini che è giunto a giocarsi la corsa non si sarebbe mai formato. Infatti è stato proprio il lombardo a dar fuoco alle polveri sul Poggio, e nel momento dello scatto abbiamo intravisto lo stesso corridore che risultò fondamentale per la conquista della Sanremo 2003 da parte di Bettini. Purtroppo gli anni passano e Luca ha perso parte dello spunto veloce che aveva un tempo e nella volata finale non è riuscito a cogliere un risultato migliore di un pur ottimo quinto posto. Voto: 7,5
Sylvain Chavanel: protagonista dell’azione più pericolosa condotta tra Cipressa e Poggio. Se si fosse risparmiato maggiormente, magari evitando di rispondere alla forte progressione di Stannard su quest’ultima salita, avrebbe potuto resistere al rientro degli inseguitori. Coglie comunque un onorevole quarto posto che fa ben sperare il francese in prospettiva delle classiche fiamminghe. Voto: 7,5
Ian Stannard: questo massiccio ciclista britannico è tra i promotori, insieme a Chavanel, di un’ottima azione fin sul Poggio. Nonostante abbia corso tutta la gara come punto di appoggio per il capitano Boasson Hagen, mette addirittura in difficoltà il transalpino su di un terreno, la salita, apparentemente sfavorevole alle sue caratteristiche fisiche. Stannard rappresenta l’ennesima sorpresa che ci ha riservato una formazione, quella del Team Sky, sempre più protagonista assoluta del ciclismo internazionale. Voto: 7,5
Vincenzo Nibali: sperava di correre la Sanremo sotto la pioggia così da veder esaltate le sue doti da discesista. Purtroppo per il siciliano, insieme alla pioggia, è sopraggiunto un freddo artico che lo ha costretto ad abdicare. Voto: 5
Philippe Gilbert: giunto all’appuntamento con la Classicissima ancora un po’ in sovrappeso, prova ad anticipare gli altri favoriti, promuovendo un’azione prima di affrontare la salita del Poggio. Purtroppo il suo tentativo è naufragato prima ancora di imboccare lo strappo. Voto: 5,5
Mark Cavendish: evidentemente a suo agio con pioggia e freddo, è tra i pochi velocisti (Petacchi, Goss – Voto: 4) a resistere fin sul Poggio. Il risultato finale non premia la sua tenacia ma la sua prova è comunque da apprezzare. Voto: 5,5
Filippo Pozzato: aveva dichiarato alla vigilia di essere in ottima forma, bisogna sperare che si sia sbagliato. Infatti, dopo essere riuscito a rientrare sul gruppetto degli attaccanti (fra cui Gilbert) lungo la discesa della Cipressa, speravamo di vederlo attaccare sul Poggio. Invece, non solo non ha promosso nessuna azione, ma non è stato nemmeno capace di reggere il ritmo imposto da Paolini. Voto: 4,5
Tom Boonen, Thor Hushovd, Edvald Boasson Hagen: questi imponenti ciclisti del nord, amanti delle condizioni estreme che si trovano spesso nelle Classiche fiamminghe, si sono arresi all’eccezionale ondata di maltempo che si è abbattuta sulla Milano – Sanremo. Voto: 3
Francesco Gandolfi
gandolfi.francesco@libero.it
A CIOLEK UNA SANREMO DA TREGENDA
marzo 17, 2013 by Redazione
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Il tedesco della MTN-Qhubeka conquista a sorpresa la 104a Milano – Sanremo, funestata da pioggia e neve, al punto da indurre gli organizzatori a tagliare il Passo del Turchino e la salita delle Manie. Beffato negli ultimi metri Peter Sagan, perfetto fino allo sprint, lanciato invece con eccessivo anticipo. Completa il podio Fabian Cancellara, promotore, insieme a Luca Paolini, dell’azione che sul Poggio ha rintuzzato un pericoloso attacco di Chavanel e Stannard.
Foto copertina: Gerald Ciolek brucia Peter Sagan sul lungomare sanremese (foto Roberto Bettini)
E’ una delle edizioni più controverse che si ricordino quella che ha segnato il passaggio della Milano – Sanremo dal sabato alla domenica, scelta che forse nessuno immaginava potesse pesare tanto sullo sviluppo della gara. Si fosse corso ventiquattro ore prima, la Classicissima 2013 si sarebbe infatti disputata in condizioni meteo del tutto normali, sul tracciato previsto, e con un parterre di favoriti comprendente non meno di una ventina di nomi. Ad accogliere i corridori alla partenza, stamane, è stato invece un freddo ben poco primaverile, accompagnato da un misto di pioggia e neve che non lasciava presagire nulla di buono per il transito sul Passo del Turchino, abbondantemente imbiancato.
A dispetto del malcontento degli appassionati, ed in particolare di coloro che ricordano alcune epiche battaglie sotto la neve di alcuni decenni or sono (si pensi alla Liegi 1980, passata alla storia come Neige-Bastogne-Neige), e senza particolari lamentele da parte degli interpreti, gli organizzatori hanno così optato per una drastica soluzione: stop alla corsa ad Ovada, dopo 117 km di gara, e ripresa a Cogoleto, per percorrere ancora 126 km, con trasferimento in pullman e congelamento dei distacchi (gioco di parole non voluto) fra i battistrada e il gruppo. Una scelta tutto sommato comprensibile nell’ottica della salvaguardia della sicurezza dei corridori, pensando soprattutto all’eventuale discesa innevata; meno condivisibile invece il taglio della salita delle Manie, motivata come tentativo di venire incontro agli atleti, provati dal maltempo.
Per assistere al vero avvio della Milano – Sanremo si sono così dovute attendere le ore 15, allorché la giuria ha dato via libera a Maxim Belkov, Lars Yitting Bak, Matteo Montaguti, Diego Rosa, Filippo Fortin e Pablo Lastras, evasi dopo una decina di chilometri e giunti all’interruzione con 7’10’’ di margine sul plotone. Con il medesimo ritardo è ripartito dunque il gruppo, privo però di possibili protagonisti quali Nordhaug, Terpstra, Slagter e, soprattutto, Tom Boonen, che hanno preferito non ripartire. E mentre i colleghi riprendevano a pedalare, il quattro volte vincitore della Roubaix ha rilasciato dichiarazioni assai allarmanti, secondo le quali sarebbero ripartiti da Cogoleto anche atleti ritiratisi precedentemente, il cui abbandono non era però stato formalizzato.
Nell’attesa di verificare se troveranno riscontro le parole del belga, che getterebbero non poche ombre sulla trasparenza dell’organizzazione, non resta che raccontare quel che restava di una corsa quanto mai anomala, se non altro perché di fatto spezzata in due semi-tappe. Fortin perdeva contatto dagli altri fuggitivi a 76 km dal traguardo, mentre dava forfait anche il vincitore dell’edizione 2011, Matthew Goss. Nella zona dei Capi, a lasciare sono stati Thor Hushovd e, soprattutto, Vincenzo Nibali, estromesso da condizioni meteo non troppo dissimili da quelle che pochi giorni fa avevano favorito la splendida azione con cui aveva mandato gambe all’aria Froome e il Team Sky, ribaltando la Tirreno – Adriatico.
La fuga dei coraggiosi della prima ora si è esaurita a 31 km dal traguardo, poco prima che, all’imbocco della Cipressa, una caduta obbligasse a depennare anche Tyler Farrar dalla lista dei papabili vincitori. Proprio lì, come prevedibile, i big hanno cominciato a muoversi; non tanto sulla salita, animata da timidi allunghi di Roelandts, Chavanel e Bouet; quanto piuttosto nella successiva discesa, dove Gilbert ha chiamato in avanscoperta un drappello che non è però riuscito a trovare accordo. Fra i presenti, Chavanel, Stannard e Vorganov sono stati i più lesti ad approfittare della fase di stallo, allungando ulteriormente, e costruendo in breve un margine di 25’’ difeso fino all’imbocco del Poggio.
Il russo ha ceduto dopo poche pedalate all’insù, mentre Chavanel e Stannard, pur scattandosi reciprocamente in faccia più di una volta, hanno a lungo dato l’impressione di poter resistere fino a Sanremo. A sventare un arrivo della coppia hanno provveduto invece Moser, sotto il cui impulso sono stati riassorbiti Vorganov e il contrattaccante Iglinskiy, e soprattutto il duo Paolini – Cancellara, promotori in quest’ordine di accelerazioni cui hanno saputo replicare soltanto Pozzato, Sagan e Ciolek.
Con 7’’ di differenza tra i due gruppetti in cima all’ultima salita, a consentire il ricongiungimento sono state le doti di discesista dello slovacco, che ha riportato sotto i compagni d’avventura e fatto fuori Pozzato, incredibilmente incapace di chiudere i pochissimi metri che lo separavano da Paolini allo scollinamento.
Terminata la picchiata, è stato ancora il baby-fenomeno Cannondale il primo a provare l’allungo, imitato poco dopo da un disperato tentativo di Stannard, rintuzzato di nuovo dal favorito numero uno della vigilia. Al prezzo di quelli che, con il senno di poi, sono forse stati due fuori-giri di troppo, il 23enne di Zilina si è così ritrovato sul rettilineo d’arrivo esattamente dove voleva essere, con i pochi velocisti più quotati di lui ormai ben distanziati. Con la tavola apparecchiata per mettere le mani sulla prima classica monumento della carriera, Sagan ha invece gettato al vento un trionfo annunciato con un madornale errore di scelta di tempo: stuzzicato da un tentativo di volata lunga di Chavanel, Peter ha lanciato lo sprint a non meno di 250 metri dalla linea bianca, con a ruota Gerald Ciolek, di gran lunga il cliente più scomodo del drappello. La rimonta del tedesco è stata lenta, ma l’anticipo con cui lo slovacco aveva avviato la sua progressione ha lasciato al 26enne di Colonia tempo e spazio per completarla, sia pure poco prima del colpo di reni.
Terzo, parzialmente consolato per l’ennesimo piazzamento nella Classicissima dalla sconfitta del grande favorito, con il quale i rapporti non sono idilliaci, Fabian Cancellara, da cui nel finale ci si attendeva un ulteriore attacco, di fatto mai concretizzatosi. Chavanel, Paolini e Stannard hanno occupato le posizioni dalla quarta alla sesta, anticipando di pochi metri Taylor Phinney, autore di una mostruosa progressione nei chilometri finali, con la quale ha messo tutto solo 14’’ fra sé e il gruppo, regolato da Kristoff su Cavendish e Eisel.
Con sollievo, si può concludere che le condizioni a dir poco anomale non hanno impedito ai più forti fra i superstiti di arrivare a giocarsi la Sanremo, con pioggia e freddo a compensare l’eliminazione di due passaggi chiave della corsa e la riduzione del chilometraggio. Crediamo di poter affermare però che, con Turchino e Manie, avremmo assistito a qualcosa di diverso; e se pensare che in altri tempi la gara sarebbe stata disputata regolarmente non rende necessariamente sbagliato il taglio del primo, si intravede almeno nella soppressione della seconda ascesa un eccesso di cautela o di clemenza.
Matteo Novarini
IL FANTASMA DI VINOKOUROV NEL CUORE DELLE ARDENNE
aprile 24, 2012 by Redazione
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La Decana delle Classiche, giunta alla sua 98ª edizione, premia la sagacia tattica degli atleti Astana che concludono, grazie al trionfo di Iglinsky e al terzo posto di Gasparotto, una settimana fantastica iniziata con il successo all’Amstel Gold Race, di domenica scorsa, dello stesso atleta italiano. Punita, invece, l’esuberanza di Vincenzo Nibali che, dopo una splendida azione, si “pianta” letteralmente nel finale di gara. Prove del tutto deludenti hanno offerto i fratelli Schleck e Philippe Gilbert.
Foto copertina: Iglinskiy bacia il trofeo spettante al vincitore nella “Doyenne” (foto Bettini)
Maxim Iglinsky: il tenace atleta dell’Astana, che avevamo imparato ad apprezzare per le sue qualità di “solido” ciclista da pavé, oggi si è confermato come uno degli elementi migliori usciti dalla grande scuola del ciclismo kazako la quale ha, ovviamente, in Alexandre Vinokourov il proprio punto di riferimento. Anche se quest’ultimo (impegnato al Giro di Turchia per affinare la gamba in vista dell’imminente Giro d’Italia) non ha potuto essere al via di quella che può essere considerata a pieno titolo la “sua” corsa (ha trionfato nel 2005 e nel 2010), deve aver dato ottimi consigli ai ragazzi del team, almeno a giudicare da come hanno interpretato questa settimana di Grandi Classiche. In particolare Iglinsky, che si era già dimostrato in ottime condizioni di forma sia all’Amstel che alla Freccia, è stato impeccabile: ha saputo sfruttare alla perfezione la superiorità numerica creatasi nel finale di gara ed è stato bravissimo nel gestire le energie, ben consapevole che alla Liegi gli sforzi inutili o gli eccessi si pagano sempre. Freddezza e lucidità in corsa sono sempre state le principali caratteristiche di Vinokourov e lo stesso modo di pensare e di agire del “Capo” lo hanno ereditato i suoi corridori. Voto: 10
Vincenzo Nibali: al Giro di Lombardia della passata stagione aveva entusiasmato tutti grazie all’azione solitaria iniziata sul Ghisallo, dove era riuscito a fiaccare le resistenze di Gilbert con una progressione memorabile. All’euforia era poi seguita la delusione, nel momento in cui la fuga del siciliano era stata annullata. Oggi si è riproposta una scena analoga sulla salita “dei Falconi” quando l’atleta Liquigas, dopo due rasoiate assestate per bene, è riuscito a sbarazzarsi della compagnia dello stesso Gilbert e di Vanendert e sembrava destinato a conquistare la Doyenne. Peccato che si sia riproposto anche il medesimo epilogo del Lombardia, con Iglinsky, capace di riprendere e staccare di netto il siciliano ormai esausto. La sensazione è che l’atleta non sappia ben gestirsi, a differenza di chi l’ha battuto quest’oggi, nei finali di gara (probabilmente la “cotta” è stata causata da scarsa alimentazione) e in particolare quando si trova in fuga solitaria. È essenziale, per un atleta dalle sue caratteristiche, porre subito rimedio a questo deficit tattico se vorrà un giorno vincere una Grande Classica, dato che, non essendo veloce, si troverà sempre costretto a provare ad anticipare i suoi avversari con azioni da lontano. Bisogna solo augurarsi che ora i tecnici della squadra lo selezionino per il Tour de France e non per il Giro d’Italia, dal momento che difficilmente potrebbe mantenere questo stato di forma fino al termine della corsa rosa. Voto: 8
Enrico Gasparotto: dopo il successo all’Amstel arriva anche questo inaspettato terzo posto alla Liegi. Molto bravo nello svolgere il ruolo di stopper per favorire il compagno di squadra Iglinsky, ormai in fuga da qualche chilometro, è stato capace di compiere una bellissima progressione al termine della Cote di Ans. Se vederlo tra i primi sui muri che caratterizzano la classica olandese non è stata una novità, trovarlo battagliare per vincere questa corsa monumento è stata l’ennesima, piacevolissima sorpresa che ci ha riservato il ciclista veneto questa settimana. Al termine di questa campagna del Nord ci troviamo, cioè, di fronte ad un atleta maturo, sicuro dei propri mezzi, in grado di resistere anche sui percorsi più esigenti e su cui potremo contare nei prossimi anni. Voto: 8
Thomas Voeckler: davvero encomiabile la grinta dell’alsaziano che, in evidente ottimo stato di forma,viene messo fuori gioco a causa di un problema meccanico che lo obbliga a profondersi in uno sforzo inutile per poter rientrare nel gruppo principale. Nonostante questo, da suo solito, non s’è perso d’animo, ed è andato a cogliere il suo più bel risultato (quarto all’arrivo) in una delle classiche più importanti del calendario internazionale. C’è da credere che, se non avesse avuto quell’incidente, sarebbe stato il primo a scattare lungo il falsopiano che segue la Roche aux Faucons, il quale sembra disegnato apposta per le sue caratteristiche tecniche. Voto: 7
Daniel Martin: è sicuramente un gran fondista, sul Saint Nicolas si dimostra uno dei più freschi e si rende protagonista di una importante progressione proprio sulla “salita degli italiani”. La vittoria nella Tre Valli Varesine di qualche anno fa non è stato, evidentemente, un caso. Data la giovane età potrà sicuramente, in un futuro ormai non lontano, ottenere la vittoria nella corsa. Voto: 6
Michele Scarponi: al di là dell’ottavo posto finale raggiunto, quello che è importante evidenziare è la condizione in vista del prossimo Giro d’Italia, obiettivo numero uno dello scalatore marchigiano. I segnali dati sono incoraggianti e, anche se sulle ultime salite, la pedalata è un po’ legnosa, il tempo per migliorare c’è. Questo piazzamento rappresenta un’ottima base su cui lavorare. Voto: 6
Samuel Sanchez: quest’anno doveva assolutamente far sua la corsa, o almeno essere lì a giocarsela con i migliori, dato che ormai le primavere del corridore spagnolo sono 34 e le possibilità di vincere la Liegi nei prossimi anni sono davvero ridottissime. Come possibile attenuante della mediocre prova dell’olimpionico bisogna segnalare l’inconveniente meccanico occorsogli a circa 50 km dal traguardo, ma è davvero deludente vedere un ciclista del suo calibro concludere la gara con un misero settimo posto, al termine di una corsa a dir poco opaca. Voto: 5,5
Damiano Cunego: com’era ampiamente prevedibile, purtroppo, il Giro del Trentino, invece di servire come preparazione in vista della Liegi, lo ha debilitato. Le pendenze estreme di Punta Veleno e il freddo proibitivo del Passo Pordoi gli hanno tolto brillantezza, lo hanno privato di quella scioltezza e ritmo di pedalata necessari a vincere una gara impegnativa come la Decana. Bisogna chiedersi chi sia il responsabile della preparazione del veronese, dato che sarebbe stato molto più opportuno, e chiunque lo avrebbe capito, fargli correre la Freccia Vallone. Forse anche la pressione psicologica del pre-gara può avere contribuito alla cattiva prestazione del ciclista, dal momento che spesso ha dimostrato una certa fragilità sotto questo profilo. Voto: 4,5
Joaquim Rodriguez: quando le gare non si concludono su vere e proprie “rampe da garage” ma presentano caratteristiche tali da premiare i corridori più fondisti e completi del plotone, il ciclista spagnolo dimostra di soffrire. Sempre più specialista dei “muri” e sempre meno ciclista versatile, conclude lontano dai primi una gara in cui alla vigilia era dato tra i favoriti. Voto: 4
Frank Schleck: capitano designato della squadra per questa Liegi, nonostante anche il fratello Andy (a disposizione di Frank quest’oggi, voto: 6) lo dia in grande spolvero, non riesce minimamente a reggere il ritmo dei più forti nelle fasi calde della corsa. Delusione totale. Voto: 4
Jelle Vanendert: dopo aver messo alla frusta la sua squadra (Lotto, voto: 9), viene letteralmente sfiancato dalle sfuriate di Nibali sulla “salita dei Falconi”. Non va oltre il 10º posto. Voto: 5
Philippe Gilbert: corre davanti tutta la gara ma quello che ci troviamo di fronte appare davvero il Gilbert “vecchia maniera”, il ciclista che conoscevamo prima del biennio 2010-2011, tant’è vero che dopo aver provato invano a seguire Nibali nella sua azione, conclude ben lontano dai primi. Interrompe il trend positivo che sembrava vederlo in netta crescita nelle ultime gare. Voto: 4
Alejandro Valverde: come Samuel Sanchez e Voeckler, anche lo spagnolo ha avuto un incidente meccanico ma, a differenza di questi ultimi, non è stato in grado di rientrare nel gruppo dei migliori, a testimonianza del fatto che la condizione non gli avrebbe comunque permesso, al di là dell’inconveniente, di giocarsi la sua terza Liegi. Voto: 3
Francesco Gandolfi
GRAZIE VINCENZO. A IGLINSKY UNA LIEGI (QUASI) GRIGIA
aprile 22, 2012 by Redazione
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Il kazako Iglinsky vince meritatamente un’edizione sottotono della Liegi, ravvivata quasi esclusivamente dalla strepitosa azione solitaria di Vincenzo Nibali, che attacca sulla Roche aux Faucons e resiste fino alla flamme rouge, concludendo comunque secondo.
Foto copertina: Nibali taglia il traguardo di Ans (foto Bettini)
Una Liegi grigia, uggiosa, trafitta qui e là da qualche raggio di sole. L’obiettivo della telecamera spesso si appanna, metafora di una situazione confusa, della nebbia di una battaglia che diventa mischia disordinata, così come trasmette la stessa deprimente sensazione la disastrosa informazione sui distacchi fornita dall’organizzazione di corsa. Nella foschia vaporosa di un gruppo polverizzato in mezzi favoriti e stelle cadute, privo di fari, si accende di improvviso la fiamma di Vincenzo Nibali, che realizza un’azione limpida, pura, lineare, e che verrà abbattuto solo dalla scheggia impazzita Iglinsky, fornito di una gran gamba, ma sparato verso la vittoria da una situazione tattica addirittura folle.
Andiamo con ordine: prima del via già assistiamo a un fatto sconcertante, la caduta di Igor Antón con tanto di frattura della clavicola. Colui che, prima della partecipazione decisa all’ultima ora di Samuel Sanchez, era il capitano della Euskaltel, finisce la sua gara prima di cominciarla. Parte una fuga a tre, nella quale va segnalata presenza dell’italiano Cataldo, unico che poi resisterà strenuamente quasi fino alle fasi calde della Rocca dei falchi: fuga pressoché irrilevante, se non per il fatto che servirà da testa di ponte per il rientro di due uomini importanti, un Rolland in bello spolvero che gioca d’anticipo per supportare il capitano Voeckler, e l’inossidabile Kyrienka, potenziale pedina per Valverde ma forse – vista l’abitudine alle lunghe gittate – già alternativa precauzionale. Dopo la Redoute resisteranno solo questi ultimi due “nuovi arrivati”, più Cataldo, al gancio ma cocciutamente presente.
Sulla Redoute, come ormai da anni è consuetudine (ma grazie al nuovo tracciato il problema è tutt’altro che drammatico), accade poco. Quel poco che accade è un nuovo rovescio della sorte, con Valverde appiedato da un problema meccanico proprio all’imbocco della salita, costretto a prendere la bici da un compagno e tentare un inseguimento semidisperato. In precedenza un rientro faticoso ma coronato da successo (pagato forse in tossine nelle gambe) era toccato a Samuel Sanchez. Anche Voeckler accusa qualche problema, ma lui sì potrà riportarsi sui migliori. Davanti Gilbert corra da leader, impiegando i due “Van” – Van Avermaet e Van Garderen – per scandire un ritmo assai sostenuto che impedisce sortite di seconde linee. A parte i problemi meccanici di cui abbiamo detto, a farne le spese sono più di tutto gli Schleck, con Andy che affonda miseramente e Frank che a stento sopravviverà, ma solo fino ai primi metri della salita successiva. Non ci sarà gara per loro e la Radioshack, che aveva molto lavorato, resta con il solo Monfort come capitano. Ben in vista invece, dietro Gilbert, Vanendert, Joaquim Rodriguez, Cunego, parecchie maglie Astana. Non tutte le impressioni della Redoute, tuttavia, troveranno riscontri.
Da qui l’andatura resta comunque sostenutissima, e in un baleno arriviamo alla Roche, vero snodo della gara. Si parte con un’accelerazione di Santambrogio che già screma il gruppo dagli uomini veloci ancora presenti, come Freire o Rojas, ma anche da Gesink (sempre più in crisi dopo i problemi personali degli anni scorsi), Visconti (se ancora qualcuno intravede per lui opzioni a questo livello), Chris Sorensen e Kroon (notte fonda in termini di punti UCI per Riis), Gerrans (effetto Australia, come già per Goss: ottimi atleti, senz’altro, ma i cui picchi godono di una stagione “con fuso orario” in termini di forma anticipata) e molti altri.
La vera selezione, però, la fa Vincenzo Nibali, con una prima frustata alla quale replicano assai faticosamente Gilbert, Vanendert e, più dietro, Mollema. Si è trattato solo di un “assaggio”, ma ha già procurato l’indigestione a molti: Cunego si dissolve, Joaquim Rodriguez arranca, Samuel Sanchez resta attardato, Scarponi occhieggia nelle retrovie. Come vedremo, però, non necessariamente la scelta di non replicare immediatamente si rivelerà erronea. A fine gara, scopriremo che della top five di giornata, il solo… Nibali (!) era in prima fila in questi momenti. Gli altri pagano caro. Gilbert si rassegnerà alla propria forma latitante con un finale mesto, Vanendert, nonostante l’ottima condizione, stenterà a finire nei dieci, Mollema, pure parso brillante, è quello che se la caverà meglio, con un opaco sesto posto. In questo senso la prestazione di Nibali acquisisce ancor più lustro, rimarcando una differenza qualitativa sostanziale rispetto al resto del parco partecipanti, anche perché, come abbiamo detto, quest’anno il livello degli iscritti era per vari versi appannato (senza con ciò togliere nulla a chi oggi ha spiccato).
Vincenzo contempla gli esiti del suo operato, e si lancia in un’altra micidiale progressione che sbriciola ulteriormente la compagine dei migliori. La scossa decisiva arriva tuttavia nel punto migliore, il falsopiano fatale con cui corona lo strappo. Qui le sagome degli avversari scompaiono disperatamente e miseramente nel punto di fuga dell’inquadratura, e il corridore siciliano comincia un’esaltante cavalcata solitaria. Posizione in sella splendida, pedalata rotonda ma non frenetica e assai efficace. Il distacco comincia a salire.
Dietro si agglomera un gruppetto di quasi venti corridori, a testimonianza di un livello invero appiattito. Un gruppetto che, a dispetto della logica e della tattica, si comporterà come una macchia di mercurio, disfandosi e ricomponendosi in sottogruppi, attacchi e contrattacchi, improvvisate e sonore dormite. A dirla tutta, se la situazione non fosse stata così scomposta, le speranze di Nibali sarebbero state poche. A meno di strampalate congiunture astrali come quella che permise la vittoria ad Andy Schleck (la media che il gruppo inseguitore tenne nel tratto di discese e falsipiani favorevoli fu di 39km/h circa: dei discreti cicloamatori avrebbero fatto meglio), con alle proprie spalle un assieme relativamente numeroso e, quel che più conta, molto strutturato in squadre chiave, la fuga è impresa impervia. Essendo presenti numerosi gregari, specie se “indubbiamente” gregari, ci si accorda, e sacrificando un uomo per squadra si fa velocità. Diverso sarebbe se nel gruppetto restassero solo capitani, ad esempio, perché nessuno vorrà rischiare di lavorare per la vittoria altrui…
Ma qui Rodriguez disponeva di Dani Moreno, Vanendert di Van den Broeck (capitano altrove, ma di sicuro non qui, non in questa situazione di corsa), Voeckler aveva Rolland (probabilmente più forte, ma già spremuto in fuga, e dunque ormai sacrificabile senza rimpianti), Martin aveva Hesjedal (un altro gregario “di lusso”, ma indubitabilmente subordinato a un corridore più scattista come Martin).
Caso a parte quello della Astana, in superiorità schiacciante con Gasparotto, Iglinsky e Kiserlovski. Qui sì che paradossalmente la superiorità numerica rendeva vantaggioso promuovere l’anarchia, perché altrimenti le altre squadre avrebbero potuto imporre proprio all’Astana uno sforzo maggiore, fino al momento in cui si fosse ristabilita la parità. Per gli altri, però, la convenienza era solo per un’azione congiunta ad alto ritmo, che portasse i capitani a giocarsela alla pari sulle rampe conclusive: a maggior ragione perché lo sparpaglio avrebbe favorito, come di fatto è accaduto, il team kazako.
Tutto il contrario. Probabilmente si assommano vari fattori: il timore per lo spauracchio Gilbert e per la rapidità di Gasparotto, da cui una diffusa volontà di isolarli, risultato attuabile solo disgregando il gruppo a suon di scatti; in più, una fiducia forse non proprio alle stelle verso gli apparentemente ovvi “capitani” al momento di dover bruciare i “gregari di lusso”; aggiungiamoci pure, anche se è difficile esserne certi, l’effetto delle sempre più incontrollabili regole UCI sui punteggi, che portano molti a correre per il piazzamento e non per la vittoria. L’esito è il caos più assoluto, con un incessante gioco al gatto e al topo che dopo innumerevoli giri del bussolotto proietta in avanti la strana coppia Rodriguez – Iglinsky. Così però il vantaggio di Nibali arriva fino ai 45”, un margine che di fatto permetterebbe una più che meritata vittoria.
Ma la stessa follia che ha permesso a Vincenzo di prendere il largo per la destrutturazione dell’inseguimento, manifestandosi in forma quasi opposta, materializzerà il dardo che abbatterà il siciliano. Difatti, benché Iglinsky non collabori minimamente all’azione, Rodriguez si danna l’anima, fuori da ogni appropriatezza tecnica (lui, in pianura!) e strategica, per dare fiato al contrattacco. Iglinsky ringrazia di tutto cuore, e speriamo che a fine gara abbia dato almeno una bella pacca sulle spalle all’atleta spagnolo. Spremendosi in questo modo, in effetti, Joaquim non ha nessunissima speranza di rimanere poi competitivo sulle rampe del Saint Nicolas. Non per niente beccherà in tutto un minuto da Iglinsky, ma, quel che la dice ancora più lunga sulla sciaguratezza della scelta, verrà bellamente passato e lasciato a mezzo minuto da tutti, e diciamo tutti, gli uomini del gruppetto, tolti Van den Broeck, spompatosi in un delirante inseguimento solitario (ma piuttosto tirare per Vanendert, o almeno tirargli la volata, era così sgradito?), e Gilbert, che si lascia andare alla deriva tra l’affetto incondizionato dei tifosi.
Davvero non troviamo una spiegazione a un gesto fuori da ogni logica ciclistica, ben diverso da quelli compiuti da Cancellara, che garantendo il successo della fuga alla Sanremo si assicurava comunque un piazzamento, e magari un pur piccola chance – altrimenti inesistente – di vincere. Qui siamo al viceversa.
Alle prime rampe del Saint Nicolas, Iglinsky si mette in testa e si fuma il Purito. Qui accade un altro episodio che dice molto di una gara sconclusionata sotto tutti i punti di vista: i distacchi forniti dall’organizzazione perdono il contatto con la realtà, continuano a riferirsi a un gruppo arretrato, senza specificarlo, e ignorano del tutto Iglinsky. Sarebbe cambiato qualcosa per Nibali? Probabilmente no, un po’ perché ci auguriamo che i diesse in auto facciano come i più pessimisti tra i telespettatori, cioè prendano manualmente il distacco, un po’ perché a quel punto c’era ben poco da fare: un uomo in fuga solitaria da oltre 20km, che ha maturato la fuga stessa con ben tre scatti di cui almeno un paio veramente ficcanti, può ben poco contro un onestissimo corridore (vincitore ad esempio di una gara dall’albo d’oro corto ma pesante come l’Eroica), che oltretutto è stato ininterrottamente a ruota fino al finale di gara. Comunque la mancanza di professionalità dell’organizzazione ASO suona davvero penosa, specie alla luce dei precedenti al Tour con distacchi inventati di sana pianta e con cartografia e altimetrie partorite da menti fin troppo creative (talora con esiti sullo svolgimento stesso della gara).
Parlando di “se” e di “ma”, avrebbe fatto meglio Vincenzo, il più forte oggi in comproprietà con il kazako e Gasparotto, ad attendere le ultime ascese per attaccare? Difficile dirlo, sinceramente da un punto di vista personale crediamo di no. Non scordiamo che sui tratti più duri della Rocca dei falchi un comunque non brillante Gilbert ha tenuto la ruota, mentre altri si sono gestiti sapendo del recupero che sarebbe seguito. La differenza Vincenzo l’ha fatta all’ennesimo scatto, nel soffocante falsopiano. Lo spazio sul Saint Nicolas, e a maggior ragione ad Ans, sarebbe stato troppo esiguo.
Glissiamo con un’ellissi il momento davvero amaro in cui Iglinsky, dalle parti della flamme rouge che contraddistingue l’ultimo km, mette nel mirino Nibali, se lo mangia, e tira dritto vincendo con una corposa ventina di secondi. Amaro non tanto per nazionalismo, ma per il tifo che sempre ci ingenera un’azione bella e coraggiosa. Il fatto che Nibali regga comunque per fare secondo, come già fece terzo alla Sanremo (lì fu il primo atleta da GT a podio in un paio di decenni, dai tempi di Fignon, Bugno e Chiappucci!), dice di azioni che portano sì il marchio dell’atleta, che ci ha abituato a tentativi d’altri tempi certo arrischiati, ma che hanno un livello di concretezza e spessore più significativo rispetto a quanto visto nella tappa del Gardeccia o al Lombardia, dove la conclusione aveva gettato un’alone di velleitarietà sull’impresa. Qui no, qui si è tratto di scelte che imboccavano l’unico cammino possibile verso la vittoria per un’atleta, ahilui, poco dotato di quelle fibre che rendono bruciante lo scatto, sia esso sul traguardo o mirato a fare un buco secco. Un cammino che non è giunto a termine, ma davvero per poco, e qui per una combinazione della sorte, e non per “necessità” come allo Sanremo, dove a esser tre si era pur sempre troppi perché Vincenzo vinca…
Degli altri attori di giornata abbiamo già detto qualcosa per ciò che concerne un Gilbert orgoglioso ma ancora offuscato, e un Joaquim Rodriguez mandato in delirio forse dal freddo. Abbiamo nominato altri protagonisti, tra i quali va sottolineata la bella prova di Gasparotto, che vince la volatina e agguanta un prestigioso podio per mettere la ciliegina alla torta Astana, ma anche a una giornata finalmente non così cupa per l’Italia, anche se secondo e terzo non sono i posizionamenti finali migliori… C’è poi Scarponi buon ottavo, che fa fruttare un Trentino fatto davvero come allenamento (e non come Cunego, invece malamente 35.esimo; speriamo che questo modo confuso di programmare gli obiettivi, che già tanti danni gli ha fatto, possa essere corretto). Ma non dobbiamo ignorare un pimpante Nocentini a ridosso della top ten. Scarponi e Nocentini hanno pagato l’isolamento, se pensiamo che nei primi cinque ci sono solo, tolto Nibali, corridori la cui squadra aveva nel finale almeno due uomini. Fa quarto infatti l’arrembante Voeckler, che era scortato da Rolland (decimo), e non sappiamo se questa ennesima prestazione fuori dalle righe, per un atleta che si è inventato mezzo campione a trent’anni suonati (ormai ne ha quasi trentatre), testimoni più del mediocre livello della gara o piuttosto dello “strano caso” della sua formazione. Quinto è Martin, che fa coppia col nono Hejsedal.
Un Vincenzo così, però, forse al Giro è sprecato, senza contare il rischio di bruciarsi dopo una stagione con già parecchie corse all’attivo. Meglio riprendere le energie e focalizzarsi sul Tour, per poi fare un pensierino, chissà mai, al Mondiale che quest’anno strizza l’occhio alle côte.
Gabriele Bugada

Iglinskiy in trionfo nella Liegi - Bastogne - Liegi 2012 (foto Bettini)
RODRIGUEZ, UNA ”FRECCIA” A HUY
aprile 18, 2012 by Redazione
Filed under 6) FRECCIA VALLONE, News
Con una fucilata delle sue sul muro finale il catalano dopo i secondi posti delle ultime due stagioni si aggiudica la classica che più gli si addice davanti al sorprendente Albasini e a un ritrovato Gilbert. Discreta prova degli azzurri con Nibali 8° e un convincente Ulissi 9° mentre deludono ancora Valverde e gli Schleck
Foto copertina: due volte il Montelupone ed ora Huy: “Purito” si beve i muri (foto Photopress.be)
La 77a edizione della Freccia Vallone, secondo grande appuntamento sulle strade delle Ardenne dopo l’Amstel Gold Race e prima della Liegi-Bastogne-Liegi, aveva in Philippe Gilbert (Bmc) e Joaquin Rodriguez (Katusha), rispettivamente primo e secondo nella passata edizione, i due favoriti d’obbligo con il belga apparso finalmente in buona condizione sul Cauberg dove ha chiuso al 4° posto e il catalano che ha deluso in Olanda ma è stato strepitoso al Giro dei Paesi Baschi e ha sempre fatto la differenza su strappi brevi e con pendenze impossibili come il Muro di Huy dove nelle ultime edizioni si è sempre decisa la corsa: bisogna risalire infatti al 2003 per trovare un epilogo differente con Astarloa che si presentò ai piedi dello strappo finale in fuga con il Aitor Osa per poi staccarlo e vincere in solitudine. Accanto a Gilbert e Rodriguez i principali candidati al successo erano Anton (Euskaltel), Uran e Nordhaug (Sky), Frank e Andy Schleck (Radioshack), Valverde (Movistar), Poels (Vacansoleil), Kiserlovski (Astana), Gesink (Rabobank) e soprattutto Vanendert (Lotto-Belisol), già 2° all’Amstel e per il primo anno capitano dopo che nelle ultime due stagioni è stato luogotenente di Gilbert. Tra i grandi assenti Evans (Bmc) colpito da una sinusite, Samuel Sanchez (Euskaltel) che ha già chiuso la prima parte di stagione e Cunego (Lampre) che ha scelto il Giro del Trentino, vincendo peraltro la tappa di Sant’Orsola Terme, per affinare la condizione in vista della Liegi: le speranze di un buon risultato in casa Italia erano dunque affidate a Nibali (Liquigas), Visconti (Movistar), Nocentini (Ag2r) e allo splendido vincitore dell’Amstel Gasparotto (Astana).
I primi attaccanti di giornata sono stati Christensen (Saxo Bank) e il nostro Ratto (Liquigas) ma il gruppo non ha concesso spazio fino al km 55 quando hanno preso il largo Bellemakers (Landbouwkrediet) e Roux (Fdj), all’inseguimento dei quali si è successivamente portato De Wilde (Accent Jobs), che pur non riuscendo mai a riportarsi primi due ha insistito nella sua azione per decine di km prima di rialzarsi e attendere il gruppo che, guidato dalla Katusha e dalla Lotto-Belisol, ha concesso un vantaggio massimo di 7′ ai due battistrada prima di iniziare a ridurre il gap.
Il primo a scatenare la bagarre all’interno del plotone è stato a 40 km dal traguardo Andy Schleck, evidentemente al servizio del fratello Frank, in compagnia di Fofonov (Astana) e Trofimov (Katusha) che però si è mantenuto a ruota degli altri due. Il motivo tattico della gara di qui in avanti è stato infatti quello della formazione russa impegnata ad annullare tutti gli attacchi sia tirando in testa al gruppo, il che ha portato anche al ricongiungimento con Bellemakers e Roux a 15 km dalla conclusione, che inserendo uomini per disturbare le azioni altrui che infatti sono state tutte di breve durata: ci hanno provato a più riprese soprattutto gli uomini della Movistar, segno che Valverde non era in giornata, dapprima con Rui Costa, poi con Visconti in compagnia di Slagter (Rabobank) e infine con Kiryienka marcato stretto da Vicioso ma i soli a guadagnare un leggero margine sono stati i due ex bikers Hesjedal (Garmin) e Nordhaug, che memore forse della caduta insieme a Cunego sul Cauberg ha preferito non attendere il muro di Huy, che hanno allungato sulla côte de Villers-le-Bouillet, e si sono presentati ai piedi dello strappo finale con una decina di secondi sul resto del gruppo forte ancora di una sessantina di unità.
Non c’è stato comunque nulla da fare per il canadese e il norvegese ripresi già sulle prime rampe sotto l’impulso di Van Den Broeck (Lotto-Belisol) che ha riportato sotto il compagno Vanendert alla cui ruota c’erano Albasini (GreenEdge), Gilbert, un pimpante Nibali e Rodriguez: ai 400 metri dal traguardo Purito però è partito a velocità doppia e ha semplicemente annichilito la concorrenza conquistando il suo primo successo alla Freccia Vallone, nonchè il primo della carriera in una grande classica, dopo i secondi posti del 2010 e del 2011. Alle spalle del dominatore catalano la lotta per le piazze d’onore è invece stata molto accesa con Albasini, mai visto in passato su questi livelli al di là della recente vittoria al Giro di Catalogna, che ha saltato Gilbert negli ultimi metri chiudendo al 2° posto davanti al campione belga, a Vanendert e al sempre protagonista delle ultime corse Kiserlovski mentre Nibali ha accusato un lieve calo nel finale chiudendo 8° dietro anche a Daniel Martin (Garmin) e Mollema (Rabobank): immediatamente alle spalle del siciliano si è piazzato un ottimo Ulissi (Lampre), che in queste condizioni sarà valida spalla per Cunego alla Liegi, con Van den Broeck 10°, Gasparotto che si è difeso al meglio su un arrivo ben più duro del Cauberg 11° e Nocentini 12°, mentre non sono mai stati protagonisti Frank Schleck 20°, Valverde che inizia probabilmente a risentire della lunga inattività dopo il grande avvio di stagione 46° e Andy Schleck addirittura 81°. Con questi uomini lontani da una condizione accettabile, Gilbert che non è il marziano visto nel 2011 e Rodriguez la cui tenuta sui lunghi chilometraggi resta un’incognita ci apprestiamo a vivere una Liegi-Bastogne-Liegi apertissima nella quale in tanti potranno dire la loro nella lotta per il successo.
Marco Salonna.
FINALMENTE… LA VITTORIA DELL’UMILTÀ
aprile 17, 2012 by Redazione
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Rotto il digiuno nelle Classiche che durava dal 2009 (vittoria di Rebellin alla Freccia Vallone). A regalarci un pomeriggio di emozioni è stato l’ex campione italiano Enrico Gasparotto (Astana) che è riuscito a battere tutti i favoriti della vigilia, da Gilbert a Sagan. Deludenti le prove di Rodriguez e Valverde, mentre ha piacevolmente stupito la ‘strana’ prestazione di Freire.
Foto copertina: il podio dell’Amstel 2012 (foto Bettini)
Enrico Gasparotto: tutti sono sembrati sorpresi di vederlo, negli ultimi metri della scalata finale del Cauberg, rispondere e staccare in successione prima Gilbert e quindi Sagan. Eppure il capitano di giornata del team kazako aveva già dimostrato in più di una occasione di trovarsi a proprio agio sulle severe rampe che conducono all’arrivo della prestigiosa classica olandese. Pendenze, quelle del Cauberg, che obbligano i corridori ad impostare una lunga, asfissiante progressione, dosando attentamente lo sforzo fin sulla linea del traguardo. Questa lezione, l’ex campione italiano, ha dimostrato di averla imparata a fondo, dato che nel 2010 è saltato proprio negli ultimi metri. Oltre alla splendida prestazione individuale, bisogna sottolineare la maturità con cui l’atleta ha saputo gestire la squadra ed in particolare Simone Ponzi (voto: 7). Proprio quest’ultimo insieme allo stesso Gasparotto potrebbero rappresentare un ottimo duo in vista dei Campionati del Mondo prossimi, che si correranno esattamente su queste strade. Voto: 10
Jelle Vanendert: i più attenti si ricorderanno, al Tour della passata stagione, della scalata a Plateau de Beille che portò l’atleta a conquistare la frazione pirenaica, in quella che rimane la sua vittoria più prestigiosa. Se aveva già dimostrato di saper tenere sulle lunghe salite, oggi si è scoperto ciclista dotato di una buona esplosività, conquistando un inaspettato secondo posto davanti a ciclisti ben più quotati di lui. Piazzamento che, tuttavia, non sembra averlo soddisfatto appieno, almeno a giudicare dal gesto di stizza cui si è abbandonato sulla linea di arrivo. Voto: 8
Peter Sagan: l’errore commesso da Gasparotto due anni or sono è costato al giovante talento della Liquigas la vittoria nella corsa olandese. Con il terzo posto odierno prosegue la mirabile serie di piazzamenti ottenuti in tutte le classiche più importanti (4°a Sanremo, 2° alla Gand Wevelgem, 5° al Fiandre), dimostrando, una volta di più, una versatilità eccezionale. Raggiungere il podio in una gara dove, più che in altre, occorre coniugare fondo, senso tattico, potenza e abilità nello stare in gruppo e ‘limare’, è sintomo di maturità e di indubbie doti da cacciatore di classiche. A testimonianza di ciò bisogna sottolineare il fatto che l’atleta, sempre presente nelle posizioni d’avanguardia, ha gestito con la freddezza e intelligenza proprie di un veterano il rientro nel gruppo dei migliori dopo essere incappato in un incidente. Voto: 8,5
Oscar Freire: dopo la gara odierna, in cui ha colto il suo migliore piazzamento all’Amstel (4° all’arrivo) non si potrà più sostenere che il tre volte Campione del Mondo è un attendista, un approfittatore, in definitiva un ‘succhiaruote’. Vederlo vestire i panni di un novello Vinokourov e scattare proprio nel tratto che vide l’atleta kazako involarsi verso la vittoria nella classica olandese, non posso nasconderlo, ha suscitato dapprima molta sorpresa e quindi un moto di simpatia verso l’atleta spagnolo che con questo gesto sperava di far sua una gara, sulla carta, non adatta ai suoi mezzi. A differenza di ‘Vino’, che pure si era piantato sulle arcigne rampe del Cauberg, ad Oscarito il colpaccio, seppur per poco, non è andato in porto. Da apprezzare ancora una volta l’intelligenza tattica del corridore che, in questa occasione, gli ha permesso di valutare e quindi sfruttare meglio di altri le modifiche al percorso le quali, accorciando il tratto in pianura tra le ultime due asperità, favoriscono maggiormente i colpi di mano nel finale. Voto: 8
Philippe Gilbert: la condizione è in netta crescita ma l’inevitabile confronto con il Gilbert formato 2011 è impietoso. Ha gestito al meglio un’ottima squadra, oggi completamente al suo servizio, ma, quando ha tentato la sparata sul Cauberg, le gambe gli sono mancate. Sembra essere, insomma, tornato il Gilbert che conoscevamo fino ad un paio di stagioni fa, quando veniva sistematicamente battuto dagli specialisti delle classiche. Voto: 6
Thomas Voeckler: dopo essersi reso protagonista di una impresa alla Freccia del Brabante, l’eccentrico (ma forte e troppo spesso sottovalutato) corridore francese, dopo aver tentato il solito allungo (prontamente stoppato da Sagan) in una fase di relativa calma nel gruppo, conquista un onorevole quinto posto che gli fa ben sperare in vista della, per lui più adatta, Doyenne. Voto: 7
Damiano Cunego: lo si è visto pedalare in agilità sugli strappi più arcigni ed ha dimostrato attenzione e lucidità in tutte le fasi calde della corsa. Purtroppo non gli si può perdonare l’errore, invero piuttosto grave, che ha commesso proprio in vista del traguardo, fatto che non gli ha permesso di cogliere i frutti di una ottima condizione e di ripetere l’exploit del 2008. Voto: 5,5
Samuel Sanchez: l’errore commesso dal navigato atleta spagnolo, di farsi cioè sorprendere nelle retrovie in uno dei tratti cruciali della gara, e che ha pregiudicato totalmente la sua prestazione è inaccettabile. Dato il suo eccelso stato di forma, la scelta, poi, di non partecipare a Freccia Vallone e Liegi-Bastogne-Liegi, rappresenta, oltre che una inspiegabile decisione, un aggravante non di poco conto. Il buon 7° posto finale ottenuto al termine di una gara condotta all’inseguimento del gruppo di testa risulta per l’atleta sicuramente ancora più amaro. Voto: 5
Frank Schleck: capitano indiscusso della Radio Shack, sempre attento e presente nelle fasi principali della gara, si rende protagonista di qualche allungo telefonato e sul traguardo non va oltre un misero 13° posto. Voto: 4
Alejandro Valverde, Joaquim Rodriguez: i due atleti spagnoli dati come grandi favoriti concludono nelle posizioni di rincalzo, dopo aver condotto una gara del tutto anonima. Forse hanno interpretato la gara in funzione di Freccia e Liegi, o più probabilmente le condizioni climatiche li hanno messi fuori gioco. Voto: 3
Vincenzo Nibali: non è mai stato presente nei chilometri conclusivi della corsa, interpretata a quanto risulta come allenamento in vista della Liegi, gara a lui sicuramente più congeniale. Voto: 3
Francesco Gandolfi